di FRANCESCO RAO – La Calabria vive un momento particolarissimo. In controtendenza al passato e in questa particolare occasione, vi sono strumenti e mezzi che potrebbero consentirci di invertire la tendenza che nel tempo ci ha consentito di rimanere isolati e incapaci di intraprendere la via della crescita e dello sviluppo. Sia ben chiaro: il concetto della crescita socioeconomica, non appartiene per dono divino ad una parte dell’Italia; ad una parte dell’Europa e ad una parte del mondo.
Da molto tempo, nell’immaginario collettivo, è fissata l’idea per la quale soltanto le aree del Nord delle rispettive nazioni possono avviare percorsi virtuosi, perché industrializzati, evoluti e culturalmente capaci di progettare e realizzare in tempi congeniali alle rispettive esigenze dettate da un mercato che marcia più veloce di quanto si possa immaginare mettendo in cantina arti, mestieri, professioni e visioni del passato. Per intenderci, il passato non è soltanto il Secolo scorso. Il passato è anche ieri, come il futuro non dovrà essere inteso il prossimo decennio, il futuro inizia da ciò che ognuno di noi sceglierà farà tra un’ora, un giorno o una settimana. Percorrendo questa strada, la Calabria, come il Meridione d’Italia, oltre a essere il Sud dell’Europa è il Nord del Continente Africano nonché il centro nevralgico del Mediterraneo nel quale Gioia Tauro continuerà a rappresentare il crocevia dell’intero globo terrestre.
Intanto, come si potrà facilmente osservare nel grafico redatto grazie ai dati Istat, la popolazione in Calabria è in costante calo e la proiezione per il futuro dovrebbe attestarsi nel 2050, a 1.700.000 unità. Vi è anche uno scenario peggiore ipotizzato nel quale si potrebbe registrare una popolazione regionale ridotta ad appena 1.5 milioni di persone. Tutto dipende dalle scelte che verranno messe in cantiere nel giro dei prossimi 4-5 anni.
Sappiamo benissimo che nessuno è disposto ad abbandonare il proprio territorio se in quel luogo, oltre alla sicurezza sociale, all’occupazione e alla propensione di crescita vi sono anche aspettative positive. In apertura ho affermato che la Calabria vive un momento particolarissimo e le ragioni che mi hanno spinto ad affermare ciò non sono poche ed in primis vi sono tutte le responsabilità pregresse di una politica che non ha saputo immaginare gli scenari futuri per trattenere o far rientrare in Calabria l’enorme quantità di giovani che una volta giunti nelle città del Centro-Nord per studiare, difficilmente hanno fatto rientro.
Tale perdita, crescente nell’arco dei decenni, ha consentito ai figli più capaci e meritevoli della Calabria di realizzarsi professionalmente lontano dalla loro terra, mentre nel tempo, il divario Nord-Sud è stato sempre più ampio. Per quanto afferisce al settore degli investimenti pubblici in Calabria, per il momento vorrei stendere un velo pietoso. Vi è una tesi alquanto illogica, perciò indimostrabile, apparentemente fondata dalla constatazione di un protratto immobilismo da parte del governo centrale nel programmare la realizzazione di infrastrutture pubbliche importanti per evitare che da tali circostanze possa averne benefici principalmente la criminalità e non i calabresi. A ciò si consideri l’immane quantità di tempo necessaria per realizzare un’opera pubblica in Calabria, al punto tale che dal progetto alla posa della prima pietra, oltre all’obsolescenza della stessa opera il rincaro dei prezzi rende l’opera irrealizzabile. A tutto ciò, una via d’uscita potrebbe esserci.
Bisogna ripartire considerando il valore dell’energia quale strumento per rendere possibile la capacità produttiva e con essa l’intero processo ad essa riconducibile nel quale sono annoverabili tanto la formazione quanto l’occupazione. Il progetto del rigassificatore, realizzabile a Gioia Tauro, potrebbe essere la madre di uno sviluppo impensabile nel quale oltre alla Calabria potrebbe rinascere quel Meridione capace di osare, guardando alle esigenze dei prossimi 150 anni e ponendo fine a quel copione di una certa politica pronta a litigare per nascondere l’incapacità e la mancanza di una visione che non può prescindere dal considerare l’energia come il punto di forza per costruire lo sviluppo. La favola dell’energia verde è spettacolare. Coinvolge emotivamente tutti, ma fa ragionare pochi. Il forte impulso che un moderno rigassificatore potrebbe apportare ai nostri sistemi di produzione, incidendo sul contenimento dei costi, diverrebbe un forte disturbo per quei mercati che in tal senso hanno saputo guardare avanti traendo oggi benefici. In Italia attualmente sono attivi tre rigassificatori: uno a terra (Panigaglia) e due in mare (Livorno e Porto Viro).
Il terzo dovrebbe essere quello di Gioia Tauro con l’intento di azionare la trazione Meridionale all’Italia contenendo la corsa dell’inflazione e il bagno di sangue economico patito principalmente dal segmento sociale più debole di una società che non può affrontare l’attuale caro vita senza avere un lavoro, una retribuzione e un potere d’acquisto in linea con i costi schizzati in alto a causa degli effetti registrati con il caro energia. L’intento al quale vorrei auspicare un lavoro di squadra tra il Presidente dell’ADSP Agostinelli, il Presidente Occhiuto e il Presidente Meloni dovrebbe prevedere nel breve periodo un Dpcm specifico per Gioia Tauro attivando contemporaneamente una doppia corsia per prevedere nel breve periodo l’utilizzo di navi rigassificatrici e nel medio e lungo periodo concentrarsi su sistemi consolidati per poter implementare la fornitura di gas naturale, alimentando al contempo la sviluppo della piattaforma del freddo che ne favorirà immediatamente la commercializzazione del segmento produttivo afferente al settore agricolo ed in modo strutturale sull’intera filiera realizzabile.
A questo punto, l’unico limite da superare è la paura di quanti continuano a temere che tutto possa scoppiare e, forse, senza rendersene conto, con tale atteggiamento hanno consentito alle multinazionali, intente a intessere i loro interessi a nostro discapito, di perseguire forti profitti, conducendoci giorno dopo giorno nel limbo della povertà e della desertificazione produttiva. Se la politica oggi ha la responsabilità di credere in tale scommessa, i Calabresi dovranno essere culturalmente pronti a guardare avanti, senza continuare a opporre resistenze a prescindere. (fr)
[Francesco Rao è presidente del Dipartimento Associazione Nazionale Sociologi]