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Ai Giganti della Sila le "Sere Fai d'Estate"

L’OPINIONE / Vito Sorrenti: Non per farne sfoggio, ma per seguirne l’esempio

di VITO SORRENTI – Avendo dato, nei modi e nei tempi consentiti, dimostrazione del grande amore che nutro da sempre per la terra che mi ha dato i natali, penso di potermi concedere il lusso di scrivere quel che segue: È indubbio che la nostra terra ha alle spalle millenni di storia e di grandi personaggi che hanno lasciato impronte importanti nei campi del sapere e del fare, della filosofia e della religione, della medicina e della letteratura, dell’arte e dei miti ecc. ecc.

È altrettanto indubbio che la Calabria può vantare ancora luoghi selvaggi, incontaminati e lussureggianti disseminati all’interno della Sila, delle Serre e dell’Aspromonte, luoghi che inebriano i sensi coi loro colori, i loro odori, i loro sapori e i loro panorami mozzafiato; per non parlare poi dei mari mitici coi loro litorali pittoreschi, i loro fondali cristallini, i loro promontori vertiginosi, le loro rive assolate. 

Così come è assodato che ogni provincia ha una dote di borghi caratteristici e di luoghi unici come la chiesa di Santa Maria dell’Isola a Tropea, eretta sull’omonimo scoglio, il Battistero, il Castello e la  Cattedrale di Santa Severina, il castello di Roseto Capo Spulico, la fortezza aragonese di Le Castella, il Belvedere di Piazza San Rocco a Scilla, il Paese arroccato di Pentidattilo, la scogliera di Copanello, il castello Murat e dintorni a Pizzo Calabro, il Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria, con i suoi tesori di inestimabile valore come i Bronzi di Riace e la Testa del filosofo; il Lungomare di Reggio, definito da Gabriele D’Annunzio il più bel chilometro d’Italia, la Cattolica  di Stilo, un capolavoro assoluto dell’arte bizantina; il Codice purpureo di Rossano (Evangeliario greco miniato del VI secolo), le Muraglie di Annibale a Pietrapaola, la grotta del Romito di Papasidero ecc. ecc. Insomma tutte le testimonianze di un passato glorioso lasciato in eredità dalle sue fiere popolazioni. 

E nessuno può disconoscere che la nostra terra ai tempi della Magna Grecia fu culla della civiltà e del pensiero filosofico, ove Pitagora, matematico, taumaturgo, astronomo, scienziato, politico, fondò una delle più importanti scuole di pensiero dell’umanità, che prese da lui stesso il nome: la Scuola pitagorica; per non parlare, poi, della Scuola Medica di Crotone guidata da Alcmeone; nessuno, inoltre, può disconoscere che la nostra terra ha dato i natali a uomini e donne illustri come Agesidamo di Locri, Alcistene di Sibari, Alcmeone di Crotone, Alesside di Thurio, Alvaro Corrado di San Luca, Amantea Bruno di Grimaldi, Amarelli Alessandro di Rossano, Anassila di Reggio Calabria, Anile Antonio di Pizzo Calabro, Aristeo di Crotone, Astilo di Crotone, Barlaam di Seminara, Biscardi Serafino di Altomonte, Bovi – Bova – Mariano di Scilla, Bruno di Longobucco, Calogero Lorenzo di Melicuccà, Campanella Tommaso di Stilo, Cassiodoro Flavio Magno Aurelio di Squillace, ,Cilea Francesco di Palmi, Clearco di Reggio Calabria, Cornelio Tommaso di Rovito, Democede di Crotone, Dulbecco Renato di Catanzaro, Erodoto di Thurio, Eutimio di Locri, Faillo di Crotone, Filippo di Medma, Filistione di Locri, Filolao di Crotone, Francesco di Paola, Galeazzo di Tarsia, Galluppi Pasquale di Tropea, Gemelli Careri Giovanni Fra.sco di Taurianova.

Gioacchino da Fiore, Gravina Giovanni Vincenzo, Guerrisi Michele di Cittanova, Ibico di Reggio Calabria, Jerace Francesco di Polistena, Jerocades Antonio, Manfroce Nicola Antonio di Palmi, Maurello Joanne di ? (Calabria), Milone di Crotone, Miscelo di Ripe (Crotone), Nosside di Locri, Padula Vincenzo di Acri, Paparo Emanuele di Vibo Valentia, Parrasio Aulo Giano, Patrizi Stefano di Cariati, Pepe Guglielmo di Squillace, Pilato Leonzio di Seminara, Pitagora di Reggio, Pitagora di Samo (Crotone), Policleto di Crotone, Preti Mattia di Taverna, Repaci Leonida di Palmi, San Bartolomeo di Rossano, San Bartolomeo di Simari, San Nilo di Rossano, Savaro Giovanni Francesco, Schettini Pirro di Aprigliano, Seminara Fortunato di Maropati, Senocrito di Locri, Serra Antonio, Serrao Giovanni Andrea di Filadelfia, Severino Marco Aurelio di Tarsia di Sibari, Smindiride di Sibari, Teagene di Reggio Calabria, Teano di Crotone, Telesio Bernardino di Cosenza, Timeo di Locri, Uluch Alì Pascià di Le Castella, Versace Gianni di Reggio Calabria, Zaleuco di Locri e molti altri ancora, per non parlare poi dei campioni olimpici della Magna Grecia calabrese.

Ma è altrettanto vero che la Calabria è una regione poco nota e poco frequentata e ai più sconosciuta. Sconosciuta ai suoi stessi figli, sia a quelli ivi residenti sia a quelli sparsi e dispersi nel mondo. 

Quanti sono i calabresi che conoscono veramente bene la Calabria? Quanti sono quelli che hanno visitato almeno una volta i luoghi più rinomati, i parchi archeologici di Sibari, Crotone, Locri, ecc. e i loro musei che custodiscono reperti unici di inestimabile valore, risalenti al tempo della Magna?

Quanti sono i calabresi che conoscono i figli più illustri della loro terra? E quanti sono quelli che sanno che per diventare tali, ossia per dimostrare il loro genio, la loro creatività, il loro talento ecc. hanno dovuto andare altrove, sotto altri cieli e altre stelle.

Ecco, quello che colpisce è il fatto che, ad eccezione degli uomini illustri vissuti ai tempi della Magna Grecia, tutti gli altri, per divenire tali, per affermarsi, per mettere a frutto i loro talenti hanno dovuto sradicarsi dalle loro famiglie, dalla loro comunità, dai luoghi natii per varcare i confini in cerca di altri lidi e di altri approdi. 

E oggi è ancora così: i figli continuano a partire, come ieri!

Da ciò e da quanto detto sopra, se ne deduce che la terra madre dei calabresi, la terra dei padri è una matrigna che non sa valorizzare il suo patrimonio naturale, storico, culturale, i suoi luoghi ameni e unici, i suoi usi e le sue tradizioni, i suoi prodotti e i suoi reperti; è una matrigna perché non sa accudire, educare e valorizzare i propri figli; è una matrigna perché la sua popolazione, a differenza di quelle vissute ai tempi della Magna Grecia, dove la comunità veniva prima degli individui, è formata da individualisti che vogliono primeggiare, che non sanno far squadra, che non amano collaborare per valorizzare i beni comuni e per migliorare le condizioni economiche e sociali di tutti; è una matrigna perché in molte sue contrade alligna l’invidia, l’accidia, la miseria e il rancore; è una matrigna perché non sa estirpare la gramigna del menefreghismo e non sa dipanare il groviglio degli interessi illeciti. 

E tutte queste cose, insieme alle scelte politiche fatte a livello nazionale per far sì che la situazione restasse sempre uguale a sé stessa, dato che faceva comodo ad alcune regioni poter avere un serbatoio di mano d’opera a basso costo, ci hanno portato nello stato in cui versiamo. In uno stato dove gli affanni hanno lo spessore dei millenni e gli inganni si susseguono negli anni come gli antichi e i nuovi malanni; dove soffia perenne un vento di tempesta che semina dolore, miseria e lutto; dove la coscienza delle proprie radici, stritolata dalle fauci delle astuzie e delle ingiustizie, giace all’ombra delle croci; dove i figli di Enotria hanno dimenticato di essere gli eredi di una civiltà remota; dove nessuna voce canta le lodi di una terra antica disseminata di riti, di miti e di reperti sacri.

E dunque, a mio modesto parere, per dare voce e luce alla terra dei padri, non è sufficiente fare la diagnosi dei mali, non basta averne coscienza, non risolve il denunciarli, occorre agire; occorre, prima di tutto, riscoprire le pietre e le memorie remote per risentire l’eco degli illustri antenati e riportate alla luce le loro voci e la loro arte, le città morte e la loro grandezza, i tesori occulti e i frutti dolci della saggezza delle anime elette che hanno aperto nuovi varchi e nuove strade, non già per farne sfoggio, ma per seguirne l’esempio e per rendersi degni della loro grandezza. (vs)

La terra delle meraviglie

Tu ridi quando ti dico che vedo 

i colori del vento sullo sfondo del cielo;

e non mi credi quando ti dico che sento

il canto del tramonto sul mare del mito;

e pensi che io ti prenda in giro

quando affermo che la luce 

ha una voce stupenda e le nuvole erranti

nel cielo d’aprile hanno un sapore speciale.

Tu ridi e non mi credi quando ti dico

che il mio cuore può toccare il canto dell’usignolo

come le tue mani toccano il pane.

Tu non credi che vi sia un luogo divino

che rimescola i sensi e li inebria.

E allora vieni, vieni in Calabria

vieni nella terra delle mie radici

vieni nei luoghi della Magna Grecia

e vedrai balenare i colori del vento

fra le fronde degli ulivi;

e toccherai col cuore il canto delle fiumare 

e i trilli degli usignoli fra i fiori variopinti;

e sentirai la musica del tramonto

risuonare fra le onde di schiuma bianca

e la voce del sole splendente

riecheggiare nel verde lussureggiante 

della Sila e dell’Aspromonte.

E delle nuvole erranti degusterai il sapore

all’ombra degli agrumi.

E il bergamotto ti prenderà per mano

e abbaglierà col suo profumo

le tue incredule pupille.

Vieni, vieni nella terra delle meraviglie

vieni nella terra che fu la culla del pensiero

vieni nella terra ospitale 

per storia, cultura e tradizioni millenarie.

Vieni ad inebriare il tuo cuore

nell’acqua dei ruscelli 

che scendono a valle cantando le lodi 

del loro cielo, della loro terra, del loro mare.

Vieni nei luoghi amari e aiutami ad estirpare

le malerbe velenose affinché il futuro

sia glorioso e degno dell’antico passato.