V Sud e Futuri a Castellabate e Paestum: Il resoconto degli interventi

Dopo il primo giorno, dedicato a natalità e spopolamento, Intelligenza Artificiale e globalizzazione delle mafie nello spazio digitale, il V convegno internazionale della Fondazione Magna Grecia Sud e Futuri a Castellabate ha offerto ricchi panel relativi a mobilità e connessioni, agli investimenti per chiudere a Paestum, nell’area archeologica, all’ombra del maestoso Tempio di Nettuno, su “Magna Grecia patrimonio dell’umanità” (una proposta dell’on. Saverio Romano) e il ruolo  della cultura per lo sviluppo del Mezzogiorno.

Il meeting internazionale organizzato dalla Fondazione Magna Grecia, ospitata a Villa Matarazzo di Santa Maria di Castellabate (Sa), ha aperto la seconda giornata con un incontro sul tema “Mobilità e connessioni”. E stato illustrato perché creare nuove connessioni, migliorare le infrastrutture e adeguarne la rete dei collegamenti, può rappresentare un ottimo volano per attrarre investimenti.

Fabrizio Frullani, vicedirettore del Tg2, ha moderato questo panel, nel quale si sono confrontati Nuccio Altieri, presidente Invimit, Salvio Capasso, responsabile servizio imprese e territorio di SRM, Pierluigi Di Palma, presidente Enac, Nicola Lanzetta, country manager Italia Enel, Dario Lo Bosco, presidente Rfi e Nino Foti, Presidente di FMG.

Nel suo intervento Nicola Lanzetta ha evidenziato che «investiamo nel Mezzogiorno attraverso il potenziamento della rete e i progetti in grado di portare valore tangibile al territorio, contribuendo al benessere economico e sociale delle comunità locali». Pierluigi Di Palma si è poi soffermato sulla mobilità aerea, che può colmare un gap di mobilità del Sud del nostro Paese e sugli importanti incrementi di traffico che si è registrato negli aeroporti del Mezzogiorno. Dario Lo Bosco, successivamente, ha effettuato un focus sullo stato dell’arte delle infrastrutture nel Mezzogiorno, evidenziando l’importanza dei fondi del PNRR che realizzeranno un programma straordinario di opere.

Salvio Capasso, intravede i vantaggi che può avere il Mezzogiorno dal grande cambiamento in atto che stiamo vivendo.  Infine, Nuccio Altieri, sottolineando il fatto che le risorse del PNRR ci sono, ha auspicato degli investimenti con una visione che guarda al futuro e non al passato. Ha, inoltre, annunciato che saranno messi a disposizione beni immobili pubblici in tutta Italia che saranno ristrutturati con la finalità ospitare gli studenti che, spesso, non sono in grado di far fronte alle spese di affitto.

Il secondo incontro della giornata, moderato dal giornalista Alessandro Russo, direttore editoriale di LaC Network, si è concentrato sul tema “Investire nel Sud Italia”. Sono intervenuti Saverio Romano, deputato e vicepresidente FMG, Carlo Amenta, commissario straordinario del Governo Zes Sicilia Occidentale, Francesco Cicione, fondatore e presidente Entopan, Antonello Colosimo, presidente di sezione della Corte dei Conti e presidente OdV della Fondazione, Francesco Saverio Coppola, segretario generale associazione internazionale Guido Dorso, Lino Morgante, Presidente e Direttore editoriale Società Editrice Sud che pubblica i quotidiani Gazzetta del Sud e Giornale di Sicilia, Giuseppe Romano, commissario straordinario del Governo Zes Campania e Calabria, Federico Tozzi, executive director Italy – America chamber of commerce e Raffaele Fitto, Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR.

Il vicepresidente della FMG, l’on. Saverio Romano nel suo intervento ha esordito chiedendo se è davvero utile investire al Sud aggiungendo «Al momento in cui ci sono tante risorse da spendere e bisogna capire come farlo, ma è necessario realizzare una cucitura del tessuto sociale nel Mezzogiorno, individuando anche chi deve guidare i processi di sviluppo. La classe dirigente è anziana, non è numerosa e conosce dei modelli ormai superati. Non voglio soffermarmi su quello che manca, ma partirei su come fare gli investimenti e su chi li guida, perché altrimenti si rischia di sprecare l’ennesima occasione».

Secondo Antonello Colosimo  «manca l’ultimo miglio perché non riusciamo a fare progetti, manca la fase di ricerca e sviluppo. Abbiamo un problema di raccordo statuale delle iniziative. Bisogna, quindi, attrarre intelligenze. C’è bisogno di più Stato e più semplificazione».

Giuseppe Romano ha raccontato la sua esperienza come commissario straordinario della Zes Calabria e Campania, evidenziando che «bisogna tenere conto delle peculiarità dei territori ed è uno strumento che ha funzionato».

Francesco Cicione ha dichiarato che «investire al Sud è conveniente, visto che è la più antica regione del futuro e bisogna aver una visione strategica».

Lino Morgante si è soffermato sulla questione reputazionale per quanto riguarda gli investimenti al Sud, «perché bisogna garantire sicurezza degli investimenti e la presenza delle infrastrutture, perché bisogna essere competitivi».

Francesco Amenta, ha dichiarato che «La Zes è la presenza statale nella semplificazione, un acceleratore dei processi istituzionali con dei risultati ben visibili. Esprime la forza della collaborazione fra Istituzioni diverse, garantendo una presenza forte dello Stato per attrarre investimenti».

Francesco Saverio Coppola, ha evidenziato che il Mezzogiorno deve essere trattato con un approccio macroeconomico.

Il Ministro Fitto, in collegamento, ha chiuso questo panel spiegando ai presenti le caratteristiche e il funzionamento della Zes Unica del Meridione che «rappresenta un’importante opportunità di sviluppo per le otto regioni che ne fanno parte e che diventeranno un polo di attrazione per gli investimenti. I meccanismi di accelerazione e semplificazione che interesseranno queste zone, rappresentano un volano decisivo per l’economia del Sud, dell’Italia e del Mediterraneo, capace di segnare una svolta per il rilancio anche in termini di rinnovata centralità dell’intera area»

È stato il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, a chiudere la seconda giornata di Sud e Futuri, intervenendo sul tema “Magna Grecia, patrimonio mondiale dell’umanità» e su come il panorama culturale può contribuire alla crescita del Paese, evidenziando il potenziale socioeconomico della cultura.

«Da una parte c’è l’impresa manufatturiera, ma l’altro grande pilastro del nostro sistema economico è la cultura. L’Italia è un unicum a livello globale, perché si sono sovrapposte tante civiltà e ciascuna ci ha lasciato una eredità importante. La cultura – dichiara il Ministro – può essere un grande volano di crescita socio – economica, diventando la nostra grande industria. La Magna Grecia ci ha trasmesso il valore della polis e della buona politica ed è la radica più importante della nostra essenza, il nocciolo primordiale dell’occidente».

Gennaro Sangiuliano ha tracciato, infine, un bilancio sul primo anno da Ministro: «Abbiamo realizzato tante cose e avviato grandi opere infrastrutturali. La cultura deve essere aperta a tutti e rispondere ai valori presenti nella nostra Costituzione».

Il vice presidente della FMG, l’on. Saverio Romano, durante l’intervento del Ministro Sangiuliano, ha annunciato che la Fondazione proporrà di far diventare Patrimonio dell’Unesco la Magna Grecia.

Presente a questo panel, che è stato moderato da Fabrizio Frullani, vicedirettore del Tg2, anche il Presidente della FMG Nino Foti e Tiziana D’Angelo, Direttore del Parco archeologico di Paestum & Velia, che ha dichiarato: «la Magna Grecia è molto più di un’area, la sua unicità è stata quella di confrontarsi con altre culture. La valorizzazione economica della cultura è la chiave di sviluppo e innovazione e con un patrimonio come il nostro abbiamo importanti prospettive di crescita».

Il Presidente della FMG, Nino Foti, a chiusura, ha commentato i momenti di approfondimento della seconda giornata: «Il PNRR prevede risorse che sono di gran lunga superiori del Piano Marshall, per cui la preoccupazione che tutto questo denaro arrivi in terreni non fertili, perché le amministrazioni locali non hanno le professionalità per gestire o addirittura partecipare ai bandi del PNRR che, spesso, necessitano di competenze specifiche, quali i progettisti. Il rischio è che sia un imbuto e che molte iniziative si fermino. Nel periodo della Magna Grecia, per cinque secoli queste aree erano all’avanguardia dello sviluppo civile, economico e culturale e che non si è mai ripetuto un periodo così di splendore. In questo periodo fiorirono l’arte, la scienza, la medicina, la religione e la politica. L’uomo era al centro delle cose e il fine verso cui tutto tendeva e l’ideale della felicità era poter esprimere le proprie energie creative».

L’ultimo giorno del meeting internazionale si è svolto a Paestum, avendo come al palco il maestoso Tempio di Nettuno.

Dopo i saluti istituzionali di Francesco Alfieri, sindaco di Capaccio Paestum, il dibattito si è concentrato su come portare a regime il soft–power di un patrimonio culturale unico al mondo e la sua complessa gestione. La prima parte del panel è stato aperta da Maria Tripodi, Sottosegretaria di Stato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, Raffaella Bonaudo, soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Salerno e Avellino, Tiziana D’Angelo, direttore del Parco archeologico di Paestum & Velia, Diego Di Paolo, destination management specialist e ideatore del cammino di Francesco, Fabio Finotti, direttore Isituto Italiano di Cultura di  NY e presidente internazionale Aislli–Unesco.

La Sottosegretaria Maria Tripodi ha parlato dello sviluppo del Mezzogiorno, affermando che «Il rilancio della cultura deve essere messo al centro della agenda politica e del fare quotidiano. Noi tutti abbiamo il dovere di intervenire in modo serio per mettere la cultura al centro delle nostre azioni. Come ama sempre sottolineane il Ministro Sangiuliano, l’Italia è una superpotenza culturale e la nostra diplomazia culturale riveste un ruolo di assoluta centralità».

La Sottosegretaria ha aggiunto: «Abbiamo il dovere di lavorare e potenziare i nostri siti e valorizzare le nostre Bellezze e c’è il fermo convincimento da parte di questo Governo. Negli anni è stata troppo spesso strumentalizzata perché la cultura è di tutti e non ha colore politico. Appartiene a tutti gli italiani».

Infine, Maria Tripodi ha elogiato il lavoro delle Scuole archeologiche italiane all’estero e le missioni archeologiche e, sugli Istituti Italiani di cultura nel mondo, ha aggiunto che «troppo spesso sottovalutati che invece hanno una funzione strategica, che invece sono i custodi dell’identità nazionale. Non devono essere luoghi chiusi e gli italiani che sono all’estero devono sentirsi a casa».

Raffaella Bonaudo ha tracciato la storia di questo territorio, sottolineando che questo sistema insediativo è fatto di paesi straordinari con un’urbanistica particolare, che si differenzia fra costa e interno: «Dobbiamo valorizzare il patrimonio culturale che è fatto di cose materiali e immateriali. Possiamo fare andare avanti questo territorio, provvedendo alla sua tutela: è questo il nostro compito e si può fare solo se lavoriamo in termini di qualità, lavorando su un nuovo linguaggio».

Tiziana D’Angelo ha aggiunto: «La tutela è un aspetto cruciale ed è il punto di partenza, perché non c’è valorizzazione se non c’è tutela, perché dobbiamo garantire la sicurezza dei beni e dei visitatori. La gente è interessata a capire cosa succede e cosa si fa ed è cambiato l’approccio alla cultura. C’è più dinamismo e c’è una nuova forma di educazione alla cultura, dalle fasce più giovani agli adulti. Il nostro compito è quello di raccontiamo il patrimonio culturale, creando partecipazione».

Diego Di Paolo si è soffermato sullo sviluppo turistico di questo territorio, che deve correre sui binari di sostenibilità: «Insieme alla Fondazione Magna Grecia stiamo individuando una strada di sviluppo sostenibile, perché non avendo le infrastrutture dobbiamo provare a utilizzare altri sistemi di sviluppo, con interventi mirati e legati alla nascita di una governance che governi questi processi di crescita.

Bisogna valorizzare anche la mobilità dolce, rilanciando anche l’idea del ‘Cammino della Magna Grecia’, un sistema collegato di opportunità. Vendere turismo culturale ci differenzia da qualsiasi altra nazione turistica al mondo dobbiamo aiutare i giovani di queste zone a intraprendere percorsi formativi, istituendo, ad esempio master in turismo culturale».

Fabio Finotti, ha aggiunto che «la cultura può diventare uno strumento di diplomazia, un soft power per realizzare una serie di rapporti privilegiati con i Paesi esteri. Questa ricchezza va valorizzata per creare rapporti con Paesi del Mediterraneo e la funzione dei parchi archeologici e degli Istituti di Cultura è cruciale perché creano connessioni».

Il Presidente della Fondazione Magna Grecia, Nino Foti, ha concluso così il primo panel: «Chiudiamo la quinta edizione di SUDeFUTURI, in un posto meraviglioso, nella culla della civiltà occidentale, la cui storia ci dà una indicazione sul futuro. L’Italia si salva se si salva il Mezzogiorno e la cultura è alla base di tutto. La Fondazione ha un ruolo strategico perché siamo dei divulgatori su temi di attualità molto sentiti. In questi tre giorni siamo riusciti ad approfondire tematiche chiave come quello dell’attrazione degli investimenti stranieri, delle connettività con esperti nel settore energetico, dei trasporti, della denatalità, della sicurezza e della criminalità organizzata, con ospiti di assoluto rilievo. Dai Ministri Roccella, Fitto e Sangiuliano, a importanti manager e al Procuratore Gratteri».

Nella seconda parte del dibattito sono intervenuti Raffaele Bonsignore, presidente Fondazione Sicilia, Carla Maurano, architetto paesaggista, Luca Introini, area progettazione territoriale Civita mostre e musei, Fausto Longo, direttore scuola di specializzazione in Beni Archeologici dell’UniSa, Ugo Picarelli, fondatore e direttore Borsa mediterranea del turismo archeologico.

Carla Maurano ha dichiarato: «Bisogna fornire a chi abita nei paesi e nelle comunità locali, gli strumenti di conoscenza, perché riscontro in modo diffuso una mancata narrazione sulla conoscenza»

Raffaele Bonsignore ha raccontato le attività della Fondazione Sicilia, evidenziando le caratteristiche dello sviluppo economico e sociale dell’isola, affermando che «conoscenza e educazione camminano insieme. Dobbiamo rendere appetibile quello che vogliamo vendere e sono necessari servizi e infrastrutture, come autostrade e ferrovie. Il patrimonio deve essere valorizzato e deve essere fruiribile, generando ricchezza e lavoro».

Ugo Picarelli ha illustrato il lavoto della Borsa del Mediterraneo, che è «un grande contenitore» e ha lanciato un appello alla FMG per promuovere una agenzia della valorizzazione che afferisca al Ministero della Cultura, perché ci sono delle prospettive enormi di crescita e si potrebbe creare un itinerario archeologico della Magna Grecia.

Fausto Longo, ha aggiunto che l’archeologia è cambiata tantissimo non è più lo studio dei singoli oggetti, perché se non si contestualizzano non hanno senso. «Il rientro in Italia di tanti oggetti che erano stati trafugati è sicuramente un ottimo segnale, ma non si deve dimenticare la sua storia».

Luca Introini ha reso note le attività di Civita e il ruolo che svolge nell’ambito del rafforzamento della conoscenza, che è un servizio fondamentale: «la narrazione è fondamentale e di storie ce ne sono tante da raccontare, unitamente alle nuove tecnologie che sono uno strumento davvero efficace. Bisogna, infine, investire sul capitale umano e ragionare in un’ottica di sistema».

L’evento si è chiuso con ringraziamenti finali del Presidente Nino Foti, del vice presidente della FMG Saverio Romano che ha parlato della conservazione del patrimonio e che, per renderlo un fattore produttivo del nostro Paese bisogna vincere la sfida di fare diventare il patrimonio culturale come elemento centrale della nostra politica e geopolitica.

«Il soft power – ha aggiunto – si può esercitare anche alla cultura la missione di conquistare gli altri popoli. Far comprendere l’italianità a coloro che vengono nel nostro Paese, come una volta accadeva con il grand tour».

Antonello Colosimo, Presidente ODV della FMG, ha aggiunto: «Oggi si è consolidata la nostra idea di promozione della cultura e, grazie alla direttrice D’Angelo, abbiamo messo insieme Trinacria e Nettuno che, incontrandosi, ci ha permesso di essere qui».

La direttrice D’Angelo, salutando gli intervenuti, ha dichiarato: «Quando si parla di Sud, si parla di Italia e nell’Italia del passato troviamo il futuro del nostro Sud.

Il Sud è tutta l’Italia agli occhi dell’estero. Sono stati tre giorni importanti che ci hanno dato un approccio davvero interessante su come rispondere in modo adeguato alle diverse tematiche che sono state affrontate». (rrm)

(Il report della prima giornata è stato pubblicato sabato 30 settembre)

ENERGIE DEL SUD PER SCRIVERE IL FUTURO
IL CAPITALE UMANO È MOTORE DI SVILUPPO

di SANTO STRATI – Tra storia e innovazione, emergono opportunità, risorse e ostacoli dal V incontro di Sud e Futuri (rigorosamente al plurale) la tradizionale convention della Fondazione Magna Grecia guidata dall’on. Nino Foti. Un “pensatoio” (negli Usa direbbero ThinkThank) che si rivela sempre più prezioso per la grande mole di interventi e contributi a carattere trasversale destinati a chi governa, a chi spettano le decisioni funzionali allo sviluppo o, ahimè, all’inevitabile decrescita ove poco accorte. Vale per tutto il Mezzogiorno, ma vale in modo ancor più specifico per la Calabria ed è triste, alla fine di una tre giorni intensa e proficua, constatare che le idee ci sono, mancano gli esecutori, ovvero la classe politica decisoria che, evidentemente, non non solo non produce iniziative importanti per crescita e sviluppo, ma, disgraziatamente, non sta ad ascoltare idee e proposte che rivelano intelligenza e vivacità di giudizio in quanti credono allo sviluppo possibile.

L’incontro di Castellabate e Paestum è il segnale che esiste una parte d’Italia capace di coinvolgere (grazie alla Fondazione Magna Grecia) teste pensanti a respiro internazionale, in grado di provocare, proporre e suggerire modalità esecutive che non richiedono scostamenti di bilancio o nuove voci di spesa, ma, al contrario, indicano il percorso ideale, la strada maestra, per superare gli ostacoli e risvegliare il Mezzogiorno dal torpore a cui l’hanno costretto da troppo tempo politici inetti e una classe dirigente poco incline a occuparsi di Sud. Eppure tutti continuano a ripetere il mantra «se cresce il Sud cresce il Paese», però poi, nei fatti, la concretezza latita e rimangono solo una serie di buone intenzioni, con le incompiute cui ci hanno abituato negli ultimi 50 anni.

Per questa ragione, il thinkthank della Fondazione Magna Grecia merita un’attenzione particolare da parte della classe politica oggi al governo (ma l’opposizione non faccia ostruzionismo solo per avere la visibilità sempre più scadente) e può offrire solidi argomenti di discussione per avviare una seria riflessione su ciò che non è stato fatto e quello che invece è necessario portare a compimento. In fretta, senza indugi e traccheggiamenti di comodo, perché il Paese non può più aspettare. L’ansia deriva dal PNRR, una montagna di soldi (ahimè, in parte a debito, andranno restituiti), che mette a disposizione i denari necessari per la ripresa, ma esige progettualità e concretezze, non fumosi programmi che non arriveranno mai a compimento (né tantomeno saranno finanziati.

La corsa più rilevante della tre giorni è l’esigenza di puntare sul capitale umano del Mezzogiorno, sulle sue straordinarie risorse umane, svalorizzate e mal utilizzate, quando, in realtà queste energie sono la parte propulsiva di un motore di sviluppo che nessuno è capace di mettere in moto.

Le ragioni di questa inadeguatezza sono state sviscerate, analizzate e sezionate, in modo scientifico, da un parterre di relatori di altissimo livello che ha avuto la possibilità di confronto con ben tre ministri dell’attuale Governo: Eugenia Roccella (famiglia), Raffaele Fitto (Coesione e sviluppo e Gennaro Sangiuliano (Cultura).

I temi sono stati quelli relativi al mancato sviluppo. Si è iniziato parlando di denatalità e spopolamento: ma quale incentivazione c’è per i giovani a creare una famiglia, a mettere su casa e riempirla di figli, quando fare un figlio  significa, nella stragrande maggioranza dei casi, per la donna rinunciare al lavoro e a importanti sbocchi professionali, e per l’uomo assumersi un impegno di spesa che potrebbe rivelarsi insostenibile, con le intuibili conseguenze per una serena crescita del bambino. Si sono chiesti i nostri governanti perché i giovani si sposano sempre di meno (difatti, si è alzata l’età media delle nozze)? La risposta è sconfortante: la grande maggioranza non ha i soldi per affrontare un matrimonio (e parliamo di nozze semplici, senza sfarzo). Se non c’è la copertura dei genitori, sposarsi diventa una nuova, insostenibile, situazione di debito. Quindi, sì alla convivenza (non ci sono spese accessorie), ma dalla precarietà di coppia è difficile anche solo ipotizzare di far crescere la famiglia. Mancano in primo luogo l’assistenza dello Stato (che non investe sulle nuove generazioni) e si avverte l’assenza di un welfare destinato proprio a motivare e incentivare la natalità. Basti guardare nei vicini Paesi europei come viene affrontato il problema: fino a poco tempo fa c’era pure l’iva sui pannolini e sul latte della prima infanzia. Ma dove vivono i nostri governanti? La ministra Roccella assicura che sta facendo salti mortali per cambiare le cose, ma non basta l’impegno solitario (e meritorio) della titolare del dicastero: serve la decisa e precisa convinzione del Governo che occorre davvero un nuovo modo di affrontare il problema denatalità.

E lo stesso vale per lo spopolamento: con lo smart working i nostri giovani potrebbero tornare a vivere nei luogi di nascita, tra il mare e la mointagna, circondati dagli affetti familiari e adagli amici, se solo non ci fosse il gap della Rete che non c’è. Lasciamo pe run momenti da parter i problemi di mobilità – anche se importanti – ma se il collegamento a internet si ferma  pochi mega, come si fa a lavorare in remoto?  Le relazioni della tre giorni offrono idee, spunti e proposte operative.

E che dire del panel dedicato agli investimenti al Sud? Basterebbe la dichiarazione di qualche giorno fa del Presidente della Confindustria Carlo Bonomi a Cosenza: «La Calabria è nel mio cuore», rivelando un snetimento che è comune a molti industriali del Nord che vorrebbero delocalizzare e aprire nuove imprese nel Mezzogiorno. Ma c’è qualcosa che interrompe il  circuito virtuoso che motiva la voglia di fare impresa: il problema (per mutuare un termine usato nelle connessioni di rete) è l’ultimo miglio. Come ha osservato Antonello Colosimo parte attiva di FMG, «l’investimento nel Mezzogiorno nasce come problema dall’unità di Italia e nel 2023 ha le stesse connotazioni. Manca l’ultimo miglio perché non riusciamo a fare progetti, manca la fase di ricerca e sviluppo. Abbiamo un problema di raccordo statuale delle iniziative. Bisogna, quindi, attrarre intelligenze. C’è bisogno di più Stato e più semplificazione».

In altre parole, non si possono attendere mesi per ottenere un parere (non l’autorizzazione, attenzione!) da un ufficio comunale per poter avviare un progetto esecutivo. E non bastano le buone intenzione della Zes di ridurre al minimo la burocrazia, quando poi si inciampa in lungaggini inutili e deprimenti per poter mettere appena la prima pietra del futuro stabilimento. La legge 482 ha prodotto solo investimenti farlocchi (lo testimoniano i tantissimi capannoni abbandonati), al contrario della prima Cassa per il Mezzogiorno dove l’intelligenza di chi la guidava ha favorito crescita e sviluppo in territori dimenticati da Dio e dagli uomini. Poi sappiamo com’è andata a finire, con  un’eredità mal continuata per poco dalla Agenzia per il Mezzogiorno.

Come si fa ad attrarre investimenti? Secondo il ministro Fitto la Zes unica per il Sud farà da volano. Peccato che nessuno gli abbia spiegato che la Zes unica (che non riguarda più solo le aree destinate alle infrastrututre industriali e al terziario, ma l’intero territorio del Mezzogiorno, senza distinguo alcuno) non offre decontribuzione, ma solo crediti di imposta, utili in modo straordinario, per le multinazionali e le grandi imprese del pubblico che fatturano centinaia di milioni e, quindi, hanno un bel po’ di tasse da farsi restituire, ma non offre alcun incentivo all’attività d’impresa, soprattutto alle piccole e medie aziende che sono il tessuto connettivo dello sviluppo e creano occupazione vera. Non c’è un centesimo per sostenere l’avvio d’impresa, ma – si dirà – non è questo l’obiettivo alla base delle Zes, ma non si può ragionare solo in termini di investimenti multimilionari, bisogna guardare al territorio e alla possibilità di creare occupazione e con esse ulteriore indotto. Il decreto si può ancora modificare, speriamo in meglio.

Il meglio di questa tre giorni però riguarda la cultura: con lo sfondo del tempio di Nettuno a Paestum, Sud e Futuri ha dato la parola a sovrintendenti, direttori di musei, specialisti del marketing culturale per offrire idee e contributi esecutivi a quello che è il comparto più importante per lo sviluppo del Mezzogiorno, naturalmente vocato a “mercificare” (nel senso più nobile del termine) l’unicità e la straordinarietà di un patrimonio culturale che il mondo ci invidia.

Non è vero che con la cultra non si mangia: bisogna saperla “vendere” perché la domanda è forte e l’offerta del Paese (escludendo Colosseo, Firenze e Venezia) è modesta, disaggregata e poco attrattiva.

Eppure, il comparto può generare occupazione in modo esponenziale, valorizzando risorse, formandone di nuove, progettando, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie digitali, un’offerta che diventa irrinunciabile per milioni di visitatori. E il patrimonio archeologico, paesaggistico,   culturale del Mezzogiorno è sottoutilizzato, poco valorizzato. Perché oltre alla famosa mancanza di visione ci sono problemi di mobilità (provate ad andare a visitare la Venere Morgantina a Enna: è una disavventura arrivarci), di mancanza di personale, mancanza di professionalità e assoluta assenza della capacità di fare rete. Il male del Mezzogiorno è il localismo e la (stupida) gelosia del territorio che non è campanilismo ma caparbia ostinazione di primeggiare a danno degli altri: provate a immaginare in Sicilia, in Calabria, in Campania una rete (efficace) dell’offerta museale, con guide preparate, progetti di mobilità e trasporto dedicato, solo per fare un piccolo esempio. Quanta nuova occupazione, soprattutto giovanile, verrebbe fuori?

Le energie del Sud ci sono e aspettano solo di essere liberate: il meritorio lavoro di Nino Foti, affiancato dall’on. Saverio Romano e da una schiera di eccellenti collaboratori, mette in campo non parole al vento di chi ama soltanto citarsi addosso, bensì idee, prospettive, progettualità da realizzare. C’è solo da fare tesoro del grande patrimonio di idee che è venuto fuori a Castellabate e Paestum e mettere in pratica le idee che faranno il futuro: non si può pensare solo al presente (cosa che fa regolarmente la politica attuale), ma guardare al futuro. Anzi ai “futuri” (rigorosamente al plurale) che Nino Foti, Romano e Colosimo sono convinti si possano disegnare e rendere realtà, per le nuove generazioni. (s)