L’EMERGENZA DEMOGRAFICA IN CALABRIA
NON FIGURA NEI PROGRAMMI ELETTORALI

di GIUSEPPE DE BARTOLOCon la presentazione delle liste, frutto di una legge che mortifica la libertà di scelta dell’elettore e che favorisce il fenomeno dell’astensionismo, è entrato nel vivo il dibattito sui temi della campagna elettorale, dibattito che vede fino ad oggi la prevalenza degli argomenti legati alla crisi energetica e all’inflazione, conseguenze della guerra in Ucraina.

Molti altri temi, pur importanti, sembrano del tutto trascurati, tant’è che per un loro esame puntuale bisogna andare a spulciare i programmi delle coalizioni e dei singoli partiti, operazione che l’elettore comune difficilmente farà. In questa nota ci limiteremo a esaminare, seppur brevemente, quali contenuti demografici vi sono nei programmi di questa tornata elettorale e quali variazioni è possibile cogliere rispetto a quelli delle elezioni del 2018, argomenti che in questi ultimi anni hanno tenuto banco, tant’è che il termine “emergenza demografica” lo ritroviamo ormai nel linguaggio di tutti i giorni, con prese di posizione anche autorevoli per le conseguenze sul welfare familiare, sul sistema pensionistico e su molti altri aspetti della vita economica.

Ricordiamo che nella tornata elettorale del 2018 il sostegno alle famiglie e alla natalità aveva avuto una forte rilevanza sia per la preoccupazione di certi ambienti politici che la diminuzione della popolazione, certificata dai dati e dalle previsioni Istat, potesse essere colmata dagli immigrati sia per le conseguenze economico-sociali prodotte da una fecondità molto lontana dalla soglia di rimpiazzo delle generazioni di 2,1 figli per donna. La presa di coscienza che quella demografica fosse un’emergenza tra le più sottovalutate nella storia d’Italia si tradusse allora in proposte a sostegno della famiglia molto generose ma poco articolate per valutarne la reale fattibilità. Esaminiamo dunque più in dettaglio come il tema “demografia” sia variato nei programmi dall’elezione del 2018 a quella del 2022. Riteniamo che questo non sia un esercizio fine a sé stesso ma utile per cogliere cambiamenti degli atteggiamenti dei partiti non esplicitamente dichiarati.

Nel 2018 il Movimento 5Stelle, come all’epoca sottolineava Neodemos, partendo dalla constatazione del forte gap tra fecondità desiderata e realizzata, aveva dedicato al tema della fecondità un punto specifico del suo programma, promettendo un consistente aiuto alle famiglie con figli e un sistema fiscale basato sul quoziente familiare come in Francia. Nel programma del 2022, invece, non troviamo un esplicito riferimento alla denatalità ma una semplice elencazione di misure a sostegno delle donne (parità salariale, pensione anticipata per le mamme lavoratrici, sgravi per l’assunzione delle donne in gravidanza ecc.).

La coalizione PD, nel Capitolo Diritti e cittadinanza, manifesta l’impegno alla promozione di politiche di sostegno per la famiglia, anche per affrontare il problema della povertà infantile, della natalità e dell’inverno demografico, promettendo di migliorare l’Assegno unico universale e rivedere il peso della prima casa nel calcolo dell’ISEE. È prevista anche la realizzazione di un’Agenzia di Coordinamento delle politiche migratorie, un piano straordinario per l’occupazione femminile e l’impegno a costruire “un paese per giovani”.

Il Centro Destra, che nel 2018 presentava misure ben dettagliate sul tema demografico, nel programma odierno, nel punto Sostegno alla famiglia e alla natalità, ripropone le medesime misure che vanno dall’allineamento alla media europea della spesa pubblica per l‘infanzia e la famiglia, all’aumento dell’assegno unico e universale, alla progressiva introduzione del quoziente familiare e alle politiche di conciliazione lavoro famiglia per madri e padri. Molto dettagliati risultano gli argomenti riguardanti la sicurezza e il contrasto della legalità in linea con la tradizione politica di questo raggruppamento.

Infine, nel programma di Azione –Italia Viva – Calenda viene data enfasi agli interventi per combattere lo spopolamento e la desertificazione delle aree interne; all’impegno a realizzare il Family Act, e a misure riguardanti il welfare e terzo settore con particolare attenzione alla promozione dell’invecchiamento attivo.

Vi è anche un riferimento alle modalità di copertura finanziaria. Naturalmente, quanti di questi punti programmatici troveranno un’effettuale realizzazione da parte del governo che entrerà in carica dopo il 25 settembre, stante le risorse disponibili e il quadro internazionale attuale, è veramente difficile da immaginare. (gdb)

[Giuseppe De Bartolo è docente di Demografia all’Università della Calabria]

Destinazione Chicago. Una storia d’emigrazione
di Giuseppe De Bartolo

di PIETRO RENDE* – In Destinazione Chicago (Rubbettino), Giuseppe De Bartolo, noto docente di Demografia all’Unical, ricostruisce la sua esperienza di bird of passage (uccello di passaggio) sotto il cielo dell’immenso lago Michigan dove “Ti aspetti la città di Al Capone e ti trovi viali sereni… ti si spara una città marina…come un mare Adriatico… alle porte del west degli Stati Uniti… (che) permetteva  ai sarti di poter emigrare fuori quota nelle fabbriche della manifattura tessile”!

Figlio, appunto, di un’eccellenza sartoriale Rendese, si trova a raggiungere la famiglia oltre Oceano, pur avendo già conseguito l’anno prima,nel 1966, una Laurea in Statistica col massimo dei voti che gli consente di trovare lavoro in un’Assicurazione e poi di ritorno a insegnare in Italia. A prescindere dalla millimetrica, preziosa, esposizione dei dati sull’emigrazione italiana e meridionale, di cui è sicura expertise e autorevole docenza, archivio storico e frutto di ricerche sulle ragioni delle politiche migratorie da Mussolini ai restrittivi Immigration Act, il testo nelle finali conclusioni “morali” riapre le grandi questioni aperte dalla rivoluzione universale del Sessantotto e vissuta in America da un giovane neolaureato, ben al di sotto dei Trenta, che si trova a un incrocio di inserimento nella vita sociale  che si intreccia con quella personale.

Non si fa torto alla preziosità dei ricordi comuni a tanti emigranti che adesso senza complessi d’inferiorità raccontano le loro iniziali disavventure comuni quando  tornano d’estate nei paesi d’origine, in occasione delle festività patronali, a ritrovare gli amici e i parenti sopravvissuti o a riaprire e riabitare proprio le loro stesse vecchie case e tornare a dormire negli stessi letti dove sono nati. Ma il testo di De Bartolo non si ferma qui e imposta con felice stile spigliato e particolareggiato un confronto tra le  rivoluzioni culturali che li hanno investiti e hanno dovuto sopportare temendo di cambiare senso e  missione impressi alle  loro vite individuali da sistemi alternativi e mentalità correnti più monetaristiche che umanistiche ancorché destinate  ad allearsi sotto le ben più gravi minacce mondiali della Guerra Fredda. Nel terribilis annus 1968, dopo le dimissioni di Johnson da presidente USA, l’assassinio di Bob Kennedy e quello di Martin Luther King, cosa doveva e poteva fare un giovane professionista non ancora trentenne, che pure aveva trovato un ottimo lavoro in un’Assicurazione che già  per i suoi  algoritmi utilizzava la carta magnetica e non più quella perforata? In quella società tecnologicamente più avanzata , però, l’eco dei conflitti sessisti e soprattutto razzisti giungeva più forte e malinconica dei più violenti ma silenziosi e dolciastri “Sindacati” mafiosi. Cosa scegliere se non tornare a casa dove uno stimato notabile della politica, in un incontro coi Rendesi di Chicago, gli aveva garantito che avrebbe trovato ad attenderlo quel lavoro che aveva spinto la famiglia e poi lui stesso a emigrare per guadagnare 15 volte di più. Ma la vera o unica ragione non poteva essere più o solo questa da quando  sentiva crescere intorno a lui un mood di inimicizia che avvertiva e non sopportava cominciando da una collaboratrice nera del suo ufficio o sulla Metro quando attraversava qualche quartiere con viaggiatori neri o quando la Guardia nazionale era costretta a intervenire nel tessuto locale, specie dopo la grande Marcia dei centomila ad Atlanta.

Il nostro autore, come tanti altri, ora non sopporta più l’odio irrevocabile e crescente tra bianchi e neri, uomini e donne, ricchi e poveri, che in Italia non s’intravvede nello stile dei partiti  e nei borghi tra imparentati o amici di vecchia data che si rispettano e aiutano, eccetto qualche dispetto tra avversari politici facilmente aggirabile al Consolato Usa per potere emigrare nella” Merica ricca”. Perciò mentre “nei lunghi viali alberati di Cicero (sobborgo di Chicago) le foglie d’albero di acero si tingevano di oro e bronzo” dell’Estate indiana, il giovane De Bartolo sceglie il più mesto giallo dei nostri ricci per tornare a casa, con una valigia pieni di libri e di idee radicaleggianti come quelle di McCarthy sulle quote di genere e di giovani che la Convention democratica avrebbe però respinto scegliendo la candidatura più moderata di Humphrey, sostenuta  da Johnson che così si liberava del Vietnam.  E così anche il grande e il piccolo si meticciavano in un unico destino dove non sempre “il passato insegue il futuro”. (pr)

*[Pietro Rende, è stato parlamentare per tre legislature dal 1972 al 1983, nonché consigliere regionale della Calabria]