IL SINDACO TRIPODI HA ORDINATO LA DEMOLIZIONE, I BRACCIANTI SARANNO TRASFERITI NELLA TENDOPOLI;

Scomparirà la vergogna di San Ferdinando? Sgombera l’infame baraccopoli dei disperati

Forse è la volta buona: l’infame baraccopoli di San Ferdinando di Rosarno nei prossimi giorni dovrebbe essere sgomberata e rasa al suolo. L’inferno in terra per centinaia di braccianti di colore, stagionali nelle campagne di Gioia, e vergogna per tutto il genere umano per le condizioni di invivibilità, dovrebbe scomparire, per ordine del sindaco di San Ferdinando Andrea Tripodi. La sua ordinanza parla chiaro: «immediato sgombero di persone e cose dall’area adibita a vecchia tendopoli per immigrati extracomunitari, per la bonifica e la demolizione di quanto intorno alla stessa abusivamente realizzato».

Ci sono voluti tre morti, a causa di incendi scoppiati nella bidonville, centinaia di articoli di giornali, inchieste televisive, interventi di sindacati e associazioni umanitarie: la vergogna di San Ferdinando è ancora lì, speriamo giusto per qualche giorno ancora, a rinfacciare la mancanza di umanità e il disprezzo per i disperati che vi hanno trovato rifugio. Là dentro ci vivono 500/600 extracomunitari, non si conosce nemmeno il numero esatto, in condizioni di assoluto degrado e di disperazione. Sono i dannati della terra, stagionali (la raccolta delle arance è quasi finita, cercheranno altri luoghi che hanno bisogno di braccia per l’agricoltura), che vivono una non-vita in un non-villaggio. Molti di loro saranno trasferiti nella nuova tendopoli, o – in presenza di permesso di soggiorno per motivi umanitari – nei centri SPRAR (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati) o nei punti CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) sparsi in Calabria.

La tendopoli di San Ferdinando di Rosarno

È una prima soluzione, ma certamente non basterà. Occorre pensare – con il contributo fattivo di tutta l’area metropolitana di Reggio – a dare un tetto a questi lavoratori, offrire loro condizioni di vita “umane”, visto che la loro fatica si traduce in benessere per le produzioni agricole della regione. I braccianti extracomunitari provengono dalla Nigeria, dal Gambia, dal Mali: c’è tutta l’Africa sahariana a voler individuare la provenienza dei disperati. Una non-vita, si diceva: certo che poi all’interno del campo ci siano risse, violenza, disperazione.

Come si è potuto consentire che si creasse una baraccopoli sempre più miserabile e degradata, unico scampo alla disperazione, unico tetto e riparo da pioggia, vento e gelo? Le tende della Protezione Civile e del Ministero dell’Interno sono un parziale ripiego, occorre, però, individuare in fretta soluzioni per chi lavora e lotta, ogni giorno, per la sopravvivenza. Il rischio è che alla vergogna della bidonville si sovrapponga una disumana opera di “deportazione”: non ci sarà spazio per tutti nelle nuove tende. È se si pensasse ai tanti capannoni abbandonati dell’area del porto di Gioia Tauro? Adattare moduli abitativi all’interno di ciò che resta del sogno di un’industrializzazione mancata non dovrebbe essere troppo complicato o più costoso di altre soluzioni. La Regione, che ha messo a disposizione fondi per pagare gli affitti di case da destinare ai migranti, dovrebbe farci un pensierino. (s)