di KLAUS DAVI– La segretaria del Pd Elly Schlein ieri (sabato ndr) ballava al Gay Pride. Siamo contenti per lei, siamo contenti che gioisca . Molto meno per le casse del suo partito. Se veramente una commissione d’accesso dovesse arrivare a Reggio Calabria e malauguratamentE ravvisare gli estremi per uno scioglimento del comune per motivi di Ndrangheta ,il suo partito verrà citato in sede civile per il danno d’immagine arrecato alle cittadine e ai cittadini di Reggio Calabria , quantificabile secondo i calcoli di una multinazionale della comunicazione quotata in borsa in almeno 5 milioni di euro . Poiché parliamo di mafia e politica, la macchia rimarrà indelebile anche sul percorso politico dei vertici del Pd e i suoi leader (incredibile il silenzio di Nicola Irto da questo punto di vista… fa davvero impressione ) locali e nazionali. Vale la pena signora Schlein? Rifletta bene…
Il danno non è solo per Reggio ma anche per la Calabria tutta. Motivo per il quale auspico che anche la Regione possa quantificare il danno di immagine arrecato al marchio Calabria. Nell’ultima settimana la nostra regione ha occupato le edizioni dei telegiornali in una fase chiave del turismo precisamente in 70 edizioni dei tg nazionali, 55 articoli su giornali nazionali e siti, 208, notizie passate radio nazionali.
L’unico argine a questo scempio è stata la contronarrazione della Calabria come meta del turismo ebraico. Facciamo quello che possiamo, ma il danno è fatto. (kd)
Un nuovo bagno di affetto e di emozioni per “Un visionario inaspettato”. Dopo la fortunata presentazione al Teatro Cilea di Reggio Calabria ed un tour che ha abbracciato alcuni borghi calabresi, la biografia dedicata ad Italo Falcomatà torna nella Città dello Stretto con un incontro promosso dalla libreria Libro Amico, tra i quartieri di Sbarre e Gebbione. E proprio tra i cittadini della zona sud della Città che in tanti non sono voluti mancare ad una presentazione che ha parlato prima di tutto alla comunità dei quartieri che hanno visto muovere i primi passi politici di Italo Falcomatà, giovane ed appassionato attivista dell’allora Sezione Girasole del Partito Comunista Italiano, successivamente intitolata proprio al sindaco della primavera reggina.
Il dibattito, moderato dalla giornalista e critica letteraria Ilda Tripodi, ha visto la partecipazione dell’Assessore comunale Demetrio Delfino, del Consigliere Pino Cuzzocrea e di altri due esponenti politici, già protagonisti a vari livelli delle istituzioni cittadine e regionali: il già consigliere comunale Giovanni Minniti, referente del Laboratorio Politico Jan Palach, ed il già consigliere provinciale e regionale Giovanni Nucera. Un parterre d’eccezione che ha contribuito a narrare le parti salienti dell’attività politica ed amministrativa di Italo Falcomatà, nel suo impegno per le istituzioni, durante gli anni della sua sindacatura, ma anche nelle vesti di politico appassionato, di docente scrupoloso tra gli studenti dell’Istituto Panella, e di amico per tantissimi reggini. La sua grandezza? L’esser riuscito ad interpretare ognuno dei ruoli che lo hanno chiamato in causa con una straordinaria umanità, con una capacità empatica in grado di conquistare sempre l’interlocutore che si trovava di fronte, che fosse un bambino intento ad inseguire un pallone al campetto dell’oratorio o un ministro della Repubblica nell’esercizio delle sue funzioni.
A concludere il dibattito l’intervento di Giuseppe Falcomatà che ha ringraziato il giovane titolare della libreria, Aurelio Arcano, per aver voluto promuovere l’organizzazione dell’incontro culturale. «E’ significativo – ha affermato Falcomatà – che dopo la presentazione ufficiale al Cilea, questo libro torni a far parlare la città proprio in questa zona, tra due dei quartieri ai quali mio padre, il sindaco Italo Falcomatà, era più emotivamente affezionato. A qualche mese dalla sua prima ufficiale la biografia a lui dedicata suscita ancora tanto affetto e curiosità, generando un effetto moltiplicatore per il quale continuano a susseguirsi aneddoti e racconti della vita di Italo che noi stessi familiari nemmeno conoscevamo. Ogni cittadino, ognuno che ha avuto l’occasione di incontrarlo nel suo percorso, conserva un ricordo personale tutto suo, pezzi di un mosaico che parlano di vita vissuta, ma che trasudano politica, nel senso più alto del termine, che ci richiamano ad un impegno assolutamente attuale che guarda allo sviluppo della nostra città e dell’intero Mezzogiorno. Un sogno purtroppo troppo presto interrotto per Italo, per il quale la sua gente ancora oggi combatte con fierezza». (rrc)
di SANTO STRATI – La medaglia di cartone che il leader della Lega Matteo Salvini è corso a ritirare a Taurianova è l’unica consolazione per la Lega che esce con le ossa rotte dalla mancata “conquista” della Calabria, avamposto di una ingloriosa quanto impossibile avanzata sudista. Ma in realtà anche la “vittoria” (4.000 voti !) di Taurianova non è merito della Lega né del suo impegno a conquistare le simpatie del Mezzogiorno: il voto ha premiato l’uomo e il suo territorio. Il nuovo sindaco Roy Biasi, ex Forza Italia ora neoleghista, conosce la sua città e, soprattutto, è conosciuto dalla sua città. Ed è un segnale che tutti i partiti, in Calabria, dovrebbero tenere a mente: non si deve e non si può trascurare il territorio se si vuole recuperare la gente alla politica. Purtroppo, passate le elezioni tutto torna come prima e ci si dimentica di promesse e mancate attenzioni, almeno fino al successivo ritorno alle urne.
A Taurianova è avvenuto il contrario di quanto successo a Reggio con l’«uomo del ponte» Minicuci, voluto a ogni costo da Salvini, che lo ha imposto alla città e agli alleati senza curarsi dell’appeal che il candidato avrebbe suscitato. La “batosta” calabrese (non dimentichiamoci della clamorosa vittoria del civico Vincenzo Voce a Crotone) indica che il “modello Salvini” non funziona. Il leader non ne sta azzeccando una, dall’agosto dello scorso anno al Papeete, quando aprì la crisi al buio con l’uscita dal Governo.
Un’elezione comunale non può avere il parametro del voto nazionale: contano la persona e il territorio. Contano la conoscenza l’uno dell’altro e viceversa. Salvini non ne ha tenuto conto e la sua smargiassata è riuscita in un colpo solo non soltanto a spegnere ogni velleità leghista sullo Stretto (ma questo sarebbe il meno) ma anche a lacerare un centrodestra reggino (calabrese) già logorato da continue crisi di nervi. Anche le intemperanze del vicepresidente regionale, Nino Spirlì – scelto anche in questo caso direttamente da Salvini –, giocano in senso contrario, provocando imbarazzi e giustificate preoccupazioni sulla sua compatibilità con una carica istituzionale così rappresentativa. La Lega, sia ben chiaro, possiede personaggi di elevata intelligenza e provata cultura politica: non si capisce perché il vertice lasci annaspare il Capitano in mezzo ai marosi di una politica che gli sta presentando il conto. Ovvero, la spiegazione – politica – ci sarebbe ma nessuno ha voglia di svelare le trame del Palazzo verde con i due protagonisti che aspettano soltanto che si completi il suicidio politico di Salvini. Bobo Maroni punta a raccogliere il testimone con occhio a Palazzo Chigi – in vista di un’improbabile sterzata destro-leghista alla prossime elezioni politiche, con il trionfatore del Veneto Luca Zaia, nelle azzeccate vesti di un facondissimo Richelieu. Per quale ragione non dovrebbero permettere a Salvini di scavarsi la fossa politica da solo con le sue cazzate?
Parliamo di Lega e dell’insuccesso calabrese di tutta la coalizione di centrodestra, ma non è che la contrapposta parte politica abbia molto da scialare (e non solo in Calabria). Il timore dei cittadini di sinistra è che i “vincitori” si rilassino, credendo di aver vinto tutto, e che venga meno quella sana dialettica destra-sinistra da cui – volendo – possono anche venire importanti riforme e iniziative importanti per il bene della regione. I calabresi hanno mostrato con la loro partecipazione al voto – alta quanto inattesa – che vogliono partecipare alla politica, vogliono essere protagonisti e non pedine che qualche parlamentare pensa di avere a disposizione per spostare voti. La sinistra calabrese è in una peggiore situazione della coalizione di centrodestra: sconfitta clamorosamente alle regionali, ad arginare il disastro crotonese, c’è oggi il significativo risultato reggino che, però, non deve ingannare. I voti di Falcomatà non sono voti della sinistra, sono la risposta – ovvia e scontata dei reggini – di fronte alla paventata “invasione” leghista (al 4%, roba da far ridere i polli). Però, la strategia ha funzionato e, soprattutto, ha permesso di mettere in evidenza che in Calabria – in particolar modo a Reggio – la sinistra è sì in gran parte sonnnecchiosa e divisiva, ma riesce a reagire. Non va allora sprecata questa opportunità di portare avanti personaggi che vanno valorizzati. In vista di un congresso ormai non più rinviabile per un Partito democratico che non riesce nemmeno a presentare il simbolo a Crotone e che in Calabria è immeritatamente commissariato da troppo tempo.
Tutte queste cose le sanno benissimo Falcomatà e i suoi compagni di viaggio che hanno riconquistato Palazzo San Giorgio, ma, capita spesso, che dopo l’euforia della vittoria ci si dimentichi del territorio e delle istanze dei cittadini. Reggio chiede un secondo tempo anche per la politica, svillaneggiata, mercificata, svenduta in nome di interessi particolari (e a volte personali): occorre che destra e sinistra ripensino il percorso che – nel parallelismo dei rispettivi ruoli e diversi obiettivi – la città, ma diremmo meglio la Regione, chiedono con ansia e profonda convinzione. Ci vuole il coraggio da parte dei politici locali di individuare prima il bene comune, poi attuare quelle politiche di coesione il cui peso si valuta di fronte alle urne.
Lo stesso Governo regionale ha subito, senza discutere, imposizioni e suggerimenti di Salvini, in un’epoca (sono appena trascorsi otto mesi) che pare assai lontana, accettando posizioni non più sostenibili. Il caso di Spirlì – sul quale è stato chiesto un confronto in Consiglio regionale – è la cartina di tornasole per la presidente Santelli che deve smettere di pagare “cambiali” elettorali agli alleati. La posizione del vicepresidente – che sta ridicolizzando la Calabria e facendo passare un messaggio sbagliato di intolleranza, quando è proprio tutto il contrario – va definita e chiarita non con un sorriso e un’alzatina di spalle come ha fatto la presidente Jole. Il vicepresidente, da libero pensatore, intellettuale e cittadino italiano, è libero di esprimere dovunque e comunque le sue personali opinioni, anche quando siano politicamente incorrette. Che, però, diventano istituzionalmente inaccettabili quando si ricopre una carica pubblica. Poiché “il signor Spirlì” (come si firma nel suo profilo facebook) insiste, l’unica via non sono le dimissioni (che non darebbe mai) ma il ritiro della nomina e delle deleghe. Presidente Jole, un ingrato compito che tocca solo a lei. (s)
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