L’OPINIONE / Giuseppe Campana: Il taglio selvaggio degli alberi minaccia l’ambiente

di GIUSEPPE CAMPANA – Nella pittoresca e suggestiva regione italiana della Calabria, cittadine come Rende, Pizzo, Colosimi, Vibo, Crotone e Serra San Bruno sono solo alcune delle tante località teatro di un fenomeno preoccupante: il taglio selvaggio di alberi. Questa pratica, che ha assunto proporzioni disastrose, sta causando un grave impatto sull’ambiente locale. Nonostante gli sforzi dei Carabinieri nel contrastare queste attività illegali, l’azione umana irresponsabile continua a depredare le preziose risorse naturali della nostra terra. È urgente che la comunità locale prenda coscienza di questo problema e si mobiliti per fermare il degrado ambientale in corso.

La Calabria, con la sua ricchezza naturalistica unica, merita di essere preservata per le generazioni future. L’ecosistema calabrese è caratterizzato da una varietà di specie vegetali e animali, molte delle quali sono a rischio estinzione a causa della deforestazione indiscriminata. Alberi secolari vengono abbattuti senza alcuna considerazione per la loro importanza ecologica e il ruolo che svolgono nel mantenimento dell’equilibrio ambientale. Le conseguenze di questa pratica sono molteplici e preoccupanti. In primo luogo, il taglio selvaggio di alberi comporta una perdita irreparabile della biodiversità. Le foreste calabresi sono habitat per numerose specie di flora e fauna, molte delle quali esclusive di questa regione. La loro distruzione mette a rischio la sopravvivenza di queste specie, compromettendo l’intero ecosistema.
 In secondo luogo, la deforestazione provoca uno sbilanciamento del ciclo idrologico. Gli alberi, attraverso il processo di evapotraspirazione, contribuiscono alla formazione delle nuvole e alla produzione di pioggia. Senza un numero sufficiente di alberi, la regione rischia di sperimentare una diminuzione delle precipitazioni e un aumento delle temperature, con conseguenze negative sull’agricoltura e sull’approvvigionamento idrico. Infine, il taglio indiscriminato di alberi ha un impatto negativo sulla qualità dell’aria. Gli alberi assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno, contribuendo a mitigare l’effetto serra e a purificare l’aria che respiriamo.
La loro eliminazione massiccia aumenta la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, aggravando il problema del cambiamento climatico e compromettendo la salute delle persone. È fondamentale che le istituzioni locali intensifichino i controlli e le azioni di contrasto contro il taglio selvaggio di alberi. Inoltre, è necessario promuovere una maggiore sensibilizzazione e informazione sulla importanza della conservazione ambientale.
Solo attraverso un impegno collettivo e una coscienza civile diffusa sarà possibile fermare questa devastante pratica e preservare il patrimonio naturale della Calabria. La Calabria è una terra di straordinaria bellezza, con paesaggi unici e una flora e fauna ricche e variegate. È nostro dovere proteggerla e garantire che le future generazioni possano godere di tutto ciò che questa regione ha da offrire. Sono necessarie azioni immediate e concrete per porre fine al taglio selvaggio di alberi e promuovere una gestione sostenibile delle risorse naturali. Il tempo per agire è adesso, per salvaguardare il futuro della nostra amata Calabria. (gc)
[Giuseppe Campana è coordinatore dell’esecutivo regionale di Europa Verde in Calabria]

Il Comitato No Ponte Calabria: Bene proposta per Parco Nazionale dello Stretto e della Costa Viola

Il Comitato No Ponte Calabria ha espresso soddisfazione per la presentazione, alla Camera dei Deputati il prossimo 29 settembre, della proposta di istituzione del Parco Nazionale dello Stretto di Messina e della Costa Viola da parte di Europa Verde.

L’idea, sostenuta da tempo in particolare dal segretario metropolitano Gerardo Pontecorvo, parte dal considerare questa area come un’unica unità paesaggistica interregionale, di elevata importanza ambientale e territoriale in quanto ospita habitat marini e terrestri ricchi di biodiversità unica al mondo.

«Come movimento No Ponte Calabria – si legge in una nota – salutiamo favorevolmente proposte come questa, o come la richiesta avanzata all’Unesco di riconoscere lo Stretto di Messina come Patrimonio dell’Umanità. Sono progetti questi certamente figli di una visione collettiva antagonista alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, ma capaci al contempo di rappresentare un potenziale contenitore, un incubatore di idee di sviluppo reale e sostenibile per l’area dello Stretto, non finalizzato alla mercificazione e alla valorizzazione capitalistica del territorio. La salvaguardia di un territorio e l’istituzione di nuovi parchi non vanno visti infatti come l’introduzione di una serie di divieti e di impedimenti, ma come una grande opportunità anche per creare economia sostenibile e posti di lavoro duraturi, mettendo al centro il futuro di questa terra e non il profitto per pochi».

«Ci auguriamo che questa proposta – conclude la nota – possa diventare a breve elemento di discussione tra le varie istituzioni interessate, a partire dalle diverse amministrazioni comunali che al momento tacciono su progetti come quello del Ponte, nonostante il rischio per i loro territori di subire danni irreversibili».

L’OPINIONE / Gerardo Pontecorvo: Le criticità del Piano Regionale Anticendi Boschivi

di GERARDO PONTECORVOIl territorio calabrese, per morfologia, tipologie vegetazionali e clima è particolarmente esposto al fenomeno incendi boschivi, e ne paga tutte le conseguenze negative. Gli incendi causati quasi sempre per dolo o colpa distruggono o alterano le componenti biologiche (vegetali e animali) degli ecosistemi, impoveriscono il terreno, aumentano il livello di CO2, preparano la “strada” alle frane e alle alluvioni, a volte provocano la distruzione delle infrastrutture e purtroppo anche la perdita di vite umane. 

Per far fronte agli incendi, anche quest’anno la Regione Calabria, come previsto dalla legge n° 353 del 21 novembre 2000 (Legge quadro in materia di incendi boschivi) ha prodotto e pubblicato il Piano Antincendi Boschivi (Piano Aib). Il Piano spiega che la lotta attiva agli incendi è affidata all’Azienda Calabria Verde, alla Protezione Civile regionale e ai Vigili del Fuoco che ai sensi del Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 177 hanno ereditato le competenze del soppresso Corpo Forestale dello Stato.

Ma l’esame del Piano secondo la federazione metropolitana di Europa Verde/Verdi presenta, come e più degli anni scorsi, una serie preoccupante di criticità.  Cominciamo col ricordare che alla base della lotta agli incendi ci deve essere un sistema di avvistamento capillare ed efficiente realizzato da vedette, oppure da vettori che sorvolano il territorio. All’avvistamento deve seguire un intervento di spegnimento da terra tempestivo ed efficace che impedisca la propagazione degli incendi evitando così il supporto dei mezzi aerei del Servizio aereo nazionale e della Regione (se e quando questi sono disponibili).

Il Piano precisa però che per 2023 il personale degli avvistatori e delle squadre di pronto intervento si dovrebbe integrare, previa specifica formazione, allorché i sopraggiunti limiti di età o l’inidoneità sanitaria accertata ne comporta anno dopo anno un depotenziamento e che molte postazioni sono state per questo soppresse. Infatti come riportato “vaste aree sono completamente scoperte e che quindi le squadre non garantiscono un intervento immediato e adeguato in funzione degli elementi naturali a rischio”. Eppure è noto che le autopompe de Vigili non possono arrivare e muoversi agevolmente nelle zone impervie (caratteristiche del territorio calabrese) dove sarebbe invece necessario avere supporto da squadre di operai regionali che possano attaccare manualmente il fronte dell’incendio e procedere poi alle indispensabili bonifiche per evitare una ripresa delle fiamme.

Vogliamo ricordare che la superficie totale della Calabria è di 1.522.200 ha, di cui la boscata è di 612.931 ha e dunque il 40% di quella totale. I dati del piano AIB 2023 (prima delle visite mediche di idoneità degli operatori Aib) riferisce che sarebbero disponibili al massimo 265 operatori per turno per l’avvistamento e pertanto solo uno ogni 2300 ettari circa, e 456 operatori per lo spegnimento e pertanto solo ogni 1300 ettari circa. Senza considerare che questo “schieramento” dovrebbe essere sufficiente pure a garantire la sorveglianza e la lotta attiva su vaste aree di interfaccia, cioè dove il sistema urbano e quello rurale si incontrano e interagiscono, e che rappresentano circa il 21% della superficie totale della regione. Per fare un esempio concreto e limitandolo alla sola superficie boscata del territorio: il comune di Reggio che ha 9.000 ettari di superficie boscata avrebbe a disposizione nella campagna AIB 2023 appena 4 avvistatori e 7 operai regionali addetti allo spegnimento. Come negli anni scorsi si rimanda poi a un fantomatico “Sistema Automatico di Avvistamento Incendi Boschivi” che però non ci sarà nemmeno quest’anno, e in “prospettiva” all’utilizzo di aerei ultraleggeri e/o droni.

Come previsto dalla legge quadro sugli incendi, la Regione si potrà avvalere alle organizzazioni di volontariato in possesso dell’iscrizione all’albo regionale, con finalità statutarie compatibili con la partecipazione alle attività Aib, e personale dotato di adeguati mezzi, di adeguata preparazione professionale e di certificata idoneità fisica qualora impiegato nelle attività di spegnimento. Dopo aver individuato le associazioni in possesso dei requisiti necessari per sottoscrivere un’apposita convenzione ne trasmetterà l’elenco a Calabria Verde che ne potrà disporre l’utilizzo secondo le effettive esigenze. Non è dunque difficile immaginare che anche quest’anno le convenzioni saranno poche e stipulate con grave ritardo.

Anche per i mezzi, il Piano evidenzia carenze, e ricorda che negli anni scorsi “il servizio ha risentito sia della mancanza del numero necessario di autobotti per rispondere alle richieste, sia della mancanza di un idoneo numero di mezzi di trasporto collettivo… In alcuni casi tale carenza non ha consentito l’attivazione del presidio esponendo l’intera area di “pertinenza a un rischio elevato”. Rifacendosi ai dati della campagna Aib 2022, sul territorio regionale dovrebbero essere operative, appena 26 autobotti, comprese quelle messe a disposizione dalla Protezione civile Regionale, e forse una quarantina di pickup con modulo antincendio.

Come rappresentato dal nuovo Piano AIB, uno dei fattori limitanti all’efficiente gestione della lotta agli incendi boschivi è rappresentato anche dalla disponibilità del rifornimento idrico (vasche fisse e mobili) per le autobotti e gli elicotteri. Ma è evidente che i punti di rifornimento oltre che essere mappati dovrebbero essere resi utilizzabili per tempo, e questo presuppone la manutenzione ordinaria e straordinaria e, naturalmente il loro riempimento di acqua. 

Alla luce di quanto sinteticamente illustrato, viste le criticità emerse nel Piano e che l’organizzazione antincendio dovrebbe essere già operativa, è opinione di Europa Verde che sarebbe utile che la Regione Calabria informi (e in seguito aggiorni) le amministrazioni locali e la popolazione tutta almeno sul numero di vedette e di operai addetti allo spegnimento effettivamente dislocati sul territorio, se le squadre istituite abbiano mezzi di trasporto efficienti e sufficienti, e se sia stata fatta la manutenzione dei punti di approvvigionamento idrico.

Sarebbe poi interessante sapere se e quali sistemi di video sorveglianza siano stati disposti nei siti a maggior rischio incendi, quanti droni e ultraleggeri per l’avvistamento sono stati veramente attivati, e la reale dislocazione degli aerei e degli elicotteri sul territorio regionale. Sarebbe anche utile conoscere lo stato delle procedure di attivazione delle squadre di volontari e la loro consistenza.  (gp)

[Gerardo Pontecorvo è segretario e portavoce della Federazione Metropolitana di Europa Verde/Verdi]

Europa Verde Calabria: La vera emergenza è la messa in sicurezza del territorio

Europa Verde – Calabria ha ribadito che, in Calabria, la vera emergenza è la messa in sicurezza del territorio.

«Pochi giorni fa – si legge in una nota di Elisa Romano, della direzione nazionale Europa Verde – proprio in un nostro articolo, abbiamo lanciato la proposta di utilizzare i fondi già stanziati nella prossima finanziaria, anziché destinarli ai gruppi parlamentari, utilizzarli per la messa in sicurezza del territorio, per il dissesto idrogeologico ed abbiamo aggiunto di togliere dall’agenda del governo l’inutile Ponte sullo stretto; perché, prima, bisogna costruire strade adeguate».

«Abbiamo chiesto – ha proseguito – il completamento della carta geologica del territorio nazionale, strumento fondamentale, per capire quali zone della Penisola possano essere a rischio. Il territorio si rivolta. L’eccezionalità delle piogge si accompagna all’incuria lungo i decenni, dell’aggravarsi del cosiddetto rischio idrogeologico».

«Tra le tante segnalazioni – ha spiegato – che ci pervengono il nostro Coordinatore di Europa Verde – Verdi della fascia tirrenica cosentina Andrea Biondi ci porta all’attenzione di quanto è accaduto con le ultime ondate di maltempo: delle frane che hanno investito la Statale 18 che collega Maratea con la parte nord della Calabria tirrenica e i massi che sono arrivati fin sulla spiaggia. Inoltre, nel tratto della Provinciale Maierà, SS118 in provincia di Cosenza, altri inneschi di movimenti franosi si sono manifestati lungo tutta l’arteria provinciale che collega il centro storico alla SS 18, unico collegamento viario con la costa».

«Ancora una volta – ha concluso – siamo alla conta dei danni causata dall’ondata di maltempo che ha colpito la nostra regione e non solo. Il clima cambia ma l’Italia resta ferma allo stesso punto. Siamo in un paese dove l’emergenza si è trasformata in ordinaria amministrazione, è sempre lo stesso copione. Una soluzione esiste lo ripetiamo da anni nell’indifferenza generale: prevenzione». (rcz)

Europa Verde Calabria: Usare i 400 mln destinati ai gruppi parlamentari per messa in sicurezza dei territori

Utilizzare i 400 mln destinati ai gruppi parlamentari per le messa in sicurezza del territorio. È la proposta avanzata da Europa Verde – Verdi Calabria, spiegando che quei fondi già stanziati nella prossima finanziaria potrebbero essere utili contro il dissesto idrogeologico.

Non manca, poi, l’attacco contro il Ponte sullo Stretto, definito «inutile» da Europa Verde, in quanto «prima bisogna costruire strade adeguate».

«La proposta di costruire il ponte – hanno spiegato – è paragonabile alla richiesta di costruire inceneritori, senza prima fornire impianti di selezione e di valorizzazione. Come se la spazzatura potesse, senza un minimo di lavorazione, passare direttamente dal cassonetto agli inceneritori. Nella provincia di Cosenza, ad esempio, l’unico impianto (obsoleto) di selezione pubblico è quello di Bucita, nell’area urbana di Rossano».

«Chiediamo – ha detto Elisa Romano, componente direzione nazionale Europa Verde – il completamento della carta geologica del territorio nazionale, strumento fondamentale, per capire quali zone della Penisola possano essere a rischio. La riduzione del rischio idrogeologico, tra cui quello sismico, richiede la messa in campo di una politica integrata di azioni, che coinvolga tutti i soggetti interessati, in modo da consentire il superamento della logica della riparazione e l’affermazione della logica della prevenzione, con risultati positivi anche sul piano economico».

«Promuovendo la partecipazione attiva di tutte le parti interessate – ha concluso – intervenire nell’immediato con opere e attività prioritarie che portino sia alla riduzione del rischio che a benefici per l’ambiente. La Calabria ha bisogno di opere utili, la propaganda, serve solo per vincere le elezioni». (rcz)

REGGIO – Europa Verde chiede la tutela degli alberi di Piazza De Nava

Gerardo Pontecorvo, commissario metropolitano di Europa Verde, ha chiesto alla Soprintendenza di sottoporre a vincolo paesaggistico, gli alberi di Piazza De Nava di Reggio Calabria.

Grazie a tale vincolo, infatti, si eviterebbe «che a seguito di interventi di riqualificazione/rifacimento o di semplice manutenzione della piazza possano essere danneggiati o peggio abbattuti privando così il polo storico e archeologico Museo nazionale-piazza De Nava di un significativo e qualificante attrattore culturale e turistico».

«La Federazione Metropolitana di Europa Verde – si legge in una nota – in merito al restauro/rifacimento di piazza De Nava intende porre l’attenzione sugli alberi che ne costituiscono parte fondamentale e caratterizzante. Purtroppo a Reggio si assiste a un inarrestabile depauperamento del patrimonio arboreo. I motivi si possono ricondurre ai pochi fondi destinati alla manutenzione, alla mancanza di progetti per ricostituire le alberature stradali (ormai in via di estinzione) e/o per interventi che abbiano previsto nuove e consistenti piantumazioni».

«Come se non fosse abbastanza – continua la nota – gli alberi dei viali e delle piazze sono vittime dei progetti di “riqualificazione urbanistica” che non prendono in considerazione la loro identità biologica e il loro ruolo ambientale, ricreativo, estetico e conservativo della memoria storica e architettonica nel contesto urbano (ultimi esempi sono i lavori del Water Front-via Florio e del posteggio di Condera)».

«Dunque, nemmeno piazza De Nava e strade limitrofe hanno fatto eccezione – continua la nota –. All’interno della piazza fino a oggi non si è provveduto a reintegrare gli alberi che per incuria o per malattie sono andati perduti come, ad esempio, le n° 3 (tre) palme delle Canarie (Phoenix Canariensis) che svettavano insieme all’ultima ancora in piedi (lo testimoniano le numerose riproduzioni fotografiche dell’ultimo secolo e le ceppaie che ancora emergono tristemente dalle aiuole). Invece, dall’esame degli elaborati e video del progetto di trasformazione/rifacimento appare evidente che si preveda l’abbattimento tout court di tutti gli alberi superstiti per piantarne di altri».

«Osservando poi lei melie (Melia Azedarach) di via Domenico Romeo – si legge ancora – è naturale chiedersi perché quelle mancanti non siano state integrate con altri esemplari della stessa specie, e perché per quelle di via Demetrio Tripepi non si siano effettuate delle leggere potature di alleggerimento invece di decretarne nel progetto la sostituzione con specie ritenute più adatte(?).
Tra gli alberi ancora oggi presenti in piazza De Nava spiccano in particolare i due esemplari di pittosporo (Pittosporum tobira), messi a dimora decenni addietro in fregio alla statua in memoria di Giuseppe De Nava di cui sono ormai corredo architettonico».

«Si tratta di alberi di valore storico, naturalistico e paesaggistico – è stato evidenziato – dovuto alla loro collocazione, alla loro vetustà, alla caratteristica forma ombrelliforme delle chiome e, soprattutto, alla conformazione dei tronchi da cui si dipartono branche e rami contorti e nodosi particolarmente scenografici come testimoniato anche dal numero di visitatori, giornalisti e naturalisti che li ritraggono nei loro reportage fotografici e video».

«A supporto della richiesta di vincolo – ha spiegato Pontecorvo – è stato evidenziato alla Soprintendenza che nel 2009 il Servizio Tutela del Dipartimento regionale Sicilia dei beni culturali ed ambientali e la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Messina, per quanto previsto dall’art. 136, comma 1 let. a, del Decreto legislativo 42/2004, hanno sottoposto a tutela un esemplare di pittosporo (radicato in una proprietà privata) con chioma più espansa e regolare degli alberi di piazza De Nava, ma di interesse storico, naturalistico e paesaggistico complessivamente inferiore (DECRETO del 20/04/2009 “Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’albero di Pittosporo, in comune di Messina”)».

«La Federazione Metropolitana di Europa Verde – ha concluso – auspica che la Soprintendenza di Reggio Calabria prenda in considerazione la sua richiesta di tutela degli alberi, ed evidenzia che se fossero tagliati o danneggiati prima dell’imposizione del vincolo si consumerebbe un irreparabile danno alla storia e all’ambiente della città». (rrc)

CORIGLIANO ROSSANO – Successo per il webinar su come gestire la raccolta differenziata di Europa Verde-Verdi Calabria

La cattiva gestione dei rifiuti e dello smaltimento è stato il tema centrale del webinar Com’è stata gestita la raccolta differenziata e quali opportunità per la ripartenza organizzato da Europa Verde – Verdi Calabria.

Ha moderato l’incontro il commissario regionale dei Verdi-Europa Verde, Giuseppe Campana, che ha introdotto l’argomento citando alcune questioni affrontate dal partito legate alla gestione dei rifiuti nel territorio.

«Sono stato indagato ed ho rischiato assieme ad altri – ha ricordato – una condanna per aver difeso col mio corpo il passaggio dei tir verso una discarica che è posi stata definita dalla Procura come “disastro ambientale plurimo”. In tutto questo non è però stato indagato chi quel disastro lo ha creato».

Sono intervenuti a seguire Alessia Alboresi, consigliere comunale di Corigliano Rossano, che ha rimarcato come vi sia una differenza abissale nei numeri della raccolta differenziata fra nord e sud del Paese.

«La Calabria – ha detto – conta fra le percentuali più basse rispetto, ad esempio, all’Emilia Romagna che ha varcato di ben 8 punti percentuali la soglia indicata dall’Ue del 65%. Abbiamo bisogno di riprogrammare la nostra regione. La città di Corigliano Rossano, 80mila abitanti a seguito della fusione ne è un esempio. Attualmente l’Amministrazione comunale governa due città con regolamenti diversi, con appalti diversi e approcci altrettanto diversi fra loro. Tra poco saremo chiamati a indire una gara unica sulla gestione dei rifiuti: il bando è già pronto ed è un vero e proprio progetto di città, ma i cittadini non devono mai abbandonare comportamenti virtuosi. Dobbiamo lavorare sull’aspetto culturale, iniziando dalle scuole, responsabilizzando la cittadinanza a produrre meno rifiuti. Questa amministrazione comunale, e noi come Verdi dobbiamo porre tema rifiuti al centro dell’agenda».

«Nel mio territorio – ha evidenziato a seguire Alessandro Casotti, tecnico ambientale, responsabile per la gestione dei rifiuti di un consorzio di bacino di 31 comuni a nord di Torino – ci sono percentuali che seppur in percentuale discreta non rispettano comunque i dettami europei. La raccolta differenziata in Italia si estenda a macchia di leopardo. Nel nord Torinese, le mancanze non dipendono dalle amministrazioni comunali,  ormai tutte allineate su questo tema, ma da sacche di resistenza da parte dei cittadini che non si impegnano. Il nostro impegno come Verdi è quello di fare capire che differenziare i rifiuti deve entrare nelle nostre abitudini quotidiane come accendere la luce. In Piemonte, il sistema di raccolta differenziata porta a porta ha fatto un passo indietro con la ricollocazione dei cassonetti per la strada e deresponsabilizzando di nuovo i cittadini».

Alessandro Pizzi, co-portavoce Europa Verde Piemonte, anche lui tecnico ambientale è stato vice presedente di consorzio di smaltimento rifiuti dell’area del Biellese.

«Biella e il Pimonte sono un esempio virtuoso nella gestione dei rifiuti anche se non in tutti i territori. A Biella siamo al 78.5%, a Torino sotto il 50%. La gestione dei rifiuti va vista sotto l’aspetto organizzativo e non tecnologico, ma badando alla sostenibilità economica. A Biella nel 2030 non dovremmo andare oltre i 100 kg annui pro capite».

«Il tema rifiuti – ha detto poi Elisa Romano, dell’esecutivo nazionale dei Verdi – ha consumato tante energie. La nostra azione politica ci ha visti molto impegnati nel territorio. I problemi relativi alla gestione, o meglio, mala gestione dei rifiuti da parte della Regione sono infiniti. In Calabria la gestione dei rifiuti non viene affrontata tenendo conto della sostenibilità ambientale, della tutela della salute e delle notevoli potenzialità in termini di sviluppo occupazionale, non viene affrontata in base alle Direttive Europee che prevedono l’abbandono dell’abbanco indiscriminato in discarica, lasciando interi territori, amministratori e cittadini a subire gli effetti disastrosi dovuti al fatto di gettare i rifiuti in una fossa. Il problema, però, non è la discarica in sé ma quello che in modo indiscriminato viene conferito».

«La programmazione regionale – ha spiegato – deve puntare alla tutela dell’ambiente e della salute dei calabresi, così da poter chiudere la filiera dei rifiuti fino al cassonetto attraverso la riduzione della produzione stessa, supportando la raccolta differenziata porta a porta spinta, obbligatoria e contestuale. Questa strategia deve essere appannaggio di tutti i comuni della Regione e non può essere discrezionale, lasciando le decisioni ai singoli enti locali. Il cittadino che attua delle buone pratiche rispetto a chi non lo fa, va premiato. E poi la gestione degli impianti di trattamento deve essere pubblica e non nelle mani dei privati, la cui gestione ha creato l’emergenza nell’emergenza dello smaltimento dei rifiuti in Calabria, da troppo tempo stretta nella morsa del clientelismo».

Ha concluso il biologo marino Silvio Greco, direttore della sede romana e calabrese della stazione zoologica Anton Dohrn. «L’incenerimento dei rifiuti è un qualcosa che non dovrebbe nemmeno essere preso in considerazione, un sistema di smaltimento che deve sparire prima possibile dal nostro Paese. Ma è molto difficile perché ciò avvenga. Il Recovery fund, infatti, prevede la costruzione di una quindicina di impianti del genere. «Abbiamo bisogno di una educazione ambientale – ha detto il biologo marino –. In Calabria non abbiamo solo il problema di interrare i rifiuti ed economia, ma anche quello di doverli recuperare per strada, per poi farli finire nei nostri torrenti e nei nostri mari. Introduciamo il tema Platic no more, l’eliminazione della produzione delle plastiche e puntiamo su impianti di compostaggio provinciale per eliminare il 47 % dei rifiuti organici. E poi bisognerebbe enfatizzare la raccolta per separare le frazioni più interessanti».

«In Calabria – ha aggiunto – il sistema è gestito dai privati per quanto riguarda gli impianti e le discariche in cui dovrebbero essere conferiti gli scarti della raccolta differenziata. Questa gestione crea moltissimi problemi:  ne è un esempio la città di Reggio Calabria, invasa dai rifiuti come tante altre città calabresi. Tutto ciò ci costringe ad esportare i nostri rifiuti in altre regioni con un comprensibile danno economico. La nostra plastica, ad esempio, va a finire in Albania che non ha sistemi di smaltimento, per poi finire nell’Adriatico. Insomma, è impensabile che le amministrazioni, i sindaci, la regione, debbano interfacciarsi coi privati per organizzare il sistema di smaltimento. Dobbiamo far capire, culturalmente, che non può esserci tutela della salute senza il rispetto per l’ambiente». (rcs)