L’ultima fermata – di Tommaso Labate

di GREGORIO CORIGLIANO – A giudicare da quanto è successo e continua a succedere nella elezione dei presidenti della Camera e del Senato, il mio amico Tommaso Labate (che non conosco di persona, ma solo di video o di commentatore politico ma che apprezzo molto)  può prepararsi a scrivere un altro libro. L’ultimo che ha scritto è già di suo, notevolmente di interesse, non solo per chi fa politica, ma per quanti ne seguono gli avvenimenti pressoché quotidiani, ci fa conoscere, eppure leggiamo quotidiani ogni giorno, fatti e accadimenti che abbiamo dimenticato, o che non avremmo mai immaginato.

L’ultima fermata, questo il titolo, edito da Solferino, tra le altre cose, ci fa capire, per esempio, cosa sia “la strategia del palombaro” che è stata o deve essere utilizzata, o si consiglia di utilizzare, in momenti decisamente importanti come, guarda caso, l’elezione di una carica dello Stato, per esempio, la più alta, il Presidente della Repubblica. E Labate parte con un esempio che molti non ricorderanno, se si fa eccezione per i seniores della politica, quelli della c.d Prima Repubblica. Era Presidente del Senato Cesare Merzagora, un uomo con tutte le caratteristiche ed i titoli per salire al Quirinale. Antifascista, senatore, già ministro e soprattutto da dieci anni occupava lo scranno più alto di Palazzo Madama. Ogni “comunicato” della Radio – allora si chiamavano così – non citava che lui, tutti i quotidiani lo citavano per i suoi impegni istituzionali, insomma era sulla cresta dell’onda. Ed aveva il sostegno della sinistra, della dc, dei partiti minori. Era conosciuto dal Palazzo e apprezzato dalla società. E si era convinto di riuscire nell’intento di avere tutti i titoli per essere eletto Presidente della Repubblica. Anzi si sentiva già al Quirinale.

Èstato un giovane Giulio Andreotti, scrive Labate, a dirgli che non gli conveniva esporsi. Che in questi desiderata, meno ci si espone meglio è. Merzagora non si disse convinto perché riteneva di avere tutti gli appoggi necessari. Ed Andreotti, di rimando, “se te lo dicono in molti, devi diffidare”. E così fini, il povero Merzagora, con le prive nel sacco. Fuori tempo massimo, il senatore aspirante, dovette dare ragione al giovane Giulio. Non era stata applicata, la strategia del palombaro, neanche da Amintore Fanfani, uno dei due cavalli di razza della DC. E neanche Arnaldo Forlani e Romano Prodi applicarono quella strategia. Moro è stato evocato da Sandro Pertini, quando al momento della elezione, nel discorso di insediamento, dopo l’uccisione del Presidente della DC, ebbe a dire: “Lui, non io, avrebbe meritato di fare il presidente.”

E Berlusconi? Il suo, afferma Labate, come si dovrebbe ricordare, fu un vero e proprio “tormentone”. Consapevole di aver fatto ben 3.369 giorni di governo, aveva avuto il sogno da sempre di salire il Colle più alto. Lo aveva promesso alla signora Rosa, sua madre. Bravo nel calcio, super nell’edilizia,  nell’editoria e in politica? Mi tocca, sembrava esclamare. La “botta in testa” la prese con la decadenza da senatore perché condannato (non sembra oggi? E poi con il sorpasso di Forza Italia ad opera della Lega, a Milan. Purnondimeno  il cavaliere si risente ringalluzzito dopo qualche tempo. La pandemia, il covid, la convalescenza non lo abbattono. Salvini lo rincuora da Giletti, perchè  uscito dal Conte primo, per volere di Renzi, vuole rientrare in gioco. E il capo (per quanto ancora?) della Lega, si dice d’accordo con Berlusconi al Colle. È abbastanza vicino per non essere ricordato il periodo del sogno di Berlusconi, come lo scazzo, adesso, con La Russa al momento della elezione di quest’ultimo alla presidenza del Senato.

Labate, che è un nostro corregionale di Marina di Gioiosa Jonica, ricostruisce la vicenda, assai complessa della rielezione di Sergio Mattarella, questa storia saremo in molti a non conoscerla. Anche se è recentissima, i particolari poco noti, sono nell’”ultima fermata”. E, come in tanti ricordiamo, Mattarella, dimostra di aver fatto, non seguito, il palombaro. È sparito, entro i limiti in cui poteva farlo da Presidente in carica, ma ha sempre negato la volontà di rimanere al Colle. Anche col trasloco dal Quirinale in un appartamento centrale, ma non centralissimo di Roma. E, nello stesso alloggio, Mattarella, rese felice, l’inquilina uscente, che mai si sarebbe aspettata di vedere il presidente della Repubblica a casa sua, per affittare o comprare l’alloggio. Fatto sta, lo evidenzia giustamente il collega del Corriere della Sera, che tra i politici italiani è tra i pochissimi a non avere una casa di proprietà a Roma. Tutto questo, con particolari di interesse culturale “stuzzichevole” che si dovrebbero sapere.

E il gioco di Renzi? Citato più volte, viene considerato come l’oracolo delle soluzioni impossibili. Aveva, proposto e fatto eleggere Mattarella, prima e poi il senatore che aveva avanzato la soluzione di Draghi, alla presidenza del Consiglio. Un uomo, insomma, capace. Sempre sulla breccia, aveva anche tentato la soluzione di Pierferdinando Casini, appreso il mestiere di palombaro, a Presidente della Repubblica. Elezione, si ricorderà, mancata per poco. Mentre dalla rielezione di Mattarella e, per diversi mesi, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, che ha contribuito a bloccare la elezione di Mario Draghi a presidente della Repubblica, non si sono più incontrati. Salvini ha perso su tutti i fronti. Sta tornando in auge il rapporto tra i tre, ma non si sa fino a quando. Fine corsa di Labate, che anche stasera vedremo dalla Palombelli o da Monica Maggioni. Pronto alla prossima fermata! (gco)

L’ULTIMA FERMATA
di Tommaso Labate
Edizioni Solferino – ISBN 9788828210764