Ciriaco De Mita e Riccardo Misasi, due giovani del Sud

di SANTO STRATI – Nel capitolo dedicato ai rapporti tra De Mita e Misasi, nel libro a cura di Giuseppe Nisticò Tributo a Riccardo Misasi (in corso di pubblicazione da Rubbettino) invitato da Nisticò a scrivere di questa straordinaria “coppia”, ho usato volutamente l’espressione “giovani del Sud” per indicare l’elemento di comunanza che avrebbe poi sancito un’amicizia lunga una vita, tra due rampanti protagonisti della politica nazionale. Una storia di simpatia e di stima, diventata poi amicizia e unione sodale tra ex colleghi d’università ed enfant prodige della politica.

Misasi era stato di De Mita il fido consigliere e lo aveva introdotto in Calabria, presagendo per lui con largo anticipo (e con un intuito sorprendente) un futuro da presidente del Consiglio. E i calabresi avevano apprezzato le indicazioni di Misasi e riversato su De Mita una grande stima. Questo spiega la cospicua presenza calabrese ai funerali a Nusco: vent’anni fa piansero Misasi, oggi si sono ritrovati a celebrare la memoria del suo “fratello maggiore”

Misasi e De Mita si erano conosciuti, giovani studenti, all’Università Cattolica di Milano dove entrambi studiavano Giurisprudenza: De Mita aveva quattro anni in più di Misasi e, rispetto alla pacatezza del calabrese Riccardo, mostrava più sicurezza ed esuberanza. Entrambi erano ospiti del Collegio Augustinianum grazie a una borsa di studio: fu subito cordialità e assidua frequentazione, premessa per un’amicizia che sarebbe durata tutta la vita. Entrambi figli del Sud, De Mita veniva da Nusco, dove aveva studiato al liceo classico di Sant’Angelo dei Lombardi, Misasi da Cosenza, anche lui con una formazione classica maturata al liceo Bernardino Telesio.

De Mita ammirava il suo modo di ragionare e di affrontare i problemi cercando le soluzioni ideali, forte di un’intelligenza vivace e di uno spiccato senso dell’amicizia e della solidarietà. L’amicizia, in particolare, per Riccardo Misasi era qualcosa di prezioso, una cosa sacra, che non conosceva mezze misure.

All’Università Misasi era una matricola, De Mita prossimo alla laurea: se all’inizio era il quasi laureato di Nusco a dare consigli al giovane studente Riccardo, in realtà – per ammissione dello stesso De Mita – era poi diventato Misasi il suo “suggeritore” preferito, poiché apprezzava la sua maturità, i suoi ragionamenti con basi profonde e culturalmente ineccepibili, la sua poderosa formazione intellettuale. Misasi aveva una solida conoscenza dei meccanismi fondamentali della storia, filosofia, economia, sociologia, ed era impregnato da un senso etico profondamente vissuto nel suo intimo.  Quindi, rivelava un modo nuovo di puntare alla politica come qualità, merito, conoscenza, etica ed un grande senso delle Istituzioni.

Un “tesoro” di competenze che De Mita avrebbe poi utilizzato tappa dopo tappa nel corso della sua lunga carriera politica fino a Palazzo Chigi, negli anni Ottanta, quando diventò presidente del Consiglio guidando la coalizione di pentapartito che poi Craxi, un anno dopo, avrebbe sfiduciato.

De Mita ha più volte ricordato che agli inizi dell’attività politica era Misasi a portarlo con sé a fargli conoscere la schiera infinita dei suoi amici ed elettori. 

Già allora Misasi prevedeva per il suo giovane e brillante amico una luminosa carriera politica. Difatti, Misasi divenne deputato a soli 26 anni, la prima volta nel 1958 (risultando sempre il primo degli eletti in tutte le tornate elettorali fino all’ultima nel 1989, dalla II all’XI legislatura), mentre De Mita venne eletto cinque anni dopo e ritrovò, con immensa gioia, nelle file della Democrazia Cristiana il fraterno amico Riccardo.

Negli anni Sessanta entrambi furono tra i fondatori della sinistra dc, quella corrente che faceva capo a Giovanni Marcora, e in questa posizione l’intesa tra i due “fratelli” politici rimase sempre rilevante: nel 1966 De Mita lanciò l’idea di fare un accordo con i Comunisti per l’attuazione dell’ordinamento regionale, trovò appoggio e piena concordanza con Misasi. La stessa che portò poi De Mita a diventare, nel 1982 segretario nazionale del partito fino al Congresso Nazionale del 1989.

Quando De Mita fu segretario nazionale della Dc volle e chiamò accanto sé Misasi, che poi nominò, nel 1888-89, durante il suo incarico di Presidente del Consiglio, sottosegretario alla Presidenza. Un ruolo che tutti, sin dal primo momento, riconobbero essenziale per la tenuta del Governo: la competenza e l’equilibrio di Misasi mediava sulle idee e le strategie di Governo, soprattutto per quanto riguardava lo sviluppo ordinato e progressivo delle regioni. Misasi, naturalmente, aveva nel cuore la sua Calabria e poneva continuamente i problemi dei calabresi senza lavoro, dell’ancora grande fascia di povertà, soprattutto nelle aree rurali, e l’assenza di prospettive per i giovani. La fuga dei cervelli continuava nonostante i successi crescenti delle università calabresi ed era un pensiero fisso per Misasi in cerca di soluzioni che non arrivavano.

Insomma, Misasi, con De Mita Presidente del Consiglio, era in realtà il regista occulto di tante strategie, lavorando con intelligenza e acume dietro le quinte, da fine conoscitore della vita politica italiana e della società civile.

Due protagonisti della politica italiana degli anni Ottanta rimasti in piedi, dopo la dissoluzione della “balena bianca” a causa di tangentopoli (da cui non furono nemmeno sfiorati). Mani pulite decapitò la politica italiana, ma non incrinò né interruppe il sodalizio tra i due “giovani del Sud”. Ancora insieme nel 1993 nella trasformazione dell’ex Dc in Partito popolare Italiano e nel 1996 nella nascita dell’Ulivo.

Quando, il 21 settembre 2000, Misasi scomparve, De Mita ammise che lasciava un vuoto incolmabile nella sua vita, che non sarebbe stata mai più la stessa. Un’amicizia che la politica aveva cementato trasformandola in fratellanza e affetto reciproco.  

Tante le testimonianze sul leader di Nusco. Ha scritto Ettore Bonalberti (uno dei leaders della ricomposizione della DC ex braccio destro di Donat Cattin) «Tocca a tutti voi giovani che non avete conosciuto la DC raccogliere il testimone di questo illustre politico DC. Con Ciriaco De Mita ci lascia uno degli ultimi grandi politici della Prima Repubblica. Perdo un amico con cui ci siamo confrontati in molte occasioni nel Consiglio nazionale del partito prima, e dopo nella lunga stagione della diaspora. Riposi in pace continuando i suoi “ragionamenti” in cielo insieme a Moro, Donat Cattin, Misasi e al suo mentore, Albertino Marcora».

La Calabria, dunque, piange un grande leader,  guardando le opere realizzate nel Mezzogiorno e soprattutto in Calabria (si pensi soltanto all’Unical e all’Autostrada, giusto per citare le prime che vengono in mente), grazie all’impegno e all’opera straordinaria di Riccardo Misasi che portava la sua Calabria nel cuore.  

E non dimentichiamo i rapporti più che cordiali con Carmelo Pujia con il quale stava operando anche in Calabria con la partecipazione di Fontana, Bonalberti e Cirino Pomicino, per riportare in vita la vecchia e gloriosa democrazia cristiana. Di cui lui, Riccardo Misasi e Carmelo Pujia erano i referenti più qualificati. Ma allora la politica era con P maiuscola, oggi restano modelli da prendere a esempio dalle nuove generazioni che, in verità, amano la politica, ma devono ancora scoprirla. (s)

Il ricordo in Calabria di Ciriaco De Mita

di VINCENZO SPEZIALI – L’emozione affonda nel cuore, al pari della lama di un pugnale, nell’apprendere la scomparsa di Ciriaco De Mita, già Segretario Nazionale e Presidente della Democrazia Cristiana ed anche Premier e più volte Ministro, oltre che Deputato ed Europarlamentare.

Tutto scivola, nel mio animo triste, al pari delle lacrime sul viso o del sangue da una ferita sul corpo: già, un altro pezzo della mia vita, della mia gioventù e della mia formazione -coerentemente praticata e sinceramente sentita- va via, inesorabilmente.

Seppur da sempre Forlanianprandiniano (ed in ultimis la mia corrente si innestò ai dorotei di Gava e Scotti) e orgogliosamente pupillo di Arnaldo Forlani e Gianni Prandini, come al pari di molti Leader dicci, anche con Ciriaco avevo rapporti personali, continuativi e talvolta amabilmente di disaccordo ‘polemicopolitico’.

Nell’apprendere la notizia, ho per prima cosa contattato Maurizio Misasi (da Ciriaco battezzato!) – figlio dell’indimenticabile Riccardo che era il vero motore della corrente demitiana della sinistra di base democristiana – e poi Peppino Gargani, Lillo Mannino, Clemente Mastella, Angelo Danza, Renzo Lusetti (mio predecessore al Giovanile), senza dimenticare Enrico Letta (attuale Segretario Nazionale del PD e tra i suoi discepoli prediletti, nella nidiata di noi post giovani democristiani), senza che sia venuto meno un sussulto legittimamente emotivo, a fronte di questa perdita, italiana, europea, la quale rappresenta, una bellissima pagina della nostra comune storia formativa e popolare.

Ricordo, adesso, uno dei tanti aneddoti, ovvero quando in compagnia di Amine Gemayel, durante un convegno dell’UDC -nel 2009 – eravamo seduti vicini, allorché lui fece, proprio ad Amine, la considerazione che il Partito erede della DC, in quel momento vedesse come leader (era Casini, per l’appunto) uno da considerarsi figlio suo, politicamente parlando, così come tutti quelli che erano lì presenti.

Io mi intromisi immediatamente, ricordandogli, che ero stato e continuavo ad essere figlio di Arnaldo (e Pier, in verità, sorrise di gusto), in quanto non ero aduso a ‘disconoscimento di paternità.

Ciriaco rispose di getto – mentre mia moglie faceva la traduzione – dicendomi, con un misto di ironia e falso fastidio, quanto io fossi il solito insolente, dalla pronta battuta arrogante e il sottoscritto, senza scomporsi, testualmente controbatte: “Cirì, detto da te, che sei maestro in quest’arte… è un complimento!”

Lui fissa meglio occhi, guarda mia moglie e poi Amine, quando si rivolge a me, con la chiosa finale e perentoria (con tanto di accento demitiano): “Appundo”!

Ecco, si riassume così, in un baluginio fioco, uno dei tanti ricordi, così come la mia fortuna di essere stato allevato alla grande da grandi, per di più anche bene.

Caro Ciriaco, un ultimo pensiero e dal profondo del cuore: per noi democristiani, la nave va e ad andare continuerà, poiché al porto approderà! In ogni modo, anche pensando a te.
Con orgoglio, con affetto. (vs)

[Vincenzo Speziali è già Segretario Nazionale del Movimento Giovanile della DC e attuale membro del Bureau Politique dell’Internazionale Democristiana e di Centro]


IL RICORDO DI UN EX CRONISTA POLITICA E DEPUTATO

di PAOLO PALMA  – Ho molti ricordi, soprattutto professionali, di Ciriaco De Mita. Ho resocontato negli anni ’80 e ’90 decine di suoi discorsi. Erano discorsi mai banali, sempre complessi, difficili a volte da capire. Lui li chiamava “ragionamendi”, rigorosamente con la D irpina, che è come la D cosenDina! Diceva anche “penziero” e “perièdo”. E molti colleghi giornalisti lo prendevano segretamente in giro per questa sua pronuncia, non io, naturalmente, per ovvi motivi, ma mi divertivo molto a pensare che aveva inflessioni simili alle mie. E pensavo al suo amico Riccardo Misasi, anche lui prodigo di D e Z al posto di T e S, come avevo potuto constatare all’epoca della mia maturità, quando da ministro della P.I. Misasi parlò in tv di studenDi e docenDi. Orgoglio cosentino allora. Ero così abituato ad ascoltare e resocontare i discorsi di De Mita, che intuivo quando potevo rilassarmi e far riposare anche penna e taccuino,  magari uscendo dalla sala per fumarmi una sigaretta sulla porta, certo che in quei minuti non avrebbe detto niente di rilevante dal punto di vista giornalistico. Sempre per motivi …professionali sono stato più volte una sua vittima a “spizzico”, il tressette a due, nel quale era praticamente imbattibile. 

Lo avevo visto in qualche occasione stracciare in quel gioco Biagio Agnes ed Elveno Pastorelli ed ero rimasto ammirato. Sull’aereo che ci portò a Los Angeles per i 40 anni del piano Marshall, insieme ad Andreotti (erano presidente del Consiglio e ministro degli Esteri) volle giocare con me. E non ci fu partita. L’anno dopo ripetemmo la sfida sull’aereo che ci portava a Santiago del Cile (con Forlani) per sostenere Alwyn nelle prime elezioni libere dopo Pinochet. Ma anche quella volta ne uscii con le ossa rotte. Aveva una velocità di gioco incredibile, incalzava con una certa prepotenza l’avversario più lento di lui, esortandolo a calare la carta. Questo era il segreto della sua imbattibilità. Subivano questa tecnica di gioco i suoi amici storici come Agnes e Pastorelli, i quali invano protestavano; figuriamoci se potevo contrastarlo io, il giovane cronista che giocava con il Presidente del Consiglio! Però alla fine glielo dissi che la sua fretta mi condizionava negativamente e lui mi rispose ridendo: e tu fregatene. Qualche anno dopo mi trovai a sedere nell’aula della Camera vicino a lui. Ma non riuscii mai a dargli del tu. A Dio, Presidente, riposi in pace.  

(Paolo Palma, ex cronista parlamentare, è stato deputato del gruppo Popolari e Democratici. Attualmente è presidente dell’Associazione Dossetti e dell’ICSAIC (Istituto di Storia Contemporanea)


ADDIO CIRIACO, CI LASCI UNA GRANDE LEZIONE DI POLITICA

di FRANCO CIMINO  È stato bello conoscerti. Ed anche impegnativo imparare da te la Politica. 

Dove andrai riprenderai quel profondi ragionamenti e ti confronterai con chi potrà meglio comprenderli e apprezzarli. Qui, lasci le grandi lezioni che hai fatto sui grandi temi dell’esistenza umana. E della politica, che solo in parte può compiutamente trattarli. E, ultimamente inascoltato, lasci l’idea che la Politica possa rigenerarsi solo attraverso il recupero delle grandi idealità del secolo scorso.

Specialmente quelle, inalterate e insuperate, che potranno ridare ai cattolici democratici lo spazio per la ricostruzione di un grande partito “liberal-popolare” o pienamente del popolarismo sturziano, difronte al quale nascerebbe una bella sinistra europea, pensosamente critica del comunismo, e una destra “democratica” in grado di partecipare al governo di un’Italia ancor più profondamente europea. Ci lasci anche il metodo della Politica, la quale, come ogni altra scienza, ha bisogno di strumenti essenziali e neutri per potersi concretare nelle dinamiche umane, prima che sociali. La parte più importante di questo metodo è l’osservazione della realtà con il maggiore distacco emotivo, la sua analisi approfondita, e il coraggio di proseguire nella ricerca di soluzioni possibili. Che sono sempre le più alte. Quelle mai piegate ad alcuna triste contingenza o, peggio, alle più deprecabili convenienze, lasciate passare come arte della mediazione. Sei stato il moroteo più moroteo di tutti, anche se per la tua non scarsa concezione del tuo sé, omettevi di dirlo. Da questa tua grande idea della Politica, ereditata da Sturzo , De Gasperi e Moro, anche per un lungo tempo ristudiandoli cercando rigorosamente le differenze importanti tra loro, io ho potuto conservare in me il fermo convincimento che la Politica sia la continua realizzazione dell’Utopia, attraverso quel cammino verso l’orizzonte, che solo la Politica, che realizza i sogni della gente, può compiere. Ciao Ciriaco e grazie a nome dei democristiani, che tali sono rimasti. L’Italia tutta, ti ringrazierà ancora di più. (fci)