di PINO NANO – In un inserto speciale di 36 pagine Enzo Gabrieli direttore responsabile di Parola di Vita, ripercorre e ricostruisce il legame profondo che Papa Benedetto XVI ha avuto da Pontefice con la Calabria, riproponendo nel numero di oggi il fascino della visita che il Papa tedesco fece il 9 ottobre 2011 alla Certosa di Serra San Bruno tra uomini di fede che da secoli vivono in clausura. Un documento inedito e di straordinario valore mediatico.
«A qualcuno – scriveva in quella occasione lo stesso don Enzo Gabrieli, direttore Responsabile di Parola di Vita, il più antico periodico della Chiesa Calabrese – sarà sembrato strano, altri sono rimasti perplessi. Il papa parla del valore del silenzio. Lo ha fatto in Calabria, lo ha comunicato la sala stampa annunciando ai giornalisti il tema della prossima giornata per le comunicazioni sociali. Il messaggio sarà reso pubblico solo il prossimo 24 gennaio, ma nessuno ci vieta di ipotizzare che Benedetto XVI proprio dalla certosa di San Bruno abbia voluto anticiparne le linee».
«La visita del Successore di Pietro in questa storica Certosa – ripete quel giorno Papa Ratzinger ai frati certosini di Serra San Bruno – intende confermare non solo voi, che qui vivete, ma l’intero Ordine nella sua missione, quanto mai attuale e significativa nel mondo dì oggi. Il progresso tecnico, segnatamente nel campo dei trasporti e delle comunicazioni, ha reso la vita dell’uomo più confortevole, ma anche più concitata, a volte convulsa».
Poi il Santo Padre aggiunge un concetto che farà il giro del mondo tanto efficace era: «Le città sono quasi sempre rumorose: raramente in esse c’è silenzio, perché un rumore di fondo rimane sempre, in alcune zone anche di notte. Negli ultimi decenni, poi, lo sviluppo dei media ha diffuso e amplificato un fenomeno che già si profilava negli anni Sessanta: la virtualità che rischia di dominare sulla realtà. Sempre più, anche senza accorgersene, le persone sono immerse in una dimensione virtuale, a causa di messaggi audiovisivi che accompagnano la loro vita da mattina a sera».
«I più giovani, che sono nati già in questa condizione, sembrano voler riempire di musica e di immagini ogni momento vuoto, quasi per paura di sentire, appunto, questo vuoto. Si tratta di una tendenza che è sempre esistita, specialmente tra i giovani e nei contesti urbani più sviluppa ti, ma oggi essa ha raggiunto un livello tale da far parlare di mutazione antropologica. Alcune persone non sono più capaci di rimanere a lungo in silenzio e in solitudine».
Per Papa Ratzinger quell’occasione fu l’occasione anche per ricordare la visita precedente che un altro Pontefice prima di lui aveva fatto ai frati di clausura, Papa Woytila.
«Nel maggio 1984, il beato Giovanni Paolo II indirizzò al Ministro Generale una speciale Lettera, in occasione del nono centenario della fondazione da parte di san Bruno della prima comunità alla Chartreuse, presso Grenoble. Il 5 ottobre di quello stesso anno, il mio amato Predecessore venne qui, e il ricordo del suo passaggio tra queste mura è ancora vivo. Nella scia di questi eventi passati, ma sempre attuali, vengo a voi oggi, e vorrei che questo nostro incontro mettesse in risalto un legame profondo che esiste tra Pietro e Bruno, tra il servizio Pastorale all’unità della Chiesa e la vocazione contemplativa nella Chiesa».
Il discorso che Papa Benedetto XVI tiene in Certosa è carico di emozioni forti.
«Cari fratelli – dice il Santo Padre ai frati del Grande Monastero calabrese –, voi avete trovato il tesoro nascosto, la perla di grande valore. Avete risposto con radicalità all’invito di Gesù: “Se vuoi essere perfetto, va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!”. Ogni monastero – maschile o femminile – è un’oasi in cui, con la preghiera e la meditazione, si scava incessantemente il pozzo profondo dal quale attingere l’acqua viva” per la nostra sete più profonda. Ma la Certosa è un’oasi speciale, dove il silenzio e la solitudine sono custoditi con particolare cura, secondo la forma di vita iniziata da san Bruno e rimasta immutata nel corso dei secoli».
E qui arriva l’analisi di benedetto XVI sul valore del silenzio.
«Ritirandosi nel silenzio e nella solitudine, l’uomo, per così dire, si “espone” al reale nella sua nudità, si espone a quell’apparente “vuoto” cui accennavo prima, per sperimentare invece la Pienezza, la presenza di Dio, della Realtà più reale che ci sia, e che sta oltre la dimensione sensibile. È una presenza percepibile in ogni creatura: nell’aria che respiriamo, nella luce che vediamo e che ci scalda, nell’erba, nelle pietre… Il monaco, lasciando tutto, per così dire “rischia”: si espone alla solitudine e al silenzio per non vivere di altro che dell’essenziale, e proprio nel vivere dell’essenziale trova anche una profonda comunione con i fratelli, con ogni uomo!.
Troppo semplice se fosse tutto automatico, ma il Papa sa bene che nulla è scontato.
«Non basta infatti ritirarsi in un luogo come questo – sottolinea nella sua omelia ai frati calabresi – per imparare a stare alla presenza di Dio. Come nel matrimonio non basta celebrare il Sacramento per diventare effettivamente una cosa sola, ma occorre lasciare che la grazia di Dio agisca e percorrere insieme la quotidianità della vita coniugale, così il diventare monaci richiede tempo, esercizio, pazienza, “in una perseverante vigilanza divina – come affermava san Bruno – attendendo il ritorno del Signore per aprirgli immediatamente la porta”; e proprio in questo consiste la bellezza di ogni vocazione nella Chiesa: dare tempo a Dio di operare con il suo Spirito e alla propria umanità di formarsi, di crescere secondo la misura della maturità di Cristo, in quel particolare stato di vita».
Bellissima lezione di cristianesimo. Indimenticabile il passaggio del Papa dalle mura della Certosa.
«Per questo – conclude Benedetto XVI – sono venuto qui, cari Fratelli che formate la Comunità certosina di Serra San Bruno! Per dirvi che la Chiesa ha bisogno di voi, e che voi avete bisogno della Chiesa. Il vostro posto non è marginale: nessuna vocazione è marginale nel Popolo di Dio: siamo un unico corpo, in cui ogni membro è importante e ha la medesima dignità, ed è inseparabile dal tutto. Anche voi, che vivete in un volontario isolamento, siete in realtà nel cuore della Chiesa, e fate scorrere nelle sue vene il sangue puro della contemplazione e dell’amore di Dio».
E nel caso qualcuno avesse ancora un dubbio nell’animo sulla validità della preghiera che si fa in una Certosa, il Papa tedesco arriva nella sua analisi fino in fondo, come solo lui da grande e illuminato teologo moderno sapeva fare.
«La vita in una Certosa partecipa della stabilità della Croce che è quella di Dio, del suo amore fedele. Rimanendo saldamente uniti a Cristo, come tralci alla Vite, anche voi, Fratelli Certosini, siete associati al suo mistero di salvezza come la Vergine Maria, che presso la Croce stabat, unita al Figlio nella stessa oblazione d’amore. Così, come Maria e insieme con lei anche voi siete inseriti profondamente ne mistero della Chiesa, sacramento di unione degli uomini con Dio etra di loro. In questo – conclude il Papa – voi siete anche singolarmente vicini al mio ministero. Vegli, dunque, su di noi la Madre Santissima della Chiesa, e il santo Padre Bruno benedica sempre dal Cielo la vostra Comunità».
Una visita questa di Papa Ratzinger alla Certosa di Serra San Bruno che rimarrà negli annali della Storia della Chiesa e che oggi Padre Enzo Gabrieli su Parola di Vita riporta in vita è il caso di dire più bruciante e più attuale che mai. (pn)