CITTÀ UNICA, L’INCOGNITA DEL CONSENSO
CONTROVERSIA SUL NUOVO CENTRALISMO

di ORLANDINO GRECO  – Il recente dibattito sulla fusione dei comuni in Calabria, in particolare il progetto che coinvolge Cosenza, Rende e Castrolibero, ha sollevato serie preoccupazioni sul rischio di un ritorno a forme di centralismo regionale. La regione, infatti, ha deciso di procedere con il progetto senza tenere in considerazione le opposizioni espresse dai consigli comunali e dai cittadini, “un’ingiuria istituzionale” che potrebbe costituire un pericoloso precedente nel panorama italiano.

Il ruolo delle Regioni nelle fusioni comunali

Le regioni italiane, ai sensi della normativa vigente, possono intervenire nella modifica dei confini comunali, sentendo le popolazioni interessate. Tale potere è stato finora esercitato nel rispetto delle autonomie locali e delle volontà espresse dai consigli comunali democraticamente eletti. Dal 1945 a oggi, non ci sono stati casi in Italia in cui una regione abbia estinto municipi senza che vi fosse il consenso formale da parte dei singoli consigli comunali coinvolti nella fusione.

Le recenti fusioni avvenute in Calabria, Corigliano Rossano e Casali del Manco, sebbene con una serie di forzature normative, sono nate nel rispetto formale della legge e della volontà dei Consigli comunali. L’imposizione di una maldestra fusione come quella che riguarda i comuni dell’area urbana cosentina, rappresenta un primo caso di intervento autoritario, con la Regione che decide senza l’impulso né la delibera delle amministrazioni locali.

La controversia calabrese: un nuovo centralismo?

Il caso della fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero ha attirato critiche da vari fronti. Secondo l’Associazione Nazionale per le Fusioni tra Comuni, l’approccio calabrese rappresenta un “pericoloso precedente” che potrebbe rendere le fusioni future ancora più complesse da realizzare. Questa fusione viene vista come un’operazione azzardata, portata avanti senza un confronto adeguato con i cittadini e le istituzioni locali.

Uno degli aspetti più controversi è stata la mancata approvazione di studi di fattibilità, che avrebbero dovuto analizzare le conseguenze economiche, finanziarie e urbanistiche della fusione. Inoltre, la Regione Calabria non ha fornito ai cittadini uno strumento partecipativo come il referendum, o perlomeno, non lo ha reso vincolante, come fatto da altre regioni. Questo ha portato alcuni a definire il referendum una “presa in giro”, con i cittadini privati del loro potere decisionale.

La necessità di un processo trasparente e partecipato

Le fusioni tra comuni, per quanto possano rappresentare una via per ottimizzare i servizi e migliorare le condizioni di vita dei cittadini, sono temi delicati che richiedono un approccio inclusivo e ponderato. Le regioni dovrebbero muoversi predisponendo un piano regionale delle fusioni e delle gestioni associate di funzioni e servizi in ragione delle peculiarità e delle esigenze dei territori per evitare che si renda discrezionale un atto così importante avviando sin da subito un dialogo costante e rispettoso con le istituzioni locali democraticamente elette.

È cruciale che, prima di avanzare una proposta di fusione, si studino attentamente le criticità del territorio e si elaborino piani strategici fondati su dati scientifici e obiettivi misurabili.

Nel caso della fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero, invece, si è assistito a un’azione unilaterale da parte della Regione Calabria, che ha proceduto senza coinvolgere le amministrazioni comunali e senza predisporre gli strumenti necessari per garantire una partecipazione consapevole dei cittadini. Questo atteggiamento autoritario non solo mette in discussione la legittimità del processo di fusione, ma solleva anche interrogativi sul rispetto dei principi democratici.

Un appello al buon senso

Di fronte a una situazione così critica, è necessario che la Regione Calabria interrompa l’iter di fusione e avvii un vero confronto con tutte le parti coinvolte eliminando la norma che ha svuotato di significato il referendum, restituendo così ai cittadini la possibilità di esprimersi realmente sul proprio futuro anche attraverso un dettagliato e approfondito studio di fattibilità che esamini attentamente tutti gli aspetti legati alla fusione.

Conclusioni

Il progetto di fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero si configura come un banco di prova per la Calabria e per il futuro delle autonomie locali in Italia. La decisione della Regione di procedere senza consultare adeguatamente le comunità locali rappresenta un grave precedente, che potrebbe influenzare negativamente la realizzazione di altre fusioni nel Paese.

In un contesto così delicato, è fondamentale che prevalga il buon senso e che le istituzioni si impegnino a garantire trasparenza, dialogo e rispetto per la volontà dei cittadini. Solo attraverso un processo partecipato e condiviso sarà possibile realizzare fusioni che migliorino realmente la qualità della vita delle comunità coinvolte. (og)

[Orlandino Greco è sindaco di Castrolibero]

Nicola Leone: Sì alla Città Unica, ma inserendo Montalto Uffugo

di FRANCO BARTUCCIPer farla breve e facilitare la comprensione della linea del confine terminale a Nord della città unica si dà come punto di riferimento il ponte di ferro dell’asse ferroviario collocato sulla statale 19 e che porta all’incrocio dei tratti ferroviari Cosenza /Paola e Sibari/Paola, superando il torrente Settimo, che stabilisce la linea di confine tra i comuni di Rende e Montalto Uffugo. 

Dicono che il disegno di legge regionale della città unica ha alla base uno studio di fattibilità redatto da un bravo ed esperto professionista.  Non so se il presidente della Giunta Regionale Roberto Occhiuto conosca o meno la zona della quale parliamo, ma è oltremodo visibile che proprio su quel confine si sviluppa l’area abitativa di Settimo con una popolazione di oltre cinquemila abitanti.

La descrizione appena fatta è la dimostrazione che il piano di fattibilità predisposto dalla commissione apposita del Consiglio regionale, oltre che togliere il diritto all’UniCal di svilupparsi in un’unica area urbana (la grande area urbana invocata dal Rettore Andreatta), non ha le fondamenta solide su cui poggiare il grande edificio, né radici solide, né memorie culturali, sociali ed economiche, ma si poggia sulla creta.

Tra l’altro è calda la polemica creatasi con la dichiarazione del Rettore Leone riportata dalla Gazzetta del Sud, creando del forte malumore in quelle associazioni costituitisi all’indomani dell’approvazione del disegno di legge che sono per il no, come anche con dichiarazioni pesanti apparsi attraverso i social. Ma vediamo cosa riporta il quotidiano messinese del Rettore Leone nei suoi servizi quotidiani dedicati al disegno della città unica: «La città unica – è la dichiarazione che si riporta nel giornale – porterà molti vantaggi per gli studenti dell’ateneo in vari settori e Cosenza si avvicinerà ulteriormente all’UniCal. Tra l’altro ritengo ci sia già di fatto una città unica che adesso lo diventerà dal punto di vista amministrativo».

Una dichiarazione  valutata ad ampio raggio che alla luce delle mie conoscenze in materia mi hanno dato sentore della scarsa conoscenza da parte del Rettore della storia stessa dell’Università e sulle quali radici ha cominciato a  nascere e costruirsi, contravvenendo allo spirito auspicato dal Comitato Tecnico Amministrativo nel 1971 di creare attorno alla nascente università un’unica grande area urbana, che il primo Rettore Beniamino Andreatta definiva la “Grande Cosenza”. 

Ciò mi ha portato a fare le mie considerazioni critiche allo stesso Rettore Nicola Leone, tramite messaggi WhatsApp, e la sua risposta è stata: «La invito a verificare la notizia alla fonte, come ogni giornalista dovrebbe sempre fare».

Proseguendo nel suo dire, che la fonte giusta non era la Gazzetta del Sud, ma la trasmissione “Dedalus” di Ten del mercoledì, ha proseguito dicendomi:  «Forse comprenderebbe il mio punto di vista. Potrà verificare che ho auspicato una rapida realizzazione della fusione, ed un immediato allargamento a Montalto Uffugo, per andare oltre, verso la costituzione di una grande città metropolitana. Se il processo viene bloccato oggi, mandando in fumo anni di lavoro, quando il primo passo è ormai a portata di mano, non si farà mai più. Chi rema contro fa, nei fatti, il gioco di chi preferisce che tutto resti così com’è».

Più che giusta la dichiarazione ultima riportata del Rettore Leone (che ha tutto il suo diritto di esprimersi in merito a tutela o meno dell’UniCal) in quanto si avvicina di molto all’idea della “Grande Cosenza” di Beniamino Andreatta; ma ci sono delle forti perplessità anche per il fatto che la Gazzetta del Sud non ha riportato per intero la sua dichiarazione.

Quell’immediato allargamento auspicato ed il fatto che il disegno di legge per il quale il 1° dicembre si andrà ad un referendum consultivo (per l’UniCal la data del 1° dicembre corrisponde al 53° anniversario del primo Statuto dell’Università della Calabria approvato appunto con il Dpr 1° dicembre 1971 n° 1329 a firma del Ministro della Pubblica Istruzione, Riccardo Misasi)  non ne prevede affatto l’inserimento e costituisce dei forti dubbi circa il rispetto di questa affermazione indirizzata ad avere anche nel progetto il quarto comune di Montalto Uffugo e questo dà ragione a chi dice no alla fusione in quanto la considera una operazione politica e strumentale con reconditi fini. 

Non vedo in questo progetto, predisposto dalla commissione del Consiglio regionale, trasparenza e condivisione pubblica unitaria, portando il PD soprattutto quello cosentino a compiere un grosso errore nel sostenerlo vantandosi di essere riuscito a spostare la data di applicazione del disegno di legge con lo scioglimento dei comuni interessati al mese di febbraio 2027. 

Una vicenda che mi porta ad esprimere il mio dissenso sulla intera operazione nei confronti del presidente Roberto Occhiuto, che avvertito nello scorso mese di agosto attraverso una lettera aperta pubblica indirizzatagli dagli Stati Uniti, tramite i mezzi d’informazione, e pubblicata soltanto dal giornale online Calabria.Live del 7 agosto, non ha accolto la richiesta di non indire il referendum e rinviare il testo di disegno di legge al Consiglio regionale, in quanto fortemente carente dei riferimenti storici, sociali e culturali, oltre che per il mancato confronto d’informazione diretta con le comunità coinvolte, denunciando il fatto che il progetto creava la sua prima vittima nell’Università della Calabria, già penalizzata da altre precedenti vicende come la mancata realizzazione della metropolitana.

Di non assumersi la responsabilità di porre fine al progetto dell’UniCal come disegnato, su stimolo dei padri fondatori, dagli architetti Gregotti e Martensson e di riscrivere con urgenza un nuovo testo di legge in accordo e concordia con tutte le componenti politiche ed associative del territorio con il coinvolgimento della dirigenza della stessa Università. Ciò non è accaduto ed assistiamo ad una spaccatura netta tra i pro e i contrari che allontanano a mio parere l’idea luminosa della “Grande Cosenza” pensata ed invocata dal rettore Beniamino Andreatta.

Per tutto ciò, in virtù del fatto che per 36 anni ho servito l’Università della Calabria, da Andreatta a Latorre, per quanto mi riguarda dico “no” alla città unica proposta nel disegno di legge del Consiglio regionale ed un lungo e tonante “si” alla “Grande Cosenza” che appartiene allo sviluppo dell’Università della Calabria. (fb)

LA “GRANDE COSENZA”: UN’OCCASIONE DI
POSITIVA INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA

di CANDIDA TUCCINoi imprenditori abbiamo nel nostro codice genetico la capacità di cavalcare i cambiamenti, di coglierne le opportunità e di guardare al futuro con fiducia ed ottimismo. Se così non fosse non avremmo nessuna speranza di poter resistere alle regole di mercato, e di questo, la piccola e media impresa italiana è l’esempio più  tangibile rappresentando oggi l’80% del Pil del nostro Paese.

La fusione di Cosenza Rende e Castrolibero sarà un grande cambiamento e perciò una grande opportunità per tutti, amministratori, parti sociali e cittadini di poter realizzare un progetto urbano efficiente, moderno, vivibile e progredito. In particolare, per le imprese della Salute dell’area urbana interessata dal processo di fusione, sarà un’occasione irrinunciabile di fare un passo in avanti verso l’integrazione socio sanitaria dei servizi alla persona attraverso una programmazione socio sanitaria finalmente unitaria ed omogenea per un comprensorio di ben 54 comuni. 

Cosenza Rende e Castrolibero ad oggi, appartengono a distretti socio sanitari diversi: Cosenza va con il Distretto del Savuto che raggruppa 34 comuni, mentre Rende e Castrolibero con il Distretto Valle Crati che raggruppa 20 comuni. Per le politiche di welfare, invece, Cosenza fa parte dell’Ambito Territoriale n.1 che include circa 13 comuni, mentre Rende e Castrolibero dell’Ambito territoriale n. 2 con circa 9 comuni.

Una frammentazione di programmazioni e competenze che sta generando non poche difficoltà. La fusione dei tre citati comuni, invece, comporterà la ridefinizione dei confini geografici dei citati distretti ed ambiti territoriali per cui ne conseguirà una programmazione unica socio sanitaria e socio assistenziale per tutti e 54 comuni rientranti nell’area geografica del Distretto Savuto e Valle Crati ed Ambiti Territoriali n. 1 e n.2. 

Un risultato straordinario che non sfugge a chi, come noi, rappresenta il settore degli erogatori privati di prestazioni sanitarie e sociali e che accoglie nelle proprie strutture, cittadini dei comuni citati che, per via delle loro diverse residenze, seguono spesso iter amministrativi diversi. Un vero controsenso e, soprattutto, per noi imprese un affanno burocratico ulteriore.

Sicuramente un’incombenza per le istituzioni regionali che avranno da ridefinire l’assetto distrettuale ma un investimento di energia indubbiamente utile perché produrrà un grande vantaggio per la comunità e per gli erogatori di prestazioni. Una programmazione socio sanitaria e socio assistenziale unitaria per un comprensorio di 54 comuni consentirà una lettura del fabbisogno maggiormente coerente, eviterà la clonazione di servizi e la duplicazione di interventi con ottimizzazione di costi e miglioramento delle performance salutari. Un risultato positivo, questo, per i percorsi di salute dei cittadini ulteriormente amplificato dalla (anche questa) necessaria riorganizzazione della rete farmaceutica conseguente anch’essa dalla fusione dei tre comuni citati. 

Unico interlocutore politico, un’unica pianificazione, un’ unica lettura del fabbisogno ed una conseguente maggiore razionalizzazione della distribuzione dei servizi sul territorio. 

Occasione, quindi, di poter superare quella frammentazione delle programmazioni dei servizi alla Salute dei cittadini che è ed è stata, storicamente, l’ostacolo principale per il raggiungimento della desiderata integrazione socio sanitaria. 

Una sfida per amministratori e parti sociali che oggi la maggior parte degli stakeholder dell’area urbana coinvolta dal processo di fusione, è pronta ad accogliere con entusiasmo. (ct)

[Candida Tucci è presidente regionale filiera Salute Confapi Calabria]

LA FUSIONE PUÒ ESSERE L’OCCASIONE PER
CONTARE DI PIÙ E NON ESSERE “INVISIBILI”

di GREGORIO CORIGLIANOVolete voi che sia approvata la proposta di legge che prevede la istituzione di un nuovo comune derivante la fusione tra Cosenza, Rende e Castrolibero? Questo è il quesito referendario che verrà posto ai cittadini calabresi, a conclusione dell’iter previsto dalla legge per istituire nuovi comuni.

La prima commissione del Consiglio regionale ha approvato la risoluzione della proposta firmata da Pierluigi Caputo, Katya Gentile, Luciana de Francesco, Sabrina Mannarino, Pietro Molinaro, Pasqualina Straface, Giuseppe Graziano e Gianluca Gallo, tutti di centrodestra.

L’iter previsto per far nascere un nuovo comune dalla fusione dei tre centri che hanno per capofila la città di Cosenza fa passi avanti. Prevista anche la scelta del nome, alla quale devono concorrere i cittadini tra Cosenza, Nuova Cosenza e Cosenza-Rende-Castrolibero. Il referendum potrebbe avvenire entro l’anno, certo dopo le elezioni europee. Nonostante l’opposizione dei sindaci della città capoluogo e degli altri due destinati a sciogliersi, l’iter va avanti. È positivo o negativo lo scioglimento e la conseguente nascita di un nuovo Comune? I politici di centro sinistra lo giudicano negativo, quelli di centro destra, positivo. Almeno i rappresentanti istituzionali.

C’è chi parla di nuovo centralismo democratico della Regione, c’è chi sostiene che la fusione viene fatta per salvare Cosenza dai debiti e dalla insolvenza. Non c’è accordo, ma guerra. Si tenta, da un lato, di prendere tempo e di rinviare, dall’altro di accelerare. Non c’è molta esperienza, in Calabria, anche se di fusioni nel corso degli anni ce ne sono state, di rilevanti, almeno tre. La prima, quella storica, la fusione tra Sant’Eufemia, Sambiase e Nicastro patrocinata dal senatore lametino Arturo Perugini, che diede vita alla quarta città della Calabria, Lamezia Terme. Della quale, non subito, ma col passare del tempo, si è detto un gran bene.

Poi nacque, nel 2017, Casali del Manco, tra la fusione di Casole Bruzio, Pedace, Sera Pedace, Spezzano Piccolo e Trenta. Tutti insieme, quasi diecimila abitanti. L’anno successivo nacque Coro, dalla fusione tra Corigliano e Rossano. Non ci fu accordo nella scelta di un nuovo nome e la nuova città si chiamò Corigliano-Rossano. In totale 74 mila abitanti, il terzo della Regione. Sulla carta, le precedenti città, sono rimaste come frazione. Ovviamente, sia a Casali del Manco che a Rossano-Corigliano c’è, rispettivamente, un solo consiglio comunale ed un solo sindaco. Lamezia Terme, è nata nel 1968 e conta 8 mila abitanti. Anche qui, i tre precedenti comuni, sono rimasti come frazione di Lamezia.

Dalla quarta città della Calabria, se non ai primi tempi, non ci sono più lamentele degli amministratori e dei cittadini. La fusione è stata assorbita ed anche bene. Non c’è più contrarietà a Casali del Manco, se non iniziali individualismi. Non digerita proprio bene la fusione tra Rossano e Corigliano, divenuta, per numero di abitanti, la terza città della Calabria, dopo Reggio e Cosenza. E prima di Crotone, Catanzaro e Vibo Valentia. La fusione, al di là del metodo –per questo c’è contestazione per la nascita della “nuova” Cosenza – è sempre un fatto positivo perché nasce una entità amministrativa più forte. L’unione fa la forza, da sempre. Più si è più si conta, maggiori sono ( o dovrebbero essere) i finanziamenti. Anche in questo tempo di magra e pur in presenza dell’approvazione (in dirittura d’arrivo?) del progetto del leghista Calderoli che sta dividendo il Paese e che la maggioranza di oggi pare voglia portare avanti. Non tutti concordano sulle fusioni. Nessuno sostiene che c’è la diminuzione di Sindaci e di consiglieri comunali, quindi, di cadreghe o di (presunti) ruoli di comando.

La verità è che la nostra è, fondamentalmente, una regione individualista, dove, come diceva l’avvocato Agnelli, “la migliore società è quella costituita in numero dispari e tre son troppi”. In Calabria, però, c’è l’esperienza di un nuovo solo Comune, nato, per l’esultanza dei cittadini, con legge della Regione, dalla divisione tra Rosarno e la sua ex frazione, quella di San Ferdinando, divenuto comune autonomo nel 1977, dopo venti lunghi anni di battaglie, proposte di legge, scioperi, ammutinamenti, divisioni.

A distanza di cinquant’anni dall’autonomia, nella Piana di Gioia Tauro, si comincia ora a parlare di fusione, per contare di più e per non vivere la vita grama delle singole realtà comunali che, a stento, riescono a provvedere agli aumentati bisogni dei cittadini. E per fronteggiare le nuove incombenze del Porto, ecco che si parla di unire Rosarno, Gioia Tauro, San Ferdinando e, forse, Rizziconi, se non Laureana e Candidoni. Chi vivrà, vedrà. (gc)

GRANDE COSENZA: CITTÀ UNICA TRA DUBBI
E CRITICITÀ, SERVIRÀ LA PARTECIPAZIONE

di ORLANDINO GRECO – Il tema della città unica fra Cosenza, Rende e Castrolibero, è scottante e di grande importanza per tutti i cittadini che vengono catapultati, senza un percorso razionale, ad un cambiamento repentino del loro quotidiano.

Ritengo, per questo, che sia urgente informare tutti sul tema delle fusioni, in genere e sul caso di specie: cittadini, esercenti, imprese e associazioni di categoria. Il rischio, infatti, è la scontatezza ed il pressappochismo, con conseguente salto nel buio. L’argomento credo dovrebbe essere affrontato sotto due distinti profili, ossia quello politico e quello tecnico.

Dal punto di vista politico, la Regione sta procedendo con una serie di modifiche dell’iter legislativo per l’istituzione del nuovo comune che rischiano di innescare una guerra istituzionale e di creare un nuovo centralismo del Consiglio Regionale. Infatti, attraverso un’imboscata in Consiglio, in un solo colpo, la Regione ha modificato la legge istitutiva sulle fusioni, togliendo l’atto di impulso ai comuni e sottolineando che il referendum che deve essere propedeutico e obbligatorio per l’atto di istituzione, diventa di fatto inutile.

Dal punto di vista tecnico, non è ancora chiaro quali siano le fusioni “utili” per la Calabria, atteso che manca un piano regionale per l’aggregazione istituzionale, e poi perché non è stato offerto ai cittadini uno studio di fattibilità organico sulla questione tale da poter mettere gli stessi nella condizione di individuarne benefici e criticità.

E in questa direzione, il Consiglio Regionale della Calabria sta scegliendo di fondere alcuni comuni in base a interessi di parte, tralasciando quelli di Vibo e Crotone, nonostante a Vibo siano già nati comitati spontanei a favore della fusione.

Ecco perché sarebbe più opportuno procedere con uno studio organico per verificare quali fusioni siano utili per la regione, come il Friuli Venezia Giulia con il suo programma annuale delle fusioni di comuni.

Non è certo lo studio presentato dal dr. Sergio, che apprezzo, a poter consentire concretamente una oggettiva valutazione di compatibilità sociale, finanziaria, urbanistica, organizzativa.

Uno studio di fattibilità dovrebbe illustrare il futuro e non solo fotografare lo status quo: una nuova città si progetta seriamente.

Il mio impegno politico, per questo, è noto a favore dell’associazionismo attraverso le unioni dei comuni che possono avere come obiettivo la fusione ma costruita bene, con rigore e serietà. La fusione non è osteggiata per il rischio di perdere poltrone da sindaco o assessore questo deve essere chiaro. E anche sui risparmi la situazione rischia di essere solo propaganda.

Difatti, il risparmio previsto da Sergio è misero e disdicevole, sarebbe meglio togliere due inutili commissioni in consiglio regionale e ridurre i consiglieri di due unità.
Il consiglio di Castrolibero, per tali motivi, ha approvato un documento di diffida a procedere senza il coinvolgimento dei consigli comunali nella fusione dei comuni.

Un corretto iter di fusione dovrebbe includere un “giudizio preliminare di meritevolezza” e uno studio di fattibilità che fornisca elementi sufficienti per esprimere un giudizio sulla fusione. E anche il referendum consultivo in Calabria sembra avere un esito già scritto, con la Regione che non sembra intenzionata a confrontarsi apertamente su un tema così delicato.

Io credo veramente che sia essenziale e sacrosanto il coinvolgimento della società civile e del confronto istituzionale, altrimenti il referendum sarà inutile e i cittadini non avranno nessuna voce in capitolo. Siamo all’antitesi della democrazia.

L’esito della votazione, è chiaro evidenziarlo, dovrebbe essere favorevole se la maggioranza dei voti validi è a favore, ma se a Castrolibero prevarrà il no, si combatterà una battaglia giuridica e politica per riaffermare il rispetto della sovranità popolare e contro la mortificazione del diritto di voto. (og)

[Orlandino Greco è sindaco di Castrolibero]

ROGLIANO (CS) – Sabato si presenta il libro sulla “Grande Cosenza”

Sabato 10 febbraio, a Rogliano, alle 17.30, nella Sala Consiliare, sarà presentato il libro La grande Cosenza del sindaco Clausi Schettini (1952-1963) a cura di Ferdinando Perri ed edito da Progetto 2000.

La manifestazione verrà aperta dal saluto istituzionale del sindaco Giovanni Altomare, nel dibattito interverranno: Alfredo Antoniozzi, vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera,  Mimmo Frammartino, presidente della commissione Cultura del Comune di Cosenza; Maria Locanto, del Centro studi “Cattolici, Socialità, Politica”; Francesco Capocasale, consigliere comunale di Dipignano; l’ex sindaco di Cosenza Piero Minutolo, e gli ex consiglieri comunali della città capoluogo Franco Pichierri, Gianpaolo Chiappetta e Pietro Perugini. Concluderà l’autore della pubblicazione.  Il coordinamento è affidato al rettore dell’Universitas Vivariensis, l’editore Demetrio Guzzardi.

Interverrà il sottosegretario agli Interni, Wanda Ferro, che tra l’altro ha firmato la nota introduttiva al testo: «La storia ha già dato un plauso positivo all’azione amministrativa di Clausi Schettini, la visione di futuro che ha costantemente portato avanti è un monito per tutti, una grande Cosenza non può che fare bene alla sua grande e vasta provincia, ai territori che la circondano e all’intera Calabria. Quel tracciato autostradale mediano che lui vide, non è stato un regalo a Cosenza, ma il modo più intelligente di collegare storie, esperienze, attività e possibilità di sviluppo per tutti. Oggi occorrono altre infrastrutture per avvicinare le nostre aree urbane, i nostri atenei, i nostri centri di ricerca, la guerra di campanile, lasciamola solo sugli spalti dei nostri stadi, per la Calabria servono altri visionari alla Clausi Schettini, che sappiano progettare il futuro, restando sempre con i piedi ben piantati per terra».

Arnaldo Clausi Schettini fu sindaco di Cosenza dal 1952 al 1963, con l’ineguagliato primato di aver detenuto la carica per 11 anni. Esponente della Democrazia cristiana, fu alla guida del municipio cosentino con giunte monocolore Dc e – altro motivo di interesse – di centrodestra, con il Partito Liberale (Pli) e il Movimento sociale (Msi), in una fase storica che in Italia aveva già avviato il centrosinistra, con l’inizio di una ultratrentennale  esperienza di coalizione di governo. (rcs)

UNICAL, NECESSARIO COLLEGARE COSENZA
RISPETTANDO IL PROGETTO DI ANDREATTA

di FRANCO BARTUCCI – Completare il progetto dell’Università della Calabria, scaturito dal concorso internazionale attribuito agli architetti Gregotti e Martensson, per costruire la nuova grande e unica città nella media Valle del Crati. È la sintesi del dibattito svoltosi a Montalto Uffugo a seguito della presentazione del mio libro L’avventura di Andreatta in Calabria – Un campus per competere nel mondo, pubblicato dalla Pellegrini Editore.

L’evento è stato promosso dall’Assessorato alla Cultura in collaborazione con l’Associazione Internazionale “Amici dell’Università della Calabria”, presieduta dalla prof.ssa Patrizia Piro, Pro Rettore e Presidente del Centro Residenziale dell’Università della Calabria. 

Un dibattito apertosi con gli interventi di saluto dell’assessore Gianfranco Bria, che ha sposato, da laureato dell’UniCal, l’idea progettuale della “città unica” con al centro lo stimolo dell’Università, nonché del  prof. Pietro Brandmayr, vice presidente dell’Associazione Internazionale “Amici dell’Università della Calabria” e già presidente del Centro Residenziale, che ha parlato delle funzioni della stessa associazione come collante di collegamento e rapporto sinergico tra l’Università della Calabria ed i propri laureati per essere animatori di una società viva e ricca culturalmente, socialmente ed economicamente a dimensione locale (come la stessa università con il suo campus immerso in una città unica) e regionale.

A parlare del ruolo e della funzione svolta dal primo Rettore dell’Università della Calabria, prof. Beniamino Andreatta, nel consegnare alla Calabria un’idea progettuale di un Campus universitario moderno ed innovativo nel contesto di una città nuova tutta da costruire sono stati: il prof. Emerito, Piero Fantozzi, sociologo e politologo ben noto; nonché il dott. Aldo Semeraro, primo studente di Montalto Uffugo laureatosi nel 1977 in Scienze Economiche e Sociali,  primo studente eletto, insieme agli studenti Paolo Guaglianone e Francesco Zaffino, nel Consiglio di amministrazione dell’Opera Universitaria, presieduto dal Rettore Beniamino Andreatta con direttore amministrativo il dott. Antonio Onofrio, dalle prime 600 matricole di studenti calabresi che si iscrissero nel primo anno accademico 1972/73 ai tre corsi di laurea attivati: Ingegneria, Scienze Economiche e Sociali, Fisica; mentre l’analisi e le prospettive del progetto Gregotti/Martensson nel dare stimolo alla sua realizzazione è stato il prof. Mauro Francini, Ordinario di Tecnica Urbanistica e docente del corso di Tecnica Urbanistica della Laurea Magistrale di Ingegneria Civile dell’Università della Calabria.

Una manifestazione voluta per riflettere, oltre che sulla figura del primo Rettore dell’Ateneo di Arcavacata, prof. Beniamino Andreatta, sull’idea della città unica metropolitana, della quale se ne parla da tempo immemorabile, che ha le radici nel cuore pulsante della nascita stessa dell’ Università della Calabria, grazie agli studi elaborati dal Comitato Tecnico Amministrativo, prodotti nel 1971, trovando nel Rettore Andreatta una guida stimolante e propositiva, trasportati nel progetto internazionale, prodotto dal gruppo di architetti, guidati dal prof. Vittorio Gregotti, scelto nel 1974 dall’apposita commissione internazionale. Elementi e  idee che costituiscono ancora oggi validità progettuale per un disegno urbanistico, sociale e culturale nell’area della media Valle del Crati con Cosenza, Rende e Montalto Uffugo visti come fari guida nella costruzione della nuova città.

«Sicuramente una delle possibilità più concrete per pensare ad uno sviluppo socio-economico sostenibile del territorio dei comuni di Cosenza /Rende/Montalto, è quella di investire nello sviluppo dell’intero tessuto produttivo. In tale processo, l’Università della Calabria potrà essere indispensabile a contribuire ad avviare un processo concreto di rigenerazione territoriale, rispondendo, da un lato, alla richiesta di alta formazione e creando, dall’altro, un luogo fisico rinnovato dove moltiplicare occasioni di scambio culturale, rispettando i parametri generali della sostenibilità e della sicurezza. Una sfida importante è appunto quella di realizzare una concreta apertura dell’Università verso l’intera area urbana ripensando questo contesto territoriale come un luogo di eccellenza». 

Sono parole pronunciate in un passaggio del suo intervento dal prof. Mauro Francini, i cui contenuti saranno portati più in avanti; mentre è doveroso parlare adesso delle funzioni svolte dal Rettore Andreatta, attraverso il ricordo del prof. Piero Fantozzi che, durante la fase di partenza delle prime attività didattiche e scientifiche dell’Università, ha pure ricoperto le funzioni di primo segretario del sindacato Cgil che raccoglieva l’adesione sia di docenti che di non docenti.

Facente parte del primo nucleo di ricercatori e docenti della Facoltà di Scienze Economiche e Sociali fin dal primo anno accademico 1972/73, il prof. Fantozzi, nel fare la sua valutazione sul libro, ben scritto e raccontato con dovizia di documenti, delibere, articoli di giornali dell’epoca, ha sottolineato l’importanza di conoscere la storia di partenza dell’Università della Calabria e quanto ha fatto il Rettore Andreatta.

 «Il libro facile da leggere – ha precisato il prof. Fantozzi – ben focalizza quel periodo storico in cui Andreatta ha saputo occuparsi, da accademico e uomo politico esperto, frutto delle sue esperienze in campo nazionale ed internazionale, della nascente Università, quale strumento e lievito per lo sviluppo della Calabria. Un progetto che lo ha visto impegnato nell’avvio delle attività amministrative, nella impostazione dei dipartimenti e delle Facoltà per un’attività didattica e scientifica di qualità, nella predisposizione del primo Statuto, di visione lungimirante ed innovativo, nonché nella definizione e conclusione del progetto internazionale indetto per realizzare la cittadella universitaria con il  suo campus universitario,  guardando con particolare attenzione ad un rapporto di integrazione culturale, economico e sociale tra il nascente Ateneo e la società calabrese, arrivando finanche a valorizzare culturalmente la popolazione arberëshë calabrese».

A distanza di cinquant’anni, quello spirito e quei contenuti di grande partecipazione diffusa nella realizzazione di una Università moderna ed innovativa aperta al territorio, sotto l’aspetto sociale e culturale, è venuta meno anche per effetto delle varie revisioni che sono state apportate allo Statuto originario, per effetto anche di provvedimenti legislativi di riforma universitaria nazionale che non hanno tenuto conto delle specificità particolari della prima Università calabrese e della prima Università statale italiana fondata dalla Repubblica.

«Uno spirito, un clima e contenuti che vanno recuperati – ha concluso il prof. Fantozzi – prima ancora di guardare alle forme migliori per portare a termine il progetto strutturale disegnato dai progettisti Gregotti e Martensson. Una città universitaria che deve trovare oltre al corpo anche un’anima di sentimenti, cultura sociale e valori».

Ma il tema del progetto strutturale Gregotti/Martensson, nel contesto della grande città, i cui lavori sono bloccati dal 2007, sono stati argomenti trattati dal prof. Mauro Francini, come anticipato in apertura del servizio, facendo il punto, come delegato dei Rettori Crisci e Leone, sullo stato delle cose, alla luce di importanti considerazioni di ripresa dell’idea progettuale,  messe in atto in questi ultimi anni dalla stessa Università e supportati dal precedente governo regionale, guidato dall’on. Mario Oliverio

Sì è parlato della stazione ferroviaria di Settimo di Montalto Uffugo e del raddoppio della galleria Santomarco, il cui progetto è in fase di elaborazione da parte di Trenitalia, dell’uscita autostradale A2 di Settimo di Montalto Uffugo ad opera dell’Anas con finanziamenti anche previsti a suo tempo dal governo Oliverio insieme al villaggio dello Sport, nonché delle bretelle di collegamento dall’ uscita autostradale alle strutture universitarie ed alla stazione ferroviaria di Settimo, per finire con il tracciato nuovo della metro leggera progettato dalla stazione ferroviaria Settimo di Montalto/Centro storico di Cosenza, accantonato dal Consiglio e dalla Giunta regionale di centro destra uscenti, a seguito del disinteresse delle amministrazioni comunali di Cosenza e Rende, su sollecitazioni  ed interessamento della parlamentare europea, Laura Ferrara.

Addirittura, ha trovato una citazione anche il nuovo ospedale di Cosenza con un possibile insediamento in un territorio inserito in quello vincolato dall’Università e di proprietà della Provincia di Cosenza, oggetto di ampi dibattiti politici in questi ultimi anni. Mentre una novità costituisce il disegno di realizzare a monte, tra i cubi dell’asse ponte e contrada Arcavacata, una nuova strada alternativa che partendo dall’area di piazza Vermicelli a Nord si sviluppa tra i quattro versanti fino a collegarsi a Sud nella testa d’ingresso di via Bucci, il tutto da concordare con il Comune di Rende.

Nel frattempo che tutto ciò possa maturare con l’effettiva realizzazione  di queste opere, l’Università della Calabria ha predisposto i seguenti progetti approvati dal Consiglio di Amministrazione: un piano particolareggiato dell’Università con progetto preliminare; un progetto di nuova mobilità interna all’Università con nuovi parcheggi auto e macchine ed ingresso attraverso un sottopasso su via Bucci e relativa sistemazione della piazza prevista come isola pedonale e relativi servizi commerciali, per finire con la Città dello Sport che potrà essere utile per il 2023 quando la città di Rende insieme a Catanzaro saranno impegnati a dare visibilità al loro ruolo di città europee dello Sport.

«Per fare ciò però occorre avere chiaro – ha sostenuto nel suo intervento il prof. Mauro Francini – il quadro d’insieme e gli obiettivi strategici che si vogliono raggiungere, coinvolgendo in un rapporto sinergico di collaborazione e progettualità l’Università, la Regione, la Provincia e i comuni di Cosenza, Rende, Montalto e relativo hinterland, senza correre il rischio di procedere al contrario, ovvero per singoli interventi non coordinati tra loro che rischiano di determinare risultati inadeguati. Per tal motivo occorre fare riferimento a nuovi modelli di sviluppo sostenibile, utili a contrapporsi all’inevitabile percorso di desertificazione in atto, associando ai progetti di trasformazione fisica processi di mobilitazione e inclusione. Anche perché la storia recente dell’urbanistica ci insegna che siamo di fronte a un cambio di paradigma dello sviluppo territoriale, e soprattutto che con i tradizionali strumenti urbanistici non si possono affrontare queste nuove sfide».

Il prof. Francini, avendo avuto nell’Università un lungo impegno di studio e ricerca, come occasioni d’impostazione di lavori in ambito di Scuole di  specializzazione promosse dalla Facoltà d’Ingegneria e relativi dipartimenti affini, dedicati alla tutela del territorio e dei centri urbani gravitanti nell’area del cosentino, con in primo luogo i centri storici di Cosenza e Rende, si è allargato nel fare in merito alcune sue considerazioni mirate a realizzare il progetto dell’Università della Calabria richiamando l’attenzione delle istituzioni locali e politiche del territorio.

«A questo punto, volendo declinare i vari livelli di intervento, inquadrando il tutto in una prospettiva di rilancio economico durevole – ha proseguito – si possono individuare quattro parole chiave mediante cui racchiudere le priorità strategiche: Innovazione, Inclusione, Sicurezza e Qualità della vita. L’organo di pianificazione, tenendo presente i punti di forza e di debolezza, le minacce, le opportunità e le scelte del target da raggiungere, potrà definire le azioni da effettuare, nonché l’attuazione delle stesse e l’attivazione delle azioni di controllo e di monitoraggio. In particolare lo strumento utile al fine di adottare le logiche del processo di marketing territoriale. Un piano di marketing che deve contenere un documento formale costruito mediante gli elementi sopra descritti, che possono essere così sintetizzabili nel piano elaborativo: la diagnosi della situazione di partenza del territorio (analisi demografica, sociale ed economica); la definizione degli interessi e dei bisogni e l’individuazione dei mercati/pubblici di riferimento e delle loro peculiarità;  la consequenziale costruzione di una visione di lungo periodo; la determinazione di un piano d’azione”

Una idea di lavoro e di prospettiva che deve passare attraverso un piano promozionale che si può suddividere in: attività di image building, attività di investment generating, attività di investment assistance.

«L’attività di image building va effettuata – ha sostenuto il prof. Mauro Francini – dopo avere ben definito l’offerta del territorio ed è importante puntare su elementi forti e peculiari; L’attività di investment generation  è efficace se viene intesa come mezzo attraverso il quale si identificano i decision makers interessati ad investire; L’attività di investment assistance è diretta a concretizzare il percorso decisionale dei soggetti che hanno manifestato interesse; essa viene realizzata mediante azioni di informazione ai soggetti interessati, consulenza alle autorità locali sui miglioramenti da apportare, assistenza per la verifica delle migliori opzioni di localizzazione, organizzazione di incontri di affari con potenziali soggetti interessati».

Un intervento, molto apprezzato dall’assessore alla cultura del Comune di Montalto Uffugo, Gianfranco Bria, che merita un rilancio ed un confronto con le altre istituzioni locali del territorio gravitanti nel comprensorio dell’area urbana estesa nella media valle del Crati,  lì dove dovrà vivere la cittadella universitaria sempre più sotto attenzione da parte degli studenti stranieri, per come si è impegnato a stimolare e promuovere.

Una manifestazione interessante che si è chiusa con una testimonianza del primo studente di Montalto Uffugo, Aldo Semeraro, laureatosi nel 1977 all’UniCal con delle funzioni particolari descritti in apertura del servizio, al quale l’Associazione Internazionale “Amici dell’Università della Calabria”, per mano del vice presidente, prof. Pietro Brandmayr, gli ha conferito la pergamena di merito ed appartenenza con il riconoscimento del prof. Nicola Leone, attuale Rettore dell’Università della Calabria.

«Ricordo il primo incontro – ha esordito il dott. Aldo Semeraro – con il magnifico rettore Beniamino Andreatta. Ero insieme ad altri studenti per rappresentare alcune pressanti esigenze di giovani venuti da tutta la Calabria, per illustrare il disagio a cui erano soggetti. Ci siamo trovati di fronte ad una persona disponibilissima ad ascoltare, con un grande sorriso. Sempre pronto a trovare una soluzione. Ci siamo sentiti non solo oggetto di attenzione, ma destinatari di un progetto politico. Sentivamo che non si stava costruendo una cattedrale nel deserto, una centrale di potere asservita alle logiche clientelari di partiti, gruppi sociali o salotti di benpensanti. Stava nascendo in Calabria una grande “fabbrica” di cultura». 

«La cultura – ha aggiunto – è sempre stata uno strumento formidabile di emancipazione culturale per persone e territori. Non sentivamo la presenza di una macchina burocratica fredda e distante. Ascoltando Andreatta sembrava davvero, usando l’immagine consegnata da Nietzsche, che si potesse legare la realtà e l’arcobaleno. Non eravamo in presenza di un “esamificio”. Tutto sembrava organizzato e funzionale alla crescita di un vero capitale sociale. Tutti vedevamo nell’università un’occasione di riscatto sociale; molti tra di noi non avevano le risorse per studiare fuori regione e questo per la nostra Regione è stata una rivoluzione”.

La figura di Andreatta ci è stata ricordata, giorni fa a Bologna, dal Presidente del Consiglio, Mario Draghi, intervenendo alla  cerimonia di intitolazione dell’Aula Magna della Bologna Business School al primo Rettore dell’Università della Calabria. Pur parlando della vaccinazione anti Covid e del Green Pass obbligatorio per tutti ha detto: «Da ministro, Andreatta si è mosso in modo coraggioso e onesto in anni drammatici per la Repubblica e non ha esitato a prendere decisioni necessarie anche quando impopolari. “Le cose vanno fatte perché si devono fare, non per avere un risultato immediato”».

Parole che ci riportano al nostro Andreatta ben descritto dal dott. Aldo Semeraro con la stessa onestà, coraggio ed entusiasmo nel consegnarci un progetto di rilancio e sviluppo della nostra Calabria, che pur a distanza di cinquant’anni deve essere portato a compimento ed avere i risultati sperati e sognati da tanti calabresi di quel tempo. (fb)