OSPEDALI CHIUSI E CASE SALUTE, NO ALIBI
PARTE DA REGGIO L’URLO DEL TERRITORIO

di SANTO STRATI – L’ottimo lavoro che il nuovo Commissario alla Sanità prefetto Guido Longo sta facendo, in attesa della definitiva approvazione del Decreto Calabria (già passato alla Camera, ora in Senato) è un buon segnale per avviare quel profondo rinnovamento necessario alla sanità calabrese. Va dato atto al prefetto Longo dell’impegno a riattivare ospedali chiusi, case salute inutilizzate, Usca (i centri per l’assistenza domiciliare) mai avviati: c’è bisogno di una visione strategica ad ampio raggio e un’ampia collaborazione da parte di tutti gli attori. I calabresi, in materia sanitaria, sono fino ad oggi stati considerati figli di un dio minore, sulla loro salute ci sono le fortune delle già ricche regioni del Nord (vale oltre 300 milioni il “turismo sanitario” cui sono costretti ogni anno i calabresi per insufficienza di strutture locali e non per la qualità di medici e specialisti che spesso sfiora l’eccellenza). Non a caso, negli ospedali del Centro Nord l’accento calabrese è diffusissimo a conferma che le nostre menti migliori, le più capaci risorse della regione hanno dovuto (o voluto) lasciare la propria terra e mettere a profitto competenze e capacità a vantaggio di altre regioni. È motivo d’orgoglio, ma anche di profonda amarezza, sapere che ci sono svariate centinaia di professionisti che occupano posti di grande rilievo nelle principali strutture sanitarie del Paese. Sono andati via, senza che in dieci anni di commissariamento nulla in regione sia stato fatto o cambiato per favorirne il ritorno.

Per non parlare poi dei “pensionati”: medici specialisti calabresi che hanno speso la loro vita negli ospedali e nelle cliniche del Centro Nord e che sarebbero felici di ritornare in Calabria a offrire la propria esperienza. Pensate che qualcuno ha mai pensato di contattare qualcuno dei tanti specialisti a riposo, anche in questa sciagurata stagione di pandemia, sia nella prima ondata sia nella seconda? Qualcuno che abbia chiesto l’eventuale disponibilità e offerto non quattrini ma almeno il riconoscimento delle loro competenze per dare aiuto e sollievo alla popolazione calabrese? Manco per idea. Assenza di risorse, in primo luogo, certo, ma anche cecità assoluta da parte di chi è stato delegato fino ad oggi a gestire l’emergenza e pianificare assistenza, ricoveri, strategie di intervento. Bene, è ora di voltare pagina.

A questo proposito parte da Reggio un’iniziativa di riscatto e di rivalsa che il prefetto Longo dovrebbe prendere in seria considerazione. L’ha lanciata un ex consigliere comunale di Reggio, l’avv. Pasquale Imbalzano (il padre Candeloro è stato un apprezzato consigliere regionale), che fa parte del coordinamento provinciale di Forza Italia. Doverosa una premessa: date le circostanze e l’emergenza, non si tenga conto da quale parte vengano suggerimenti e segnalazioni. L’obiettivo dev’essere trasversale, ovvero richiede una collettivizzazione apartitica dell’emergenza, con il solo fine di portare soluzioni e sollievo alla popolazione calabrese. Ci sarà tempo per vantare meriti o espiare colpevoli mancanze, oggi è importante trovare un comune percorso che superi le diffidenze, i dispetti e le tradizionali schermaglie politiche tra le parti avversarie. Non è un sogno irrealizzabile, basta metterci la passione giusta e l’impegno di trovare risposte adeguate alle esigenze dei calabresi ormai stanchi di illusorie promesse e fallimentari soluzioni, spesso a senso unico e non certo a favore della popolazione. In Calabria ci sono risorse eccezionali, figure di eccellenza sia nel campo medico-scientifico che in quello amministrativo: è a queste forze che il prefetto Longo dovrà attingere nel difficile percorso intrapreso. I calabresi gli hanno dato e gli danno ampia fiducia e questa spinta è l’ideale incoraggiamento a mostrare a tutti quanto è grande il suo amore verso la Calabria, che considera come sua seconda patria.  

Scrive l’avv. Imbalzano nel suo documento programmatico: «La storia della sanità calabrese e reggina, in particolare del segmento ospedaliero, degli ultimi dieci anni ha registrato alcuni fatti incontrovertibili. Il Commissariamento ha fallito la sua missione di risanamento economico-finanziario, tant’è che il debito annuale, tra alti e bassi, è rimasto sostanzialmente  inalterato, mentre quello complessivo continua ad essere una voragine  inquietante. Le rendite parassitarie non sono state minimamente scalfite, le baronie imperano ancora con la connivenza delle  burocrazie ai diversi livelli, mentre i Lea  hanno subito un ulteriore, drammatico ridimensionamento. In più, a dispetto della enormità degli investimenti tra gli anni ’90 e primi  anni 2000 per dotare il territorio di nuovi ospedali e  ammodernare quelli esistenti, dall’inizio di questo decennio col Commissariamento si è proceduto  allo smantellamento dell’esistente, nella falsa convinzione che chiudere strutture sul territorio fosse la panacea di tutti i mali, non solo sanitari, regionali.

«Se i risultati sono  innegabilmente questi, tant’è che  la Calabria è diventata “Zona Rossa”, al pari della Lombardia che da mesi registra migliaia  di morti Covid, sol perché ha un sistema sanitario al limite del  collasso, è anche banale sostenere che urge nel settore una immediata inversione di tendenza in ordine alle scelte che dovranno essere assunte, per non far precipitare nel baratro  quel poco che ancora resiste e  togliere completamente ai calabresi ed ai reggini il sacrosanto diritto alla salute. Altro che logica degli ospedali da campo, oggi adottata per l’emergenza in corso, ma domani chissà perché! Riaprire gli ospedali inattivi ed immediatamente utilizzabili, che ospitano uffici o sono  sedi di poliambulatori, in una logica di complementarietà territoriale,  nonché rafforzare quelli esistenti, ridotti oggi al lumicino, che se funzionanti avrebbero potuto accogliere centinaia di pazienti, sia ordinari che colpiti da Covid, invece che  costretti nelle corsie dei Pronto Soccorso e qualche volta sulle ambulanze. Questo punto di partenza è un imperativo da cui non si sfugge.

«È possibile tenere vuoto un ospedale come quello di Taurianova, al centro della Piana, già sede di un reparto di Medicina di eccellenza, a suo tempo pure cablato, o quello di Cittanova, per anni punto di riferimento per l’Ortopedia? In attesa del nuovo Ospedale territoriale tra 5 o 10 anni, la struttura di Palmi può continuare a ospitare soltanto l’unica Camera Iperbarica della provincia di Reggio? Per quello di Gioia Tauro, da un paio d’anni progressivamente mortificato con trasferimenti di personale e di reparti, non si è trovato di meglio, nella logica dell’emergenza e dell’improvvisazione, di utilizzarlo come Centro Covid» – evidenzia l’avv. Imbalzano.

«C’è poco da sottolineare, sulle attuali condizioni del  glorioso Ospedale di Melito, unica struttura dell’Area Grecanica, dopo lo smantellamento di Reparti fiori all’occhiello della sanità calabrese, a partire da quello storico di Ostetricia, e sulla necessità di un suo rilancio. Mentre nulla si sa del fantasma dell’Ospedale di Gerace, quello di Locri, pur depotenziato, è  costretto a sobbarcarsi i bisogni di tutta l’Area Locridea. Per non parlare delle Case della Salute rispettivamente di Scilla, dove grazie alle battaglie politiche di alcuni di noi, è stato finalmente aperto il “centro di Procreazione Medicalmente Assistita”, e di Siderno esistente solo sulla carta, nonostante  un corposo finanziamento da anni colpevolmente e misteriosamente  inutilizzato».

Nel suo documento, l’avv. Imbalzano lancia un appello al prefetto Longo: «Vogliamo confidare nella intelligenza, nella capacità decisionale e nel pragmatismo del  nuovo Commissario, per avviare un  capovolgimento della funesta tendenza al ridimensionamento perpetrata in  questi anni. Urgono scelte equilibrate e soprattutto compensative dei deficit dei Livelli Essenziali di Assistenza sofferti sia dal territorio pianigiano che da quello grecanico-locrideo. Ma si faccia presto, anzi prestissimo, perché il prezzo in perdite di vite umane e di costi sociali pagati dai cittadini sono stati troppo alti e non  sono più ulteriormente sopportabili». Parole chiare, suggerimenti preziosi che siamo certi possono costituire una buona base di discussione per la necessaria ripartenza. Lo si deve alla Calabria e ai calabresi e alle centinaia di medici che in questi mesi stanno dando persino la vita pur di salvarne altre. Le risorse finanziarie ci sono, bisogna solo saperle spendere: in quest’ottica  la scelta dle prefetto Longo fda parte del Governo è stata davvero felice. (s)

OSPEDALI DA CAMPO, «SIAMO IN GUERRA»
PERÓ MANCANO I GENERALI IN CALABRIA

di SANTO STRATI – Sono almeno sette gli ospedali inutilizzati (mai aperti, chiusi, da sistemare, etc) che abbiamo in Calabria; ciononostante, il presidente ff Nino Spirlì si rivolge alla protezione civile (oltre a invocare il Cielo) e si fa montare quattro ospedali da campo nella regione. Non solo, scatena anche un’offensiva (!) di assunzioni (300, metà medici, metà infermieri) in grado di fronteggiare la “guerra”, come se bastassero poche centinaia di risorse fresche per fronteggiare l’emergenza. Una guerra che però non ha generali in Calabria e senza guida le guerre non si vincono.

Già, siamo in guerra, è inutile nasconderselo e il nemico è insidioso, temibile, sottile. Non uccide più come prima, ma fa tanti prigionieri. E siamo tutti prigionieri di una pandemia a cui nessuno, complici il bel tempo, le vacanze estive, le tavolate al mare (senza presunte conseguenze infette), ha pensato di prepararsi nel caso di un nuovo assalto autunnale. nessuno di chi ci governa, di chi ci amministra, di chi ha il potere di decidere. Dal Governo abbiamo un meraviglioso esempio di pressapochismo dilagante, dilettanti allo sbaraglio, che stanno giocando con la pelle degli italiani. Cosa possiamo pretendere?  Se al Governo centrale non sanno che fare, cosa possiamo chiedere agli amministratori locali?

Oltretutto questa disgraziata terra sconta pure il lutto della presidente Jole che, oltre ad aver lasciato un vuoto tra chi la stimava devotamente e chi cominciava ad apprezzarla, ci ha lasciati anche in un mare di guai. Ovviamente senza colpa (la morte è implacabile e non spedisce preavvisi) e se avesse avuto qualche settimana in più, probabilmente avrebbe rimediato all’orribile sciocchezza del vicepresidente in quota leghista. Nessun pregiudizio su Nino Spirlì, intellettuale, autore televisivo, blogger convinto, ma politicamente irrecuperabile. Inguaribilmente inadatto al ruolo, sperduto già prima della nuova ondata della pandemia, irrimediabilmente confuso in una funzione che richiede competenza, capacità e, soprattutto, autorevolezza.

Nella settimana della sua scomparsa, la presidente Jole aveva un importante appuntamento nell’agenda: doveva incontrare il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo (ormai insofferente agli azzurri e ammaliato dalle sirene salviniane) per concordare un’iniziativa che avrebbe fatto scalpore, ma avrebbe dato alla Calabria un vicepresidente con un cursus politico di tutto rispetto. L’intesa del progetto era nota a pochi: ritiro della delega di vicepresidente a Spirlì (lasciandogli magari quella della cultura, questo non è chiaro) e nomina del sindaco di Catanzaro Abramo a vicepresidente. Un politico cui lasciare le redini in caso di un impedimento che la povera Jole sentiva sempre più vicino e pressante. Ma il destino, beffardo e crudele nei confronti dei calabresi, ha chiuso gli occhi per sempre alla prima donna presidente della Regione e lasciato con le pive nel sacco un quanto mai sconfortato Abramo. Regalando, perfidamente, ai calabresi un improbabile “facente funzioni” che avrebbe dovuto reggere per qualche mese una legislatura in scioglimento. Ma siccome, quando ci si mette, il diavolo ne pensa una più di se stesso, quale migliore occasione del Covid per scombussolare totalmente la Regione Calabria? Zona rossa, elezioni rapide praticamente impossibili causa virus, una guida disperata a sovrintendere una valanga di problemi a cui si aggiungeva l’emergenza coronavirus.

«Siamo in guerra» – ha detto Spirlì – e noi concordiamo col il presidente ff. ma per fare la guerra ci vuole la truppa, e, soprattutto, ci vogliono i generali. E in Calabria non ce ne sono. Più volte ha ripetuto Spirlì che lui è al posto di comando «per una disgrazia» e l’hanno – ahimè – capito a proprie spese i calabresi, ma, obiettivamente, non si può pensare di continuare così fino ad aprile, forse maggio. Attendere nuove elezioni e intanto vedere questa terra già stremata da mille problemi, seviziata e annientata dagli interventi televisivi di Spirlì quanto meno imbarazzanti e inopportuni. Non può continuare l’attuale facente funzioni a offrirsi come agnello sacrificale per l’altare dell’audience televisiva: è dappertutto, tutti lo vogliono. Ma non perché abbia cose importanti da dire, ma perché è talmente la caricatura di se stesso che il povero Crozza, nella sua gustosa imitazione, ha avuto il suo bel da fare per cercare un po’ di originalità. Un copione interamente scritto, per far ridere gli italiani della Calabria, con un giullare gaudente e improvvido, che non si rende conto che non fa ridere con le sue esternazioni, ma fa ribollire di rabbia i poveri calabresi che se lo sono trovati sul groppone.

Non è un generale Spirlì (e probabilmente non ci tiene né ad esserlo né a diventarlo): non è come scrivere un testo televisivo, un copione che altri reciteranno più a o meno intensamente, ma si tratta di governare. E non si può governare se non se ne hanno le capacità: non si può minacciare di chiudere le scuole, quando ci hanno – a malincuore – già pensato i sindaci; non si possono prendere provvedimenti risibili come quelli di trasformare con uno schiocco di dita ospedali in unità specializzate per malati Covid. Mancano uomini, le risorse più importanti: i soldi ci sono ma in Regione non sono capaci di spenderli, né sono stati capaci di utilizzarli quando c’era il tempo di fare prevenzione e organizzare reparti e letti di terapia intensiva. Si va avanti anche qui, come succede a Palazzo Chigi, tra tentativi e improvvisazioni, inseguendo ordinanze che si smentiscono l’una con l’altra in un carosello di brutte figure (ma questo sarebbe il meno) che fanno però danni seri ai malati, ai medici, a tutto il personale sanitario che sta dando letteralmente la pelle pur di salvare ogni vita umana che capita nelle loro mani.

Siamo nella disperazione più totale: è questa la drammatica constatazione. Senza guida politica, senza guida sanitaria e senza speranza (non c’entra il ministro, quello è già fuori scena per conto suo). Venerdì il Consiglio dei Ministri avrebbe potuto revocare l’imbarazzante scelta del Ministro della Salute e nominare un nuovo commissario per la Sanità in Calabria, ma non l’ha fatto. Sicché abbiamo Zuccatelli indicato da Conte – su proposta del ministro dell’Economia e di concerto con il ministro della Salute – del cui decreto di nomina non si hanno traccia, anche se pare firmato lo stesso 7 novembre, dopo il secco twitter di Conte che licenziava Cotticelli. Ma al Governo non hanno ancora capito che i calabresi sono arcistufi della colonizzazione sanitaria, non tollerano più le insidiose promesse di un governo giallo-rosso che non riesce a convincere nemmeno i suoi stessi componenti, e non sopportano più le allucinate esternazioni di Spirlì . I calabresi ora esigono soluzioni concrete, a cominciare dalla sanità. Cominci, il Governo, ad azzerare il debito della sanità di cui ha la massima colpa avendo nominato commissari incompetenti e incapaci di far quadrare i conti. Si riparta da zero e si scelgano personalità che conoscano il territorio e, soprattutto, abbiano voglia di aiutare questa terra. Ben venga Strada – se affiancato da capacissime risorse locali: il nome è garanzia di efficienza, ci può stare, ma non basta la chiara fama, servono provvedimenti, scelte contabili, interventi pratici e non solo amministrativi. Servono competenza e conoscenza della realtà calabrese, sennò ritorniamo al punto di partenza, anzi peggio di prima.

C’è un’opportunità importante, da non lasciarsi sfuggire: giovedì prossimo 400 sindaci dei capoluoghi e di tutti i paesi della Calabria saranno a manifestare davanti a Palazzo Chigi a mezzogiorno. Abbiamo suggerito di farsi ricevere dal Presidente della Repubblica che ci siamo permessi di invocare, a nome dei calabresi, della nostra terra, Mattarella di dare un segnale di attenzione. Sarebbe importante. Anzi, è necessario. Presidente Mattarella ascolti la Calabria e faccia capire che l’Italia c’è davvero per questa nostra sfortunata regione. (s)

MetroCity Reggio: sindaci contro il decreto. Per il Consiglio si dovrebbe votare il 6 dicembre

Il sindaco metropolitano di Reggio Giuseppe Falcomatà ha rinviato al 6 dicembre le elezioni per il rinnovo del Consiglio metropolitano previste per il 29 novembre e poi annullate dall’istituzione della zona rossa. Falcomatà ha aggiornato il decreto del 19 ottobre scorso con cui indiceva le elezioni del Consiglio della MetroCity: com’è noto, sono elezioni di secondo livello, votano solo gli amministratori locali dei 97 comuni dell’ex provincia reggina. Si vota a Palazzo Alvaro (seggio unico): sono eleggibili a consigliere metropolitano i sindaci e i consiglieri comunali in carica nei comuni della Città Metropolitana. Sono esclusi i due comuni attualmente retti dal commissario prefettizio, Siderno e Delianuova, per i quali il parziale lockdown calabrese ha rinviato le elezioni. Le elezioni avvengono sulla base di liste concorrenti composte da un numero di candidati non inferiore alla metà dei consiglieri da eleggere, sottoscritte da almeno il 5% degli aventi diritto al voto. Il termine di presentazione delle liste è stato posticipato quindi dall’8-9 novembre al 15-16 novembre (domenica 15 dalle 8 alle 20, lunedì 16 dalle 8 alle 12).

Grande eco, intanto, ha avuto la manifestazione svoltasi la Reggio con la partecipazione di tutti i sindaci della Città metropolitana  che si sono dati appuntamento a piazza Italia davanti alla Prefettura per protestare contro la politica del Governo sulla zona rossa e la proroga del commissariamento in Calabria. Dai sindaci un documento comune con cui si evidenziano tre punti da sottoporre al Governo: scelta del nuovo commissario condivisa con le istituzioni locali; cessazione del commissariamento al termine dell’emergenza Covid; impegno del Governo con iniziative per fare uscire la Calabria dalla zona rossa (aumento posti terapia intensiva, assunzione personale e individuazione di un centro COVID regionale). I sindaci della Città metropolitana, guidati dal sindaco Falcomatà, hanno anche chiesto al presidente Conte di venire a Reggio a sottoscrivere quest impegni. Il primo dei quali, com’è noto, è già stato superato, con la scelta non condivisa del dott. Giuseppe Zuccatelli. (rrc)

[la foto di copertina è di Attilio Morabito]