«Dobbiamo scongiurare questo scenario, per questo ogni firma è preziosa. Contro l’autonomia differenziata noi abbiamo firmato, ora tocca a te! La tua firma… la ferma». È quanto hanno dichiarato Michele Conia, sindaco di Cinquefrondi, e Fausto Cordiano, presidente del Consiglio comunale di Cinquefrondi, ribadendo l’importanza della raccolta firme per il referendum abrogativo per l’autonomia.
Il sindaco Conia, tra l’altro, ha rivendicato, con orgoglio, che avendo intuito i gravi rischi per la democrazia e la vita economica e sociale del Paese, Cinquefrondi è stato il primo comune in Italia che, nel dicembre 2018, ha adottato una delibera contro l’attuazione del federalismo fiscale e nell’aprile successivo ha avviato il ricorso contro il sistema di perequazione del Fondo di solidarietà comunale, invitando gli altri comuni a fare altrettanto e raccogliendo 600 adesioni. Inoltre, insieme ad altri sindaci calabresi, ho sottoscritto l’appello “Una sola Italia” per chiedere alla Regione Calabria di impugnare la Legge n.86 davanti alla Corte Costituzionale».
Inoltre, presto sarà possibile firmare online: «A breve – ha spiegato Conia – sarà pubblicato in Gazzetta ufficiale il Dpcm che illustrerà il funzionamento della piattaforma pubblica e gratuita per poter firmare on line referendum e proposte di legge d’iniziativa popolare. La consegna delle firme in Cassazione avverrà il 30 settembre in modo che si possa celebrare il referendum nella prossima primavera».
Per Cordiano «la partita decisiva si giocherà sul quorum. Infatti il prossimo obiettivo sarà quello di portare al voto più della metà degli aventi diritto, cioè più di 25 milioni di italiani e italiane. Ma siamo fiduciosi non solo per l’entusiasmante successo riscosso ai banchetti per la raccolta firme ma anche per i risultati emersi da un recente sondaggio pubblicato su Repubblica nei giorni scorsi, ed elaborato dall’Istituto Noto Sondaggi, che stima che il 55% degli italiani è intenzionato a votare ed è contrario il 63% dei meridionali».
Il primo cittadino, poi, ha ricordato come «la Legge n. 86, meglio conosciuta come Legge Calderoli, crea inaccettabili discriminazioni, istituisce tanti stati regionali, ciascuno con le sue leggi e in competizione tra loro facendo venir meno il principio solidaristico e generando caos amministrativo, affogando in un mare di burocrazia. La nostra Cinquefrondi, libera e forte contro mafie e illegalità, da sempre luogo di partecipazione ed elaborazione politica, scende in campo per impedire una riforma che spacca il Paese, parcellizza i diritti e acuisce le insopportabili diseguaglianze che insistono nella nostra società, per contribuire a spezzare quel patto anticostituzionale scellerato tra autonomia differenziata e premierato».
«Una riforma – ha continuato Conia – costituzionalmente eversiva, che fa strame dell’articolo 3 della Costituzione, smantella il sistema pubblico di protezione sociale, con una ricaduta drammatica sulla vita delle persone. Nella mia audizione del 14 marzo scorso in Commissione Affari costituzionali della Camera, nell’ambito dell’esame del Ddl Calderoli, ho ribadito con coerenza e profonda convinzione le motivazioni per cui vada portata avanti la lotta iniziata nel 2018, rimarcando con fermezza la contrarietà al disegno di legge sull’Autonomia differenziata. Sanità, scuola, contratti, giustizia, ambiente, beni culturali, trasporti, saranno diversificati per regione di residenza, privatizzando i servizi, smantellando scuola e sanità pubblica, aumentando le ingiustizie, calpestando la Costituzione. Inoltre il testo è impraticabile anche sotto il profilo finanziario, dal momento che servirebbero, come ha ribadito la Svimez, almeno un centinaio di miliardi di euro per finanziare i Lep».
«Si tratta di un inaccettabile progetto secessionista, di una legge sbagliata che spacca il Paese, che istituzionalizza povertà e disuguaglianze, tradisce la Costituzione ed esautora il Parlamento – ha aggiunto Cordiano – senza dimenticare che, una volta ratificate dal Parlamento, le intese governo-regione avranno durata decennale e non sono reversibili, se non per un recesso da parte delle regioni stesse». (rrc)