PUR AVENDO INGRANATO LA MARCIA GIUSTA
IL MEZZOGIORNO FA I CONTI COL DIVARIO

di LIA ROMAGNO – C’è un Mezzogiorno che ha ingranato la marcia, guida la crescita del Paese – +1,3% il Pil nel 2023, a fronte dello 0,9% del Paese (nel Settentrione il +1% del Nord Ovest è il valore più alto) – e dà il contributo maggiore all’aumento dell’occupazione (+2,5% contro +1,8 la media italiana, +2% il Nord Est).

E c’è un Mezzogiorno che continua a fare i conti con divari che lo lasciano ancora lontano da quel Centro Nord su cui ha segnato il sorpasso. I numeri dell’Istat certificano l’uno e l’altro scenario. Sul gap territoriale, in particolare, l’Istituto ha puntato i riflettori in occasione dell’audizione in Commissione alla Camere nell’ambito dell’Attività conoscitiva sull’attuazione e sulle prospettive del federalismo fiscale. Dal reddito pro capite alla sanità, dall’accessibilità alle scuole agli asili nido e ai servizi di assistenza, dai trasporti all’erogazione dell’acqua la disparità tra le due Italie resta ancora grande – e il solco è destinato a diventare ancora più profondo con l’attuazione dell’autonomia differenziata -. Molte di queste voci spiegano anche il declino demografico che al Sud è più marcato che altrove, un dato su cui incidono le migrazioni interne, ovvero le partenze in cerca di fortuna al Nord: -4,7% a fronte del “trascurabile” – 0,3% del Centro Nord, -1,8% il dato italiano.

Pil e Reddito pro capite

La distanza la misura intanto il Pil pro capite che – come emerge dalle stime dei Conti territoriali del 2022 – nelle regioni del Nord Ovest è circa il doppio di quello del Mezzogiorno: 40,9mila euro contro 21,7mila euro: 11,3mila sotto la media nazionale che è pari a 33mila euro. Nel 2007 la differenza tra il dato meridionale e quello nazionale era pari a 9mila euro, segno, sottolinea Stefano Menghinello, direttore della Direzione centrale dell’Istat per l’analisi e la valorizzazione nell’area delle statistiche economiche e per i fabbisogni del Pnrr, che “le distanze tra il Mezzogiorno e il resto del Paese si sono ampliate”.

Nel Nord Est e nel Centro il Pil pro-capite è, rispettivamente, 39,3 e 35,1mila euro. In cima alla classifica la Provincia autonoma di Bolzano con 54,5mila euro. All’estremo opposto la Calabria con 19,4mila euro, un gradino più su la Sicilia con 20,1mila euro. Il Rapporto annuale 2024 mostra poi come negli ultimi 20 anni non ci sia stato un processo di convergenza dei territori italiani, quelli più svantaggiati soprattutto, verso il dato medio della Ue: tutti tra il 2000 e il 2022 hanno sperimentato tassi di crescita del Pil pro capite in parità di potere d’acquisto (Ppa) inferiori al dato europeo. La fotografia non cambia se si prende in considerazione il reddito disponibile delle famiglie: la media nazionale è pari a 21,1mila euro per abitante, le regioni del Nordovest raggiungono i 24,8mila euro contro un valore di 16,1mila euro nelle regioni del Mezzogiorno. La Provincia di Bolzano e la Lombardia vantano i differenziali positivi maggiori rispetto alla media (+7,4mila e +4,5mila euro), Calabria e Campani quelli negativi maggiori (-6,1mila euro e – 5,7mila euro).

Ospedali e Scuole

Se guardiamo all’accessibilità di servizi essenziali, come gli ospedali e le scuole, emerge che in Calabria, Basilicata, Molise, Sardegna, ma anche in Valle d’Aosta una quota di popolazione tra il 5,2% e il 20,3% impiega oltre 30 minuti per raggiungere una struttura ospedaliera. Divari tra Centro Nord e Mezzogiorno si rilevano anche per l’accessibilità degli edifici scolastici. Per il Mezzogiorno si osserva sia una maggiore consistenza di scuole con un livello critico di raggiungibilità (36,4% contro 19,5%), sia di scuole che possono essere raggiunte solo con il ricorso a mezzi di trasporto privati (20,9% contro 13,2%).

La qualità dei servizi

Una spaccatura profonda emerge anche dall’analisi degli indicatori Bes (Benessere equo e sostenibile) al dominio “Qualità dei servizi” che hanno per oggetto servizi d’interesse per l’attuazione del federalismo fiscale. Cominciamo dal servizio idrico. Calabria e Sicilia sono le regioni con i valori peggiori, le famiglie che dichiarano irregolarità nell’erogazione dell’acqua in Calabria (38,7%) superano di oltre quattro volte la media nazionale e in Sicilia il valore è più che triplo (29,5%); all’opposto si colloca la provincia autonoma di Bolzano, dove solo l’1,5% delle famiglie denunciano interruzioni del servizio idrico.

Una forte variabilità a scapito del Mezzogiorno si registra anche per l’accesso ai servizi essenziali per il cittadino: in Campania la quota di famiglie che hanno difficoltà ad accedere ai servizi essenziali è quasi doppia rispetto alla media delle famiglie italiane (8,8% rispetto a 4,9%), seguite dalle famiglie residenti in Calabria (7,7%) e in Puglia (7,1%); all’estremo opposto, tali difficoltà sono dichiarate solamente dal 2,5% delle famiglie della provincia autonoma di Bolzano Le regioni del Nord godono di migliori livelli di benessere anche per gli indicatori di mobilità, sia in termini di offerta di trasporto pubblico locale (Tpl) sia per la soddisfazione della domanda. Ad esempio, l’offerta di Tpl in Lombardia è più del doppio del dato nazionale, in Molise quasi 12 volte più bassa.

Per i servizi socio-sanitari e socioassistenziali la Campania, con 19,5 posti letto residenziali per 10.000 abitanti, si posiziona all’ultimo posto della graduatoria regionale (-70% di posti letto rispetto al dato Italia) mentre la provincia autonoma di Trento, con 152,8 posti letto per 10.000 abitanti, si attesta al primo posto.

Spesa per il Welfare

Importante anche il divario nella spesa per gli interventi e i servizi sociali (8,4 miliardi, di cui 1,3 per asili nido e servizi per la prima infanzia). Un tema centrale per il federalismo fiscale. Nel Sud la spesa pro-capite per il welfare territoriale è di 72 euro, al Centro 151, al Nord Ovest 156, Nord Est 197. A livello regionale le differenze sono ancora più marcate: in Calabria e Campania, ad esempio, la spesa è pari rispettivamente a 37 e 66 euro pro-capite, in Provincia Autonoma di Bolzano, 592 euro. Capitoli servizio sociale professionale e asili nido. Nel 2021 sono stati presi in carico dagli assistenti sociali oltre 2,185 milioni di utenti. Si va da un minimo di 2 su 100 abitanti al Sud a un massimo di 5 nel Nord Est, a fronte di una media nazionale di 4 utenti. Quanto agli asili nido nel Sud e nelle Isole (17,3 e 17,8 posti per 100 bambini residenti) la disponibilità pro capite è circa la metà di quella delle regioni del Nord (37,5 nel Nord Est, 35 nel Nord Ovest, 38,8 nel Centro). La spesa dei Comuni per i servizi di prima infanzia “varia notevolmente”, sottolinea Menghinello: in media per ogni bambino sotto i tre anni i comuni del Centro hanno speso 1.803 euro al Centro, 1.728 al Nord-est, 1.091 euro al Nord-ovest, 470 euro nelle Isole e 417 euro al Sud (1.116 euro la media nazionale). Per i servizi destinati agli anziani al Nord Est la spesa pro capite è quattro volte di più che al Sud: 166 a 38; 91 euro nel Centro, 85 nel Nord Ovest, 63 nelle isole.

Risorse per la sanità

Per il Servizio sanitario nazionale le Regioni nel 2022 hanno potuto contare – in termini di finanziamento effettivo – su 127,5 miliardi di euro, con un aumento medio dal 2017 dell’1,8%. Dall’analisi  regionale emergono “discrete differenze” in termini di risorse economiche disponibili: Emilia-Romagna e Liguria sono le regioni con il finanziamento pro capite più elevato, rispettivamente 2.298 e 2.261 euro. In generale i livelli più bassi di finanziamento effettivo si riscontrano nelle regioni del Mezzogiorno, in particolare in Campania e Sicilia, con 1.994 e 2.035 euro pro capite. (lr)

(Courtesy Il Quotidiano del Sud / L’Altravoce dell’Italia)

LA SCUOLA IN CALABRIA TRA RITARDI, GAP
E LA GRAVE DISUGUAGLIANZA EDUCATIVA

di GUIDO LEONE –  Il  mese di marzo segna l’inizio dei Test Invalsi 2024. A partire sono stati gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori, in tutto circa 515mila studenti, che a giugno sosterranno l’esame di maturità. Dal 3 aprile toccherà ai 575mila alunni di terza media, mentre a maggio sarà la volta degli alunni di seconda e quinta elementare e di seconda superiore.

I Test Invalsi, introdotti con una legge del 2007 per valutare il livello generale del sistema scolastico italiano, sono requisiti di ammissione alla maturità e agli esami di terza media, tuttavia va sottolineato che i risultati delle prove Invalsi non influenzeranno né la promozione né il voto finale degli studenti in corsa per il diploma.

Però forniranno indicazioni sul livello di istruzione raggiunto dalla classe, dall’istituto e a livello regionale e nazionale. Permettono, quindi, di avere una idea generale, statistico, della situazione di bambini e ragazzi, di fare una fotografia delle competenze scolastiche misurate non con un metodo nozionistico ma di ragionamento.

Ma tornando alle prove va detto che gli istituti scolastici possono scegliere in autonomia le giornate per lo svolgimento dei Test Invalsi 2024 all’interno di un arco temporale che varia a seconda del grado della scuola ad esclusione delle classi campione, che partecipano alla rilevazione nazionale in giorni prestabiliti.

Le date di svolgimento delle prove e il campione calabrese

Gli studenti di quinta superiore svolgono le prove tra l’1 ed il 27 marzo. Le classi campione sono state impegnate già nei giorni scorsi. Gli Invalsi per gli alunni di seconda superiore sono invece previsti per il periodo che va dal 13 al 31 maggio, con le classi campione che svolgeranno i test nelle giornate del 13, 14 e 15 maggio. Le terze medie faranno le prove tra il 4 ed il 30 aprile, le classi campione il 4, 5, 8 e 9 aprile.

Per quanto riguarda la scuola elementare, le giornate degli Invalsi sono fissate a livello nazionale.

Il 7 maggio è prevista la prova di italiano, il 9 matematica. Solo per le classi quinte, il 13 maggio si tiene la prova di inglese. Le prove avverranno simultaneamente nello stesso giorno per ogni materia e alla stessa ora con la tradizionale modalità carta e matita.

Tutti gli studenti sostengono una prova di italiano e una di matematica. I maturandi, gli alunni dell’ultimo anno dell’elementari e della terza media svolgono anche una prova di inglese, suddivisa in due parti, reading (lettura) e listening (ascolto).

Per i maturandi la prova Invalsi si compone di 3 diversi test a computer nelle seguenti materie: italiano, il test dura 120 minuti ed è composto da diversi quesiti di comprensione del testo; matematica, la prova vuole testare le conoscenze degli studenti nei seguenti ambiti: numeri, relazioni e funzioni, spazio e figure e dati e previsioni; inglese per accertare le abilità di comprensione e uso della lingua in linea con il Quadro Comune di riferimento Europeo riconducibile al livello B2.

La modalità CBT (Computer Based Testing) è utilizzata anche per i Test Invalsi di seconda superiore e terza media.

In Calabria il campione complessivo sarà rappresentato presumibilmente da circa 4000 studenti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado.

Come sono andate le prove Invalsi nelle scuole calabresi

Le prove Invalsi continuano di anno in anno a restituire il volto di un Paese diviso in due con differenze territoriali in italiano e matematica sempre marcate.

Anche gli esiti delle ultime prove 2023 hanno evidenziato che l’istruzione al Sud resta un’emergenza, con una situazione incredibile, diremmo quasi drammatica in particolare per la Calabria.

Si allargano i divari territoriali, con il Nord e il Sud Italia che viaggiano a due velocità già a partire dalla scuola media, soprattutto in Calabria, Sicilia e Campania.

Per la scuola primaria, i risultati sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto agli anni precedenti, ma con segnali di preoccupazione. Per le competenze in italiano  dove gli studenti di V elementare calabresi si piazzano ben ultimi con una media di 190 contro rispetto alla media nazionale pari a 200.

In matematica arriva al livello base solo il 66% degli allievi, con la Calabria, sotto la media nazionale.

In terza media la Calabria resta ancora ultima nella classifica, ma con un punteggio medio di 186 contro una media nazionale di 199, il gap da 10 punti aumenta a 13.

Nelle seconde classi delle superiori, la Calabria dall’ultimo posto passa al penultimo posto (con un punteggio medio di 189 contro una media nazionale di 204), ma torna ad essere ultima in V superiore con un punteggio medio di 182 a fronte della media nazionale di 200 e, quindi, un gap di ben 18 punti.

Le cose non vanno meglio per i risultati ai test di matematica.

Anche qui la nostra regione fa peggio, la differenza di circa 8 punti rispetto alla media nazionale in seconda elementare si allarga a 19 punti in terza media e a 21 punti in quinta superiore. La distanza con la regione Friuli Venezia Giulia che ha il miglior risultato è di ben 40 punti.

La situazione non migliora se si guarda alle competenze nella lingua inglese. I risultati di queste prove riproducono le stesse differenze con le regioni del centro-nord già riscontrate in Italiano e Matematica; differenze che iniziano a comparire in quinta elementare e si amplificano nel corso del processo formativo.

Forte la disuguaglianza educativa in Calabria

Insomma i divari territoriali non migliorano e rimangono forti evidenze di disuguaglianza educativa al Sud e in particolare in Calabria: le scuole riescono a fatica ad attenuare l’effetto delle differenze socio-culturali del contesto familiare e le disparità esistenti tra scuole e anche tra classi.

La principale criticità della scuola in Italia riguarda ovviamente la qualità degli apprendimenti degli studenti, inferiore a quella degli altri paesi avanzati.

La dispersione scolastica (in Calabria al 13%) è solo la punta dell’iceberg: oltre alla scomparsa di troppi ragazzi dai radar della scuola e della formazione professionale, ne abbiamo infatti un terzo che, pur conseguendo il diploma, non sa abbastanza per un lavoro e una vita sociale soddisfacenti.

Una possibile ricetta per migliorare gli apprendimenti nel nostro Paese? Un nuovo modello di reclutamento e di carriera degli insegnanti, una didattica rinnovata nel contesto di una scuola estesa al pomeriggio, interventi sostanziali sull’edilizia scolastica.

Riemerge, però, in tutta la sua drammatica evidenza l’urgenza di rimettere al centro dell’attenzione politica e dei nostri governanti l’istruzione e la formazione come emergenza sociale per il Sud e la Calabria in particolare.

E mentre le regioni più avanzate, a questo punto, vogliono andare per la loro strada, con la autonomia differenziata si palesa in maniera drammatica una ‘questione meridionale’ all’interno del sistema scolastico nazionale.

Speriamo che i prossimi esiti Invalsi smentiscano la tendenza di un’Italia che procede a due velocità. (gl)

[Guido Leone è già dirigente tecnico Usr Calabria]

PNRR MISSIONE SALUTE: IL DIVARIO CRESCE
CON IL TARGET RIDOTTO SUD PENALIZZATO

di FRANCESCO COSTANTINO E RUBENS CURIALa rimodulazione della Missione 6 Salute approvata il 24 novembre dalla Commissione Europea desta preoccupazione per varie ragioni.

Innanzitutto perché bisognerebbe tenere in conto che l’obiettivo principale  e dichiarato del Pnrr Italia era quello della riduzione del divario territoriale in ogni settore d’intervento e, più in particolare, per quel che vogliamo evidenziare, nella erogazione dei servizi sanitari ai cittadini italiani.

A questo proposito, la rimodulazione approvata riduce significativamente i target per le Case della Comunità, le Centrali Operative Territoriali e gli Ospedali di Comunità senza alcuna specificazione sul come tale riduzione dovrà essere tradotta nella distribuzione territoriale tra le varie regioni.

Non vorremmo che si pensasse di agire per tagli lineari perché ciò non sarebbe sopportabile, e se si pensasse di poter trovare la giustificazione nei ritardi accumulati nell’attivazione delle procedure da parte delle aziende sanitarie calabresi o della Regione Calabria bisognerebbe reagire in quanto per ovviare, nella situazione data, potevano benissimo essere attivati i poteri sostitutivi dello Stato centrale.

Analoga considerazione va fatta per i tagli approvati ai target per le terapie intensive, sub-intensive e per i pronto soccorso perché, in questo caso, la riduzione sarebbe ancor più ingiustificata.

Basta pensare ai ritardi accumulati per gli interventi previsti dall’art. 2 del D.L. 34/2020 la cui programmazione prevedeva il superamento di un insopportabile gap storico attraverso la realizzazione di ben 134 posti aggiuntivi di TI (di cui realizzati solo 24 pari al 17,9%), di 136 posti aggiuntivi di SI (di cui realizzati solo 11 pari all’8%) e, infine, di 18 nuovi pronto soccorso (di cui realizzato solo 1 pari al 5%).

Ultima considerazione va riservata alla riduzione dei target per gli interventi di adeguamento antisismico per i quali la regione Calabria risulta esposta più che ogni altra regione italiana. 

Per concludere, va benissimo che si sia pensato di rimodulare incrementandoli i target per l’assistenza domiciliare e l’assistenza attraverso la telemedicina, soprattutto se si considera che l’80% del territorio calabrese è costituito da aree interne, ma ciò non dovrà avvenire a spese della riduzione degli altri target. 

Non accada infine, come già è stato prospettato, che si pensi di utilizzare per realizzare le opere non coperte dai target rimodulati  i fondi non spesi per gli interventi finanziati con i fondi dell’art. 20 della legge 67/88 perché i fondi del PNRR sono aggiuntivi e non sostitutivi.

Noi non possiamo permettercelo e la ratio del Pnrr non potrà essere stravolta.

La tabella allegata fotografa la sintesi della rimodulazione approvata dalla Commissione europea. (fc e rc)

L’OPINIONE / Luigi Sbarra: Colmare i divari che frenano la crescita del Sud e di tutto il Paese

di LUIGI SBARRACome mai in passato, la partita dello sviluppo si vince al Sud, nel riscatto delle nostre aree interne e sottoutilizzate, nella capacità di colmare quei divari occupazionali, economici e infrastrutturali che feriscono la giustizia sociale e frenano la crescita non solo del Mezzogiorno, ma del Paese e dell’intero continente.

Le grandi priorità che oggi abbiamo davanti possiamo sintetizzarle nella necessità di aumentare retribuzioni e pensioni per fronteggiare il carovita e l’inflazione, rinnovare tutti i contratti pubblici e privati, tagliare le tasse sul lavoro, cambiare le pensioni, rafforzare l’occupazione, investire sulla sanità pubblica, darsi un grande piano nazionale per la formazione e la crescita delle competenze. Oggi abbiamo un’opportunità decisiva e imperdibile: quella del Pnrr, che va ‘messo a terra’ in modo completo e veloce per spezzare le diseconomie delle nostre aree deboli.

Dobbiamo lavorare coesi, pancia a terra, per realizzare infrastrutture materiali, digitali e sociali, per connettere la nostra Calabria, il nostro Mezzogiorno, al continente e renderlo finalmente uno strategico ‘collettore’ euro- mediterraneo di interscambio culturale, commerciale, economico.  

La parola d’ordine è ‘insieme’. Come è stato negli anni della Programmazione negoziata. Come deve essere oggi, di fronte a opportunità irripetibili che devono vederci tutti remare nella stessa direzione. (ls)

[Luigi Sbarra è segretario nazionale di Cisl]

DIVARIO, SCARSA COESIONE TERRITORIALE
FRUTTO DI UN SISTEMA PAESE DA CAMBIARE

di MASSIMO MASTRUZZO – Il punto centrale in realtà non è la giornalista, vittima anch’essa del virus del pregiudizio, che nelle sfumature delle sue varianti più o meno gravi può colpire ognuno di noi, quanto NON far passare il concetto espresso nella sua infelice affermazione: tanto prima o poi tutti voi meridionali dovrete emigrare…. Questo oltre ad essere in totale contrasto con quanto previsto dall’art 3 della costituzione, non è più sostenibile principalmente per due motivi: 1) la concentrazione economica e industriale in sole poche ragioni del nord Italia ha quasi raggiunto il limite massimo di espansione (ad esempio, la BreBeMi già non serviva, dove si troveranno altri spazi per sbocchi infrastrutturali senza consumare ulteriormente, e spesso inutilmente, suolo pubblico?); 2) il sud ha diverse aree a rischio desertificazione umana (la Calabria è probabilmente la prima) questo vuol dire che fisicamente ci sono sempre meno emigranti e chi è rimasto sembra non essere più disponibile a farlo.

L’Italia se non inverte la rotta secondo le indicazioni intrinseche nei criteri di ripartizione dei fondi del PNRR, avrà nei prossimi anni un aggravio del già presente blocco della crescita economico (e l’Europa lo sa).

Grazie al Movimento 24 Agosto per l’Equità Territoriale, che ha prontamente pubblicato la lettera del papà contro il commento  della conduttrice televisiva, la vicenda ha avuto un impatto mediatico impressionante.

Radio, televisioni, giornali hanno riportato la notizia rendendola un caso nazionale.  Si potrebbe affermare che è bastato poco,  ed in effetti, delle volte, il fato è più utile dei fatti.

Fatti che sono presenti nei dati incontestabili con i quali ci battiamo per denunciare la condizione di disomogeneità territoriale del Mezzogiorno: Dalla questione Lep con Giorgetti che quando dal 2013 al 2018 fu presidente della bicamerale per il federalismo fiscale nel leggere i dati richiesti e ricevuti dal ministero dell’Economia sulla redistribuzione dei fondi, e rendendosi conto dell’assurda incostituzionalità di quanto quelle cifre stessero denunciando, dichiarò: “Visto che  i dati al 100%, come previsto dalla legge, probabilmente potrebbero essere scioccanti, magari ce le fate avere in modo riservato o facciamo una seduta segreta come avviene in commissione antimafia”. 

Agli 840 miliardi di euro che stando a quanto rivelato dai dati Eurispes, è la somma sottratta al Sud a partire dal 2000 e fino al 2017 (840miliardi più di tutto i fondi del Next Generation destinato a tutti gli stati membri in risposta  per risollevare l’economia di tutta la UE in risposta alla crisi sanitaria).

Al Rapporto Svimez 2019 che illustra come al Sud la spesa sanitaria sia inferiore del 25% rispetto al Centro-Nord: la spesa sanitaria pro capite in Italia è di circa 1.800 euro in Italia nel 2016 (2.800 nella media UE a 15) con il divario interno al nostro Paese che vede assegnare 1.600 euro nel Mezzogiorno e 2.000 euro nel Centro-Nord,  con appunto un 25% di incostituzionale discriminazione sanitaria che spiega l’elevato tasso di emigrazione ospedaliera verso le regioni del Centro-Nord.

Fino ai dati più recenti del riparto per regione degli incentivi pubblici assegnati nel 2020 al sud pubblicati dal Sole 24 Ore, i quali tra agevolazioni e sostegno agli investimenti superano i 17 miliardi di euro. 

Il Mezzogiorno ha ricevuto il 20% scarso. Meno non solo della popolazione (34%) ma persino della quota di imposte versate (23%). Dati che rispecchiano il metodo consolidato dell’incostituzionale sistema Paese, che ha portato l’Italia sul gradino più alto della mancata coesione sociale dove il trofeo è stato la fetta di torta più grande del PNRR.

Probabilmente tutti questi dati e numeri, che confermano la bontà delle nostre istanze, non sono sufficienti a scardinare il pregiudizio nazionale, e per arrivare ad attirare l’attenzione dei media nazionali c’è voluta la conferma di una conduttrice veneta, anch’essa emigrata, per ribadire con il concetto tanto prima o poi tutti voi meridionali dovrete emigrare…che in Italia qualcosa sta andando storto da almeno 160 anni. (mm)

[Massimo Mastruzzo è un esponente della M24A-ET Movimento per l’Equità Territoriale]