di SANTO STRATI – Ci ha provato per cinque giorni, profondendo risorse e tempo, ma il capo politico dei Cinque Stelle Luigi Di Maio, non ha voluto ascoltarlo, né tenere in considerazione i suoi suggerimenti (disinteressati). L’imprenditore antimafia di Gioia Tauro, Antonino de Masi, non candidato e non candidabile per sua scelta – già in primavera Di Maio aveva pensato a lui per la Regione Calabria -, ha provato in tutti i modi a far ragionare i pentastellati sulla necessità di costruire un’intesa col Partito democratico. In modo da offrire un candidato solido, della società civile (Pippo Callipo), in grado di offrire le dovute garanzie a entrambi gli schieramenti, nel comune impegno per fermare l’avanzata leghista e la quasi certa vittoria del centrodestra in Calabria. Ci sono stati colloqui tra interlocutori in grado di decidere, ma le tante anime dei grillini hanno scombussolato tutto, scegliendo di correre da soli. Anzi il sospetto è che l’ostinazione, non solo di Di Maio, sia in realtà frutto di una strategia che molti indicano come suicida.
La conferma dell’impossibilità di un’intesa è arrivata verso mezzogiorno di ieri con un tweet del prof. Francesco Aiello, docente Unical, individuato dal deputato Paolo Parentela, attuale coordinatore grillino responsabile delle elezioni in Calabria. Il prof ha sciolto la riserva ed ha accettato di candidarsi: «Dopo un’attenta riflessione e con la consapevolezza di affrontare un’intensa, importante e difficile sfida, ho deciso di accettare la proposta civica del M5s di candidarmi a presidente della Regione Calabria». Parentela aveva posto come condizione al Pd di rinunciare al simbolo per poter correre insieme: un’ulteriore dimostrazione di non saper interpretare gli umori del territorio, ma più probabilmente il modo più facile per sabotare qualsiasi ipotesi di accordo elettorale. Il M5S correrà da solo, in una sorta di cupio dissolvi, di cui vedremo presto i risultati.
La notizia non ha fatto saltare di gioia gli esponenti del territorio e più di un deputato pentastellato calabrese: degnissima persona, Aiello è stato catapultato dall’alto secondo un metodo che la base non mostra di voler accettare. Mentre Nicola Morra, attuale presidente della Commissione Antimafia , spingeva per saltare il turno, altri deputati si dividevano tra la necessaria intesa coi dem e la corsa solitaria. Con la deputata Dalila Nesci che, fino all’ultimo, ha ribadito la propria disponibilità a rinunciare a Montecitorio e mettersi a disposizione del Movimento per una candidatura politica. Non c’è stato niente da fare: per la solita storia dei due pesi e due misure, per lei è stato invocato lo statuto (cosa che non è successo per il viceministro Cancellieri) che vieta il cumulo di incarichi o comunque il passaggio da un ruolo istituzionale a un altro, e lei, per spirito di servizio, ma con un umore che la dice lunga sugli sviluppi futuri, ha accettato la decisione dei vertici.
Il problema numero uno è che la legge elettorale regionale impone l’8% come barriera minima per le coalizioni per prendere seggi. Ce la faranno i grillini calabresi a superare lo sbarramento, anche alleandosi (?) con qualche lista civica? Ma quale lista civica? Il tempo, in questo caso, non è galantuomo e non perdona: come si fa a raccogliere consenso (in caduta verticale) se non c’è il tempo di battere il territorio? Come si fa a recuperare con un personaggio (ottima persona, senz’altro) che solo in pochi conoscono? La base mugugna e cova rancore per la disaffezione (noi la chiameremmo più semplicemente indifferenza) di Luigi Di Maio nei confronti dei calabresi: la Calabria, riferisce un esponente grillino che preferisce mantenere l’anonimato, non interessa al Movimento, conta solo l’Emilia, perché è in gioco la sopravvivenza del Governo. Quanto può influire la probabile débacle calabrese? Poco o niente, secondo i vertici, ma non nelle valutazioni di Morra che da buon stratega non sottovalutava la rinuncia alle liste: nessuna intesa coi dem, nessun candidato da vedere trombato clamorosamente. In questa maniera, probabilmente, si pensava di limitare almeno il danno di immagine: il 4 marzo 2018 in Calabria i Cinque Stelle hanno raccolto la percentuale record del 43,8 %. Attualmente, la stima più generosa, parla della perdita del 90% di quel consenso. Dove vanno i grillini con poco più del 4%?
Pippo Callipo, illuminato imprenditore, amico da tempo di Nino De Masi, dopo aver già rinunciato nelle scorse settimane per l’assenza di un qualsiasi progetto politico e di una strategia, si era lasciato convincere a rimettersi in gioco. Da industriale ha capito che sarebbe stato un investimento ad altissimo rischio, ma il suo amore per la Calabria è sincero, era disposto a giocarci la faccia, sostenuto dai sani principi di De Masi. Ma quest’ultimo ha ricevuto un pesante oltraggio: Di Maio che doveva venire in Calabria ha usato il pretesto di Catanzaro allagata (però gli aerei a Lamezia viaggiavano regolarmente), decidendo una ritirata capricciosa che di strategico ha poco o niente, mortificando i calabresi e le persone perbene che hanno seriamente a cuore i destini di questa terra.
La situazione si complica, dunque, ulteriormente, e non solo per i grillini. Entro il 27 dicembre vanno presentate le liste (e raccolte le firme per i nuovi candidati) e ancora i dem non hanno individuato chi dovrà fronteggiare lo “sfiduciato” Oliverio. Il commissario regionale dem Stefano Graziano e il responsabile del Mezzogiorno Nicola Oddati erano più che sicuri che, dopo l’intervento di De Masi, l’intesa si sarebbe raggiunta: si trovano adesso col cerino in mano, su un territorio diviso e, soprattutto, disorientato al massimo.
Sull’altro fronte, il centro-destra patisce il niet di Matteo Salvini su Mario Occhiuto (e poco intelligente appare l’eventuale sostituzione in corsa col fratello Roberto, attuale vice capogruppo di Forza Italia alla Camera), con Giorgia Meloni che si esalta sui numeri che gli ultimi sondaggi le attribuiscono e sogna, segretamente, di mettere sul piatto l’alternativa Wanda Ferro a capo della coalizione di centro destra.
A stare in attesa – contrariamente a quanto si dice – non c’è Sergio Abramo a sostituire, nel caso, gli “indesiderati” Occhiuto, perché non conviene a lui, né tanto meno a Berlusconi, lasciare due amministrazioni chiave per il controllo del territorio: Comune e Provincia di Catanzaro. Quindi il mister X della destra è ancora senza volto, a dimostrazione che la tendenza al suicidio politico, in Calabria, raccoglie sempre più proseliti.
Scalpitano, invece, gli indipendenti Giuseppe Nucera, ex capo degli industriali reggini) e Carlo Tansi, ex capo della Protezione Civile, in cerca dei voti degli astenuti, ma appare una corsa a ostacoli, sempre per la mancanza di tempo. Ognuno per la sua strada, quando, invece, l’idea di una lista civica “comune” a respiro regionale potrebbe avere delle chances di un certo rilievo. In una competizione più divisiva che mai, difficile tessere accordi, con rinunce personalj.
Non sembrano spaventarsi, invece, gli esordienti, tentati dall’avventura calabrese: il re delle cravatte Maurizio Talarico si dice pronto a partecipare alla sfida (con o senza il PD a cui ha offerto la propria disponibilità) e ieri si è fatto avanti un altro outsider: Antonio Mastroianni, architetto catanzarese di 53 anni, di cui molti passati all’estero per lavoro, ha annunciato di volersi candidare non per «dichiarare guerra alle altre fazioni, ma solo per cambiare le sorti della Calabria e dare un’opportunità di vita migliore ai suoi abitanti».
Cosa faranno quelli rimasti fuori dal gioco (per esempio il Movimento 10 Idee per la Calabria che fa capo al prof. Domenico Gattuso e portava avanti Callipo) dopo gli schizoidi atteggiamenti di grillini e dem? Chi appoggeranno, nel loro impegno antisalviniano? Il tempo per presentare una propria lista non c’è e probabilmente sarebbe un errore clamoroso, date le circostanze. La verità è che qualunque scommettitore avrebbe seri problemi a valutare il rischio e quotare qualsiasi risultato.Una sola cosa è certa, da questo caos la Calabria, la nostra Calabria, uscirà con le ossa rotte. (s)