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Terremoto del 28 dicembre

REGGIO – Proseguono gli incontri sul terremoto del 1908

Oggi pomeriggio, a Reggio, alle 16.45, presso la sala villetta della Biblioteca De Nava, l’incontro Ricadute scientifiche della catastrofe del 28 dicembre.

L’incontro è il quarto incontro sul tema dedicati al 110° anniversario del terremoto del 28 dicembre, promosso dall’Associazione Culturale Anassilaos e dalla Biblioteca “Pietro De Nava” con il patrocinio del Comune di Reggio Calabria e di Deputazione di Storia Patria per la Calabria.

Introduce e conduce la dott.ssa Marilù Laface, responsabile Anassilaos Beni Culturali, mentre la conversazione è a cura del prof. Giuseppe Mandaglio, dell’Università Mediterranea di Reggio.

Il terremoto del 28 dicembre 1908 fu il terremoto di più alta intensità mai verificatosi in tutto il territorio italiano, e nel Mediterraneo centrale. Quella catastrofe distrusse Messina e Reggio e sconvolse tutto il territorio dello Stretto, particolarmente sulla sponda calabrese. Tuttavia, fu proprio l’enormità delle distruzioni a costringere gli studiosi a rivedere i concetti di sismologia, geologia, urbanistica, sociologia, scienza e tecnica delle costruzioni. Quella catastrofe divenne polo di attrazione di numerosi apporti esterni; di solidarietà ma, contemporaneamente, anche di natura scientifica, tecnica, architettonica e culturale.

La ricostruzione delle città nello stesso luogo della distruzione fu una sfida alle forze brute della natura, e consentì nuove sperimentazioni costruttive che ben presto permisero l’esportazione extraregionale di esperienze e tipologie costruttive. La normativa antisismica emanata dal governo dell’epoca indirizzò la ricostruzione verso nuovi modelli, incidendo notevolmente sugli edifici e sugli scheletri rimasti, così come i nuovi piani regolatori mutarono abbondantemente la stessa struttura urbana delle città. La struttura urbana di Reggio Calabria, che già era stata abbondantemente modificata dall’ esperienza urbanistica maturata dopo il terremoto del 1783, fu ulteriormente e più radicalmente cambiata con la realizzazione della via Marina e analoghe ristrutturazioni subirono Messina e altri centri minori sulle due sponde dello Stretto. 

Più profonde, tuttavia, furono le innovazioni introdotte delle costruzioni sismiche, che videro l’abbandono quasi totale delle tipologie architettoniche introdotte come risolutive dopo il terremoto del 1783. La ricostruzione delle città sugli stessi luoghi della catastrofe, e l’evidenza sperimentata dell’inefficienza dei sistemi costruttivi adottati in precedenza imponeva nuove sfide sia alle tecniche di costruzione antisismiche e sia alla ricerca sismologica e geologica. Furono sperimentate scelte urbanistiche in cui l’altezza degli edifici veniva messa in relazione con la larghezza delle strade, e soluzioni costruttive diverse, tra le quali ebbe significative ricadute il telaio in cemento armato inserito nella scatola muraria che, con i successivi affinamenti introdotti dalle norme sismiche, è ormai diffusamente utilizzato ovunque.

In campo geologico e sismologico, muovendo dalle incertezze dell’epoca sull’origine dei terremoti in generale e di quelli dello Stretto in particolare, le ricerche furono completamente riviste e progressivamente affinate fino a produrre risultati molto importanti sulla geologia strutturale e sulle faglie sismogenetiche dello Stretto, sull’energia liberata dal terremoto del 1908 e sull’energia massima che può essere liberata dalla riattivazione di una faglia sismogenetica analoga. Si è potuto stabilire che le due sponde dello Stretto di Messina costituiscono le pareti e il fondale marino il basamento, di un’unica struttura tettonica soggetta a movimenti di sollevamento prevalenti (Graben dello Stretto) generati da numerose faglie minori, individuate con attendibile precisione, e da una faglia cieca (blind fault) molto più estesa, che si sviluppa in profondità e della quale si conoscono gli effetti ma non la posizione esatta. (rrc)