Successo per l’evento formativo promosso dall’Ordine dei Medici di Reggio Calabria sul gioco d’azzardo patologico. Un evento organizzato con il fondamentale apporto della Commissione, Formazione e Aggiornamento e organizzato in sei appuntamenti che si svolgeranno nell’auditorium dell’Ente, nasce dall’esigenza di offrire approfondimenti ed esperienze riguardo alla dipendenza del gioco d’azzardo, nelle sue componenti legate alla persona e al contesto sociale.
Il Corso, infatti, si occupa del Gap (Gioco d’azzardo patologico) in un’ottica di interventi coordinati, tali da assicurare la diffusione di un approccio basato sulle evidenze scientifiche in merito alla prevenzione, cura e riabilitazione delle persone coinvolte nel problema. Il corso è principalmente rivolto alle figure professionali dei Mmg, per favorire una maggiore e più precoce rilevazione del disturbo e, pertanto, implementare nuovi modelli organizzativi delle cure primarie.
«Si tratta di un argomento importante, rivolto al sociale e soprattutto ai giovani – ha spiegato il dottore Giuseppe Zampogna, vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Reggio Calabria – e viene trattato in modo completo nel corso dei sei appuntamenti programmati. Dietro questa patologia c’è tutto un discorso che riguarda tantissime persone abituate al gioco d’azzardo perdendo purtroppo interi patrimoni. Adesso questa eredità l’hanno ricevuta i nostri giovani, quelli che giocano online o nei centri scommesse e portando spesso alla rovina le proprie famiglie. Durante il Corso di formazione si parlerà, quindi, di come prevenire e tamponare questa problematica».
Per il dottore Antonino Zema, libero professionista Neurochirurgia e componente Commissione Regionale della Formazione, l’obiettivo del Corso è quello di «dare maggiori informazioni a tutti i colleghi medici che spesso si ritrovano tra i propri pazienti persone affette dal Gap. Si tratta di una patologia peraltro esasperata dalla recente pandemia perché stando a casa con i progressi della telematica si può giocare tranquillamente online».
«Questi sei incontri – ha sottolineato il dottore Antonino Guarnaccia, psicologo dell’Asp di Reggio Calabria – fanno parte di un progetto che è in attività da circa un anno e mezzo presso il Dipartimento delle dipendenze dell’Asp reggina. Un progetto sul gioco d’azzardo patologico, una malattia cronica, recidivante e difficile da trattare, che coinvolge sia l’Azienda sanitaria provinciale, sia le comunità terapeutiche per tossicodipendenti accreditate, adattatesi, queste ultime, con l’acquisizione di competenze necessarie per accogliere i giocatori patologici. Con questo corso introdurremo questo argomento ai colleghi medici per far si che ci sia sempre una maggiore sensibilizzazione e maggiori competenze».
«L’idea – ha evidenziato la dottoressa Elisabetta Felletti, dirigente medico del Serd (Servizio per le dipendenze), psichiatra e psicoterapeuta dell’Asp di Reggio Calabria – è quella di attenzionare i colleghi su quella che è diventata una emergenza, cioè il gioco d’azzardo patologico, inserito nei Lea dal 2017. Si tratta di una problematica importante perché non coinvolge soltanto l’individuo ma anche le famiglie. Si tratta di giocatori incapaci di fermarsi, una vera e propria patologia con basi neuro-psico-biologiche con caratteristiche anche recidivanti.
«La ricaduta è abbastanza frequente – ha spiegato – ed ecco perché sono entrati in gioco i servizi per le tossicodipendenze che negli anni ’90 avevano come emergenza l’eroinomane mentre adesso gli stessi servizi si occupano delle dipendenze a 360 gradi. Tant’è vero che tali servizi non vengono più denominati Sert (Servizio per le tossicodipendenze) ma Serd, cioè Servizio per le dipendenze, comprendendo quindi la dipendenza da gioco d’azzardo, inserita peraltro a pieno titolo nel manuale statistico-diagnostico americano, il DSM 5 (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders) come vera e propria patologia».
«Un problema sociale di una certa portata – ha detto infine il dottore Pietro Tarzia, medico legale – spesso subdolo, nascosto, acuitosi ancor più durante la pandemia del Covid, quando il fenomeno ha avuto una preoccupante recrudescenza». (rrc)