Famiglie monoreddito con figli, la Calabria è maglia nera

di RAFFAELE FLORIO – Openpolis fotografa una situazione che, per la Calabria, appare allarmante: città come Vibo Valentia, Crotone, Reggio Calabria e Catanzaro figurano ai primi posti per incidenza di famiglie monoreddito con bambini piccoli.

Questo fenomeno, lungi dall’essere un semplice indicatore statistico, riflette criticità profonde nei sistemi locali del lavoro, nei servizi di welfare e nelle politiche di sostegno alla genitorialità.

A partire da questi dati, abbiamo intervistato, con cinque domande di carattere tecnico, il demografo dottor Giovanni Durante, per approfondire le cause, le responsabilità e le possibili strategie di intervento utili a ridurre la vulnerabilità economica delle giovani famiglie calabresi.

– Dottor Durante, i dati evidenziano che Vibo Valentia e Crotone figurano tra i primi dieci capoluoghi italiani per incidenza di famiglie monoreddito con figli di età inferiore ai sei anni. Quali fattori strutturali, economici o demografici possono spiegare una simile concentrazione?

«Innanzitutto cominciamo col dire che purtroppo l’Italia continua ad essere un Paese in cui prevalgono le famiglie monoreddito, dato che le famiglie con due o più occupati, al momento della pandemia da Covid-19, rappresentavano solo il 44,6% del totale delle famiglie della penisola. Un dato, questo, conseguenza soprattutto del basso tasso di occupazione femminile (53% a gennaio 2024, mentre quello maschile tocca il 70,5%), ostacolato non solo da una domanda di lavoro insufficiente ma anche dalle difficoltà che le donne con carichi familiari hanno nel conciliare famiglia e lavoro, specialmente se hanno più figli, in assenza di servizi adeguati. Difficoltà che aumentano se le donne hanno una bassa qualifica.

È interessante poi notare che alcuni studi – come quello della sociologa Chiara Saraceno – hanno evidenziato come siano soprattutto le coppie con figli più piccoli a mostrare una maggiore asimmetria di genere nell’occupazione e quindi un divario maggiore rispetto a quelle senza figli conviventi, poiché in quest’ultime risultano occupati il 46% di entrambi i componenti della coppia, a fronte di un tasso di occupazione del 29% che si registra invece nelle coppie con figli conviventi.

Su questo quadro complessivo nazionale si innesta poi il divario territoriale, dal momento che da un lato, se la quota di coppie con entrambi i partner occupati si attesta al 55,4% nel Nord Italia, tale percentuale scende al 26,4% nelle regioni meridionali; e dall’altro, se nel Nord ben il 65,3% delle famiglie con figli ha due o più occupati, questa percentuale si riduce a poco più di un terzo nel Sud Italia».

In contesti territoriali caratterizzati da alta disoccupazione e bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, quali misure ritiene più efficaci per incentivare la pluri-occupazione familiare e sostenere l’occupazione genitoriale, in particolare quella delle madri?

«Anche in questo campo abbiamo molti esempi edificanti che ci vengono dagli altri Paesi occidentali. Ma sarebbe auspicabile che tali interventi fossero racchiusi in un unico “pacchetto”.

Si dovrebbe innanzitutto promuovere la cosiddetta parità salariale tra uomo e donna (si badi che nel nostro Paese la differenza salariale annuale complessiva – “gender overall earnings gap” – tra uomo e donna arriva al 43%, mentre la media europea è del 15%).

Si dovrebbero promuovere maggiori sgravi contributivi per le imprese o i datori di lavoro che assumono donne, così come si potrebbe istituire un fondo di sostegno per l’imprenditoria femminile. Altre strategie potrebbero comprendere l’offerta di congedi parentali più flessibili e, naturalmente, il varo di un serio piano nazionale per i servizi della prima infanzia. Solo per fare degli esempi».

– La prevalenza di città del Mezzogiorno in questa graduatoria suggerisce un divario territoriale ancora marcato. A suo giudizio, quali limiti delle politiche di coesione e delle misure di welfare territoriale emergono da questi dati?

«Ma guardi, mi verrebbe innanzitutto da dire che mi sembra quasi del tutto assente una vera e propria politica di coesione territoriale degna di tale nome.

In Francia, ad esempio, è stata istituita un’Agenzia nazionale per la coesione territoriale, che da noi esisteva ed è invece stata soppressa, divenendo un semplice dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Sta inoltre entrando nel vivo il dibattito sulle politiche di coesione europee post-2027 (quando scadrà l’attuale programmazione). La proposta della Commissione europea, attesa entro la fine dell’anno, si intreccia con il dibattito sull’eredità di Next Generation EU e, in particolare, del Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (RRF) e quindi con i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza.

Ebbene, tra gli scenari possibili vi è quello che vedrebbe la politica di coesione così come esistita finora trasformata secondo il paradigma dell’RRF, e questo comporterebbe una centralizzazione a livello nazionale delle fasi di definizione, programmazione e implementazione stessa degli interventi, a discapito dell’approccio territoriale place-based. Approccio nuovo che andrebbe quindi ponderato molto bene e che sta spingendo molte regioni a mobilitarsi per riaffermare la centralità del loro ruolo nella politica di coesione».

– Alla luce della limitata capacità di spesa degli enti locali, quali strategie di governance o di programmazione integrata potrebbero essere adottate dai comuni per ridurre la dipendenza da un solo reddito familiare e promuovere modelli di resilienza socioeconomica?

«Cominciamo innanzitutto col dire che anche qui ogni possibile intervento si scontra con l’enorme divario territoriale esistente. Perché, se prendiamo i dati della Fondazione IFEL, notiamo subito che, a fronte di una media di spesa nel sociale di 160 euro per abitante, i comuni del Centro-Nord (150 euro a persona) spendono quasi il doppio di quelli del Mezzogiorno (80 euro a persona).

Divari territoriali che appaiono strutturali, con un Nord sempre al di sopra del resto del Paese, un Centro che insegue e un Mezzogiorno perennemente in affanno. E la situazione, già grave, si fa drammatica quando scendiamo a livello regionale, poiché in Calabria la spesa sociale per abitante è di appena 24 euro, molto inferiore persino a quella di altre regioni meridionali come la Campania (55 euro per abitante), la Puglia (77 euro per abitante) o la Sicilia (80 euro per abitante).

Servono quindi maggiori risorse in primo luogo, ma bisognerebbe anche ridurre l’eccessiva frammentazione di una regione con ben 404 comuni».

– In che misura la carenza di infrastrutture sociali – come asili nido, servizi educativi integrativi e politiche di conciliazione tra vita e lavoro – incide sulla tendenza al monoreddito e sulla vulnerabilità delle famiglie con minori?

«Incidono moltissimo, a mio modesto parere. Prendiamo ad esempio gli asili nido. Questi hanno tutta una serie di capacità strategiche, in quanto aiutano le donne a mantenere il loro posto di lavoro, incentivano la socialità dei bambini e delle bambine, e tutti gli studi concordano nell’affermare che tra i maggiori fattori di rischio per far scivolare una famiglia verso la povertà ci sono proprio l’avere un reddito monogenitoriale e la presenza di uno o più bebè in famiglia.

Alla luce di questi dati è facile capire perché gli asili nido siano un servizio prezioso. Eppure, nonostante la copertura di posti in assoluto si attesti oggi al 30%, il numero di posti disponibili in rapporto al numero dei bambini è però rimasto stabile intorno ai 350.000 posti autorizzati, per via del calo della natalità.

Senza contare poi l’enorme divario territoriale esistente, che vede la Calabria con 15,6 posti ogni 100 bambini, a fronte dei 46,5 dell’Umbria o – se si limita il raffronto ai soli capoluoghi di provincia – i 22,8 posti di Vibo a fronte dei 48,8 posti di Mantova». (rf)

(Courtesy LaCNews24)

Minori, famiglie e servizi tra fragilità, affido e adozione

Si è parlato di affido e di adozione, nonché sul sostegno alle famiglie e i servizi correlati, nel corso del Forum organizzato dal Circolo Culturale Rhegium Julii e svoltosi al Consiglio regionale.

L’evento è stata l’occasione per riflettere su un tema di straordinaria importanza, se si pensa che – secondo un rapporto pubblicato dall’Unicefquasi mezzo milione di bambini  in Europa e in Asia centrale vivono in strutture di accoglienza, con un tasso doppio rispetto alla media mondiale, e se si considera che la condizione minorile resta particolarmente difficile, sui sono afflitti da disabilità». 

Dopo i saluti istituzionali del Presidente del Rhegium, Giuseppe Bova, ha introdotto i lavori il dirigente Mario Musolino, che ha ricordato le più recenti modifiche  legislative in materia di adozioni e l’interessante commento sulla materia del giornalista e scrittore Ferruccio De Bortoli.

L’avv. Lucia Lipari, vicepresidente Agape, dopo un excursus statistico e politico sulla condizione minorile a livello europeo e nazionale, ha evidenziato – secondo i dati Istat«come nel 2022 in Italia 1 milione 269 mila minorenni versano in una condizione di assoluta. povertà».

Di particolare rilievo la riflessione in videoconferenza svolta dallo psichiatra Giuseppe Nicolò, del Dipartimento di salute mentale dell’Asl Roma 5, che si è soffermato sull’incremento della sofferenza psicologica in età evolutiva, con accessi anche drammatici al pronto soccorso.

A seguire ha relazionato l’avv. Alessandra Callea, presidente della Camera minorile, che ha analizzato i due differenti istituti dell’affido e dell’adozione distinguendo l’affidamento familiare come un intervento di breve e medio periodo, mentre la pluralità delle modalità di affidamento familiare corrisponde alla necessità di dare risposte appropriate ai differenti bisogni del bambino e della sua famiglia. 

La dott.ssa Maria Grazia Marcianò, responsabile famiglie e minori per il Comune di Reggio Calabria, con il supporto della dott.ssa Pietropaolo, ha portato all’attenzione un report degli affidi su base comunale che «nel 2025 è stato pari a 13. È fondamentale- ha sostenuto Marcianò – il senso di appartenenza dei minori alle famiglie per il loro sviluppo».

I lavori hanno visto le conclusioni dell’Assessore regionale alle Politiche Sociali Caterina Capponi: «non solo affido residenziale ma anche sostegno alle famiglie d’origine, accompagnamento educativo e costruzione di una rete sociale capace di garantire stabilità e serenità ai bambini accolti, la cittadinanza deve informarsi e considerare il proprio possibile ruolo nel sistema dell’accoglienza, perché prendersi cura di un bambino significa investire sul futuro dell’intera comunità».

«Come Assessorato – ha concluso – ci stiamo impegnando a costruire un nuovo sistema affido nella nostra regione, attivando, tra gli altri interventi, un tavolo tecnico sull’affido già deliberato dopo aver recepito le nuove linee guida nazionali». (rrc)

 

L’OPINIONE / Ernesto Alecci: In Calabria tantissime famiglie e fragili a rischio

di ERNESTO ALECCI – Anche per l’anno 2025, come per l’anno precedente, nessuna risorsa da parte del Governo per riattivare il fondo contributi affitto (legge n. 431/1998). Ancora una volta questo Governo di centrodestra si dimostra insensibile e lontano dai bisogni delle famiglie più fragili e deboli. In particolar modo in regioni come la Calabria l’azzeramento di tali fondi destinati al pagamento degli affitti per le persone con redditi più bassi sta mettendo a rischio il sostentamento di tanti nuclei familiari che fanno sempre più fatica ad arrivare a fine mese.

Tra la precarietà del lavoro e l’aumento dei prezzi dei beni di consumo e delle bollette, questa situazione rischia di diventare una vera e propria bomba sociale pronta ad esplodere in qualunque momento. Numerose, infatti, le segnalazioni di disagi e difficoltà che ho ricevuto in tutte le province calabresi. Anche perché, le comunicazioni da parte della Regione Calabria della mancanza di risorse per l’annualità 2024 pare siano arrivate solo recentemente, quando le graduatorie per i beneficiari della misura erano già stilate da diversi mesi, alimentando prima delle aspettative e lasciando poi nello sconforto tantissime famiglie ed i Comuni a gestire le legittime proteste.

Il contributo affitti è stato, da oltre 25 anni, uno strumento utile per alleviare il disagio abitativo, ritardando a volte gli sfratti fino a consentire ai nuclei familiari in difficoltà di trovare un’altra sistemazione. Alcune regioni, come ad esempio l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia e la Puglia, e alcuni comuni in Italia hanno provveduto a erogare proprie risorse per il sostegno di migliaia di famiglie.

Per tale motivo ho presentato una mozione in Consiglio Regionale che impegni la Giunta a reperire fondi utili da destinare a questo utilizzo e a sollecitare direttamente l’Anci e il Governo nazionale affinché si possa prevedere un provvedimento urgente per reintegrare ed aumentare adeguatamente la dotazione finanziaria del fondo sociale per l’affitto, per i nuclei familiari in condizioni di difficoltà.

Votare in maniera unanime questa mozione da parte del Consiglio regionale sarebbe una bel messaggio di unità e vicinanza verso le persone più fragili che vivono quotidianamente situazioni molto difficili. (rcz)

[Ernesto Alecci è consigliere regionale del PD]

Despar Centro-Sud aderisce al “Trimestre anti-inflazione” voluto dal Governo

Despar Centro-Sud, insieme alle altre 5 società consortili italiane riunite sotto il marchio Despar, aderisce, tramite Federdistribuzione, la federazione delle aziende della distribuzione moderna a cui è associata, al “Trimestre anti-inflazione”: l’iniziativa è promossa dal Governo con la finalità di difendere il carrello della spesa dagli effetti dell’inflazione, attraverso l’introduzione di prezzi bloccati su un paniere di prodotti di prima necessità.

Da inizio ottobre, nei negozi delle regioni del Centro-Sud in cui l’Insegna è presente, i clienti troveranno un paniere di più di 300 prodotti a marchio Despar, composto da beni di uso quotidiano e di prima necessità, che saranno sugli scaffali a prezzi bloccati fino al 31/12/2023.

Per contrastare l’inflazione, dunque, nel carrello della spesa Despar Centro-Sud punta sui propri prodotti a marchio (Mdd), vero tratto distintivo dell’offerta Despar, nei quali il cliente può trovare qualità e convenienza garantite e riconosciute da un cliente sempre più fidelizzato, come dimostrano i numeri 2023 della Mdd Despar. Ad oggi, infatti, Despar Italia ha raggiunto una quota Mdd sul totale vendite grocery pari al 22,3%, superiore a quella del mercato totale Mdd in Italia e in crescita di 1 punto rispetto all’anno precedente (fonte Nielsen, Ytd agosto).

Prosegue, dunque, l’impegno di Despar Centro-Sud per difendere il potere d’acquisto delle famiglie, mediante una politica di contenimento dei prezzi e di rinuncia ad una più alta marginalità, già attuata durante tutto il 2023.

«L’estrema incertezza sul fronte interno e internazionale, unita all’aumento considerevole dell’inflazione che ha determinato un rialzo dei prezzi sui beni alimentari – ha spiegato Pippo Cannillo, presidente e amministratore delegato di Despar Centro-Sud – non hanno scalfito i nostri piani e la credibilità nei confronti dei consumatori. L’adesione di Despar al trimestre anti-inflazione rappresenta per la nostra insegna una scelta di responsabilità e di tutela nei confronti dei consumatori e del loro potere d’acquisto». (rrm)