DISPARITÀ SOCIALI E SCUOLA IN CALABRIA
IL GRAVE EFFETTO NEGATIVO DELLA DAD

di VITTORIO DANIELE – Data l’importanza dei fattori sociali ed economici, per ridurre i divari nelle competenze tra individui e territori non basta intervenire sulle risorse scolastiche o sui curricula. È necessario anche ridurre le disuguaglianze sociali che ne sono alla base. I divari nelle competenze scolastiche non sono solo sintomo di iniquità, di disuguali opportunità. Rappresentano anche un’insidia, perché sono una delle modalità attraverso le quali povertà e disuguaglianza si trasmettono tra le generazioni.

Come mostra l’ultimo rapporto Invalsi (2021), la pandemia da coronavirus, rendendo necessaria la didattica a distanza, ha avuto un effetto negativo sull’apprendimento degli studenti. Si è verificato un calo generalizzato delle competenze scolastiche, mentre i divari, già molto ampi, tra Nord e Sud sono cresciuti. Nelle regioni meridionali, il 50-60% degli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori non ha raggiunto la soglia minima di competenze in italiano; una quota che sale al 70% nelle prove di matematica. Nelle regioni settentrionali, le quote variano tra il 35-40% per la matematica e raggiungono il 50% in quelle del Centro Italia.

Sebbene aggravati dalla pandemia, i divari tra Nord e Sud sono strutturali. Per esempio, nei test in matematica Ocse-Pisa 2018, il risultato medio degli studenti del Nord (515 punti) è stato simile a quello della Svizzera, ai primi posti nella graduatoria internazionale, mentre nel Sud Italia (445 punti) analogo a quello della regione Karagandi, in Kazakistan. Da cosa dipendono questi così ampi divari?

In Italia, come in altre nazioni, i punteggi medi nei test scolastici sono in relazione col livello di sviluppo economico delle regioni. Maggiore il livello di sviluppo, misurato dal reddito pro capite, mediamente più elevati i risultati ottenuti dagli studenti nei test sulle competenze. Come mostro in un recente articolo pubblicato sulla rivista Intelligence c’è, però, un’altra variabile che, più del reddito pro capite (che, ricordiamo, è una media) ha un forte legame con i punteggi scolastici regionali: si tratta della povertà relativa.

Questa misura di povertà è detta relativa perché è data dalla percentuale di famiglie il cui reddito è inferiore al 50% di quello mediano. Per tale ragione, oltre a essere una misura di deprivazione, la povertà relativa è anche una misura di disuguaglianza nella distribuzione del reddito.

Come mostra il grafico tra le regioni italiane si osserva una forte relazione tra i livelli di povertà relativa e i risultati degli studenti nei test in matematica (Pisa 2012). I punteggi nei test sono, infatti, mediamente più bassi nelle regioni meridionali, in cui l’incidenza della povertà è maggiore. È importante osservare che i punteggi nei test sono calcolati per tener conto dello status socioeconomico e culturale delle famiglie degli studenti. Ciò significa che le differenze Nord-Sud nelle competenze non dipendono solo dal retroterra familiare degli studenti, ma anche da altri fattori.

Questa forte relazione tra povertà relativa e competenze scolastiche si riscontra anche quando si considerano altre rilevazioni, come quella Pisa 2018 e quella Invalsi (V classe della scuola secondaria). Inoltre, la relazione si osserva anche tra le regioni della Spagna, dell’Australia e di altre nazioni.

Le cause dei divari

I fattori che influenzano il rendimento scolastico sono numerosi. Le differenze individuali (cioè tra i singoli studenti) sono spiegate sia da fattori genetici, sia ambientali. Tra questi ultimi, la condizione socioeconomica delle famiglie ha un ruolo fondamentale. Com’è intuibile, gli studenti provenienti da famiglie povere e con basso livello d’istruzione ottengono, mediamente, risultati inferiori a quelli dei loro compagni le cui famiglie hanno uno status socioeconomico più elevato. Il rendimento è influenzato, però, non solo dal contesto familiare, ma anche da quello extra-familiare, cioè sociale e culturale, in cui gli studenti, sin dall’infanzia, vivono.

Nelle scuole situate nei quartieri più poveri e svantaggiati, gli studenti ottengono risultati mediamente inferiori a quelli dei loro pari che frequentano le scuole dei quartieri più ricchi. Come è intuibile, la qualità delle scuole è inestricabilmente connessa alla condizione sociale ed economica degli studenti che le frequentano e, di conseguenza, a quella del contesto territoriale in cui si trovano.

Già nel 1966, il sociologo James Coleman, in un noto studio riguardante gli Stati Uniti (il Rapporto Coleman) evidenziò come, per il rendimento scolastico, l’importanza del retroterra familiare degli studenti e delle condizioni socioeconomiche fosse di gran lunga maggiore rispetto alle risorse finanziarie e materiali a disposizione degli istituti scolastici. Sottolineava, invece, l’importanza della qualità degli insegnanti.

Ma torniamo alle differenze regionali nei punteggi nei test scolastici. Alcuni studiosi, tra cui Richard Lynn, sostengono che queste differenze sarebbero, in parte, dovute a fattori genetici. Secondo questa tesi, nel Sud Italia il quoziente d’intelligenza (QI) medio sarebbe inferiore a quello del Nord e ciò contribuirebbe a spiegare i più bassi risultati scolastici. Una tesi non supportata da solide basi scientifiche. È, invece, ragionevole che, analogamente a quanto accade tra scuole situate in aree diverse, le differenze regionali nelle competenze scolastiche riflettano sottostanti diseguaglianze socioeconomiche, di cui la povertà relativa è un indicatore. Una società disuguale tende a produrre esiti disuguali anche nell’istruzione.

Una riflessione conclusiva. Data l’importanza dei fattori sociali ed economici, per ridurre i divari nelle competenze tra individui e territori non basta intervenire sulle risorse scolastiche o sui curricula. È necessario anche ridurre le disuguaglianze sociali che ne sono alla base.

I divari nelle competenze scolastiche non sono solo sintomo di iniquità, di disuguali opportunità. Rappresentano anche un’insidia, perché sono una delle modalità attraverso le quali povertà e disuguaglianza si trasmettono tra le generazioni. (vd)

[courtesy opencalabria.com]

INTERNET, CALABRIA LA MENO CONNESSA
LA COPERTURA È SOTTO L’80 PER CENTO

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria, purtroppo, continua a raccogliere tristissimi primati. Questa volta, ‘primeggia’ su quello che, oggi, è diventato uno strumento indispensabile, sopratutto in questa pandemia. Si tratta della connessione a internet. La nostra regione, infatti, è la meno connessa d’Italia (77%). È quanto riporta uno studio condotto da Openpolis sullo stato dell’arte dell’Europa connessa, dove rileva, che «dai dati Eurostat come ci sia una importante disparità soprattutto tra il nord e il sud Europa».

Se, infatti, da una parte ci sono paesi in cui le percentuali di famiglie raggiunte dalle rete internet sono tra le più alte, superando nella maggior parte dei casi il 95%, dall’altra ci sono paesi dell’est e sud Europa – tra cui il sud Italia – in cui non si raggiunge nemmeno l’80%. La Calabria, purtroppo, è tra queste e, nonostante ciò, è stato rilevato che «ha una quota di famiglie con accesso a internet molto più alta: 67,3%. Ma il divario con la media nazionale è ancora di quasi 9 punti. E anche il ritardo rispetto alla regione più connessa (il Trentino Alto Adige, 81,1%) è rimasto quasi invariato: 13,8 punti percentuali».

«Le regioni del Sud – si legge sul report – seppur con netti miglioramenti, rimangono sempre al di sotto della media nazionale e si distanziano sempre di più dall’Italia centro-settentrionale. Per esempio, nonostante il Piemonte (73,5%) risulti al 2019 al di sotto della media nazionale, presenta comunque un dato superiore a quello di grandi regioni del sud come Calabria (67,3%) e Puglia (69,6%)».

Un quadro, quello tracciato da Openpolis, che ribadisce, ancora una volta, come in Calabria sia fondamentale investire sulle infrastrutture di rete per poter uscire da un isolamento tecnologico che potrebbe penalizzare la nostra regione e far sfumare le opportunità e i vantaggi che si potrebbero trarre dall’avere una connessione internet stabile.

Proprio nei giorni scorsi, Fortunato Lo Papa, segretario regionale della Fisascat Cisl, aveva proposto, come soluzione per salvare il comparto del turismo, lo slow tourism e il warkation, «mix tra vacanza e lavoro, basato su luoghi che permettono di andare in vacanza e allo stesso tempo di continuare a lavorare da remoto, magari con vista mare» ma, in queste condizioni, con una rete internet quasi inesistente, come si può pensare di proporre ai turisti, di venire in Calabria per lavorare?

Che alla Calabria «serve, superando i troppi ritardi, la realizzazione in tutti i territori della banda larga di ultima generazione, fondamentale per le imprese e per l’intero sistema» lo aveva già ribadito Tonino Russo, segretario generale della Cisl Calabria, nel corso dell’incontro Obiettivi comuni tra manager e lavoratori nell’industria 4.0, è stato organizzato nell’ambito del programma @calabriadigitale, dove aveva rilanciato l’appello della Svimez, in cui sottolineava l’importanza di «un piano  per il superamento dei limiti delle infrastrutture digitali perché le persone possano operare dalla Calabria, prevedendo sia incentivi fiscali e contributivi, sia spazi di coworking che i Comuni potrebbero creare».

Ma non c’è solo un problema riguardo all’«operare dalla Calabria». C’è anche un problema che riguarda proprio il digital divide, che, come riportato dall’Istat, per la Calabria e il Meridione è un’emergenza che è stata accentuata con la pandemia in corso. Basti pensare che il 12,3% degli studenti Italiani tra 6 e 17 anni, a marzo dell’anno scorso, non possedeva un computer o un tablet presso la propria abitazione (850 mila in termini assoluti), la quota raggiunge quasi il 20% nel Mezzogiorno. Il 57% degli studenti che possiede un computer lo deve condividere con altri componenti della famiglia e solo il 6,1% vive in famiglie dove è disponibile almeno un computer per ogni componente. Tra le famiglie con minori (0-17 anni) circa 1 su 7 non ha un computer o un tablet a casa (il 14,3%), con differenze geografiche nette: al Sud sono il 21,4%, mentre sono l’8,1% nel Nord-Ovest.

Come rilevato dal sociologo Francesco Rao, «il nostro sistema scolastico ancora oggi è invaso da molte sacche di esclusione, soprattutto nelle scuole delle aree interne che definirei come uno tra i pochissimi presidi dello Stato e simbolo della legalità. L’emergenza sanitaria e la protratta chiusura delle scuole hanno fatto sparire dal radar molti studenti a rischio seppur vi sia stato un costante impegno svolto da insegnanti e dirigenti scolastici e dalle associazioni impegnate ad affiancare le scuole e i loro alunni per garantire quel supporto al conseguimento degli obiettivi che caratterizzano le Comunità educanti. La dispersione scolastica, implicita ed esplicita, oggi più che mai, sembra essere inarrestabile anche perché alla crescente affermazione del learning loss, ossia la perdita dell’apprendimento, registratosi nel periodo estivo e consistente nella perdita di competenze e conoscenze accademiche rilevabili alla conclusione delle vacanze estive nei paesi che hanno pause lunghe durante l’anno scolastico si aggiunge quest’ennesima fase di sospensione delle attività didattiche che potrebbe trasformarsi in un altro lockdown nazionale».

Per Rao, «il mancato adeguamento tecnologico e la lenta risposta delle Istituzioni,  in buona parte ha amplificato le numerose difficoltà strutturali: nelle aree interne della Calabria, ancora oggi la qualità della rete internet è identificabile più come un ostacolo che un valido alleato. A ciò si aggiunge la qualità della dotazione informatica da parte di moltissime famiglie. Nei segmenti sociali più umili, dovendo procedere all’acquisto di computer o tablet, spesso hanno scelto una qualità medio bassa soprattutto viste le limitate risorse economiche tendendo a risparmiare, la mancata competenza in ambito informatico porterà a non considerare come prioritaria la ricaduta reale sull’efficienza del computer o il tablet acquistato quando poi verrà utilizzato».

Un dato che viene confermato dai dati della Svimez, dove, in un articolo di ieri sul Corriere della Sera, a firma di Goffredo Buccini, è stato rilevato che «vive al Sud il 34% dei ragazzi con famiglie prive di dispositivi informatici e con i titoli di studio più bassi», con il rischio che «un terzo dei ragazzi italiani venga escluso dal percorso formativo a distanza, con conseguenze rilevanti nei prossimi anni sui tassi di dispersione scolastica». (ams)

TAR O REGIONE, LA GUERRA PER LA SCUOLA
L’EMERGENZA, GLI STUDENTI DISORIENTATI

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Dietro il buon funzionamento di un paese serve necessariamente il genio del suo popolo. Politica, istituzioni, sanità, scuole, associazioni e classi sociali. Uno per tutti e tutti per uno. Buon senso e soprattutto responsabilità, pronti a portare, in tempi emergenziali soprattutto, a scelte pubbliche lungimiranti che non abbiano in assoluto mai scadenze elettorali. Ma in Calabria, l’istituzione, definita più largamente con il termine più allargato di STATO, alla soglia massima dell’emergenza umana, non sfata miti e cronicizza le sue piaghe. L’emergenza invece di accelerare, rallenta. Azzera, in un battito di mani, ogni genere di responsabilità, e il buon senso le deraglia come i treni sui binari, portando via con sé, sui binari astratti dell’indifferenza, i valori inequivocabili della società civile, su cui, come sui testi biblici, è fondato lo spirito dell’umanità intera.

Accertate le fragilità croniche che la Calabria si trascina da decenni in ambito sanitario e non solo, a soffrire questa era pandemica, con cicatrici profonde sulla propria identità, è soprattutto la scuola. Il luogo in cui si forma e si forgia il più prezioso materiale umano del paese. Studenti, docenti, dirigenti, personale… Un ensemble di individui che a differenza d’altri, hanno sulla società intera un peso enorme.

La pandemia, in quanto tempo di progressiva anomala aritmia, mette in discussione il valore dell’essere umano in quanto tale, e in più la sua collocazione all’interno del mondo che in termini di progresso egli stesso ha modificato, con purtroppo cenni di effettiva instabilità a ogni margine di livello.

DAD O PRESENZA?

La scuola, in Calabria, rimane vittima di un acceso ed eccessivo focolaio politico, le cui beghe rocambolesche si snodano tra un duo d’eccellenza, Regione e Tar. Una dualità senza precedenti che, in Calabria, manda al macero anni e anni di impegno sociale da parte della scuola, dove gli studenti risultano essere i primi individui costitutori della società civile che conta, e sulla cui formula si stima la crescita del paese.

In Italia, a un anno esatto dalla pandemia, con 100.000 morti sui bollettini ufficiali e sulle coscienze, l’emergenza, se non tempestivamente arginata, rischia di diventare normalità. E l’industria della scuola continuerebbe a soffrire al pari di quella economica. Con conseguenze evidenti sul futuro della società moderna e dei progetti che su di essa, ogni singolo studente si costruisce.

“La scuola è un posto sicuro”, si è sostenuto per mesi. Ed è vero. È il più certo degli investimenti che una comunità può fare.

La scuola è quella certezza che protegge dalla strada, dalle insidie, dalle provocazioni. È lo scudo perfetto, necessario e indispensabile contro l’ignoranza, la mala gestione, la corruzione. È l’unica fabbrica vera che per legge e per coscienza, costruisce uomini liberi, e imbastisce le basi per il loro futuro. Ma contro il Covid, certezze non ne da. Non ancora.

Studenti costretti per ore a rimanere immobili tra i banchi, con le finestre aperte anche d’inverno per il ricambio dell’aria, nel più rigido regime del distanziamento sociale, non è scuola.

Studenti obbligati a non lasciare l’aula, senza intervalli, zero corse nei corridoi, nessuna pacca sulle spalle, e con proibizioni all’inverosimile, come scambiarsi un libro, prestarsi una gomma, copiarsi i compiti, o suggerirsi qualcosa, non è scuola.

Studenti senza la gioia dei 100 giorni, i laboratori in esterna, gli stage di lavoro, e con le bocche coperte fino al massimo delle ore da insopportabili mascherine, non è scuola.

La scuola vissuta in presenza non può essere frantumata così. Perchè se anche in formula di regime, continua ugualmente a insegnare Dante, Petrarca e Boccaccio, mai potrà a Matteo, Chiara, Roberta, Bianca e a tutti gli altri, offrire le basi libere su cui fondare la loro vita al di fuori dalle sue mura. Per tutto questo diventa necessaria la libertà assoluta nella pratica dei valori. E il Covid, ahinoi, non lo consente.

In era Covid, nasce la DAD. UN destino? No, una situazione d’obbligo.

Ci sono ragazzi che al ritorno da scuola si sono sentiti responsabili per aver portato a casa, quali principali vettori di contagio, il virus del Covid 19, con conseguenze fatali su componenti della propria famiglia. E le colpe sono dure da sopportare a certe età. Ci sono studenti, anche piccoli, su cui il Covid ha dato spettacolo, lasciando vuoti per sempre i propri banchi di scuola; e poi ci sono giovani liceali o universitari che hanno perso le madri, i padri, ma anche i nonni; e ci sono bambini della materna che sacrificano la lor età più bella, per mantenere vive  le loro vite.

DAD O PRESENZA? REGIONE O TAR?

Questo è il problema!

Un rimpallo che in Calabria va avanti ormai da mesi, come un fosse un gioco di magia. Scuola apri, scuola chiudi. Ma la scuola non è un negozio con un’apposita saracinesca. Che se la chiave gira a destra apre, e se invece torce a sinistra chiude. La scuola è l’angolo più sacro della società civile. È la suprema corte della formazione dell’individuo. E non fa giochi e non fa scherzi, nè si presta a terzi per far smuovere batacchi di campane politiche a nessuno e per conto di nessuno.

Quella Tar- Regione, più che una sfida, in Calabria, assume i connotati di una corsa. Chi arriva prima?

Nella gara, chi tifa Regione e chi Tar.

Uno sport estremo in cui gli studenti calabresi si ritrovano davanti due enti moralmente miseri. (gsc)

 

SCUOLE CHIUSE, DIDATTICA A DISTANZA KO
LE POVERTÀ EDUCATIVE VERA EMERGENZA

di FRANCESCO RAO –Le povertà educative, per il Meridione e per la Calabria in particolare sono un’emergenza da non trascurare. L’Istat, già nei dati  relativi al 2018-2019, aveva individuato alcune criticità che il Covid ha ulteriormente aggravato. Per brevità, in questa sede, condividerò alcuni spunti rilevati dell’istantanea fornitaci dall’Istituto di statistica. In primis la questione afferente al digital divide che colpisce molti studenti, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia. Basti pensare che il 12,3% degli studenti Italiani tra 6 e 17 anni, a marzo dell’anno scorso, non possedeva un computer o un tablet presso la propria abitazione (850 mila in termini assoluti), la quota raggiunge quasi il 20% nel Mezzogiorno. Il 57% degli studenti che possiede un computer lo deve condividere con altri componenti della famiglia e solo il 6,1% vive in famiglie dove è disponibile almeno un computer per ogni componente. Tra le famiglie con minori (0-17 anni) circa 1 su 7 non ha un computer o un tablet a casa (il 14,3%), con differenze geografiche nette: al Sud sono il 21,4%, mentre sono l’8,1% nel Nord-Ovest.  Quindi, anche se quasi tutte le famiglie con figli hanno accesso ad internet, magari attraverso il cellulare di un genitore, risulta molto difficile seguire le lezioni online e svolgere bene i compiti a distanza. Diventa invece difficilissimo, per i segmenti sociali più fragili, stampare e scansionare le schede da inviare ai docenti quale attività di restituzione per gli studi compiuti. Un’altra criticità riscontrata in passato, divenuta più evidente nella prima fase della pandemia, afferisce alle competenze in ambito informatico tanto dei discenti quanto dei familiari. L’Istat stima che tra gli adolescenti (14-17enni), impegnati in questa fase con la didattica a distanza in varie forme e livelli di complessità, solo il 30,2% presenta alte competenze digitali, mentre il 3% non ha alcuna competenza digitale e la rimanente parte presentano competenze digitali basse o di base. È particolarmente interessante notare come le ragazze, mediamente con rendimenti scolastici più elevati ed esposte a minor rischio di fallimento formativo rispetto ai ragazzi, presentano complessivamente livelli più elevati per le competenze digitali. In questo caso, il 32% dichiara alte competenze digitali contro il 28,7% dei coetanei maschi.

Il nostro sistema scolastico ancora oggi è invaso da molte sacche di esclusione, soprattutto nelle scuole delle aree interne che definirei come uno tra i pochissimi presidi dello Stato e simbolo della legalità. L’emergenza sanitaria e la protratta chiusura delle scuole hanno fatto sparire dal radar molti studenti a rischio seppur vi sia stato un costante impegno svolto da insegnanti e dirigenti scolastici e dalle associazioni impegnate ad affiancare le scuole e i loro alunni per garantire quel supporto al conseguimento degli obiettivi che caratterizzano le Comunità educanti. La dispersione scolastica, implicita ed esplicita, oggi più che mai, sembra essere inarrestabile anche perché alla crescente affermazione del learning loss, ossia la perdita dell’apprendimento, registratosi nel periodo estivo e consistente nella perdita di competenze e conoscenze accademiche rilevabili alla conclusione delle vacanze estive nei paesi che hanno pause lunghe durante l’anno scolastico si aggiunge quest’ennesima fase di sospensione delle attività didattiche che potrebbe trasformarsi in un altro lockdown nazionale.

In questi mesi, il Covid, oltre alle vite umane sta mietendo il futuro dei giovani ed oggi, la penuria di una letteratura di prossimità riconducibile a questo fenomeno sociale non ci consente di poter avere contezza immediata del dato per poter elaborare risposte e la didattica a distanza, seppur praticata con impegno e dedizione da parte dei docenti, non può certo sopperire alla quotidiana azione educativa e formativa della scuola, che si fonda tra l’altro sulla relazione, sull’accoglienza e l’organizzazione della vita dei suoi alunni giorno dopo giorno.

Il mancato adeguamento tecnologico e la lenta risposta delle Istituzioni,  in buona parte ha amplificato le numerose difficoltà strutturali: nelle aree interne della Calabria, ancora oggi la qualità della rete internet è identificabile più come un ostacolo che un valido alleato. A ciò si aggiunge la qualità della dotazione informatica da parte di moltissime famiglie. Nei segmenti sociali più umili, dovendo procedere all’acquisto di computer o tablet, spesso hanno scelto una qualità medio bassa soprattutto viste le limitate risorse economiche tendendo a risparmiare, la mancata competenza in ambito informatico porterà a non considerare come prioritaria la ricaduta reale sull’efficienza del computer o il tablet acquistato quando poi verrà utilizzato. In tal senso, seppur vi siano stati interventi straordinari da parte del Ministero dell’Istruzione, le porte di una Scuola Smart, posta in linea con il sistema industria 4.0 resta chiusa soprattutto per i poveri i quali rischiano ancora per una volta di essere gli esclusi. Il mondo scolastico calabrese, durante la fase di lockdown, ha ricevuto 3,6 milioni di euro e questi fondi saranno stati un valido supporto teso a superare le prime difficoltà vissute dalle numerose famiglie e soprattutto un piccolo punto di forza per gli studenti più esposti alle difficoltà. Il problema dei problemi continua ad essere la qualità della rete considerata ancora dall’utenza il vero limite da superare. (fr)

Francesco Rao è sociologo e docente, vive a Cittanova.

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Sto lavorando ad una ricerca tesa a rilevare le dinamiche trattate in questa breve riflessione. È possibile chiedere ai lettori di Calabria.Live di far partecipare a tale studio i loro figli? Il questionario è compilabile da tutti gli studenti con almeno 12 anni d’età utilizzando il seguente link

https://forms.gle/F1EvWuvSzDwFVgun8

Didattica a distanza: i limiti della sorveglianza tecnologica remota

di NINO MALLAMACI – La EFF (Electronic Frontier Foundation) sta conducendo, negli Stati Uniti, una battaglia per scongiurare che il libro della sorveglianza tecnologica si arricchisca di un nuovo, inquietante capitolo.  Con la pandemia da Covid 19, e con alunni e studenti costretti a seguire le lezioni e a sostenere interrogazioni ed esami da remoto, molti istituti scolastici e università hanno avuto la bella pensata di utilizzare  in maniera massiccia app di sorveglianza, prodotti software invasivi della privacy che “osservano” gli studenti mentre fanno i test o completano i compiti. L’obiettivo è quello del controllo completo dell’ambiente dello studente per far sì che la didattica si svolga come se si fosse in presenza, ma le app usate violano la privacy degli studenti, hanno un impatto negativo su alcune popolazioni. In più, non impediranno mai completamente agli studenti creativi di superare in astuzia il sistema.

Nessuno studente dovrebbe essere costretto a scegliere di consegnare i propri dati biometrici ed essere sorvegliato continuamente o di non superare la propria lezione.

Attraverso una serie di tecniche di monitoraggio invasive della privacy, le app di sorveglianza dovrebbero verificare se uno studente sta barando, mentre  le sequenze di tasti registrate e il riconoscimento facciale dovrebbero confermare che lo studente che si iscrive a un test è quello che lo sta sostenendo. Ancora peggio: il monitoraggio dello sguardo (eye-tracking)  verifica che non guardi troppo a lungo fuori dallo schermo per ricevere suggerimenti, mentre microfoni e telecamere registrano l’ambiente circostante, trasmettendo immagini e suoni a un supervisore, che deve assicurarsi che nessun altro sia nella stanza.  In pratica, siamo al cospetto di sorveglianza biometrica di massa di milioni di studenti, il cui successo non sarà determinato da risposte corrette, ma da algoritmi che decidono se il loro punteggio di “sospetto” è troppo alto .
Oltre alla raccolta invasiva di dati biometrici, i servizi di sorveglianza raccolgono e conservano informazioni di identificazione personale sugli studenti, attraverso le loro scuole o università, oppure richiedendo agli studenti stessi di inserire questi dati per creare un account. Ciò può includere nome completo, data di nascita, indirizzo, numero di telefono, scansioni di documenti di identità, affiliazione all’istituto di istruzione e numeri di identificazione. Le aziende di proctoring raccolgono anche automaticamente i dati sui dispositivi degli studenti, indipendentemente dal fatto che si tratti di dispositivi forniti dalla scuola o meno. Questi registri raccolti possono includere record di sistemi operativi, marca e modello e numero identificativo del dispositivo, indirizzi IP, tipo di browser e impostazioni della lingua, software installati, ecc. Le aziende conservano anche gran parte di ciò che raccolgono, che si tratti di documentazione o video delle scansioni delle camere dei ragazzi.  Proctor U, ad esempio, non ha limiti di tempo per la conservazione dei dati, che spesso vengono condivise con terzi. E quando i dati degli studenti vengono forniti alla società di supervisione da un istituto scolastico, gli studenti sono spesso lasciati senza un modo chiaro per richiedere che i loro dati vengano cancellati, perché non sono loro i “proprietari”.

Lo sfruttamento dei dati per scopi commerciali non è l’unico rischio per la privacy degli studenti. La raccolta di grandi quantità di dati sulle persone provoca frequentemente violazioni, come quando un mese addietro sono trapelati su un forum di hacker, con indirizzi e-mail, nomi completi, indirizzi, numeri di telefono, password e tanto altro

A parte i problemi di privacy, questi strumenti potrebbero facilmente penalizzare gli studenti che non hanno il controllo sull’ambiente circostante, o quelli con dispositivi meno buoni o Internet a bassa velocità. Potrebbero anche causare danni agli studenti che hanno già difficoltà a concentrarsi, a causa di una difficoltà a mantenere il “contatto visivo” con il loro dispositivo, o semplicemente perché i test li rendono nervosi. Il software che presume che tutti gli studenti facciano i test allo stesso modo – in stanze che possono controllare, con gli occhi fissi davanti a sé, le dita che digitano a un ritmo normale – indubbiamente escludono alcuni studenti.

Insomma, chiedere agli studenti di rinunciare alla sicurezza delle loro informazioni biometriche personali e di fornire video dei loro spazi privati ​​non è una soluzione.

La pandemia ci ha costretti a utilizzare la tecnologia a distanza come mai prima, e le scuole e le università non possono pretendere di controllare gli studenti dentro le mura domestiche. Le app di proctoring invadono la privacy degli studenti, esacerbano le disuguaglianze esistenti nei risultati educativi e non possono mai eguagliare completamente il controllo in presenza: si dovranno trovare altre soluzioni, magari sul piano didattico, ma non utilizzare app di proctoring invasive per tentare di sostituire metodi che funzionano solo di persona. La tecnologia di sorveglianza si è già insinuata in molte aree dell’istruzione, con alcune scuole che monitorano l’attività dei social media degli studenti , altre che richiedono agli studenti di utilizzare la tecnologia che raccoglie e condivide dati privati con società di terze parti e altre che implementano una tecnologia di riconoscimento facciale imperfetta in nome della sicurezza.  Insegnanti, genitori e studenti non devono permettere che l’apprendimento remoto diventi sorveglianza remota, soprattutto quando essa è. direttamente collegata alle valutazioni degli studenti.

Lo scorso autunno, Ian Linkletter, uno specialista di apprendimento a distanza presso l’Università della British Columbia, ha criticato aspramente tale metodo, e per questo è stato citato in giudizio dalla Proctor U per violazione del copyright per video, tra l’altro, pubblici. Solo per intimorirlo.

Linkletter, in sostanza, ha analizzato il software che molti studenti della sua università erano stati costretti ad adottare, preoccupandosi di quello che ProctorU stava – e non stava – dicendo a studenti e docenti su come funziona la sua app, che.

ha eseguito tutti i tipi di tracciamento invasivo: ricerca di movimenti oculari “anormali”, movimenti della testa e altri comportamenti sospetti.  Linkletter, era preoccupato che gli studenti venissero penalizzati sulla base dell’analisi di ProctorU.

Per chiarire il suo punto di vista, Linkletter ha pubblicato alcune delle sue critiche su Twitter, dove si è collegato ai video YouTube pubblicati da ProctorU che descrivevano come funziona il loro software.  Invece di rispondere alla critica di Linkletter, ProctorU lo ha citato in giudizio affermando che egli ha violato il Copyright collegandosi ai suoi video.

Linkletter ha dovuto creare una pagina di raccolta fondi per pagare la sua difesa legale, ma il cattivo comportamento di ProctorU ha spinto molti a lottare per la privacy degli studenti e a donare cifre considerevoli. Il giudice, quindi, si pronuncerà non sulla invasività della app, ma sul diritto del professore di pubblicare i link ai video. Ma non c’è dubbio che una sua vittoria, che dovrebbe essere scontata, potrà contribuire ad assestare un colpo alla sempre più tracotante strategia della sorveglianza e della raccolta dei dati per fini commerciali o peggio. (nm)

[Nino Mallamaci è avvocato, lavora per il Corecom Calabria]

 

FUTURO DEI GIOVANI PRIORITÀ NAZIONALE
CALABRIA, RISCHIO DEVIANZA/MALAFFARE

di FRANCESCO RAO – Spesso richiamo l’attenzione dei lettori, soffermandomi sulla necessità di una maggiore equità sociale. Tali riflessioni, rappresentano in primis una richiesta d’aiuto da rendere alle famiglie più umili in quanto,  tutti i loro sforzi, messi in campo quotidianamente per tentare di far mantenere ai loro figli il passo in  una società propensa ad amare i numeri e non le Persone, rischiano di essere vani. Ebbene, in Calabria se le povertà educative ed i fenomeni di marginalità sociale, avessero avuto metà delle attenzioni e dei fondi utilizzati contro la malavita, con molta probabilità, oggi avremmo potuto registrare un divario sociale meno ampio ed una minore quantità di devianza e malaffare.

In passato, come d’altronde oggi, l’assistenzialismo di Stato nei confronti dei Meridionali ha giocato la partita peggiore favorendo il divario culturale e sociale tra un’Italia del Nord, impegnata a correre, innovare e produrre ed un Meridione, reso sempre di più simile ad un criceto chiuso nella gabbia e costretto a correre sul niente. Le povertà sociali, nella massima complessità sistemica, rappresentano oggi una tremenda priorità nazionale, destinata ad assumere nel futuro una pressante centralità emergenziale  difficilmente governabile in quanto, il dramma vissuto dalle future generazioni  si andrà a posizionare ben oltre gli spazi visivi creati nelle varie discussioni televisive alle quali siamo abituati ad assistere.
Il costante ricorso al rinvio, sarà uno dei futuri mali sociali che ne arrecheranno forti tensioni interne. Una volta si usava rinviare le decisioni in attesa di poter avere un dato. Oggi c’è il dato ma si preferisce rimandare le decisioni a seguito dei precari e temporanei accordi politici, dove le maggioranze parlamentari sono unite per tutto tranne che per governare i problemi che affliggono gli Italiani. Tutto ciò, presto o tardi, farà più danni della bomba atomica e l’enorme ferita sociale, causata dalla sottovalutazione di  questioni ampiamente conosciute, sarà visibile lungo tutta la penisola. In assenza di risorse e cure gli effetti del divario sociale potranno essere la futura emergenza nazionale, soprattutto dopo il 2030, fase nella quale, moltissimi nuclei familiari, oggi sorretti economicamente dalle pensioni di genitori e componenti della famiglia allargata, si vedranno privi dal marginale ma indispensabile aiuto economico.  A ciò si aggiunga un fatto storicamente reiterato: la fame continuerà ad essere il pretesto per garantire la peggiore manovalanza alla criminalità.  Questo mix esplosivo, in una terra come la Calabria, è paragonabile al sale cosparso dai Romani a Cartagine. A quanto pare, tutto continua a non interessare ai decisori politici.
Dopo quanto disposto nei giorni scorsi dal TAR della Calabria, il Consiglio di Stato ha decretato la riapertura delle Scuole, ponendo fine alla tanto discussa DAD. Oltre a restituire ai docenti ed ai discenti il mondo naturale della didattica, sarà sicuramente l’occasione per reiterare le scelte pregresse, compiute da settembre scorso in avanti che hanno dato origine ad una Italia colorata come un semaforo e la conseguente necessità per chiudere Scuole, ristoranti, bar ed alimentare la distanza sociale anche tra genitori e figli. Senza voler dare la colpa a nessuno, ma per riflettere il lungo e largo, sin da maggio scorso, la ricaduta epidemiologica era un fatto ampiamente prevedibile. Ricorderemo bene il grave errore compiuto durante la breve fase di tregua estiva: anziché essere un momento per mettere in sicurezza il “sistema Italia” è stata l’occasione per tornare al passato ed alimentare il panda rei dell’irresponsabilità, divenuto oggi una crescente insicurezza sociale che ha costretto il Governo ad aumentare l’indebitamento nazionale che proprio i giovani di oggi dovranno pagare in futuro.
Mi chiedo e vorrei chiedere ai miei gentili lettori: tutto ciò, è normale? Vogliamo renderci conto che mentre ci chiedono di stare dentro casa stiamo sotterrando in fondo al mare il futuro dei nostri ragazzi?
La mia generazione, negli anni ’80 del Secolo scorso, ha visto il proprio futuro fagocitato da un sistema politico poco lungimirante, scioltosi poi come neve al sole dal pool di Magistrati milanesi con l’inchiesta “mani pulite”. Abbiamo tentato in ogni modo di non arrenderci. Pochi di noi sono riusciti a compiere quanto avevano fatto in passato i nostri genitori ed i nostri nonni.  Vogliamo comprendere che il futuro dell’Italia è riposto proprio nella qualità del percorso degli studi compiuto oggi dai nostri ragazzi? Il loro impegno non dovrà essere l’ennesima truffa generazionale ma la creazione di opportunità concrete tese a far intravedere non la possibilità di vivacchiare nella mediocrità, ma l’opportunità per diventare l’eccellenza del futuro. Saranno i nostri ragazzi, una volta diventati adulti e professionisti, attraverso la loro azione, chiamati in causa per  restituire alla nostra Nazione quella forza e quel vigore che in passato ha reso l’Italia una delle 7 grandi nazioni maggiormente industrializzate del pianeta.
Prima di concludere, senza polemica alcuna, vorrei formulare una semplicissima domanda alle persone che hanno impugnato l’Ordinanza del Presidente f.f della Regione Calabria Nino Spirlì, credendosi più intelligenti di quanti, proprio in quel provvedimento, avevano avuto un sospiro di sollievo: per voi, difendere la vita è un fatto etico oppure una semplice bandiera politica?  La Politica, nobile scienza da voi sconosciuta, non è mettersi di traverso a prescindere. La Politica è lungimiranza, capacità di analizzare con lucidità i fatti guardando esclusivamente al bene comune e riuscendo sempre ad anteporre a qualsiasi scelta la tutela delle Persone, soprattutto quelle più deboli che grazie al vostro atto non avrete messo nella condizione di poter vivere con serenità.
Infine, vorrei condividere una doverosa precisazione metodologica: alla DAD preferisco la Scuola perché è il luogo della socializzazione e della crescita per eccellenza. Però, se frequentare le attività didattiche in presenza dovesse essere il pretesto per mettere in pericolo anche la vita di una sola persona, preferirei che si continuasse ad utilizzare per qualche altro mese la didattica a distanza, magari in un modo più appropriato ed aprendo gruppi di studio pomeridiani tra studenti per poter alimentare oltre al sapere anche la conoscenza, contribuendo a rendere salve molte vite umane. Dopotutto, un po’ di sacrificio e qualche rinuncia non ci farà più male degli effetti causati dal COVID, non metterà sotto stress Ospedali, medici e l’intero sistema sociale, letteralmente sfiancato e con una crescente penuria di risorse economiche.
Voglio continuare a sperare in mondo fatto di Persone, per intenderci, belle Persone. Il mondo dei numeri ha già mietuto tante vittime. (fr)
[Francesco Raomè un sociologo e docente, vive a Cittanova]
Credit foto: senivpetro – it.freepik.com

IN ITALIA LA REGIONE MENO DIGITALIZZATA
CALABRIA, DIDATTICA A DISTANZA IN CRISI

La Calabria è la regione meno digitale d’Italia. Lo rileva l’edizione 2020 del Desi – Digital Economy and Society Index regionale elaborato dall’Osservatorio Agenda Digitale. Infatti, Lombardia, Lazio e Provincia di Trento sono le regioni più “digitali”, mentre in coda ci sono Sicilia, Molise e Calabria.

La Calabria, in particolare, ottiene un punteggio pari a 18.8. Un dato preoccupante, sopratutto se, ad oggi, la connessione a internet è diventata fondamentale, non solo per le imprese, ma soprattutto per la Scuola. Ed è proprio sulla Scuola che la Calabria si è ritrovata in difficoltà, non solo per quanto riguarda gli strumenti per consentire agli studenti di seguire le lezioni, ma anche per il fatto che non tutti vivono nelle città capoluogo o nei grossi centri, bensì anche nei piccoli centri in cui la connessione internet è a intermittenza.

Problematiche che, tuttavia, non sembrano essere state risolte, nonostante siano stati stanziati dal Ministero dell’istruzione la somma di 3 milioni e 500 mila euro per le scuole calabresi, e  che assumono contorni grotteschi se si pensa che per il ministro all’Istruzione, Lucia Azzolina, «il futuro della scuola sarà sempre più legato alla digitalizzazione».

Il ministro, intervenuto nel corso dell’evento online Il digitale a scuola, promosso dall’Associazione Italian Digital Revolution, ha sottolineato che «le nuove tecnologie rappresentano una opportunità di crescita per i  nostri ragazzi, ma le attività devono essere svolte in classe. Le aule, sono e resteranno sempre luoghi deputati alla socializzazione, oltre che alla formazione degli alunni».

“La scuola – ha spiegato Azzolina – non era preparata gestire un’emergenza così grande, come quella legata al Coronavirus. Eppure, nei primissimi mesi della pandemia, la didattica a distanza ha garantito agli studenti il prosieguo delle attività, pur tra numerose difficoltà e il gap che il nostro Paese paga in termini di digitalizzazione a scuola. Proprio per questo, il Governo ha stabilito una serie di investimenti importanti in ambito tecnologico: banda larga, Pc, tablet garantendo, al contempo, una adeguata formazione del personale scolastico. Grazie al contributo dei nostri ragazzi e dei docenti, è stato possibile trasformare questo momento difficile in opportunità di crescita per tutto il sistema».

«La scuola post Covid  – ha detto ancora la ministra rispondendo ad uno studente che le chiedeva come sarà il sistema – appena terminata l’emergenza, comprenderà una didattica digitale in classe, i nostri studenti parlano questa lingua, non possiamo prescindere da questo aspetto.  All’interno del Recovery ci sarà un capitolo importante destinato alla scuola e alla digitalizzazione. L’augurio più grande che possiamo fare ai nostri ragazzi, è che in futuro nelle aule il digitale possa rappresentare sempre di più un momento di crescita all’interno del loro percorso di formazione».

«La digitalizzazione – ha proseguito nel corso del suo intervento il presidente dell’associazione Aidr, Mauro Nicastri, è stata una risposta reale e concreta durante la pandemia in tutti i settori, a cominciare proprio dalla scuola. La ministra ha parlato, giustamente, di opportunità unica offerta dalle tecnologie applicate al web, descrivendo lo scenario che si andrà sviluppando nei prossimi mesi. C’è una grande attenzione in questo momento in tutto il Paese, legata alle potenzialità della digitalizzazione. La nostra Associazione, impegnata da anni nella promozione della cultura digitale, oggi saluta più che positivamente questa nuova consapevolezza».

«Il digitale  – ha concluso Nicastri – porta con sé nuovi mezzi e nuovi modi, ma l’uomo deve sempre restare al centro del progetto. Proprio per questo, oggi abbiamo voluto promuovere un momento di discussione con le istituzioni, coinvolgendo direttamente gli studenti, che hanno un ruolo attivo nella scuola. Ringraziamo la ministra Azzolina per la straordinaria disponibilità con cui ha accettato l’invito della nostra associazione, e lo spirito con il quale ha aderito alla nostra iniziativa. I ragazzi, provenienti da ogni parte d’Italia, hanno posto alla Ministra delle questioni di straordinaria attualità. Nei loro interventi c’è la testimonianza del momento storico che stiamo vivendo, ma anche la voglia di guardare al futuro con ottimismo, grazie anche alle opportunità legate alla digitalizzazione».

 

AGLI STUDENTI LA CONNESSIONE GRATUITA
NON I BANCHI DI SCUOLA SEGATI A METÀ…

L’ultima chiusura – parziale – dal 28 al 2 novembre è a Catanzaro: le scuole ancora aperte richiedono interventi continui di igienizzazione e sanificazione degli ambienti e sempre più spesso viene attivata la cosiddetta Didattica Digitale Integrata (DDI) al fine di garantire la continuità scolastica in modo strutturato e organizzato. La pandemia non s’attenua e il contagio cresce, il ricorso alla DDI risulta sempre più frequente. La materia è stata disciplinata con un decreto del ministero dell’istruzione del 7 agosto scorso che spiega che cos’è la didattica digitale integrata e indica le linee guide da seguire, ove fosse necessario fermare l’attività scolastica in presenza per motivi emergenziali. La didattica a distanza è prevista solo per le scuole superiori, in caso di nuovo lockdown dovrà essere adottata in tutti gli ordini scolastici, dall’infanzia alle primarie, alla scuole medie.

Certo, se si guarda ai banchi monoposto (magari con la bizzarria delle rotelle) in molti casi mai consegnati e alle soluzioni ingegnose quanto improvvisate di alcuni direttori didattici che hanno fatto segare in due i tradizionali banchi a disposizione, viene da pensare che, ancora una volta, sono stati sottovalutati i rischi di una nuova eventuale, se non più che probabile, fase autunnale del coronavirus. I mesi di lockdown della passata primavera non hanno insegnato nulla e a fronte di un impegno straordinario di dirigenti scolastici, docenti e personale che hanno fatto miracoli per predisporre aule e classi in modo adeguato per l’apertura dell’anno scolastico, è sconfortante riscontrare la grande impreparazione del ministero dell’Istruzione.

L’idea della didattica digitale  – che altro non è che una innovativa metodologia di insegnamento-apprendimento aggiuntiva a quella tradizionale – si basa su due presupposti fondamentali: l’utilizzo di un computer o di un tablet e, naturalmente, una connessione stabile a internet. Due condizioni che in Calabria hanno mostrato in più occasioni troppe criticità, a cui, in qualche modo, ha posto rimedio la Regione con l’assessore Sandra Savaglio e la compianta presidente Santelli, con l’acquisto di tablet per gli studenti. Non sappiamo se è una leggenda metropolitana, ma sembrerebbe che tra i tanti tablet acquistati per gli studenti ci sono stati anche dei meravigliosi iPad che hanno solo lo svantaggio di costare praticamente il triplo o il quadruplo di un comune tablet android. A cosa saranno mai destinati gli eventuali iPad – ove fosse vera la notizia del loro acquisto – non è stato di sapere, però non è sbagliato ricordare che con appena 100/150 euro si possono reperire ottimi tablet che risultano perfetti per la didattica a distanza.

Il problema rimane quello della connessione: non viene tenuto in considerazione che non tutti i ragazzi hanno a disposizione una connessione a banda larga (non tutte le famiglie posseggono un personal computer e se i ragazzi in età scolare sono più d’uno il problema s’ingigantisce) ma meno che meno hanno a disposizione la banda larga. Secondo voi, qualcuno al ministero dell’Istruzione ha pensato al divario – reale – tra precarietà e benessere? All’inevitabile disuguaglianza che si viene a creare, nel caso della didattica digitale, tra le famiglie che possono permettersi anche più di un pc in casa o vari tablet in famiglia, e chi ha, a malapena, un modestissimo telefonino di prima o seconda generazione? Non, non ci ha pensato nessuno, tant’è che non è stato studiato e realizzato un piano per la banda larga – gratuita! – da destinare all’istruzione e alla formazione a distanza. Fatte salve iniziative singole e non coordinate dei vari carrier di telefonia in Italia, a favore di moltissime famiglie italiane.

A Cosenza, qualche settimana fa, con un finanziamento del Comune voluto dal sindaco Mario Occhiuto, è partito un importante progetto sulla didattica digitale nella scuola di via Milelli. «Un progetto rivoluzionario – ha dichiarato il sindaco –, in collaborazione e con il supporto di un’altra scuola della Lombardia che, in questo settore, è considerata “buona pratica” e prima in Italia». Un progetto, dunque, che rende la Scuola cosentina – già diventata punto di riferimento della città – una delle più innovative d’Italia, in cui «l’impianto didattico – ha spiegato Occhiuto – sarà, infatti, gradatamente, ma in maniera decisa, improntato alla didattica digitale».

«Il ricorso alla didattica digitale – ha aggiunto Occhiuto – sarà costante e i docenti saranno appositamente formati e accompagnati nello sviluppo del progetto, con un metodo di lavoro improntato ad un modo diverso di apprendere. Un metodo in virtù del quale si cercano informazioni, si selezionano contenuti, rendendoli funzionali al contesto e alle richieste, con la figura del docente che non è più il leader delle proprie lezioni, ma accompagna i processi di apprendimento degli studenti».

Il criterio della DDI si basa sulla “concessione in comodato d’uso delle dotazioni strumentali dell’istituzione scolastica, avendo cura che essi contemplino una priorità nei confronti degli studenti meno abbienti” – dice la circolare ministeriale con le linee guida – e affida alle istituzioni scolastiche l’acquisto di sim dati per garantire la connettività. Del divario digitale Calabria-resto d’Italia abbiamo scritto in più occasioni: pochi i servizi online (come ha fatto notare qualche mese fa la Corte dei conti a proposito dello snellimento della burocrazia di carta), e un segnale spesso debole che non riesce a coprire in modo omogeneo il territorio sì da garantire una connessione stabile anche nei piccoli centri montani. Non tutti gli studenti vivono nelle città capoluogo o nei grossi centri, ci sono realtà di difficile gestione già complesse per le difficoltà nella mobilità poco efficiente, figurarsi con un segnale internet a intermittenza che tipo di didattica a distanza si può garantire agli studenti.

In questi mesi di apparente “tranquillità”, come si è detto, non è stato preso in considerazione il problema della connessione, sia dal punto di vista economico – per evitare ulteriori aggravi di costi per le famiglie – sia da quello della stabilità del segnale. All’inizio della pandemia avevamo lanciato l’idea di utilizzare i canali televisivi locali per organizzare la didattica a distanza: se internet non è presente in tutte le famiglie, un televisore in casa c’è di sicuro (se non è sostituito da tablet di ultima generazione). Quindi si poteva – si può ancora – pensare di organizzare unitamente alla connessione internet cicli di lezioni a distanza, attraverso le reti private locali (senza contare che Rai Cosenza per un progetto del genere potrebbe mettere a disposizione bande di segnale non utilizzate e disponibili). Ne abbiamo parlato il 7 aprile scorso, in piena pandemia, quando dal Governo furono stanziati 3 milioni e 600mila euro per la didattica a distanza. Nessuno ha ritenuto opportuno provare ad elaborare un progetto che, oggi, a fronte di un nuovo probabile impedimento di formazione in presenza, potesse alleviare il disagio dei docenti (mortificati nella loro funzione educativa) e degli studenti. Ma “non è mai troppo tardi” (come recitava il titolo della fortunata scuola televisiva dell’indimenticabile maestro Alberto Manzi che insegno a leggere e scrivere a milioni di analfabeti): in Regione dovrebbero, potrebbero, pensarci. Subito, prima che sia davvero troppo tardi. (s)

Melicchio (M5S): Oltre un milione di euro per digitalizzare le scuole calabresi

Il dpeutato Alessandro Melicchio (M5S) informa che è stata pubblicata la graduatoria degli istituti destinatari dei finanziamenti dell’Avviso per la realizzazione di smart class nel secondo ciclo. Saranno 115 le scuole finanziate in Calabria, per un totale di 1.149.791 euro di fondi PON assegnati. «I fondi – dice l’on. Melicchio – consentiranno di acquistare, anche in vista della ripresa di settembre, strumenti e dispositivi digitali, accessori e periferiche hardware (come proiettori, webcam o scanner), software e licenze per piattaforme di e-learning, monitor touch screen e per creare spazi digitali nelle scuole, favorendo nuove metodologie di apprendimento. Stanno proseguendo, quindi, – sottolinea il pentastellato – gli investimenti del governo per l’innovazione e la digitalizzazione delle scuole, sono 2.198 in tutta Italia quelle finanziate con questo bando, e sono soddisfatto che molti istituti calabresi abbiano potuto sfruttare la possibilità di migliorare le infrastrutture e incrementare gli strumenti utili alla didattica. Il lockdown dovuto alla pandemia da Coronavirus ha accelerato il passaggio delle nostre scuole alla didattica digitale e ha fatto sì che molti insegnanti siano riusciti a trasformare le difficoltà iniziali in opportunità da offrire agli studenti. Gli strumenti e le opere derivanti da questi finanziamenti del bando Pon per le smart class, che derivano in parte dai fondi strutturali e in parte dal Piano Nazionale Scuola Digitale, – conclude Melicchio – resteranno in eredità alle scuole e saranno un’opportunità per garantire agli studenti della nostra regione metodologie di apprendimento sempre più avanzate e al passo con le esigenze di contenimento del virus».

Ecco le scuole finanziate in Calabria: Acri LICEO CLASSICO – LICEO SCIENTIFICO “V. JULIA”; ITCGT-LICEO E.S. “G. B. FALCONE”; IIS “IPSIA-ITI”; Amantea IIS “LS-IPSIA”-ITI-ITC; Bagnara Calabra IS “E. FERMI”; Belvedere Marittimo IM “T. CAMPANELLA”; Bisignano IIS “ITI-LICEO SCIENTIFICO”; Bova Marina ISTITUTO SUPERIORE “EUCLIDE”; Bovalino IS “F. LA CAVA”; Cariati IIS “LS-IPSC – IPSIA – ITI”; Cassano alla Ionio IISS “ERODOTO DI THURII”; Castrovillari IPSEOA; ITI “FERMI”; IIS “LC-ISA”; Catanzaro I.I.S. “PETRUCCI-FERRARIS-MARESCA”; IS “GIOVANNA DE NOBILI”; IS “FERMI”; I.I.S. “V. EMANUELE II”; LICEO SCIENTIFICO “L. SICILIANI”; LICEO CLASSICO “P. GALLUPPI”; ISTITUTO TECNICO TECNOLOGICO B. CHIMIRRI; Cetraro IST. TECN. TECNOLOGICO ST. “E. SCALFARO”; IIS LC-ISA-ITA-ITT-LS-IPSIA-; Chiaravalle Centrale IS “ENZO FERRARI”; Cirò I.O. “L. LILIO”; Cirò Marina IIS “GIUSEPPE GANGALE”; Cittanova LICEO SCIENTIFICO “MICHELE GUERRISI”; IIS “V. GERACE”; Corigliano Rossano IIS ROSSANO “LS-LC-LA”; IIS CORIGLIANO C. “LC-LS”; ITC “L. PALMA” CORIGLIANO; IIS ITI-ITG GREEN – FALCONE BORSELLINO; IIS ROSSANO “ITAS-ITC”; Cosenza IIS “IPSS-ITAS”; ITI “MONACO”; LICEO CLASSICO “TELESIO”; IIS “MANCINI-TOMMASI” IPSEOA+ITA; IIS IPSIA “MARCONI” CS – LS-ITE “GUARASCIO” ROGLIANO; IIS “PEZZULLO”; IIS “L. DELLA VALLE”; LICEO SCIENTIFICO “SCORZA”; LICEO SCIENTIFICO “FERMI”; Crotone I.I.S. “CILIBERTO”; ITI “GUIDO DONEGANI“; I I.S. “PERTINI – SANTONI”; LICEO CLASSICO “PITAGORA”; LICEO SCIENTIFICO FILOLAO; LICEO “G. V. GRAVINA”;  Cutro ISTITUTO ISTRUZIONE SECON SUPERIORE POLO; I.P.S.I.A. A. “M. BARLACCHI”; Decollatura IS “L. COSTANZO”; Diamante IIS “ITCG-IPA ITI”; Filadelfia ISTITUTO OMNICOMPRENSIVO S.M.; Gioia Tauro I.I.S. “F. SEVERI”; Lamezia Terme LICEO CLASSICO “F. FIORENTINO”; LICEO ST. “T. CAMPANELLA”; LICEO SCIENTIFICO “GALILEI”; I.T.E. “V. DE FAZIO”; IIS POLO TECNOLOGICO IND.ED ARTIG.AVANZ.; IST. PROFESSIONALE ALBERGHIERO “L. EINAUDI”; Locri LICEO SCIENZE UMANE”G. MAZZINI”; I.I.S. “OLIVETI – PANETTA”; LICEO SCIENTIFICO “ZALEUCO”; I.P.S.S.A.R. “DEA PERSEFONE”; Longobucco ISTITUTO OMNICOMPRENSIVO; Lungro I.C. POLO ARBERESHE; Luzzi IO “G. COPPA” + LC-ISA; Marina di Gioiosa Ionica IIS “ZANOTTI BIANCO”; Melito Porto Salvo IIS “FAMILIARI”; Nicotera LICEO CLASSICO “BRUNO VINCI”; Palmi IS “N. PIZI”; IIS “EINAUDI ALVARO”; Paola LICEO SCIENTIFICO; IIS ITCG-IPSIA-IPSC PIZZINI PISANI; IPSEOA “SAN FRANCESCO”; Petilia Policastro LICEO SCIENTIFICO “RAFFAELE LOMBARDI SATRIANI”; Polistena “MICHELE MARIA MILANO “; “G. RENDA”; LICEO STATALE “G. RECHICHI”; Praia a mare IIS “IPSAR-LC”; Reggio Calabria LICEO SCIENTIFICO “LEONARDO DA VINCI”; LICEO CLASSICO “TOMMASO CAMPANELLA”; ITI “PANELLA/VALLAURI”; IST. D’ISTR. SUP. “U. BOCCIONI/FERMI”; LICEO SCIENZE UMANE “T.GULLI”; LICEO SCIENTIFICO “A. VOLTA”; ITE “RAFFAELE PIRIA-FERRARIS/DA EMPOLI”; Rende LICEO SCIENTIFICO “PITAGORA”; LICEO CLASSICO “DA FIORE”; Roggiano Gravina IIS ROGGIANO G. “LS-ITI- ITC ALTOMONTE”; Rosarno IIS “R. PIRIA“; San Demetrio Corone LICEO CLASSICO; San Giovanni in Fiore IIS L.S.-ISA-IPSIA; IIS IPA-IPSSAR-ITI-ITCG; San Marco Argentano IIS “ITCG-LC “; Santa Severina I.O. “D. BORRELLI”; Scalea LICEO SCIENTIFICO; Serra San Bruno IST D’ISTRUZIONE SUPERIORE LUIGI EINAUDI; Sersale IIS “RITA LEVI MONTALCINI”; Siderno I. I. SUP. “G.MARCONI”; Soverato IIS “GUARASCI-CALABRETTA”; IPSSEOA; Strongoli ISTITUTO OMNICOMPRENSIVO; Trebisacce IIS “IPSIA- ITI”; LICEO SCIENTIFICO +SEZ. CL. ANN; ITS “G. FILANGIERI”; Tropea IST D’ISTRUZIONE SUPERIORE “P. GALLUPPI”; Vibo Valentia I.I.S. I.T.G. E I.T.I.; LICEO STATALE “V. CAPIALBI”; I.I.S. “M. MORELLI” – “D. COLAO”; I.P.S.E.O.A. “E. GAGLIARDI”; LICEO SCIENTIFICO “G. BERTO”; I.I.S. “DE FILIPPIS” E “PRESTIA”; Villa San Giovanni IST. ISTR. SUP. “L. NOSTRO/L. REPACI”; IPALB – TUR.  (rrm)

Didattica a distanza impossibile in Calabria:
il 46% senza pc. E se utilizzassimo le tv locali?

di SANTO STRATI – Sono appena 3 milioni e 600mila euro i fondi destinata alla Calabria dal Governo per la didattica a distanza, che, in base all’ultimo decreto sull’emergenza, diventa obbligatoria. Scelta inevitabile, questa della obbligatorietà della didattica a distanza, vista l’impossibilità di far tornare sui banchi gli studenti. Peccato che, come al solito, chi ci governa fa i conti col pallottoliere anziché soppesare e valutare dati precisi che possono permettere di valutare e stimare le risorse necessarie a sostenere un qualsiasi provvedimento.

Secondo i dati Istat, il Mezzogiorno soffre del cosiddetto digital divide, ovvero patisce la mancanza di dispositivi (devices come li chiama la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina) nella misura del 41%. In poche parole 4 famiglie su dieci non dispongono né di un pc né tantomeno di un tablet. Se poi si scorre ulteriormente la ricerca dell’Istat sullo stato dell’Information Technology si scopre che in Calabria – la prima regione in termini negativi – la percentuale passa al 46%. Tanto per capirci in Lombardia la percentuale delle famiglie che hanno un computer in casa è del 70%.

La ricerca dell’Istat fotografa la situazione 2018-2019 in Italia e ci dice che un terzo delle famiglie (33,8%) non ha né computer né tablet, percentuale che, appunto , in Calabria, sale al 46%. E naturalmente non essendoci computer o tablet, risulta evidente che non ci sia neanche un collegamento internet.

Come si può pensare di fare didattica a distanza se non si garantisce in maniera equanime il diritto allo studio (anche via web) ai ragazzi italiani, sia che vivano, per dire a Mondovì o ad Acitrezza o a Badolato?

La ministra dell’Istruzione ha messo a disposizione 80 milioni di euro destinati agli istituti scolastici: si possono comprare al massimo 550mila tablet di fascia bassa, per altrettanti studenti. Per chi non lo ricordasse o non lo sapesse, in Italia ci sono 8,4  milioni di studenti di cui circa 7,6 milioni nelle scuole statali e  quasi 900mila negli istituti privati o paritari. In poche parole ci sarebbero quasi 3,9 milioni di ragazzi  senza computer. Che facciamo, usiamo i segnali di fumo?

Per non parlare di quanti docenti – visti gli stipendi di fame che lo Stato assegna a chi ha il compito di formare le generazioni future – hanno computer obsoleti o inutilizzabili per fare didattica via web. A loro chi ci deve pensare? Gli istituti scolastici, quegli stessi che a inizio dell’anno chiedono ai genitori di contribuire come possono (100 euro e passa la paura!) e di portare la carta igienica da casa perché mancano i fondi per comprarla?

Almeno, l’assessore regionale calabrese Sandra Savaglio, che ha le deleghe per Istruzione, Università e Ricerca Scientifica, ha per fortuna le idee chiare: «I 3,6 milioni destinati dal Governo alla nostra regione per la didattica a distanza – ha detto – non bastano a soddisfare le esigenze di decine di migliaia di studenti alle prese con lezioni on line e che al momento si adattano come possono, supportati dalle famiglie e dagli insegnanti».

La soluzione, propone l’assessore Savaglio, è destinare parte del Fondo Sociale Europeo ancora disponibile alle famiglie che non hanno accesso alle risorse messe a disposizione delle scuole, per acquistare i dispositivi necessari alla didattica a distanza e assicurare il diritto allo studio per tutte le nostre ragazze e i nostri ragazzi.

Una proposta avanzata di concerto di concerto con la presidente  della Regione Jole Santelli, a margine dell’incontro avuto dal Ministro Azzolina con tutti gli assessori regionali all’Istruzione. Un meeting durante il quale sono state sollevate molte questioni cui, ovviamente, non è stata data risposta.

«Per coprire quel terzo di studenti svantaggiati – osserva la Savaglio – servirebbero almeno altri 300 milioni. Basterebbe anche l’1% di quanto disposto per le imprese. Il ministro Azzolina, dopo aver ascoltato gli interventi di tutti gli assessori, è intervenuta senza però chiarire nulla sulle varie questioni avanzate: né sugli esami di stato, né sui tempi di chiusura e riapertura della scuola; nessuna risposta riguardo le risorse da destinare al comparto scuola. Sarebbe, invece, opportuno arrivare ai decreti ministeriali solo dopo aver ascoltato i rappresentanti istituzionali regionali portatori delle istanze dei vari territori, soprattutto in un momento emergenziale come quello che tutti noi stiamo attraversando».

Un’ulteriore considerazione non va trascurata: ammesso e non concesso che si trovino i fondi per dotare gli studenti di computer (o tablet) associati ovviamente alla disponibilità di banda larga, chi si prenderà la briga di configurare, spiegare, addestrare all’uso quanti non sono in grado di mettersi alla tastiera e usare un pc? Immaginiamo subito l’obiezione: i ragazzi di oggi, anche se non hanno il computer in casa, sanno usare tutti il pc (perché giocano con quello dell’amico), la playstation e qualsiasi altra diavoleria elettronica. Sì, ma un conto è giocare a Fifa oppure a Fortnite, un altro è mettersi a seguire ed eventualmente interagire col prof con qualche domanda usando un qualsiasi programma di comunicazione (teleconferenza?).

Abbiamo, a questo proposito, una modestissima proposta alternativa. Gli ultracinquantenni ricorderanno, almeno per sentito dire, un programma che si chiamava Non è mai troppo tardi, un corso di istruzione popolare andato in onda dal 1960 al 1968 dedicato agli analfabeti. Il maestro e pedagogo Alberto Manzi ha il merito di avere insegnato a leggere e scrivere a milioni di adulti analfabeti.

Perché non utilizzare il mezzo televisivo e più propriamente le televisioni locali per distribuire lezioni in video a quanti non hanno un pc?

La diffusione per aree provinciali permetterebbe di organizzare corsi specifici che possano permettere di diversificare le lezioni.

I docenti e gli insegnanti possono utilizzare i mesi estivi a registrare lezioni in video (si fa anche col telefonino) e metterle a disposizione delle emittenti locali, oltre che renderle disponibili sul web. Youtube è gratuito, pubblicare non costa nulla.

Certo non mancano i problemi: chi coordina i lavoro? Chi decide come svolgere il programma in teledidattica? Chi insegna ai docenti a realizzare i corsi in video? Non è che tutti sono dei maghi del computer, però la collaborazione tra colleghi potrebbe fornire risultati eccezionali e imprevedibili.

Le lezioni andrebbero distribuite al mattino, in tv, e i ragazzi non avrebbero scusanti per non seguirle. Un conto, come si sa, è studiare sui libri e basta, un altro è ritrovare sui libri quanto si è ascoltato dai prof.

Mancherebbe, ovviamente, il contatto umano e quella sorta di odio/amore che gli studenti sviluppano nei confronti degli insegnanti, ma siamo in una situazione d’emergenza, occorre gestire il momento di crisi con soluzioni adeguate. Soprattutto per non creare un pauroso vuoto formativo che difficilmente si riuscirebbe poi a colmare.

Quando si tornerà sui banchi, tutto ciò che è passato in tv o sul web non andrà perduto: è formazione, teniamolo bene a mente, di alta qualità che il docente realizza mettendoci passione ed entusiasmo (che difficilmente mancano negli insegnanti), aggiungendo un pizzico di “pionierismo” tecnologico che sicuramente renderà meno noiose le lezioni.

La Regione, l’assessore Savaglio, dovrebbero prendere in considerazione questa alternativa, coinvolgendo il Corecom (che sovrintende alle emittenti locali) e anche la sede regionale Rai di Cosenza. Non siamo tecnici e non azzardiamo soluzioni avanzate, ma la sola idea che potrebbe bastare un cavalletto (10 euro) e un telefonino da 100 euro con una discreta telecamera (che quasi tutti gli insegnanti già hanno)  registrare le lezioni, è sicuramente eccitante.

Non crediamo che le tv private avrebbero da obiettare: al posto di trasmettere televendite (che in questo periodo di emergenza sono sempre più rare) o riproporre sempre gli stessi film usurati dal tempo, andrebbero a svolgere un servizio di altissimo valore civile.

Non serve nemmeno che le tv locali mettano a disposizione tecnici, studi di registrazione o servizi di post-produzione: dovranno solo mandare in onda, secondo un calendario studiato ad hoc, per tipologia di studio e di classe, le videolezioni.

Oppure serviranno ben altro che i 300 milioni indicati dalla Savaglio per colmare il digital divide dei ragazzi calabresi. Un portatile di fascia medio-bassa può costare all’ingrosso meno di 200 euro, ma servirà anche portare internet nelle case dove ormai il telefono fisso non c’è generalmente quasi più.

E il lavoro di preparazione dei docenti e di realizzazione delle video lezioni andrebbe comunque fatto. In attesa del miracolo tecnologico digitale (ovvero web gratis per tutti e un pc in ogni casa) ricorrere alla vecchia televisione non dovrebbe apparire tanto assurdo. (s)