La candidata a sindaco di Siderno, Mariateresa Fragomeni, ha dichiarato che la pandemia ha mostrato tutte le debolezze del sistema, e che bisogna «rispettare il diritto alla salute dei calabresi».
«Un anno fa – ha spiegato – in questo periodo, non c’era trasmissione televisiva o articolo sui quotidiani, in cui non si sentivano o leggevano riflessioni da parte di opinionisti, costituzionalisti, politici, sul sistema sanitario e sulle differenze dei vari sistemi sanitari regionali alla prova del Coronavirus. Tutti (o quasi) erano concordi nel dire che i modelli sanitari improntati al criterio della massima produttività, dove si era privilegiata la concentrazione ed il potenziamento dei settori a più alta redditività, mentre si erano “abbandonati” quelli a più alto rischio o basso rendimento (tipo le terapie intensive) erano collassati su se stessi».
«Infatti, alla prova, avevano retto, di più e meglio – ha aggiunto – quei modelli in cui il pubblico era più forte, dove si privilegiava l’erogazione del servizio e la distribuzione sul territorio ed in cui il privato agiva ad integrazione del pubblico e non in sua sostituzione. Tutti (o quasi) d’accordo nel dire che il servizio sanitario nel suo complesso, la sua regionalizzazione, non avesse portato a dei miglioramenti al sistema globalmente inteso, in quanto aveva solo trasferito servizi e risorse da alcune zone già povere e depresse, ad altre realtà c. d. (per autodefinizione) virtuose: insomma, maggiore confusione e sovrapposizione di competenze tra Stato e Regioni!».
«Quell’esperienza, quindi – ha proseguito – ci insegnava (qualora ce ne fosse stato bisogno), che la salute non è solo un bene primario individuale, ma è un bene sociale da difendere e tutelare come interesse generale dell’intero paese. Ed era per questi motivi che tutti discutevano e sottolineavano la necessità di una organica riforma legislativa, sia per il ruolo del Governo che per il ruolo delle Regioni (rimanendo a queste ultime la gestione – in termini rigorosamente esecutivo-amministrativi – ma il sistema pianificato e normato a livello nazionale), in modo tale da avere procedure uniformi e snelle su tutto il territorio nazionale».
«Oggi però – ha detto ancora – non si sente più parlare di tutto ciò: non si sente più parlare di necessità di riforme!
Oggi si sente parla tanto di vaccini e della loro (dis)organizzazione. Si sente parlare di ricoveri ma non si sente più parlare di medicina del territorio. Quella che fino allo scorso anno è stata la “salvezza” per molte persone. Oggi (per fortuna dico io) la maggior parte dei malati sono asintomatici. Ma il punto di domanda è: chi si occupa di loro? Adesso che ogni sforzo è teso a vaccinare, chi pensa alle terapie sul territorio? Il Senato, lo scorso 8 aprile, ha approvato un protocollo per la gestione domiciliare del Covid. Purtroppo però non è sufficiente, perché molto spesso i centralini suonano invano (così come anche le visite domiciliari dei medici di famiglia)».
«Se è vero quanto annunciato dall’Onu (“arriverà un’era di pandamie”) – ha concluso – cioè che ci sono 1,7 milioni di virus non scoperti in uccelli e mammiferi di cui 827.000 potrebbero infettare l’uomo, è più che mai necessario ed urgente essere “preparati”: si ritorni parlare di riforme del sistema nazionale sanitario e si ritorni a parlare di rafforzamento della medicina territoriale! La sanità, deve tornare ad essere un diritto, e come tale, deve essere garantita, per tutti i cittadini e su tutto il territorio nazionale». (rrc)