AGENDA CALABRIA: PIANO DELL’INDUSTRIA
PER L’EFFETTIVO SVILUPPO TERRITORIALE

di SANTO STRATI – È possibile realizzare crescita e sviluppo in Calabria? Secondo gli industriali italiani sì, purché cambi l’atteggiamento della politica locale, per anni incapace di concretizzare idee e opportunità. Questo racconta il corposo rapporto Agenda Calabria, presentato in Cittadella, frutto di oltre otto mesi di lavoro tra analisi e studi del territorio, che serve per mettere insieme un piano di interventi efficaci e realizzabili.  «Un dono per la Calabria da parte dell’industria italiana – ha detto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, in particolare di quella calabrese che sappiamo può dare tanto e da cui ci aspettiamo tanto». Un programma operativo che si sviluppa in quattro aree di intervento e definisce un articolato piano di investimenti e interventi che mirano al rilancio dell’economia regionale.

È importante l’attenzione mostrata dagli industriali italiani, fianco a fianco di Unindustria Calabria, che dicono di credere nella crescita del Sud e, in particolare, di questa terra, e indicano la strategia – a dir loro – vincente: lavorare insieme pubblico e privato, cogliendo le opportunità offerte dal Fondi di Coesione e Sviluppo, il PNNR e il Por. I soldi, le risorse, ci sono ma fino ad oggi non sono stati adeguatamente utilizzati: Agenda Calabria è anche un duro atto di accusa contro la politica locale incapace di mettere a frutto le occasioni dell’intervento pubblico. «Gli elementi che hanno contribuito ad aggravare l’arretratezza – si legge nel rapporto – sono anche imputabili alla classe politica regionale, quasi sempre vincolata da orizzonti temporali non sufficientemente lunghi e resi incerti dalla troppo breve durata dei governi, elementi incompatibili con l’elaborazione di visioni di sviluppo di ampio respiro. La debolezza istituzionale-amministrativa ha portato ad una minore coesione, a sua volta causa di localismi, assistenzialismo e clientelismo nella gestione della cosa pubblica». In altri termini, gli industriali sottolineano la debolezza e l’arretratezza del territorio, causate dalla mancanza di infrastrutture: un ritardo di decenni, dove hanno prevalso indecisione e incapacità di affrontare le varie criticità del tessuto produttivo. «La cultura imprenditoriale è stata limitata in modo determinante dal ripetersi di politiche assistenzialistiche, che hanno contribuito a soffocare l’iniziativa individuale piuttosto che a stimolarla a intraprendere progetti d’impresa sostenibili autonomamente nel tempo». E soprattutto il rapporto non fa sconti su come si è agito in tutti questi anni: «L’immobilismo decisionale non ha consentito alla regione di dotarsi di infrastrutture al passo con le sfide globali. Il ritardo nel creare una visione di sviluppo è tangibile prima di tutto nella mancanza di un sistema di infrastrutture adeguate, sia per quanto riguarda i trasporti, sia le telecomunicazioni. La posizione geografica ed orografica della regione di per sé presenta delle grandi sfide e poco è stato fatto per dotare il territorio delle infrastrutture necessarie a farvi fronte. Ciò ha reso quindi difficile per le imprese calabresi ampliare il proprio mercato su assi geografici più ampi, tenendole lontane dalle traiettorie di sviluppo più prospere legate alla possibilità di esportare verso i paesi più ricchi dell’Europa settentrionale. Inoltre, la regione non riesce ancora a capitalizzare la sua posizione strategica nel mare Mediterraneo, con le potenzialità del porto di Gioia Tauro non pienamente espresse in termini di ricadute sul territorio».

Una premessa dura, ma necessaria, per rafforzare il pacchetto di idee di Confindustria e degli industriali della regione che il rapporto mette a disposizione della Calabria. Agenda, in latino, significa “le cose che si devono fare” e questo documento fornisce le indicazioni necessarie per superare gli ostacoli, individuando il punto di partenza e i punti di forza su cui far leva per mettere l’economia regionale in condizione di crescere. Certo ci sono le evidenze dei fallimenti che hanno «peggiorato lo stato di arretratezza del territorio» con il fallimento dei poli industriali ed emerge «un senso di disillusione nelle capacità di intervento pubblico nel risollevare la prosperità del territorio. Il binomio occupazione-sviluppo, da realizzarsi soprattutto nell’ambito del settore secondario, aveva spinto, a partire dal dopoguerra, a promuovere la delocalizzazione nelle aree del Mezzogiorno di impianti industriali attraverso incentivi e defiscalizzazione. Il meccanismo è stato caratterizzato da una tipologia di controllo accentrato, che programmava e concedeva ai territori opportunità di sviluppo in una logica assistenzialista che nel tempo ha dato luogo anche a fenomeni di corruzione e malaffare, ma che soprattutto ha fallito nel trasmettere a regioni come la Calabria gli strumenti per costruire e coltivare una visione di sviluppo più calata sulle esigenze del territorio. I fallimenti collezionati nei decenni sono ancora visibili sotto forma di capannoni abbandonati, impianti dismessi, intere aree in stato di abbandono e degrado ambientale, e realtà sociali disgregate dalla disoccupazione indotta dal processo di deindustrializzazione».

La soluzione indicata da Agenda Calabria poggia sull’analisi di quattro macro aree: contesto difficile, economia fragile, amministrazione inadeguata, assenza di mercato. Per quanto riguarda il contesto difficile, gli industriali hanno inserito la posizione geografica penalizzante, la rete di trasporti non adeguata, la sanità al di sotto degli standard europei, università non in linea con le aspettative; l’economia fragile è provocata dalla consistente presenza di imprese di piccola dimensione, filiere corte ed economia scarsamente diversificata. L’assenza di mercato  è provocata dal fattore demografico. Sull’inadeguatezza dell’amministrazione pubblica locale ci sono fin troppi segni di incapacità di visione, di prospettiva, di attenzione sulle reali esigenze del territorio.

Si pensi per esempio alla ZES, costituita nel 2017, che ancora stenta a decollare per mancanza di visione, dopo un’altalena di commissari (l’ultimo, Giuseppe Romano, in tandem con la Regione Campania, come se non fosse possibile individuare un proprio manager esecutivo) e rinvii continui dell’operatività. Oltre, naturalmente, ad alcune insensatezze (come quella denunciata da Calabria.live lo scorso 26 febbraio sulle aree di Reggio collocate dentro l’aeroporto accanto alle piste). La Zes può offrire un elemento determinante per la crescita e lo sviluppo del territorio, ma così com’è stata concepita, è a solo vantaggio delle grandi realtà industriali (che possono sfruttare in maniera adeguata le opportunità del credito d’imposta) ma è poco attrattiva per la piccola impresa. Occorre immaginare nuovi incentivi che possono favorire insediamenti anche di modesta dimensione che, comunque, in prospettiva possono crescere in termini di occupazione e capitalizzazione. Non si dimentichi, inoltre, la difficoltà di accesso al credito che è endemica in Calabria, causa principale della fragilità che si registra nelle nuove iniziative e nelle start up, provocando una fuga di cervelli e di “aspiranti” imprenditori scoraggiati a operare in Calabria. I primi – laureati, ricercatori, tecnici di altissimo livello, non hanno opportunità di occupazione in grado di offrire adeguatezza di reddito e formazione integrativa, i secondi si vedono bocciare qualunque progetto con la richiesta di ulteriori garanzie “immobiliari” anche di terzi, pur in presenza di ampie garanzie statali.

Quali sono i punti di forza indicate da Agenda Calabria? «La Calabria ha delle colonne portanti su cui poter costruire un piano di sviluppo e crescita duraturo e sostenibile. Oltre all’elevata disponibilità di risorse la regione può infatti contare su un fiorente settore agroalimentare, base produttiva su cui poter costruire filiere più solide e orientate all’innovazione e ai mercati esteri. Il paesaggio pieno di attrattive costituisce un patrimonio per il comparto turistico, settore in forte cambiamento per reagire alle nuove sfide poste dalla pandemia, ma che in Calabria continua a rappresentare una risorsa inestimabile per generare reddito e occupazione. Il costo del lavoro contenuto rende l’economia competitiva e anche attrattiva per gli investitori internazionali, che possono trovare terreno fertile sia nelle già istituite zone economiche speciali, sia nel porto di Gioia Tauro, il cui valore come infrastruttura è reso inestimabile dalla posizione strategica occupata dalla Calabria nel Mediterraneo».

Ci sono quattro assi su cui si propone l’intervento: crescita sostenibile e duratura; cultura d’impresa; commercio mondiale, cabina di regia. Il primo asse è finalizzato a superare l’ostacolo del “nanismo” delle aziende calabresi, stimolando la creazione, la crescita e il rafforzamento delle imprese e prevede la promozione e l’internazionalizzazione di un’industria 5.0, con attrattività di investimenti diretti e reshoring , economia circolare, reti di impresa, industrial development intelligence group, senza dimenticare la sicurezza nei luoghi di lavoro. Per la cultura d’impresa – tenuto conto dell’ “inverno demografico” della regione si punta sui giovani con formazione in programmazione europea, conoscenza dell’Information & Communication Technology (ITC) , lo smart working e l’imprenditoria giovanile. Per il commercio mondiale c’è da superare la carenza delle infrastrutture che richiedono pertanto un rafforzamento con la massima attenzione alla mobilità: il programma punta sulle grandi opere, il monitoraggio e la manutenzione, la Zes, la sanità e la transizione energetica. La cabina di regia risulta indispensabile per oltrepassare la debolezza degli apparati amministrativi e l’ostacolo della burocrazia, per avere amministrazioni in grado di affrontare e sostenere le sfide dell’industria: occorre valorizzare le competenze con uno screening delle opportunità offerte dalla Ue: puntare sulla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e la semplificazione amministrativa e individuare strategie locali per l’economia circolare.

Il Piano ha individuato anche tre aree strategiche: edilizia, agrifood e turismo: «Il patrimonio paesaggistico della Calabria, unito all’offerta agrifood della regione, si presentano come punti di forza che rendono la regione unica per attrattività di visitatori. Il piano si prefigge quindi di valorizzare questi comparti e, a tal fine, porre l’attenzione sugli assi collegati, come quello relativo all’economia circolare. Allo stesso modo, il settore delle costruzioni è fondamentale sia per garantire una dotazione infrastrutturale adeguata, sia nel raggiungimento degli obiettivi di ecosostenibilità. La diffusione della cultura d’impresa resta al centro come ingrediente comune al successo del piano di sviluppo nel suo complesso».

Gli elementi per dare una scossa al sistema e attuare una vera politica del “fare” ci sono dunque tutti. Il Presidente Occhiuto si è detto “riconoscente”: «La Calabria – ha detto – ha una grande responsabilità, deve dimostrare di saper cambiare passo, di saper diventare una terra dove lo sviluppo può essere prodotto. Il Paese ha una grande responsabilità nei confronti della Calabria perché la nostra regione può essere davvero l’hub dell’Italia e dell’Europa sul Mediterraneo». E gli ha fatto eco Raffaele Fitto, ministro per il Sud (oltre che degli affari Europei e delle Politiche di Coesione): «C’è un sistema che non funziona. Lo abbiamo fatto emergere con una relazione che il Consiglio dei Ministri ha approvato e che la prossima settimana sarà anche oggetto di dibattito nelle commissioni parlamentari. A fronte di una cifra complessiva di 126 miliardi di euro in Italia abbiamo speso poco più del 30%. Non credo che ci sia da fare polemica nei confronti di nessuno. C’è solo da prendere atto che il sistema così com’è non funziona e che c’è bisogno di intervenire per fornire una soluzione di carattere generale. Occorre intervenire su due fattori – ha detto in videocollegamento Fitto: «Il primo è la capacità di avere un parco progetti adeguato evitando la polverizzazione della spesa in mille rivoli di interventi e in secondo luogo mettendo in campo una capacità amministrativa che sia in grado di sopperire a quelle difficoltà per le quali non si è stati in grado di utilizzare al meglio queste risorse».

Un impegno che dovrà essere rispettato: i calabresi sono all’anno zero e sono stufi di sottosviluppo e mancato sviluppo: la crescita non è più rinviabile e l’opportunità offerta dal PNRR non può essere trascurata né disattesa. Significa perdere – inesorabilmente – l’ultimo treno per lo sviluppo. Mancano però gli executive per i progetti e il rischio maggiore è che non vengano utilizzate le risorse a disposizione per assenza di progettualità valida. Un suggerimento: Invitalia, che è preposta all’analisi dei progetti per il PNRR, fornisca i tecnici in grado di elaborare i progetti che tantissimi comuni vorrebbero presentare ma sono privi di competenze. Non hanno i soldi i sindaci per pagare un segretario comunale (spesso se lo dividono in tre o quattro amministrazioni diverse) figuriamoci se possono permettersi di assumere esperti in progetti europei. Sarebbe un investimento – quello di mandare tecnici e specialisti al Sud per scrivere i progetti che non potrebbero più essere respinti per carenza di documentazione e piani di progetto adeguati – che moltiplicherebbe le possibilità di crescita del Mezzogiorno. Il ministro Fitto ci pensi e costituisca una task force da mettere a disposizione degli enti locali che rischiano di non poter presentare progetti o di vederseli bocciati tout court. (s)

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I NUMERI DELLA REGIONE SECONDO L’AGENDA CALABRIA

Il tessuto produttivo calabrese è per lo più costituito da imprese di taglia piccola, operanti su filiere corte e scarsamente diversificate, concentrate soprattutto sui comparti tradizionali del legname e del settore agroalimentare e, geograficamente, nelle province di Cosenza e Catanzaro. In questa sezione vengono snocciolati dei numeri per fornire un quadro di insieme sullo stato della manifattura regionale.

La Calabria pesa poco sull’economia nazionale ed è costituita per lo più da piccole imprese. Gli addetti nella regione contano solo per l’1,5% del totale italiano (2019, ultimo dato disponibile), se poi ci si riferisce alla manifattura, il peso si dimezza scendendo allo 0,7%. Peraltro, a partire dal 2012 l’incidenza dell’economia calabrese su quella nazionale è andata alleggerendosi (-8% per l’economia nel suo complesso e -11,8% per la manifattura). Tuttavia, in alcuni comparti della manifattura la Calabria assume un peso di assoluto rilievo, come per esempio nel comparto alimentare (2,1%), delle bevande (1,1%) e della lavorazione del legno (1,8%). Se si considera il numero di imprese, il peso sale considerevolmente (rispettivamente 2,5% e 2,1%), indicativo del fatto che la dimensione delle imprese in Calabria è molto ridotta.

La dimensione delle imprese manifatturiere è meno di un terzo di quella nazionale. La taglia media di un’impresa operante nella regione Calabria è pari a 2,4 addetti contro i 3,9 per l’Italia e i 3,0 del Mezzogiorno nel suo complesso. Il gap è molto più marcato nella manifattura: 3,3 per la Calabria, 10,9 per l’Italia e 6,3 per il Mezzogiorno (Grafico 1.1). Ciò è in parte legato alla specializzazione nei comparti tradizionali dove la taglia è in generale più piccola rispetto ad altri settori, ma anche in questi settori la taglia media delle imprese calabresi resta sottodimensionata: 3,6 nel comparto alimentare per la Calabria e 8 per l’Italia, in quello delle bevande 4,8 e 12,4 o della lavorazione del legno 2,6 e 4,1. Le imprese più piccole sono per loro natura più fragili ed esposte ai rischi del mercato, e questo è ancor più vero per le start-up, che in Calabria hanno molte più difficoltà a capitalizzarsi (Grafico 1.2) e vedono quindi le prospettive di sopravvivenza ridotte sin dai primi mesi di attività.

La crisi da pandemia è stata particolarmente grave per le imprese della manifattura calabrese. Nel 2020 in Calabria è stato più elevato il numero di imprese che hanno chiuso i battenti rispetto al resto di Italia. Se infatti in Italia si è assistito a una contrazione del numero di imprese pari al -1,5%, nel Mezzogiorno il tasso di sopravvivenza è stato ancora più ridotto (-2,1%) e comunque ancora più elevato che in Calabria (-2,6%). Che la manifattura calabrese sia relativamente fragile rispetto al resto d’Italia lo si evince anche dal dato del 2014, anno difficile per l’Italia, in cui il numero di imprese era calato del -2,7%, mentre nel sud del -3,7% e in Calabria, di nuovo fanalino di coda, del -5,6% (Grafico 1.3). Il dato del 2020 per l’economia nel suo complesso è più confortante, intanto perché il numero delle imprese è cresciuto, ma anche perché vede la Calabria in una posizione migliore rispetto al resto del Mezzogiorno (Grafico 1.4); tale fenomeno va però considerato con cautela per l’eccezionalità del 2020 anche in termini di supporto finanziario offerto alle imprese.

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AGENDA CALABRIA

 

 

L’APPELLO DI BONOMI E OCCHIUTO DA RC:
«CHIEDIAMO IL RIGASSIFICATORE A GIOIA»

Dall’Assemblea di Unindustria Calabria, a Reggio, che ha visto la partecipazione di presenza del presidente di Confindustria Carlo Bonomi, emerge chiaro il problema energetico nella regione, con tutte le sue contraddizioni. Il presidente della Regione Roberto Occhiuto non le manda a dire, a proposito del progetto (scellerato) di attuare l’autonomia differenziata che, nel fare felici le regioni settentrionali, penalizzerà tutto il Mezzogiorno. «Sulla questione energia – come ho detto anche a Capri, facendo una battuta sull’autonomia differenziata che vogliono molti presidenti del Nord – dobbiamo fare riferimento a quello che è scritto nella Costituzione, e cioè che i livelli essenziali delle prestazioni, i diritti, devono essere assicurati con uniformità in tutto il territorio nazionale. E quando la capacità fiscale delle Regioni non è sufficiente a farlo, allora interviene la perequazione. Se dopo la perequazione c’è qualche Regione che ha capacità fiscale ulteriore, ben venga per queste Regioni la possibilità di dare ulteriori servizi ai cittadini».

«Perché – ha detto Occhiuto – il tema dell’autonomia differenziata e delle risorse prodotte nelle Regioni non deve valere pure per l’energia? In Calabria produciamo il 42% di energia da fonti rinnovabili. Se aggiungiamo anche l’idroelettrico e altre fonti non fossili, abbiamo una produzione di energia pulita superiore al consumo dei calabresi. La Lombardia produce il 13% di energia da fonti rinnovabili. Allora, vogliamo farlo il federalismo differenziato? Facciamolo anche sull’energia, stabiliamo che se una Regione ha investito sulle rinnovabili è giusto che i cittadini e le imprese ne abbiano vantaggio. Perché se non rendiamo conveniente questo investimento è difficile che si inducano i decisori politici a sviluppare le rinnovabili. Quindi dobbiamo creare un rapporto tra ciò che si produce in termini di rinnovabili e ciò che è beneficio per la cittadinanza».

Se il rigassificatore di Gioia Tauro – ha aggiunto il Presidente Occhiuto trovando concorde Bonomi – l’avessero fatto 7 o 8 anni fa, oggi il tema dell’energia ci sarebbe, ma non sarebbe così grave, perché quel rigassificatore avrebbe prodotto un terzo del gas che noi prima importavamo dalla Russia. Su questa cosa, noi, il governo regionale, ma anche Unindustria e il presidente Bonomi, siamo intervenuti mesi fa, prima che il problema dell’energia fosse così gigantesco». Quindi Occhiuto e Bonomi insistono sulla necessità di realizzare al più presto il rigassificatore a Gioia Tauro.

«Ho parlato – ha detto Occhiuto – con Cingolani il quale dice, giustamente, che un rigassificatore galleggiante si fa in sei mesi per cui ora, siccome il tema è l’autonomia in tempi brevi, il rigassificatore galleggiante è un intervento da preferire rispetto al rigassificatore terreste che potrà essere realizzato in 4 anni. Quello che sta succedendo oggi ci dovrebbe insegnare che il tema dell’autonomia e dell’indipendenza energetica noi l’avremo anche fra 3 o 4 anni. Allora il rigassificatore io lo chiedo con forza al governo e sono contento che insieme a me lo chieda anche Confindustria, anche perché connesso all’intervento sul rigassificatore c’è la piastra del freddo che ci potrebbe consentire di sviluppare davvero l’area retroportuale di Gioia Tauro attraverso un grande distretto dell’agroindustria. La nostra Regione potrebbe diventare l’hub di un grande distretto dell’agroindustria di tutto il Mezzogiorno, di un distretto che comprenderebbe dalla Campania fino alla Sicilia. Si tratta di un investimento strategico per l’Italia».

Il presidente di Confindustria Bonomi ha espresso con convinzione la posizione degli industriali a proposito del Mezzogiorno: «C’è stata una interpretazione al voto del 25 settembre che ha dato una correlazione univoca che è quella che nel Sud basta incrociare i dati del reddito di cittadinanza con l’elettorato per capire qual è il modello di sviluppo che vuole il Sud. Tutti dicono quindi che il Sud è assistenzialista. Anzi, che su questo punto serve ancora più spesa pubblica. Per me è un errore capitale. Basta con questa narrazione». Il Sud – secondo Bonomi – non chiede come ricetta unica assistenzialismo, ma semplicemente ci si aggrappa se è l’unica ricetta che si propone. Se non diamo un altro modello, un altro progetto di sviluppo, non cambierà nulla. Lo chiederemo al prossimo Governo rispetto al Mezzogiorno. Serve una strategia che vada oltre i progetti finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Serve una strategia di medio-lungo periodo che addirittura vada oltre questa legislatura. Un piano, almeno decennale, per lo sviluppo del Sud, fatto per risorse per scuola, Università, di affiancamento delle reti territoriali di ricerca, che esistono già.
«Chiederò al nuovo Governo – ha rimarcato il capo degli industriali italiani – che si costituisca una squadra non di politici, ma di persone con speciali competenze per un progetto che definirei ItaliaSud 2032. Basta con l’idea che il Mezzogiorno si possa sviluppare solo con l’assistenzialismo. Ci sono delle grandi eccellenze. In Calabria non manca nulla, cultura, storia, Università. Le grandi imprese si sviluppano accanto alle grandi università. C’è tutto per far bene e noi non accetteremo che non ci sia l’idea di un piano di sviluppo ItaliaSud 2032. E qui, come nel resto d’Italia c’è un grande ceto imprenditoriale, tanto che nel prossimo Cda del Cnel indicheremo come rappresentante di Confindustria il presidente di Unindustria Calabria Aldo Ferrara».

All’Assemblea di Unindustria Calabria (che si è svolta al Museo archeologico nazionale di Reggio, dove sono custoditi dei Bronzi, ha introdotto il tema “Destinazione Calabria” il presidente degli industriali reggini ing. Domenico Vecchio. Il dibattito è stato moderato dal giornalista Piero Gaeta della Gazzetta del Sud. (rrc)

 

Ferrara (Unindustria): Presenza di Bonomi in Calabria segno di attenzione di Confindustria per la regione

La presenza di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, all’Assemblea di Unindustria Calabria in programma il 18 ottobre al Museo Archeologico di Reggio, «è l’ennesima testimonianza dell’attenzione e della grande vicinanza che il sistema confindustriale ha verso la nostra regione», ha dichiarato Aldo Ferrara, presidente di Unindustria Calabria.

Una presenza che contribuisce «a mettere in campo una qualificata e continua sinergia per un’azione di governo regionale che presto si concretizzerà con il completamento del piano industriale portato avanti con il Centro Studi di Confindustria», ha spiegato ancora Ferrara, sottolineando che «non possiamo limitarci a fronteggiare le tante criticità esistenti, ma è necessario prefigurare condizioni e prospettive di sviluppo di lungo periodo».

«È in questa direzione che si svolgerà l’Assemblea di Unindustria Calabria – ha proseguito – con l’obiettivo di concentrare l’attenzione tanto nell’azione di rimozione dei vincoli strutturali allo sviluppo quanto in un  piano idoneo ed efficace ad incentivare gli investimenti».

Ad annunciare la presenza del numero uno degli industriali, insieme al presidente Ferrara, Natale Mazzuca, componente Consiglio Generale di Confindustria, Fortunato Amarelli Presidente Confindustria Cosenza, Mario Spanò Presidente Confindustria Crotone, Domenico Vecchio Presidente Confindustria Reggio Calabria, Rocco Colacchio Presidente Confindustria Vibo Valentia, Giovan Battista Perciaccante Presidente Ance Calabria, Daniele Diano Presidente Comitato Piccola Industria Unindustria Calabria, Umberto Barreca Presidente Gruppo Giovani Imprenditori Unindustria Calabria.

«Una destinazione che non è soltanto l’approdo finale di un viaggio – ha commentato Domenico Vecchio, Presidente di Confindustria Reggio Calabria –. La Calabria è, al tempo stesso, un crocevia nel quale si intersecano le strade dell’arte, delle bellezze paesaggistiche, di una storia e di una civiltà millenaria, delle eccellenze e della tipicità dei sapori che riecheggiano di antichi saperi, dell’innovazione e della ricerca. Oggi più che mai la Calabria è davvero tutto questo e ritrovarci a confrontarci e a dialogare in un luogo di grande suggestione qual è il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria getta nuova luce su tutto».

«Trovarci a Palazzo Piacentini​ è sembrato un doveroso omaggio al MArRC nel Cinquantesimo anniversario del ritrovamento dei Bronzi di Riace – ha concluso – ma anche un riconoscimento a quel che oggi il Museo rappresenta in un momento nel quale la frenesia del turismo mordi e fuggi sembra cedere decisamente il passo a viaggiatori attenti a impiegare al meglio la risorsa più preziosa che abbiamo: il tempo». (rcz)

 

Il presidente Bonomi ha fatto visita al Porto di Gioia Tauro

Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha fatto visita al Porto di Gioia Tauro, accompagnato dal presidente della Regione, Roberto Occhiuto, e dal presidente di Unindustria Calabria, Aldo Ferrara.

Accolto dal presidente dell’Autorità  di Sistema portuale dei Mari Tirreno Meridionale e Ionio, Andrea Agostinelli, il comandante del porto, Vincenzo Zagarola, il dirigente Ufficio regionale Affari Generali – Ufficio Dogane e Monopoli, Rocco Carbone, e il responsabile dell’Ufficio Dogane di Gioia Tauro, Giorgio Pugliese, Bonomi ha visitato l’interno dello scalo portuale.  Nuovo

Nel corso della visita, Agostinelli ha illustrato il porto, soffermandosi sull’imponenza dell’infrastrutturazione portuale, ponendo l’attenzione sulla capacità di Gioia Tauro, unico porto in Italia, di ricevere le navi più grandi al mondo, dotate di oltre 400 metri di lunghezza, 60 di larghezza e una capacità di trasporto superiore ai 22mila teus. 

Collegato con circa 140 porti al mondo, lo scalo, ormai da diversi anni, registra il miglior livello di connettività in Italia. Nella classifica internazionale (Liner Shipping Connectivity Index), elaborata dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo globale, lo scalo calabrese si pone al vertice del mercato italiano di settore. 

Tra i punti visitati all’interno dello scalo portuale, anche, la tappa di fronte il gateway ferroviario, da cui partono coppie di treni settimanali, incrementati di mese in mese, da e verso gli interporti di Bari, Nola, Bologna e Padova. 

A tale proposito il presidente dell’Autorità di Sistema portuale ha tracciato il percorso finora compiuto nell’indirizzare il rilancio dello scalo calabrese, di recente aperto all’intermodalità grazie all’avvio del gateway ferroviario. «In soli tre anni abbiamo costruito una strategica realtà ferroviaria, da cui partono i treni, – ha dichiarato – ora stiamo procedendo ad incrementare i suoi traffici, affinché si possa assicurare un ottimale trasporto dei container dal mare verso il mercato interno».

La visita in porto è proseguita lungo la banchina portuale per giungere all’interno del piazzale di Automar spa, l’altro terminal dello scalo calabrese che gestisce il trasporto delle autovetture e che sta registrando un incremento dei traffici. 

La visita interna allo scalo si è conclusa di fronte il cantiere aperto dei lavori di realizzazione della banchina di ponente, finanziati con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che ospiterà il futuro bacino di carenaggio. (rrc)