L’OPINIONE / Cataldo Calabretta: Cambiamenti climatici, serve accelerare su investimenti

Ogni anno, il 22 marzo, il mondo celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua, un’occasione per riflettere sull’importanza di questa risorsa preziosa e sulla necessità di una sua gestione sostenibile. In Calabria, terra ricca di sorgenti, fiumi, laghi e acque sotterranee, questa giornata assume un significato ancora più profondo.

Infatti, nonostante l’abbondanza di risorse idriche, la Calabria si trova ad affrontare sfide importanti: dalla tutela delle sorgenti alla lotta contro gli sprechi, dall’ammodernamento delle reti idriche alla protezione degli ecosistemi acquatici.
Sorical ha avviato un piano di investimenti per il monitoraggio delle reti idriche avviando investimenti in tecnologie per individuare le perdite, come sensori, sistemi di telecontrollo e modellazione delle reti.

Interventi di sostituzione delle vecchie condotte per migliorare l’efficienza idrica. Inoltre, Sorical ha avviato programmi di digitalizzazione delle reti con sistemi di telelettura e telecontrollo per monitorare in tempo reale portate, consumi e dispersioni.

Lo stress idrico causato dal cambiamento climatico sta impattando in modo negativo anche sulla Calabria, territorio considerato fino a pochi anni fa “ricco di acqua”. Come evidenziato nel corso della presentazione che si è svolta a Roma del Libro Bianco Valore Acqua 2025 a cura di “The European House – Ambrosetti” .

Nel 2024, il riscaldamento globale ha raggiunto livelli senza precedenti, con temperature medie globali che hanno superato per la prima volta la soglia di +1,5°C rispetto all’epoca preindustriale. In Italia, l’aumento è stato ancora più marcato, raggiungendo +2,72°C, con impatti rilevanti sulla disponibilità idrica e sull’intensità degli eventi estremi.

Il cambiamento climatico sta aggravando lo stress idrico anche in Italia. Nel 2023 l’Italia è stata tra i Paesi europei più colpiti, con un indice di criticità pari a 3,5 su 5, superato solo da Belgio, Grecia e Spagna.

La scarsità d’acqua ha un impatto diretto anche sull’economia: entro il 2050 in assenza di adeguate misure di mitigazione i danni saranno enormi.
Nel 2023 l’Italia è stata il terzo Paese nell’Unione Europea a 27 per perdite economiche legate al cambiamento climatico, con un costo di 267 Euro pro capite (63 Euro in più rispetto alla media europea di 204 Euro e circa due volte la Spagna, che registra un valore pari a 147 Euro, circa 6 volte la Francia, con un valore pari a 46 Euro e oltre 10 volte la Germania, pari a 26 Euro). Dal dibattito tra i gestori dell’idrico italiani emerge che la sensibilità dei cittadini verso il cambiamento climatico appare in crescita rispetto allo scorso anno: nel 2024 è tornato tra le tre principali preoccupazioni del Paese.

Secondo oltre il 65% degli italiani – emerge dallo studio – durante le ultime elezioni politiche non è stata dimostrata adeguata sensibilità alla corretta gestione della risorsa idrica all’interno dei programmi dei partiti politici → solo il 6% degli italiani ha una percezione corretta del proprio consumo idrico, mentre il 23% lo sottostima fortemente e il 71% non è in grado di quantificarlo.

Per tale motivo, in Calabria è necessario dare una forte accelerazione agli investimenti, Sorical ha già aperto in cantieri del progetto Pnrr, 32 milioni di euro per implementare il servizio idrico integrato in 21 Comuni che, insieme al progetto della Regione in altri 60 Comuni, rappresentano un importante tassello perché l’impatto positivo sarà su oltre un milione di calabresi. (cc)

[Cataldo Calabretta è amministratore unico della Sorical]

CAMBIAMENTI CLIMATICI, LA CALABRIA È
SEMPRE PIÙ FAGILE: SERVE PIANIFICAZIONE

di GIULIO IOVINE – Il maltempo dei giorni scorsi ha, di nuovo messo, in evidenza le difficoltà del territorio calabrese sott’acqua con fiumi di fango e detriti. Ma perché basta una forte pioggia per mettere in ginocchio intere aree di un territorio abbastanza fragile?

Infatti, basta un temporale e la Calabria va in tilt. Questo perché un evento temporalesco di tipo autorigenerante ha interessato la Calabria ionica nel fine settimana, colpendo in particolare le province di Catanzaro e Crotone con piogge abbondanti, forti raffiche di vento e fulminazioni. Le precipitazioni hanno causato processi erosivi e frane sui versanti, con trasporto di detriti verso valle e piene torrentizie.

Negli ultimi tempi, questo tipo di fenomeni sembra manifestarsi con maggiore frequenza nelle nostre zone, probabilmente a causa del cambiamento climatico in atto e produce effetti devastanti sul territorio. In presenza di zone edificate o infrastrutture, si finisce per contare i danni, quando va male, anche le vittime.

A fronte di queste situazioni, bisogna analizzare le cause e i rimedi, in modo da prevenire i danni. Innanzitutto, c’è da considerare che il territorio evolve continuamente e si modella, attraverso dinamiche del tutto naturali. In tal senso, vanno interpretati i processi di modellamento dei versanti che erodono il materiale e lo trasportano verso valle, attraverso fenomeni di dilavamento o di frana. Analogamente, le acque incanalate trasportano i detriti verso il mare, contribuendo all’equilibrio dinamico delle spiagge lungo le fasce costiere.

La presenza degli umani incide su questi processi, condizionandoli in vario modo. Per esempio, l’uso del suolo può favorire il ruscellamento (a discapito dell’infiltrazione) e quindi amplificare il deflusso, con tutte le conseguenze di una maggiore disponibilità di acqua che scorre in superficie. In altri casi, l’edificazione può esporre gli edifici (e la popolazione) a situazioni di pericolo eccessive, con conseguenti danni potenziali anche severi.

Ancora, gli stessi edifici possono non essere realizzati in maniera adeguata e quindi, non essere capaci di resistere all’impatto dei fenomeni naturali. Ciò vale in generale, per le alluvioni come per le frane, i terremoti. In una fase di cambiamento climatico, i suddetti equilibri (precari) tendono a modificarsi, e possono esserci conseguenze disastrose per le aree urbanizzate e per le infrastrutture.

Se lo si vuole spiegare in termini geologici, bisogna premettere che il territorio, anche in Calabria, è in continuo modellamento. Non è mai uguale a sé stesso, perché tende a raggiungere condizioni di equilibrio in un contesto ambientale mutevole.

Per esempio, la tettonica determina un sollevamento differenziato e, grazie al clima, favorisce l’approfondimento delle incisioni torrentizie, con generazione di energia di rilievo, processi erosivi e frane. Tutto ciò, alimenta il trasporto di detriti verso la costa, dove il mare agisce per redistribuirli. Alcuni aspetti del clima sono condizionati da eventi astronomici ciclici, di lungo periodo.

Nel complesso, tali processi si sviluppano quindi in tempi molto lunghi, ben oltre l’orizzonte di interesse che normalmente consideriamo. Non dobbiamo, però, sottovalutare il ruolo delle attività umane nell’amplificare alcuni processi naturali, come i cambiamenti climatici. La stragrande maggioranza degli esperti ritiene che la tendenza in atto sia sensibilmente influenzata dalle emissioni antropiche di gas serra. Secondo un principio di precauzione e quindi, anche in assenza di certezze assolute, sarebbe saggio assumere provvedimenti per la riduzione degli impatti anche per senso di responsabilità verso le nuove generazioni.

Carl Sagan ci ricordava che, durante la Guerra Fredda, furono infatti investiti triliardi di dollari nella corsa agli armamenti nucleari, soltanto perché si temeva (ma non si era affatto certi) che il nemico volesse attaccare. Strano che, negli stessi “ambienti culturali”, ci si ostini a rifiutare l’approccio di precauzione e si tenda a minimizzare il ruolo delle attività umane nel condizionare il clima.

Eppure, gli effetti in termini di inquinamento (e malattie correlate) e di modificazioni climatiche (e relativi effetti al suolo) sono piuttosto evidenti. Qual è il motivo di tale atteggiamento?

Di fronte a questo quadro preoccupante, è necessario che le istituzioni locali e regionali mettano in campo degli strumenti di pianificazione. Innanzitutto, è importante sottolineare che il territorio deve essere utilizzato secondo principi di precauzione, in modo da tutelare sia l’incolumità della popolazione sia i beni (zone urbanizzate, infrastrutture, aree produttive e industriali, ecc.), permettendo al contempo un sano sviluppo economico.

L’approccio semplicistico del divieto assoluto, ampiamente adottato nel secolo scorso, è ormai superato da quello legato al concetto di rischio accettabile. In altre parole, non si può pretendere di garantire condizioni di rischio nulle. Ovunque, c’è sempre un livello di rischio cui resteremo esposti, perché il territorio è soggetto a una serie di processi che si sviluppano nel tempo e possono causare danni o distruzione. Ecco perché è meglio non utilizzare alcuni termini fuorvianti, come la famosa “messa in sicurezza”, che rischiano di infondere convinzioni errate nella popolazione: come sappiamo, nulla è sicuro.

Occorre, viceversa, analizzare più in generale il territorio in termini di multirischio, ovvero di condizioni potenzialmente dannose imputabili a una serie di fenomeni (naturali o artificiali), anche indipendenti tra loro. Se, per esempio, mi allontano da un torrente, posso magari riuscire a evitare una piena, ma posso essere colpito dai massi che precipitano dalle pareti rocciose più a monte. Quindi, mentre diminuisco il rischio legato alle alluvioni, aumento quello legato alle frane. Esistono diversi strumenti di pianificazione, a varia scala, che permettono di utilizzare il territorio consentendone uno sviluppo armonico, mitigando i rischi.
A livello comunale, i Piani di Protezione Civile sono uno strumento fondamentale, e dovrebbero essere conosciuti e praticati sia dagli amministratori sia dalla popolazione. Di recente, la Protezione Civile regionale ha stanziato dei fondi per la digitalizzazione. Bisognerebbe approfittarne per modernizzare il sistema e fare divulgazione. A scala regionale, i vari “piani stralcio” previsti nell’ambito della pianificazione di bacino (ex L.183/1989) sono uno strumento prezioso e imprescindibile. Attraverso la redazione di tali piani, le zone del territorio maggiormente esposte a problematiche di franosità, alluvione ed erosione costiera possono essere riconosciute e così, in esse, è possibile adottare criteri di utilizzo del territorio compatibili con le condizioni di rischio.
Purtroppo, in Calabria questi piani sono rimasti fermi per un quarto di secolo. Gli Ordini professionali dell’area tecnica hanno ripetutamente sollecitato l’Autorità di Distretto dell’Appennino Meridionale a provvedere, con urgenza, all’aggiornamento di tali strumenti di pianificazione, consapevoli della loro fondamentale importanza per la salvaguardia di beni e persone. In alcuni documenti, trasmessi formalmente all’Autorità, ne sono state evidenziate le principali criticità, fornendo suggerimenti per la risoluzione degli annosi problemi evidenziati dai professionisti.
A novembre scorso, c’è stato un colpo di scena. Abbiamo, infatti, appreso (casualmente) che era stato approvato il Progetto di Piano per il Rischio Alluvioni (inutile sottolineare che nessuno dei Presidenti dei 22 Ordini calabresi dell’area tecnica fosse stato avvisato). L’Autorità ha, però, concesso un periodo alquanto ridotto per formulare osservazioni: entro metà gennaio bisognava completare il tutto. Festività comprese.
L’analisi di un lavoro così articolato e specialistico necessita, evidentemente, di elevate competenze e di tempo. Ciò malgrado, già a un primo esame, sono sorte varie perplessità di carattere procedurale e metodologico, nonché inerenti alle Norme di Attuazione (ovvero ai vincoli che si intendono imporre nelle zone che risultano esposte a tale problematica).
In collaborazione con gli altri Ordini della Rete delle Professioni Tecniche calabrese, sono state quindi formulate tutta una serie di richieste di dati e informazioni, per mettere tutti in condizione di comprendere a fondo e replicare lo studio effettuato dall’Autorità, e proporre eventuali modifiche. Sono state anche formulate puntuali proposte di modifica alle Norme, per non bloccare i procedimenti in atto e per gestire le situazioni di rischio secondo una visione più moderna di mitigazione. Si tratta, nel complesso, di numerose osservazioni, difficilmente risolvibili con una semplice risposta formale. Attendiamo fiduciosi di capire come intenderà procedere l’Autorità di Distretto per chiarire le perplessità avanzate e condividere gli elementi informativi necessari per un corretto utilizzo del Piano.
Purtroppo, malgrado le sollecitazioni avanzate all’Autorità nel corso degli ultimi anni, è mancato del tutto il coinvolgimento del mondo professionale e di altri “portatori di interesse” nelle fasi di impostazione e di redazione del Piano (a differenza dell’esperienza pioneristica del 2001).
Auspichiamo, in futuro, una maggiore apertura al confronto costruttivo da parte dell’Autorità, anche in vista degli aggiornamenti di altri Piani (frane ed erosione costiera), attesi ormai da troppo tempo. (gi)
[Giulio Iovine è presidente dell’Ordine dei Geologi della Calabria]

Il webinar di Legambiente su “Cosa sono i cambiamenti climatici?”

Domani pomeriggio, alle 15, sulla pagina Facebook di Legambiente Calabria e su Zoom, è in programma un webinar dal titolo Cosa sono i cambiamenti climatici?

Intervengono Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, che presenterà il progetto “Calabria al centro del Mediterraneo”; Federico Grazzini, meteorologo Arpa, che interverrà su “I cambiamenti climatici e i suoi effetti”; Silvio Greco, vice presidente della Stazione Zoologica Anton Dohrn, che parlerà di “Mediterraneo, ecosistema fragile”.

Un’opportunità da non perdere per approfondire una delle sfide più urgenti del nostro tempo e capire come agire per tutelare il nostro territorio e il nostro mare.

Un altro webinar, dal titolo L’impatto dei cambiamenti climatici su città e territori è in programma il 13 febbraio, alle 16.

Intervengono Giuseppe Mendicino, prof. ordinario all’Unical, sugli effetti dei cambiamenti climatici sul territorio e Francesco Luca Basile, prof. ordinario all’Alma Mater di Bologna e delegato Mur -Horizon Europe per  Clima, energia e mobilità. (rcz)

Parretta (Legambiente): È essenziale per Calabria intervenire preventivamente ai cambiamenti climatici

«È essenziale per la Calabria intervenire in maniera preventiva e reagire agli effetti del cambiamento climatico, a partire dal problema della siccità, con la consapevolezza della preziosità della risorsa acqua e con un approccio sostenibile e circolare nella sua gestione». È quanto ha dichiarato Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria, in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, chiedendo che «si agisca velocemente per adattare le città ed i territori calabresi rispetto agli effetti della crisi climatica ad esempio efficientando le reti idriche ed incentivando circuiti virtuosi come quelli che consentono il risparmio e l’uso circolare delle acque incluse quelle piovane oltre a piantumare nuovi alberi avendo cura di quelli esistenti e delle aree verdi

Quello del cambiamento climatico, infatti, è «un problema destinato ad avere grandi ricadute ambientali ed economiche sulla nostra regione, a partire dal settore agricolo ma la sensazione è che non vi sia sufficiente consapevolezza da parte della politica della gravità della situazione».

La data del 5 giugno, giorno in cui si celebra la Giornata dell’Ambiente, si concentra sul “ripristino del territorio, desertificazione e resilienza alla siccità”ed è una data che impone delle serie riflessioni, anche in Calabria.

La crisi climatica sta colpendo soprattutto l’Europa che si sta riscaldando due volte più velocemente rispetto al resto del mondo, minacciando la sicurezza energetica ed alimentare, gli ecosistemi, le infrastrutture, le risorse idriche e l’economia.

In Europa, negli ultimi cinque anni si è registrata una temperatura media superiore a 2,2°C rispetto all’era preindustriale, con eventi meteorologici estremi che hanno già superato il livello di guardia, soprattutto nei Paesi mediterranei.

Una situazione che si innesta in un quadro complessivamente grave nel quale l’Italia ha raggiunto due settimane fa, il 19 maggio, il cosiddetto “Overshoot day” nel quale sono giunte ad esaurimento le risorse annuali del Pianeta Terra. Il consumo di risorse, quindi, in Italia, è pari a 2,7 Terre per come rilevato dal Global Footprint Network, centro di ricerca internazionale, che da anni calcola l’impronta ecologica dell’umanità e la capacità della Terra, sia a livello globale che delle singole nazioni, di rigenerare le risorse consumate in 365 giorni anche in termini di capacità di assorbimento delle emissioni rilasciate in atmosfera.

Anche nel fragile territorio calabrese si continua ad “erodere il capitale naturale” consumando più risorse di quelle che il Pianeta ci mette annualmente a disposizione.  Continuiamo a non adottare le giuste misure di prevenzione ed adattamento rispetto al riscaldamento climatico, a cementificare, a non tutelare adeguatamente ambiente e biodiversità, ad inquinare aria, acqua e suolo producendo tonnellate di rifiuti che non sappiamo gestire e gettiamo nell’ambiente  – ad esempio sulle nostre spiagge dove l’ 84% dei rifiuti  rinvenuti è composto da plastica secondo i monitoraggi di beach litter effettuati da  Legambiente effettua nell’ambito delle sue  campagne come “Puliamo il mondo”.

Per come rilevato dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente, senza un’efficace azione preventiva dei rischi climatici, i danni da alluvioni, ondate di calore, siccità, incendi boschivi, perdite dei raccolti o malattie potrebbero ridurre il PIL europeo di circa il 7% entro la fine del secolo. Inoltre, stando a quanto previsto dal Piano Nazionale di Adattamento Climatico, varato a fine 2023 dal Governo italiano, in Italia si stima una riduzione del valore della produzione agricola pari a 12,5 miliardi di euro nel 2050 in uno scenario climatico con emissioni climalteranti dimezzate al 2050 e pari a zero al 2080. In particolare in Italia ormai è sempre più emergenza siccità. Dal 2020 a metà maggio 2024, nella Penisola si sono registrati 81 danni da siccità prolungata ed i cambiamenti climatici stanno accelerando anche il rischio desertificazione in intere regioni come sta avvenendo nella vicina Sicilia.

Da qui, l’Associazione ha avanzato tre proposto al Governo e all’Europa: «si ricostituisca una regia unica, da parte delle Autorità di bacino distrettuale, per conoscere disponibilità, consumi reali, domanda potenziale e per definire degli aggiornati bilanci idrici; serve una strategia nazionale integrata e a livello di bacini idrografici, che spinga per la realizzazione di nuove e moderne pratiche e misure per ridurre la domanda di acqua ed evitarne gli sprechi. Con esse si comprende il risparmio negli usi civili attraverso la riduzione delle perdite e dei consumi ma soprattutto negli usi agricoli anche attraverso una intelligente rimodulazione degli strumenti di programmazione regionali della nuova Pac, per renderli capaci di orientare le scelte degli agricoltori verso colture e sistemi agroalimentari meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti».

Infine, «è fondamentale ripristinare tutte quelle pratiche che permettano di trattenere il più possibile l’acqua sul territorio e favorire azioni di ripristino della funzionalità ecologica del territorio e ripristino dei servizi ecosistemici. Al contempo occorre promuovere sistemi per il recupero delle acque piovane e per il riuso delle acque reflue depurate».

Infine, Legambiente ha chiesto alla prossima legislatura europea che verrà, «di approvare una Legge quadro sulla resilienza climaticaper coordinare norme stringenti sull’adattamento, con efficaci piani nazionali e adeguate risorse economiche, in tutti i Paesi membri». (rcz)

Mammoliti (PD): Servono interventi urgenti per cambiamenti climatici e tutela salute nei luoghi di lavoro

«I profondi cambiamenti climatici impongono a chi possiede ruoli di governo ai vari livelli ad assumere provvedimenti per tutelare la salute dei lavoratori esposti al rischio nei luoghi di lavoro ad una prolungata esposizione al sole». È quanto ha dichiarato il consigliere regionale del Pd, Raffaele Mammoliti, presentando una istanza al presidente della Regione, Roberto Occhiuto, per chiedere interventi urgenti a tutela dei lavoratori in vista della stagione estiva.

«L’aumento delle temperature – ha proseguito – che si registrano nella nostra regione in estate, ormai da diversi anni, desta vera preoccupazione e allarme e purtroppo già nel passato siamo stati costretti a  registrare delle morti nei luoghi di lavoro della Calabria soprattutto nei comparti più a rischio, come agricoltura e edilizia. Per tali ragioni ho presentato un’apposita istanza al Presidente Occhiuto per chiedere l’adozione ogni utile e tempestivo provvedimento volto a tutelare i lavoratori che svolgono la loro attività in condizioni dì prolungata esposizione al sole. Auspico pertanto un tempestivo provvedimento da parte del governo regionale». (rrc)

Arpacal presenta la piattaforma #AllertaCAL per monitorare i cambiamenti climatici

In Calabria, per il 2023, Arpacal mette in evidenza che il valore medio della precipitazione regionale è stato il più basso degli ultimi 10 anni e le temperature superano quelle dell’ultimo trentennio con la media di +2°C nella stagione estiva ed autunnale.

Questi alcuni dei dati emersi alla presentazione della nuova piattaforma #AllertaCAL che rende disponibile su mappa interattive dati e informazioni scientificamente solide per affrontare i cambiamenti climatici.

Grazie a questa piattaforma vengono rese disponibili agli utenti, attraverso mappe interattive cui si accede senza che sia necessaria alcuna registrazione, informazioni puntuali ed aggiornate sulle eventuali criticità idrogeologiche ed idrauliche su tutto il territorio regionale e le previsioni meteo del breve periodo che vengono costantemente aggiornate (24 ore su 24) dai tecnici del Centro funzionale multirischi di Arpacal.

Grazie a questo gruppo di tecnici esperti, che operano sotto la guida del direttore del Centro, l’ing. Eugenio Filice, Arpacal raggiunge l’obiettivo di implementare le sue attività e rendere disponibili conoscenze e strumenti che consentono sia ai singoli cittadini che agli enti pubblici ed alle aziende private, di affrontare le questioni ambientali sulla base di dati e informazioni scientificamente solide.

In occasione del lancio della piattaforma #allertaCAL sul sito istituzionale, Arpacal pubblica, inoltre, il Rapporto sull’andamento meteoclimatico nell’anno 2023.

Elaborato dall’ing. Loredana Marsico e dall’ing. Roberta Rotundo del Centro funzionale, il Rapporto affronta il tema dei cambiamenti climatici mettendo in evidenza come anche in Calabria, le medie climatiche del 2023 subiscano le variazioni tipiche di un clima in rapido cambiamento i cui effetti sono particolarmente evidenti sulle temperature e le precipitazioni.

Secondo i dati Arpacal, la temperatura media annuale registrata in Calabria nell’ultimo anno 2023 è infatti ben più elevata rispetto alle medie del trentennio di riferimento (1991-2020).

Un aumento delle temperature che risulta ancora più evidente se si considera la media stagionale registrata nella stagione estiva ed in quella autunnale: il riscaldamento di questo ultimo anno, rispetto alla media di riferimento, risulta infatti essere stato di ben 2 gradi centigradi.

Per quanto riguarda le piogge, il cambiamento più evidente, secondo i tecnici dell’Arpacal, si rileva, oltre che nella diminuzione delle piogge estive, anche nella frequenza con cui le precipitazioni si sono presentate su base mensile durante tutto l’anno.

Le condizioni climatiche locali, come quelle globali, saranno la conseguenza delle scelte che facciamo oggi: ridurre rapidamente e drasticamente le emissioni climalteranti. Se le emissioni continueranno ad aumentare, ci aspetta un futuro climatico difficilmente sostenibile, con effetti negativi sia sul piano ambientale che su quello economico. (rcz)

II Pd Calabria: Aprire interlocuzione col Governo per garantire nelle aree interne sicurezza

«Aprire subito interlocuzione con il governo nazionale per garantire nelle aree interne la sicurezza del territorio e i servizi primari  quali scuole, poste e caserm». È quanto ha chiesto il Pd Calabria, aggiungendo, poi, la necessità ad «incentivare l’utilizzo di alcuni strumenti come il south working che favorisce la permanenza di giovani in questi territori, frenandone lo spopolamento».

Il consigliere Mimmo Bevacqua, poi, ha ringraziato il presidente Filippo Mancuso per avere accolto la proposta dei dem di avere una discussione in Aula sulle strategie da adottare per fronteggiare i cambiamenti climatici e salvaguardare ambiente e territorio. Bevacqua ha poi espresso apprezzamento, a nome del gruppo, in ordine alla disponibilità espressa dal governatore Occhiuto sulla proposta di legge istitutiva dell’Osservatorio sui cambiamenti climatici, depositata dai dem durante gli scorsi giorni, e sul progetto di legge “TerraFerma”.

«Questo è il ruolo propositivo e costruttivo che deve esercitare l’opposizione – ha detto Bevacqua – e che praticamente fin qui ci è stato impedito di potere esercitare. Del resto sarebbe stato da imprudenti e irresponsabili non accettare la discussione sui cambiamenti climatici in corso dopo gli eventi alluvionali che hanno colpito l’Emilia e la Toscana».

«La nostra idea di depositare una proposta di legge sull’istituzione di un Osservatorio regionale va proprio in questa direzione. Sintetizzandone i contenuti – ha spiegato Bevacqua – crediamo che la politica, le comunità, i territori abbiano bisogno di un quadro di indirizzo regionale fondato su dati certi, costanti e opportunamente elaborati. I temi legati al consumo di suolo zero e alla rigenerazione urbana devono diventare centrali nelle nostre iniziative legislative. Così come è fondamentale individuare le priorità da affrontare e le risorse necessarie da investire a partire dai fondi del Pnrr e del Por».

«La Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, che è poi la traduzione in termini nazionali delle priorità dettate dall’Agenda 2030 – ha proseguito il capogruppo il dem – evidenzia come il dissesto idrogeologico si combatta creando comunità e territori resilienti, promuovendo il presidio e la manutenzione del territorio. Sono le stesse identiche parole che hanno ispirato qualche anno fa il nostro progetto di legge denominato “TerraFerma-Montagna Solidale”. L’idea è limpida: dare modo alle comunità di risiedere nelle aree più a rischio per garantirne la costante e formata manutenzione».

«Ci aspettiamo, adesso – ha sottolineato – che il governatore Occhiuto mantenga la parola e il Consiglio possa approvare in tempi rapido l’istituzione dell’Osservatorio sui cambiamenti climatici che abbiamo depositato negli scorsi giorni. E che la stessa sorte possa toccare attraverso un confronto serrato e propositivo al nostro progetto di legge denominato “TerraFerma-Montagna Solidale”».

«Due proposte concrete – ha concluso il capogruppo – che non hanno colore politico, ma sono volte soltanto a garantire gli interessi fondamentali dei calabresi e dare finalmente il via ad una efficace politica di cura e manutenzione del territorio. Elemento fondamentale per lo sviluppo economico del territorio e per fornire alle comunità che risiedono nelle aree interne e più disagiate una concreta possibilità di rimanere nella propria terra per garantire, in collaborazione con le Istituzioni, lo sviluppo armonico e uniforme della Regione. (rrc)

A Cosenza esperti a confronto sulle conseguenze dei cambiamenti climatici

Nei giorni scorsi, a Cosenza, si è svolto un convegno sugli impatti sull’agricoltura e sull’ambiente dovuti ai cambiamenti climatici, organizzato dall’Associazione Culturale Elettra.

La presidente dell’associazione, la professoressa Pina Falcone, ha coinvolto come relatori esperti nelle discipline del settore: la professoressa Daniela Biondi, ricercatrice dell’Università della Calabria, l’imprenditrice Paola Granata, presidente di Confagricoltura Cosenza, l’ingegnere Maria Pia Funaro, vicesindaca e assessora all’Ambiente del Comune di Cosenza e l’agronomo Giovanni Perri, già presidente della Federazione dei Dottori Agronomi e Forestali della Calabria ed autore di numerosi saggi.

Quello che è emerso è come i cambiamenti climatici impattano sulla vita degli esseri viventi con sempre maggiore vigore, ne influenzano la qualità della vita e sono strettamente connessi ai fenomeni che riguardano l’aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai e la siccità, con conseguenze importarti sull’agricoltura a causa della scarsità di acqua per le colture. Per ridurre gli impatti della siccità gli esperti hanno consigliato di indirizzare i consumi seguendo la stagionalità delle produzioni, piantare varietà precoci maggiormente resistenti rispetto alla penuria di acqua, in uno con misure idonee alla raccolta delle acque tramite laghetti collinari e piccoli invasi. 

Sono stati anche illustrati i contenuti dell’ultimo rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici che integra le analisi e i risultati riguardanti lo stato attuale, le proiezioni future e un focus sulle possibili azioni di mitigazione e adattamento. 

Non sono mancati i riferimenti al territorio calabrese, alla situazione attuale in cui versa l’agricoltura regionale e agli accordi internazionali sul clima, da Rio de Janeiro al Protocollo di Kyoto passando per l’accordo di Parigi. Secondo quanto previsto dalla normativa europea sul clima, i paesi dell’UE devono ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030Gli esperti intervenuti hanno evidenziato le teorie elaborate dagli scienziati secondo cui entro la fine del decennio occorrerà ridurre le emissioni di CO2, ma perché risultino efficaci servirà che “i tagli siano profondi, veloci e duraturi” come ha più volte ammonito l’IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change. (rcs)

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