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La scienziata Amalia Bruni

Regionali: offerta a sinistra la candidatura alla scienziata Amalia Bruni

di SANTO STRATI – Il nome di Amalia Bruni, la scienziata che a Lamezia dirige brillantemente il Laboratorio di Neurogenetica, doveva restare riservato, almeno fino allo scioglimento della riserva da parte della stessa, invece “qualcuno” ieri mattina si è “fatto scappare” l’indiscrezione che, in parte, ha piacevolmente sorpreso il popolo calabrese della sinistra. Un grande popolo, in Calabria, smarrito, sempre più nel pallone (per colpa di pochi «padroni del feudo»), incapace di ritrovare unità e voglia di riscossa.

Alla scienziata, che non ha bisogno di presentazioni, è stata offerta una candidatura che dovrebbe essere inclusiva, ovvero avere la capacità di coagulare il consenso sparso della sinistra e raccogliere le varie anime della sinistra. La scienziata si è riservata di decidere, ma chi la conosce sa bene che non è “ingabbiabile” e quindi la sua eventuale accettazione passa dalla conferma di garanzie di assoluta autonomia. Senza di esse, difficile che la Bruni – che qualche settimana fa ha raccolto l’unanime consenso del Consiglio regionale nella mozione a favore dell’Istituto di Neurogenetica che dirige a Lamezia – possa dire di sì.

Intanto va messo bene in evidenza che sarebbe una candidatura civica, di sinistra, non scelta tra la “società civile” bensì emersa da un confronto sul territorio alla ricerca di un/una comandante in grado di far navigare la regione in un mare in tempesta. Ma, soprattutto, va considerato che questa candidatura – in caso dovesse trovare accoglienza da parte della scienziata – preoccupa soprattutto De Magistris, perché rappresenta quella forma di civismo non populista che è l’esatto contrario di quello che l’attuale sindaco di Napoli va proponendo nella sua pur positiva campagna elettorale.

Una candidatura civica finalizzata a superare dissapori e divisività e soprattutto a evitare liste di “disturbo” che, a sinistra, equivarrebbero a ulteriore impoverimento di voti, ma non di consenso. Il vero problema di questa campagna elettorale che sarà difficile e, per molti versi aspra visti anche i chiari di luna anche nella compagine di centro-destra (la sfida tra Lega e i Fratelli di Giorgia sarà per conquista del secondo posto che corrisponde paro paro a livelli intermedi di potere), riguarda i numeri. Ideologicamente sarà importante misurare il consenso, ma alla fine i numeri faranno la differenza. Quindi, avremo una strategia apparentemente comune per la conquista di numeri aggiuntivi, ma sul piano della comunicazione avrà una diversa cifra: il centro-destra dovrà mantenere e allungare il distacco attuale (che, in buona sostanza, garantisce la vittoria pressoché certa), ma la sinistra giocherà la carta dell’orgoglio riformista che non vorrebbe riconsegnare alla destra il governo della Regione.

E qui si scateneranno le grandi manovre per il recupero dei voti mancati: il partito degli astensionisti – depurati da quelli che per varie ragioni, prima di tutto economiche, vivono fuori e non tornano a votare – tiene la maggioranza assoluta. Basta recuperare il 10-12% dei delusi, degli elettori sfiduciati e amareggiati, per rimettere in gioco l’intera posta elettorale. Già, perché non sono gli elettori di centro e di destra che si astengono (anche se non mancano diversi maldipancia nei confronti del vicepresidente Spirlì “rinominato” e imposto di nuovo da Salvini), ma è il popolo dei progressisti, della sinistra storica e di chi coltiva un sogno riformista, che rinuncia alle urne. È in questo straordinario serbatoio di consensi che il candidato o la candidata che dovesse venir fuori da un confronto serio con il territorio dovrebbe lavorare a fondo per riaccendere l’entusiasmo del popolo della sinistra e far riscoprire la voglia di partecipazione (che in realtà non si è mai sopita).

Secondo alcune indiscrezioni il nome di Amalia Bruni –  che, ripetiamo, non ha ancora accettato e probabilmente dirà di no ove mancassero le condizioni di autonomia e indipendenza che, giustamente lei esige – è venuto fuori, ancora una volta, da tre protagonisti della politica nazionale: Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza, che fino ad oggi non hanno mostrato la giusta attenzione che i calabresi meriterebbero. Ma qualcuno avrà mai voglia di spiegare, una volta per tutte, a Letta, Conte e Speranza che i calabresi vogliono pensare e decidere con la propria testa? Temiamo che dovremo registrare di nuovo un “non pervenuto”. (s)