di MARIO NASONE – La presentazione del rapporto del CRC sulla condizione minorile in Calabria fatta in Consiglio regionale è una fotografia che, ogni anno, ci offre indicazioni sullo stato di salute dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia ed in Calabria.
Ci racconta, ancora una volta, che la nostra regione continua ad essere ultima o agli ultimi posti in tutti gli indicatori, dalla mortalità infantile, alla scuola a tempo pieno, alla neuropsichiatria infantile, all’uso del digitale, al sostegno alla genitorialità, agli spazi per adolescenti.
Si pagano politiche di disuguaglianze che hanno aumentato il divario Nord-Sud come si evince dal fondo per le politiche sociali che vede la spesa pro-capite che per la Calabria si attesta all’ultimo posto, con 22 euro in media per residente a fronte dei 517 provincia di Bolzano.
Una autonomia indifferenziata di fatto in vigore. Si sconta anche che il ritardo di 20 anni della regione di attuazione della 328 e della legge 23/2003. Solo da pochi anni si è iniziata una inversione di tendenza, con i primi piani di zona elaborati dai Comuni, con una programmazione che vede l’utilizzo dei fondi comunitari, con i progetti per la fascia 0-6 anni, con la promessa attivazione nelle scuole del servizio degli psicologi, con un impegno di spesa di circa ottanta milioni di euro, risorse importanti ma è ancora troppo poco per colmare il divario tra diritti e opportunità.
La riforma del Welfare in Calabria deve fare i conti con la insufficiente copertura finanziaria, il forum regionale del terzo settore denuncia da tempo come da venti anni il fondo regionale sulle politiche sociali sia rimasto a quindici milioni, una somma che non riesce a garantire nemmeno gli attuali servizi perché ne servirebbero altri dieci.
Si tratta di promuovere una reale cultura dell’attenzione verso i minori non emergenziale. Scontiamo anche una scarsa, o talvolta assente, conoscenza della reale entità del disagio sociale dei minori da parte della regione e degli enti locali che condiziona anche la programmazione. Attraverso le iniziative più idonee, è necessario sensibilizzare gli amministratori locali a “riappropriarsi” dei propri minori, quantificando correttamente l’entità del disagio minorile e attuando proposte qualitativamente incisive per la sua soluzione. Con una regione che deve riprendere il suo ruolo di programmazione e controllo, partendo innanzitutto dall’analisi dei bisogni.
Uno strumento importante che potrebbe facilitare questo percorso è l’osservatorio regionale su infanzia e adolescenza, anche per dare seguito agli stimoli che il rapporto della CRC offre andando in profondità sui dati e sulle letture, come la dispersione scolastica, i minori fuori famiglia e a tutte le altre forme di disagio che non hanno visibilità. Ma anche alla mappatura dei servizi, fondamentale per potere elaborare un piano regionale per l’infanzia e l’adolescenza offrendo agli ambiti territoriali delle linee guida per azioni più mirate.
Attivando sistemi di valutazione sulla qualità degli interventi, perché a fronte delle tante risorse disponibili come quelle comunitari è necessario spendere meglio più che spendere di più, evitando i cosiddetti “progettifici” che non lasciano spesso nulla sui territori, attivando servizi che abbiano sostenibilità. Per questo sarebbe importante che la Regione Calabria applichi la legge nazionale che istituiva gli osservatori datata 451/ 1997, recepita dalla regione Calabria con la legge regionale del 1° febbraio 2017, n. 2. l’Osservatorio regionale per i minori è stato attivato nella precedente legislatura e dopo una prima riunione non è stato più convocato. Eppure, la rete associativa minori e famiglie l’aveva proposta ai candidati governatori, tutti, compreso il presidente Occhiuto avevano aderito ma poi non c’è stato seguito.
Un frutto concreto dell’evento della presentazione del rapporto del CRC potrebbe essere questo: attivare in tempi brevi questo organismo coinvolgendo anche le nostre università e dandogli il compito di elaborare un piano regionale per l’infanzia e l’adolescenza in collegamento con quello elaborato dall’osservatorio nazionale.
Un organismo che potrebbe coinvolgere gli stessi giovani che lamentano di non avere spazi per essere ascoltati e per fare proposte. Non è la panacea che risolve i problemi ma uno strumento di lavoro che può mettere insieme le tante competenze presenti in regione per invertire la tendenza negativa valorizzando e mettendo in rete le buone prassi, favorendo il metodo della co-progettazione. (mn)
[Mario Nasone è presidente del Centro Comunitario Agape]