di MARIO NASONE – Francesca, nome di fantasia, in un convegno di qualche anno fa è intervenuta dicendo “da pochi mesi ho compiuto diciotto anni, sono stata da piccola in un Istituto, in tutti questi anni non ho mai visto un giudice o un assistente sociale”, per concludere con una domanda inquietante che ha gelato l’assemblea dei partecipanti: “perché non mi avete dato una famiglia”?
Da allora poco o niente è cambiato e sono tantissimi i minori come Francesca che vivono nei centri residenziali una sorta di limbo in attesa che qualcuno si occupi di loro.
Secondo i dati di Save The Children i tempi di permanenza di un minore in Istituto in Calabria è di quattro anni a fronte di uno a livello nazionale e spesso con l’aumentare dell’età si passa da un istituto all’altro, ormai difficilmente adottabili, fino ad arrivare a diciotto anni senza potere nemmeno contare sull’assistenza da parte della Regione, praticamente in mezzo alla strada.
Se poi hanno delle patologie non hanno praticamente speranza di avere una famiglia. I minori in Calabria sono doppiamente abbandonati, a livello informativo perché non ci sono dati su quanti sono e sulla loro condizione.
La Calabria non ha mai attivato l’osservatorio regionale sull’infanzia e l’adolescenza previsto dalla legge nazionale n. 451 /97, sappiamo solo che sono circa centomila i minori a rischio povertà, almeno cinquecento quelli che vivono fuori della famiglia (a cui aggiungere i tantissimi che vivono in famiglie multiproblematiche che avrebbero bisogno di un affiancamento come le madri sole) ma non conosciamo la loro condizione, i servizi che sono stati attivati. Soprattutto sono abbandonati perché manca un piano regionale per l’infanzia in grado di intercettare e dare risposte ai loro bisogni correggendo anche alcuni squilibri che vedono zone con più servizi ed altre come la Locride, la Piana di Gioia Tauro sprovvisti.
Gravissima è la mancata attivazione di una rete di neuropsichiatria infantile e di comunità per minori con disturbi psichiatrici nonostante il grido di allarme che da anni lanciano i Tribunali per i minorenni.
L’attuale Giunta regionale ha varato alcuni interventi settoriali ma manca un approccio organico, tra politiche sociali e sanitarie, in grado di potere iniziare a sperimentare un modello di Welfare efficace per minori e famiglie. Tra le conseguenze anche un calo vertiginoso delle nascite che vede la Calabria tra le regioni più colpite. Dentro questo scenario una risposta nel panorama dei servizi da attivare potrebbe venire dall’affido almeno per venire incontro ad una parte di questo disagio diffuso.
A quarant’anni dalla legge 184 dell’1983 sul diritto alla famiglia di ogni minore, a 22 anni dalla legge 149 del 2001 che decretava la chiusura definitiva degli istituti per i minori si sta vivendo in tutto il Paese una fase di messa in discussione o comunque di ripensamento del sistema di tutela dei minori in condizioni di disagio che rischia di essere affrontata in modo ideologico e superficiale.
Uno scenario che vede cambiata la domanda di affido che non è scomparsa. Cresce infatti anche in Calabria, su tutti i fronti, il bisogno di accoglienza e di solidarietà di bambini, ragazzi e famiglie in difficoltà con i processi di desertificazione delle relazioni di prossimità che lasciano scoperte e prive di sostegno fasce di popolazione sempre più ampie. Aumentano su tutti i fronti le solitudini a cui la nostra società espone, con grave danno per le persone più deboli: anziani soli, persone con disabilità prive di supporti familiari, madri sole con figli minorenni, bambini e ragazzi con genitori in difficoltà, etc.
Per i bambini e i ragazzi calabresi che hanno bisogno di accoglienza e di solidarietà non mancano le famiglie disponibili anche per i cosiddetti bambini con bisogni speciali L’affidamento familiare è una famiglia in più per i bambini e diventa la migliore terapia soprattutto nelle situazioni più gravi.
Quando abbiamo accolto Patrizia, bambina down, soffriva di una grave situazione sanitaria che stava mettendo a rischio la sua stessa esistenza. Ci ha fatto vivere momenti di grande preoccupazione, a grazie alla grande professionalità di amici medici li abbiamo superati. Gli stessi che alla fine hanno commentato che il merito della sua guarigione non era stato tanto quello delle cure ricevute, ma soprattutto della voglia di vivere di Francesca e di tutto l’amore ricevuto dalla famiglia che l’aveva accolta.
Per questo l’esperienza dell’affido, che negli ultimi quaranta anni ha salvato migliaia di bambini dall’abbandono deve continuare in tutto il nostro Paese, soprattutto nelle zone del Mezzogiorno come la Calabria dove le povertà minorili materiali ed educative sono più diffuse. Una straordinaria esperienza di accoglienza da diffondere e proporre alle famiglie italiane anche come antidoto alla cultura imperante della indifferenza e della paura.
Le famiglie potenzialmente disponibili ci sono ma non vanno lasciate sole, vanno formate ed accompagnate da servizi e dalle associazioni. Con un ruolo importante anche delle Chiese locali che si devono interrogare di più anche su queste sfide.
Una nota di speranza per un possibile cambiamento di rotta è venuto dalla decisione alle più importanti associazioni che si occupano di minori di mettersi in rete, quelle le stesse che hanno presentato ai candidati a Governatore della Calabria dei documenti e delle proposte puntuali che riprendono le questioni più importanti su minori e famiglie, impegni che sono state sottoscritte anche dal Presidente Roberto Occhiuto.
Tutti dicono che i fondi ci sono grazie anche al PNRR: ci sarà finalmente la volontà politica di procedere? Il mondo del terzo settore è in grado di co-progettare con Regione e Comuni ma il tempo è scaduto e i minori e le famiglie che fanno fatica sono stanche di spot elettorali o di scaricabarile tra le varie istituzioni e chiedono segnali concreti di cambiamento. (man)