REGGIO – L’Avo celebra la Festa della Mamma nel Reparto di Pediatria del Gom

L’Associazione Volontari Ospedalieri Onlus ha celebrato la Festa della Mamma nel Reparto di Pediatria del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria.

Le volontarie dell’Avo, associazione di Volontariato ospedaliero, incontrano anche le mamme durante il servizio in corsia nel reparto pediatrico. Con loro condividono preoccupazioni e attese.

«In tante occasioni abbiamo dedicato un pensiero speciale alle bambine e ai bambini ricoverati, animate dal desiderio di portare in reparto, quando possibile, un pò di leggerezza. Questa volta abbiamo voluto rivolgere un pensiero alle mamme. Anche a loro, che ogni giorno assistono i figli e che noi impariamo a conoscere durante il tempo in corsia, è rivolto il servizio di volontariato che svolgiamo. Da qui è nata l’idea di festeggiare per la prima volta la Festa della Mamma», spiega Teresa Alessandrello, responsabile delle volontarie Avo di Pediatria.

«Durante il servizio, tra le attività svolte con i bambini, abbiamo realizzato delle borsette sulle quali abbiamo applicato dei cuori. Poi le abbiamo riempite di caramelle e ne abbiamo fatto dono alle mamme del reparto. È stato un momento molto emozionante che abbiamo condiviso con tutto il personale e con le dottoresse Agnello e Lia. Ad arricchire la festa anche la musica, grazie alla nostra Luisa Continolo che con la chitarra ha intonato le più celebri canzoni ispirate alla mamma. Abbiamo concluso in bellezza con l’inno dell’Avo. Potremmo pensare di replicare l’esperienza anche il prossimo anno», spiega ancora la volontaria Teresa Alessandrello.

«La mission dell’Avo è principalmente quella di regalare un sorriso. L’ospedale è un luogo di sofferenza ma il nostro servizio, nel rispettare quella sofferenza, si propone di contribuire ad alleviarla nello spirito e nell’animo. Credo sia stato molto importante esserci, anche in questa occasione, accanto ai bambini e alle loro mamme», conclude Francesco Nicolò, presidente dell’Avo di Reggio Calabria. (rrc)

Per la Festa della Mamma in migliaia in Piazza a Paravati per Natuzza

di PINO NANOTrentasei anni dopo la prima Festa della Mamma, celebrata anche allora in pubblico con in testa alla processione Natuzza Evolo, a Paravati si ripete oggi un rito che da allora non si è mai interrotto e che va avanti come se il tempo non passasse mai. Le solite nenie di festa, i soliti profumi del mondo, le solite preghiere di sempre, e al momento della comunione migliaia di fedeli in coda e in attesa del Corpus Cristi, e Natuzza che è ancora qui tra di loro, in testa ai pensieri di chi arriva sulla grande spianata di Paravati. 

Non c’ero domenica scorsa a Paravati, ma dalle immagini che la rete ribalta in tutto il mondo si intuisce e si tocca con mano una realtà incontestabile: il mito della donna che “parlava con i defunti” e che durante la Settimana Santa viveva il “mistero delle stigmate” è rimasto inalterato nel tempo. 

Come dire? Natuzza c’è ancora laggiù, Natuzza è presente nella vita di molti, Natuzza non è mai morta, e la gente aspetta che la Chiesa ufficiale la riconosca finalmente Santa.

A Roma in Vaticano se ne parla poco, si sa soltanto che il processo di beatificazione “è in corso”, ma i tempi che la Chiesa si dà in queste occasioni sono tempi di attesa e di riflessione, di saggezza e di verifiche continue, e non collimano quasi mai con le attese di chi da Natuzza ha già avuto un segno, una grazia, una carezza, forse anche un miracolo.

Il vero miracolo di domenica scorsa è la presenza sull’altare della grande Basilica di Natuzza di Don Pasquale Barone, il sacerdote che di Natuzza sa davvero tutto, tutto e il contrario di tutto. Don Pasquale è l’uomo che l’ha vista crescere nel suo carisma, che l’ha aiutata a difendersi dalle mille tentazioni terrene, che l’ha amata come una sorella più grande, e a cui ha dedicato tutta la sua vita. Per tenerla lontana dalla “violenza dei fari della televisione” ricordo che don Pasquale litigava anche con noi, ma lo faceva solo per aiutare Natuzza a stare il più lontana possibile dalla ribalta mediatica. 

Era la Chiesa solenne di un tempo, la Chiesa che riteneva la televisione “uno strumento anche pericoloso”, la Chiesa che credeva invece nel rito esclusivo della preghiera e del confronto, dell’ascolto, dell’attesa, della confessione, del silenzio, la Chiesa dei Padri, quella che Papa Giovanni Paolo Secondo aveva poi preso per mano e proiettato nel futuro. E chi meglio di don Pasquale? Questo sacerdote d’altri tempi, lontano da tutto, una vita eternamente vissuta in modestia e in miseria, e che con la sua presenza fisica discreta e a volte immobile ha segnato dall’inizio fino alla fine il lungo percorso terreno di Natuzza.

Ma domenica Festa della Mamma, sull’altare con lui domenica scorsa, c’era anche don Michele Cordiano, l’altro angelo custode di Natuzza, storia anche la sua di un sacerdote che ha dedicato la sua vita a Natuzza, accompagnandola là dove don Pasquale non poteva fisicamente farlo, sostituendosi a don Pasquale quando don Pasquale era impegnato a fare altro, e soprattutto seguendo Natuzza dalla mattina alla sera nei mille incontri che la “Santa” di Paravati concedeva e riservata al suo “popolo di preghiera”. 

Una unione indissolubile la loro, granitica, amorevole, ma questo lo si coglieva con mano ogni qual volta compariva Natuzza al braccio di don Michele. Si capiva da lontano che Natuzza lo amava come un figlio, e che lui ricambiava il suo amore come se lei fosse stata la sua vera mamma. 

Aveva ragione il grande antropologo calabrese Luigi Maria Lombardi Satriani quando spiegava che “dietro questo straordinario fenomeno che era Natuzza Evolo si nascondevano in effetti mille emozioni diverse, il più delle volte sentimenti affettivi e intimi forti”.

Dalle immagini colgo sulla pianata la presenza di migliaia di persone, di migliaia di ombrelli per via del maltempo di domenica scorsa, e un tripudio di applausi nel momento in cui decine e decine di giovani portano la statua della Madonna sul sagrato della Basilica, perché tutti la vedessero e l’adorassero. Era come se in realtà Natuzza fosse lì quel giorno, in mezzo a questa folla festante, come se lei non si fosse mai allontanata dal suo posto tradizionale, seduta al lato dell’altare in perenne adorazione di Maria, attaccata al braccio di don Michele che alla fine della cerimonia la riporta in macchina verso casa.

Ma mi basta fare una telefonata a Paravati per avere la conferma che cercavo. Alla fine della cerimonia per ore la gente presente ha sfilato muta e con immensa pazienza davanti alla tomba della Santa, il tempo di accarezzare il marmo, di portare un fiore, di chiedere a Natuzza qualcosa. Natuzza qui non è mai morta sul serio. 

Mi tornano continuamente in mente le parole di don Attilio Nostro, il vescovo di Mileto, che il 5 marzo di un anno fa, rivolgendosi ai suoi sacerdoti proprio dalla Basilica di Mileto, spiegava: «Ma in cosa consiste mai la santità, se non nell’assomigliare a Dio, al suo essere essenzialmente Unità nella Trinità? Assomigliare a Dio significa, pertanto, crescere nell’amore e nella comunione, questo è il destino di ogni uomo: lasciare entrare lo Spirito nella nostra natura umana, per farci da Lui trasfigurare ad immagine di Cristo… I Padri dei primi secoli chiamavano questo processo con un termine preciso: “deificazione” (Theosis) che consiste proprio nella somiglianza progressiva della nostra vita alla vita divina e beata di Dio, Uno e Trino, eterno Amore!”».

Una indimenticabile lezione di vita. (pn)

REGGIO – Festa della Mamma, l’evento “Una giornata in famiglia” del Comitato Donne Reggine

Oggi, a Reggio, è in programma l’incontro speciale organizzato dal Comitato Donne Reggine: mamme detenute e figli insieme per un giorno, a condividere una giornata di gioia e sensibilità.

Organizzato d’intesa con l’Amministrazione Penitenziaria e con il supporto dell’Associazione “Liberamente”, l’evento si terrà domani, sabato 13 maggio, all’interno della Casa Circondariale “Panzera” di Reggio Calabria.

È la prima volta che si celebra questa ricorrenza all’interno delle mura penitenziarie reggine. La proposta del movimento spontaneo femminile si è inserita alla perfezione in una progettualità educativa preesistente nella Casa Circondariale, mirata a curare il mantenimento e il recupero degli affetti familiari, trovando quindi l’immediata disponibilità della Direzione.

Il Comitato Donne Reggine nasce con la volontà di dare un sorriso alle donne del territorio, soprattutto in determinati momenti speciali, mettendo in risalto l’importanza del ruolo della donna nella società, in tutte le sue sfumature. Già nel mese di marzo, in occasione della Giornata internazionale della Donna, il Comitato aveva organizzato un grande evento dedicato a coloro che vivono gravi problemi di salute. Questa volta, il sorriso sarà duplice, tanto delle madri quanto dei figli, alcuni anche maggiorenni, che avranno la possibilità di vivere qualcosa di diverso, insieme. 

Sabina Cannizzaro, membro del Direttivo del Comitato, si dice orgogliosa nel presentare l’iniziativa: «Per la prima volta a Reggio Calabria, le mamme avranno un permesso straordinario per trascorrere una mattinata con i loro figli. È qualcosa che ci emoziona tantissimo. E mi preme anzitutto ringraziare il Direttore Carrà per la sensibilità mostrata, tutti gli educatori che ci hanno supportato, gli agenti di Polizia Penitenziaria, il Tribunale di Sorveglianza, tutte le preziosissime componenti del nostro Comitato e, non di meno, l’Associazione Liberamente, con cui condividiamo l’organizzazione di questo entusiasmante progetto. Il nostro intento è dare un significato profondo alla Festa della Mamma, offrendo una giornata di gioia e amore alle donne detenute ed ai loro figli».

L’iniziativa Un abbraccio oltre i confini arriva a conclusione di un percorso di due mesi, durante i quali le donne detenute hanno incontrato per due volte a settimana una delegazione del “Comitato Donne Reggine” e dell’Associazione “Liberamente”. Da evidenziare che, a supporto dell’iniziativa, sono state coinvolte anche le associazioni “L’Elefante” e “Giocolareggio”, che collaborano gratuitamente all’evento, con il compito di intrattenere con giochi ed animazioni i bambini presenti.

«L’idea è nata da una visione avanguardistica della detenzione che tende sempre più a ospitare gli affetti e, almeno nella sezione femminile, creare un ambiente in cui l’Istituto sembri un po’ meno carcere e un po’ più casa – afferma il Direttore dell’Istituto penitenziario, Giuseppe Carrà – Da un’analisi personalmente condotta, si nota che sempre con maggiore frequenza e intensità le mamme risentono del distacco dei figli e acuiscono la propria sofferenza a causa di una sorta di “delega forzata” per l’educazione e per la cura dei propri figli. Sulla base di questa osservazione, unitamente alla Polizia Penitenziaria, all’area trattamentale e alle volontarie delle Associazioni, abbiamo voluto regalare un momento di unione, concedendo un incontro più lungo e vitale tra mamme e figli, ma anche tra figlie detenute e mamme libere». (rrc)

ALTOMONTE (CS) – Il progetto letterario “Dedicato a te… Mamma”

Si intitola Dedicato a te… Mamma, il progetto letterario per le Scuole e i cittadini di Altomonte promosso dal Comune in occasione della Festa della Mamma.

L’obiettivo è quello di raccogliere una serie di racconti, lettere, poesie incentrate sulla figura della mamma: «un tributo doveroso – si legge nella locandina del progetto – per una figura così importante: Donna, Madre, Pilastro e spesso anche Padre, impegnata in mille lavori, tra casa, famiglia e, spesso, carriera».

Possono partecipare al progetto gli alunni di tutte le Scuole di ogni ordine e grado e tutti i cittadini di Altomonte con una composizione propria e inedita – in dialetto o in lingua italiana da consegnare entro il 31 maggio. Sono ammesse poesie, favole, lettere, dediche e racconti.

I partecipanti, poi, saranno coinvolti dal Comune, tra giugno e settembre, in un evento appositamente organizzato, nel rispetto delle norme anti covid-19 per la presentazione di tutti gli elaborati. (rcs)

TARSIA (CS) – Presentato il libro “Sangue del mio sangue”

Un incontro, quello organizzato dall’Associazione Le Vanesse dell’Ortica a Tarsia, che ha raccolto plausi e commozione, con la presentazione del libro Sangue del mio sangue, il libro sulla più grande strage familiare d’Italia: la “Strage di Buonvicino”, piccolo borgo pedemontano della provincia di Cosenza.

L’evento, organizzato in occasione della Festa della mamma, si è svolto a Piazza San Francesco, per ricordare quelle mamme che non ci sono più a causa della violenza dei loro uomini che avrebbero dovuto amarle e proteggerle ed invece hanno deciso diversamente del loro destino.

L’infanzia che non vorremmo è stato infatti il titolo scelto dall’Associazione e che ha voluto donare alla comunità un’opera in ferro battuto, realizzata da un artigiano locale, che rappresentata una bambina in ricordo di tutti quegli orfani speciali che restano. Accanto, anche, una panchina rossa omaggiata dal Briko Center Bike di Tarsia.

Il libro Sangue del mio sangue, scritto a quattro mani, fornisce due chiavi di lettura: quella dello psicanalista, criminologo Sergio Caruso e della testimone diretta e giornalista Fabrizia Arcuri. Nel primo caso, il testo ha l’intento di analizzare attraverso concetti scientifici ed etici la casistica di un fenomeno sempre più crescente definito “Family Mass Murderer” e rappresenta anche un chiaro invito alla prevenzione. Nel secondo caso, vi è una sorta di autobiografia del dolore e dell’aspetto introspettivo delle cosiddette vittime secondarie, di cui nessuno parla o si ricorda. Il libro rappresenta anche una battaglia aperta nei confronti delle Istituzioni e dello Stato su quest’ultimo aspetto; i due superstiti non hanno ricevuto nessun tipo di risarcimento.

Dopo 25 anni, è la prima volta che si parla della strage e a farlo anche uno dei due superstiti con una testimonianza diretta, Marco Benvenuto, che allora aveva 3 anni. Un racconto che ha lasciato nei partecipanti molta commozione, soprattutto al pensiero della piccola vittima e dei superstiti dimenticati dallo Stato. Il libro rappresenta, anche, una battaglia aperta nei confronti delle Istituzioni su quest’ultimo aspetto; i due superstiti non hanno ricevuto nessun tipo di risarcimento né economico, né morale o di assistenza post trauma.

La manifestazione è stata fortemente voluta dall’Associazione e patrocinata dall’amministrazione comunale, presenti il sindaco Roberto Ameruso, il quale ha dichiarato: «Una cittadina che sta offrendo molte occasioni d’incontro, dove l’associazionismo è un elemento caratterizzante e attraverso momenti come questi, riconoscendo i meriti a chi ha organizzato la giornata, diventano veicoli di messaggi importanti in nome della socialità e in questo caso della prevenzione», e il vicesindaco Cristian Barone che così si è espresso: «Ho sempre creduto nel valore profondo che abita il cuore del volontariato. La forza dell’associazionismo può determinare un cambiamento nelle abitudini sociali e comportamentali di ognuno di noi. Oggi, devo dire che è stata una giornata carica di significati che hanno lasciato un segno indelebile nella profondità del mio animo ma come credo in tutti. Nell’ascoltare il triste e straziante racconto di Buonvicino grazie alla testimonianza dei due autori ho ripercorso il dolore che colpisce e subisce chi perde una Mamma».

Grande soddisfazione è stata espressa dalla presidente Daniela Signoretti: «È stata una giornata carica di emozioni il racconto di questa tragica storia e l’analisi tecnico scientifico del dott. Caruso hanno offerto molti spunti di riflessione e smosso le coscienze, il nostro obiettivo era proprio questo. Sono ancora troppe le donne vittime di violenza, per questo è necessario non smettere di parlarne e accendere i riflettori sulle tante vittime dei reati violenti. Dobbiamo iniziare quel percorso che porta ad una vera e propria rivoluzione culturale perché storie così non accadano più». (rcs)

Pari Opportunità / Gli auguri dell’assessore Catalfamo alle mamme calabresi

In occasione della festa della mamma, ieri l’assessore regionale Domenica Catalfamo che ha anche la delega delle Pari Opportunità ha voluto inviare un messaggio di affetto a tutte le mamme calabresi.

«La Festa della mamma – ha scritto la Catalfamo –: tra le feste non religiose, l’unica che non vede contrapposizioni e che trova magicamente tutti d’accordo. Una giornata in cui non serviranno manifestazioni di piazza, con o senza monologhi. Le mamme calabresi, in una regione definita poco mother friendly nella classifica di Save the Children, dove emergono, anche su questa tematica, grandi divari Nord/Sud, ostentano con orgoglio il proprio ruolo in tutte le fasi di età dei propri figli.Le mamme 2020 e 2021, riferimento per tutti durante la pandemia, che hanno imparato le tecniche della dad, scambiando informazioni sulle chat della classe, che hanno superato i giorni più difficili rinunciando a se stesse e andando a incrementare il loro tasso di disoccupazione, pagando un prezzo altissimo per il loro futuro.

Ma anche le mamme in carriera che diventano “non-stop”, le mamme sole, mamme ormai nonne che, nelle vignette di Whatsapp, raccomandano ai figli di mangiare e di andare piano… anche a piedi. Le mamme calabresi che per i figli sperano un futuro di successo, soffrendo in silenzio al pensiero del momento, quasi ineluttabile, in cui andranno a studiare o lavorare lontano da casa. Ma le mamme calabresi hanno il sole nel cuore e, con la speranza che presto qualcosa cambi, amano, sorridono e sognano.Auguri, mamme calabresi: oggi viviamo intensamente questo giorno che profuma dei fiori, del mare e del sole della nostra terra e dell’amore per i nostri figli». (rrm)