Lungo l’ascolto degli echi di Giuseppe Berto e Francesco Grisi, tra il veneziano e la Calabria

di PIERFRANCO BRUNI – La Calabria  non è soltanto un “pezzo” di Sud. È il mito che si è incagliato nelle civiltà ed ha fatto di esse il silenzio e la voce degli archetipi nel destino di un popolo. La Calabria non è mai solitudine, perché è sempre in compagnia del mare, di quel mare che lascia incontrare onde greche con onde latine, e dei boschi, nei quali i “chiari” sono fatti dalle albe e dalle lune che dialogano con i lupi nell’ascolto dei destini. Destini che cesellano l’intreccio tra il mare e le colline.

Giuseppe Berto ha attraversato i destini della Calabria e continua ad ascoltare il vento che giunge dal Mediterraneo e dai Mediterranei.
Quella Calabria che ha visto il racconto dei brigante, quel Mediterraneo che ha il cielo rosso e l’Africa negli occhi, quella Calabria che ha sconfitto il male oscuro, quella Calabria che si respira anche mentre si ascolta un Anonimo veneziano sino ad un Mediterraneo che è quello di un Oriente incastonato tra Cristo e Giuda.

Non bisogna inventare nulla ricordando Giuseppe Berto. Bisogna interpretare quella sua solitudine che non è mia una cosa buffa, ma può essere la reticenza o il destino, l’attesa e la sparizione tra il mare e le colline.

Berto è stato amico di Francesco Grisi, tanto che Grisi lo ha costruito personaggio in un suo racconto, come ricorda lo stesso Berto in una sua lettera inviata a Francesco (lettera inedita che ormai non è più tale), in una Roma conformista che li ha visti completamente anticonformisti ed eretici o vitali in un processo culturale dentro l’utopia della parola. Entrambi portavano la Calabria nell’anima. Grisi da genitori calabresi di Cutro ha raccontato la sua vita attraversando i luoghi di una Magna Grecia geografica e dei sentieri intrecciati tra metafisica e metafora. Quella Calabria che è futura memoria e che si lascia respirare nei cieli chiari e nei tramonti di una poltrona che naviga tra le acque del Tevere.

I personaggi non sono, in entrambi, immaginari di un realismo, nonostante su Berto si sia sviluppato un intenso dibattito, che ha dimensione di rappresentazione di senso. Sono un percorso nel mistero che gioca con l’intrepida fantasia. Berto è giunto nella Calabria di Grisi. Grisi ha ascoltato la Venezia degli amanti perduti dell’Anonimo di Berto. Nelle loro pagine le storie sono da leggersi e da catturare come elementi di un destino. Un indefinibile e un infinito destino. Ma la letteratura è tale se riesce a raccontare e mai a descrivere. Berto non è lo scrittore della descrizione. È piuttosto lo scrittore dell’invisibile e dentro l’invisibile è possibile catturare le onde dell’inquietudine.
Non c’è alcun personaggio che conosce il riso o il sorriso tout court, l’ironia sì. Ma l’ironia è lo specchio del senso tragico che trova un suo senso nel sogno. Il male oscuro è la lotta con il sogno. Se si vuole anche con l’incubo. Quando compare il padre tra Maria e il vecchio in Grisi c’è la figura del padre. Non muoiono con la morte.

La morte li rende ancora più vivi, tanto è che accompagnano non solo pagine di letteratura ma di vita, di quella vita che si fa letteratura. Gli amori di Berto nell’attraversamento del buffo sono anche gli amori nell’ironia di un amore che si sottolinea come a futura memoria.
La fede, e non parlo di religiosità, è il combattimento paolino che si legge in Berto con il tragico dialogo tra Cristo e Giuda ma anche la ricerca della terra promessa in Grisi che accompagna i suoi romanzi. Un raccordare i segni trasformandoli in simboli. Ci sono simboli fatti di testimonianza, di vita, di linguaggi. C’è quella Calabria alla quale si faceva riferimento.

Ovvero quella terra tra le colline e il mare. Una Calabria nella bellezza del magico e terribile nella visione del selvaggio. Non solo un gioco lirico ma anche una lettura antropologica. Berto che non smetto di amare e di rileggere è quello dell’Anonimo in una Venezia incantata e poi l’eresia di un Giuda che mette in discussione tutta la teologia cattolica con il sorriso bello di Gesù, che è consapevole di quella verità. Forse in queste due stagioni lo scrittore Berto trova una centralità straordinaria, oltre l’aspetto della psicanalisi.

Così in Grisi che con il suo raccontarci sempre a futura memoria traccia una profezia. Certo, ci troviamo di fronte ad una letteratura altra rispetto a quella che ci è stata imposta e proposta e da noi accettata passivamente. Non credo che si possa raccontare il Novecento letterario facendo a meno di Giuseppe Berto e di Francesco Grisi. Non credo che Calvino, Primo Levi, e Moravia abbiano focalizzato una triangolarizzazione interpretativa del Novecento dei linguaggi. Bisogna andare oltre.

C’è un Novecento letterario della metafisica che va oltre il realismo e oltre la rivolta della fantasia. Berto e Grisi sono voci palpitanti tra i destini e i personaggi. Giuseppe Berto supera la questione realista completamente, defalca il neorealismo, e vive il mistero della presenza della magia tra il sogno e la funzione di una letteratura tutta legata al magico sentire il sogno dentro la vita e il tragico nell’ironia del sempre. Quella Calabria resta il fuoco tra i Mediterranei che recitano amori e ascolti di mare.

L’immagine sublime, nella consapevolezza del dolore, è l’ascoltare il mare parlando alle one e affidando al vento sul mare i pensieri del sogno. Berto è stato necessario nella mia vita di scrittore. Grisi resta fondamentale. Nella necessità di scrivere non c’è il bisogno di capire.
Per uno scrittore il tempo della parola è sempre anonimo come le musiche del veneziano che agitano storie nella Laguna e immagini di Mediterranei sull’alto di Capo Vaticano. Il mio scrivere senza Berto e senza Grisi non sarebbe stato quello che è, quello che stato ascoltando le colline e il mare. (pb)

CAPO VATICANO (VV) – Le Muse alla Casa della Memoria di Giuseppe Berto

L’Associazione Le Muse di Reggio Calabria è stata a Capo Vaticano, nella Casa della Memoria che fu del filosofo Giuseppe Berto, per la presentazione del libro di Nicolino Lasorba Il senso della mia vita.

Numeroso il pubblico presente presso l’area riservata agli eventi culturali della villa che da poco tempo è entrata a fare della rete nazionale delle Case della memoria, prima sede deputata in Calabria. A presentare la serata il professore Giuseppe Livoti, presidente del sodalizio reggino che ha, sin da subito, ribadito come il luogo ospitante, vive proprio grazie all’opera di Antonina, figlia del noto scrittore Giuseppe, drammaturgo e sceneggiatore italiano che nel 1964 pubblica “Il male oscuro” Premio Viareggio e Campiello. Un caso letterario, di un romanzo che ripercorre autobiograficamente la vita dell’autore alla ricerca delle radici della sua sofferenza, un’ opera da cui verrà tratto un film, diretto nel 1989 da Mario Monicelli.

«Giuseppe Berto, questa sera – ha continuato Livoti – ha un collegamento ideale con la famiglia dell’autore Lasorba poiché acquistò un terreno a Capo Vaticano, in Calabria, dove, bonificata la sterpaglia, edificò una villa destinata a diventare il suo rifugio per gran parte dell’anno “l’isola degli aranci sta dall’altra parte celeste e gialla e un poco verde nella sua breve lontananza e in mezzo c’è un piccolo tratto di mare proprio piccolo ma non ho il coraggio di passarlo, padre non ho coraggio, (…) e del resto non tutti coloro che volevano la terra promessa poterono giungervi, non tutti furono degni della sua stabile perfezione, e così verso sera cerco un posto da dove si possa guardare la Sicilia, di notte l’altra costa è una lunghissima distesa di lampadine con segnali rossi e bianchi (…) ecco qui mi costruirò con le mie mani un rifugio di pietre e penso che in conclusione questo potrebbe andar bene come luogo della mia vita e della mia morte” (Il male oscuro, cit.)».

«Oggi – ha aggiunto – un rappresentante di questa famiglia che vendette il terreno è appunto Nicolino Lasorba il quale, con questo libro edito da Laruffa editore, racconta tra profonde memorie e visionarie scelte, il riscatto di una famiglia, la sua e quella di un territorio ovvero Capo Vaticano essendo oggi un manager di successo nel campo del turismo».

La presentazione è stata a cura della prof.ssa Rossana Rossomando, delegata Muse alla poesia la quale, sin da subito, ha ricordato al numeroso pubblico come l’autore parla della sua vita in termini semplici ma costruttivi, che evidenziano fatti ed eventi che contraddistinguono il suo percorso, caratterizzato dalla sincerità ma anche dall’originalità dei suoi obiettivi personali. Lasorba recepisce insegnamenti trasmessi dai suoi genitori, messi in pratica da esperienze lavorative, in cui la radice “Capo Vaticano” è il luogo della sua narrazione tra amore per le tradizioni, per la famiglia, per la sua gente, in un lavoro di introspezione e di insegnamenti per il lettore.

L’autore si è soffermato sulla necessità dell’uomo di oggi di rileggere la propria storia, lasciando sempre una certa distanza, storicizzandola tra pensiero e vita poiché per essere autentica la vita deve discendere nell’oscurità. Importante la presenza ed il saluto delle autorità tra le quali ricordiamo il senatore Francesco Bevilacqua che ha ribadito come anche la scrittura aiuta a capire non solo l’animo di chi scrive ma anche i luoghi identitari come quelli calabresi, mentre il sindaco di Spilinga, Enzo Marasco, ha accolto il libro come momento biografico di un uomo di successo che esalta nella scrittura e nella pratica attiva e fattiva, i territori con la sua instancabile attività e con la promozione del senso del bello che appartiene alla Calabria intera.

Vari momenti di lettura sono stati eseguiti a cura del Laboratorio di lettura Interpretativa diretto da Clara Condello con la presenza e partecipazione di Santina Milardi e Patrizia Pipino(rvv)

REGGIO: OGGI SI PARLA DE IL MALE OSCURO DI GIUSEPPE BERTO

30 luglio – Si svolge oggi, a Reggio, alle 21.00, presso il Chiostro di San Giorgio al Corso, la tavola rotonda dal titolo “Dal romanzo al cinema, ‘Il Male oscuro’ di Giuseppe Berto”, con video proiezione.
L’evento è stato organizzato dal Centro Internazionale Scrittori della Calabria, e prevede la partecipazione di Paola Radici Colace, prof. ordinario di Filologia Classica, Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina e Presidente Onorario e Direttore Scientifico del Cis, di Antonio Pugliese, prof. ordinario di Clinica Veterinaria, Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Messina e Componente del Comitato Scientifico del Cis e di  Rocco Zoccali, prof. ordinario di Psichiatria Università di Messina, Presidente della Società Italiana di Psichiatria Adolescenziale, componente del Comitato Scientifico del Cis.
“Il Male oscuro” di Giuseppe Berto, edito da Rizzoli nel 1964, ripercorre biograficamente la vita dell’autore alla ricerca dei motivi della sua lunga sofferenza, rivelando, così, i diversi avvenimenti della sua infanzia, specialmente il difficile rapporto con il padre. (rrc)

Giuseppe Berto Calabria