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Nativi digitali

Nativi digitali: l’esperienza del liceo Da Vinci di Reggio e le scelte della Regione

di CONCETTINA SCOPELLITI – Nativi digitali nella “società liquida”: quali percorsi di cittadinanza digitale dalla scuola al mondo? Dai greci ad oggi le sfide educative sono state sempre il perno del miglioramento sociale. In tal senso si è già mossa la Calabria.

Mancanza di relazione, svuotamento di contenuti, mistificazione della realtà sono tutti problemi connessi all’estrema diffusione della Rete e delle tecnologie. Esse sono una sorta di appendice strutturale identitaria, ove è molto sottile la linea tra la sfera pubblica e privata. Per le generazioni nate con il digitale, comunicare online diventa pervasivo al punto da sostituire la capacità comunicativa del linguaggio semiotico. Nel mondo digitale esistono linee di condotta sfumate, dove categorie etiche e morali si annacquano dentro un oceano fino a perdersi. Un’offesa online diviene quindi più semplice da veicolare, perché ci si trincera dietro uno schermo, ma questo poi sconfina nell’essere, poiché aristotelicamente la consuetudine finisce anche col plasmare la morale. Eppure i filosofi greci ignoravano la tecnologia, ma riconoscevano nella paideiaun vettore fondante dell’impalcatura sociale. L’educazione alla cittadinanza digitale, oggi necessaria, ma ancora troppo poco presente sia a scuola sia in famiglia, sarebbe una buona evoluzione dell’idea greca. I rischi che corrono i giovani che usano la Rete sono quindi di una duplice natura: da un lato la mancanza di distinzione fra pubblico e privato, dall’altro la distinzione del vero dal falso (si pensi alle problematiche delle fake news). I socialevidenziano una carenza di relazionalità accompagnata da un costante peggioramento dell’offerta informativa e delle capacità critiche di chi ne fruisce.

In questo contesto, i nativi digitali mancano dell’educazione necessaria per creare in sé le barriere protettive da un mondo che non ha confini né sufficienti controlli. In tal senso il ruolo della scuola diventa fondamentale. In Italia, come nel resto d’Europa, i più grandi fruitori delletecnologie digitali sono bambini e adolescenti (CENSIS, 2015; Ólafsson, Livingstone and Haddon, 2013): parliamo della iGeneration, la generazione nata con i device che iniziano per “i” (iPhone, iPod, iPad…) che assume sempre più un’identità digitale all’interno del web.

Ma quanto sia davvero educativo avere una preferenza per le nozioni che si possono ottenere rapidamente e apprendere con modalità non-lineari, multitasking, poco tolleranti verso le lunghe letture è tutto da discutere. La progettualità del futuro deve infatti unire tradizione e innovazione che consentano uno sviluppo delle abilità sociali e professionali all’interno della realtà digitale, non tralasciando però la crescita etica e valoriale. Quasi la totalità dei ragazzi tra i 9 e i 16 anni possiede un profilo Facebook e il 49% fa uso di sistemi di messaggistica istantanea. E se in ciò le statistiche ci vedono in linea con altri Paesi, dall’altra parte l’accesso da scuola al mondo digitale è tra i più bassi in Europa. Isolate realtà si distinguono nella Penisola come punte di diamante che mettono in connessione i licei europei. Si potrebbe citare l’esperienza Erasmus+ che ha consentito al Liceo Leonardo da Vinci di Reggio Calabria di guardare al modello didattico innovativo già sperimentato a Copenaghen, nell’Ørestad Gymnasium. Il processo formativo va infatti completamente digitalizzato, abbattendo le barriere spazio-temporali che fanno da discrimine tra un tempo di apprendimento scolastico e uno extrascolastico che lascia fuori l’idea del “fare scuola”. In tal senso si pone la progettualità Cloud che lo scorso anno la Regione Calabria ha peraltro scelto con Azure (piattaforma di Microsoft), puntando a ottenere massime garanzie in termini di Business Continuity e Disaster Recovery per la Pubblica Amministrazione. L’obiettivo di ottimizzare la gestione centralizzata dei processi, può essere trasposto in ogni ambito; ma il punto di partenza rimane quello dell’educazione che possa sviluppare l’identità del cittadino digitale e le sue competenze. Le abilità di base nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione saranno dunque il veicolo per un consapevole uso del computer per reperire, valutare, scambiare informazioni e/o far parte di reti collaborative su web, per poter infine partecipare alla società dell’informazione e della conoscenza ed esercitare appieno i diritti di cittadinanza digitale. Docenti, studenti ed amministrazione devono avere la possibilità di interagire costantemente, alternando spazi aperti e chiusi dove il setting didattico si sposi con la creatività e il riconoscimento di sé, attraverso la conoscenza delle tradizioni a 360 gradi. D’altronde, l’educazione nell’era digitale non deve porre al centro la tecnologia, ma i nuovi modelli di interazione didattica che la utilizzano.

Sviluppare le competenze digitali, come hanno raccomandato il Parlamento e il Consiglio Europeo, significa migliorare le capacità di utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie dell’informazione per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione. La tradizione della scuola italiana deve dunque riconoscersi nell’alveo di una trasformazione continua che integra il life-long-learningcon lo sguardo verso una storia identitaria che non tramonta, ma si proietta nel futuro. (cs)

  • L’autrice è Docente Animatore Digitale, PhD in Italian Studies