TURISMO, QUANTO POTENZIALE SPRECATO
PUBBLICO E PRIVATO COOPERINO INSIEME

di CLAUDIO ALOISIOCriticare senza proporre o facendo proposte non supportate da alcuna valutazione di fattibilità è un esercizio sterile, utile tuttalpiù come sfogatoio personale o, come ultimamente spesso accade, per acchiappare qualche like o qualche effimero consenso cercando di manipolare persone ormai esasperate. 

La risoluzione dei problemi, quindi, non ha nulla a che vedere con la critica fine a se stessa ma con la proposizione di soluzioni sostenibili, normativamente ed economicamente possibili, inserite all’interno di una strategia che tenga in considerazione il globale non soffermandosi solo al particolare. Un po’ come un medico che non si ferma solo a curare i sintomi bensì ne ricerca la causa trovando così la malattia che li provoca. Banalmente, quindi, sconfiggendo la malattia, i sintomi scompariranno. 

Senza voler troppo semplificare, il governo di un territorio deve tener conto nel suo complesso di tutte le criticità e potenzialità presenti. 

Parlando di turismo, proprio in quanto fenomeno fortemente trasversale e articolato, non ci si può soffermare ai sintomi (il numero irrisorio di turisti ad esempio) ma si deve comprendere perché un territorio naturalmente vocato non riesca a creare le minime condizioni per generare dei flussi i quali potrebbero diventare la sua vera e primaria fonte di ricchezza. 

Le soluzioni ci sono, basta volerle mettere in atto. Non sono semplici, intendiamoci. Al contrario di quello che tanti vogliono far credere, non possono esistere soluzioni semplici a problemi complessi. 

Per creare un volano turistico si deve agire in modo multidisciplinare: nell’ambito dei trasporti, delle infrastrutture, dei servizi, del decoro urbano giusto per citare alcune aree d’intervento. Si deve inoltre formare la comunità stimolando la cultura dell’accoglienza che passa anche attraverso il rispetto e la valorizzazione della cosa pubblica sia essa una spiaggia, un parco, una piazza, e la conoscenza delle ricchezze che possiede siano esse materiali o immateriali. Per ultimo, non certo per importanza, si deve creare rete tra pubblico e privato, tra i vari enti che hanno competenze spesso sovrapposte o sovrapponibili, tra le realtà che già operano nel settore, tra gli attori del tessuto imprenditoriale e commerciale realizzando, oltre a ciò, un sistema incentivante per chi voglia investire producendo ulteriore offerta. 

Tutto questo, poi, deve essere supportato da un serio progetto di promozione e marketing territoriale che possa dare vita ad una narrazione appetibile, coerente e rappresentativa, avendo ben presente i vari target di riferimento scelti in relazione alle peculiarità che il nostro territorio esprime. 

Un lavoro enorme che potrebbe essere attuato solo dotandosi dei giusti strumenti. 

Da tempo come Confesercenti Reggio Calabria ci battiamo per la creazione di una Dmo, acronimo che sta per Destination Management Organization. Uno strumento già utilizzato in molti territori turisticamente sviluppati, che mette insieme pubblico e privato e ha come unico scopo la gestione coordinata di tutti gli elementi che costituiscono una destinazione turistica. Un organismo, quindi, che abbia competenze e fondi per creare quell’unità di intenti e di azioni che trasformino un desiderio, ormai consunto dal tempo e dalle troppe parole, in realtà. 

Questa è una proposta concreta che si affianca a un’iniziativa, piccola se vogliamo, ma rivelatasi efficace ed apprezzata: la webapp reggiocalabriaguide.it che, questa estate, è stata utilizzata da un ragguardevole numero di turisti e reggini i quali hanno potuto vivere il territorio con maggior consapevolezza delle tante proposte e degli innumerevoli luoghi incantevoli da visitare. 

Quindi fermo restando le critiche, sacrosante purché costruttive, è importante, per cambiare realmente le cose, che esse siano accompagnate da proposte sostenibili e adeguate oltreché da iniziative concrete che vadano nella direzione di fornire servizi innovativi incoraggiando e favorendo, al contempo, la realizzazione di reti collaborative. 

Questo vuole essere l’approccio di Confesercenti Reggio Calabria: affrontare i problemi con una visione strategica, intervenendo laddove possibile con iniziative utili e proponendo soluzioni percorribili. La strada da perseguire, dal punto di vista di approccio e concetto, per cercare di incidere realmente evitando di avanzare pretese o progettualità inattuabili quanto improbabili o, come altrettanto spesso capita, di fermarsi al trito e ritrito “piove governo ladro”. (cal)

[Claudio Aloisio è presidente di Confesercenti Reggio Calabria]

COL CARO ENERGIA LE IMPRESE CALABRESI
SULL’ORLO DEL COLLASSO SENZA GLI AIUTI

di CLAUDIO ALOISIO – Da oggi, se non ci saranno misure di tutela da parte dello Stato, sono previsti nuovi rincari per famiglie e imprese su gas ed energia tra il 60% e il 100%.

Il tessuto imprenditoriale e i cittadini non riescono a far fronte agli attuali costi che per alcuni sono quadruplicati, figurarsi a sopportare un ulteriore aumento che raddoppierebbe i prezzi attuali. Com’è stato possibile arrivare a tutto ciò? Eppure gli indizi che questo accadesse erano chiari e visibili ben prima dello scoppio del conflitto ucraino. Ma al di là di qualche dichiarazione allarmata nulla è stato fatto, nemmeno iniziato, dal punto di vista sistemico e strutturale.
Per tale motivo oggi ci ritroviamo nel mezzo di uno tsunami economico e finanziario che non solo mette a rischio il tessuto imprenditoriale e produttivo italiano ma il nostro stesso sistema di vita che, molto semplicemente, non è più sostenibile. I costi di tutto: materie prime, produzione, servizi, trasporti non sono più gestibili e stanno aumentando giorno per giorno.
Stante così le cose diviene indispensabile una risposta forte dell’intera Europa che deve intervenire nell’immediato con un’iniezione di liquidità per far fronte agli aumenti senza che questi si ripercuotano su aziende e famiglie e contestualmente operare per calmierare un mercato evidentemente ostaggio di operazioni speculative.
Per ciò che riguarda specificatamente la situazione italiana (ogni membro europeo avrà le sue priorità non per forza uguali alle nostre) a mio parere, tra le altre cose, si devono tassare gli utili extra delle compagnie energetiche del 90% redistribuendo il gettito così ottenuto per abbassare gli importi delle bollette, si deve imporre un tetto sul prezzo del gas che comunque deve essere sganciato da quello dell’energia, si deve eliminare l’Iva sulle bollette o quantomeno ridurla al 4%, si devono ridurre notevolmente tutti i costi che non riguardano la materia energia, si deve portare il credito d’imposta almeno al 50% per tutte le imprese, implementandolo per quelle energivore, si devono semplificare ulteriormente le procedure per installare impianti di energia rinnovabile siano essi fotovoltaici, eolici o di altro genere aumentando e velocizzando l’erogazione di contributi, diretti o indiretti, per sostenerne le spese, si deve intervenire sulla tassazione e le cartelle esattoriali con una vera pace fiscale per dare respiro a chi ha dichiarato ma in questo momento, data la crisi devastante che stiamo attraversando, non può onorare i debiti verso lo Stato, si deve riformare l’intero settore dell’energia attingendo le materie prime da più Paesi produttori per evitare monopoli che creino distorsioni del mercato di questa portata così come oggi sta accadendo.
Inoltre si deve iniziare a ragionare seriamente sulla possibilità di investire, oltre che sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, anche sul nucleare di quarta generazione, più sicuro ed economicamente conveniente.
Per far questo servono risorse economiche che l’Europa può trovare sul mercato tramite l’emissione degli Eurobond, titoli di Stato europei garantiti da tutti i Paesi dell’Unione.
In questo momento il debito pubblico europeo è circa il 95% del suo Pil. Ben lontano da quello americano che è al 125% o da quello giapponese che arriva addirittura al 240%.
Per la seconda economia mondiale un aumento di qualche punto del debito, conseguito tramite uno strumento finanziario garantito dell’intera Unione, quindi, non sarebbe certo un problema ma, al contrario, darebbe la possibilità di reagire in maniera unitaria ad una situazione eccezionale che, altrimenti, potrebbe produrre contraccolpi disastrosi anche alle economie dei paesi più floridi, fino a oggi restii ad attuare strategie di questo genere.
Il rischio che corrono questi paesi continuando a mantenere una posizione di chiusura su tale possibilità, però, è di pagare un prezzo ben più alto di quello richiesto dall’intraprendere un percorso unitario di messa in sicurezza dell’economia europea. (ca)