LAVORO IRREGOLARE, CALABRIA MAGLIA
NERA CON IL TASSO PIÙ ALTO: È AL 17%

di ANTONIETTA MARIA STRATI – La Calabria è maglia nera per il lavoro irregolare: il 17% dei lavoratori risulta non regolare, contro una media nazionale dell’11,3%. È quanto emerso dal Report La sicurezza, un asset per le imprese in una congiuntura dominata dall’incertezza’ di Confartigianato Imprese, che fotografa un’Italia a diverse velocità, e mette in luce alcune criticità che in Calabria assumono carattere strutturale.

Quello della nostra regione, infatti, è il dato peggiore d’Italia, seguito da Campania (14,2%) e Sicilia (13,7%). Una condizione che determina non solo concorrenza sleale, ma anche gravi ripercussioni sul welfare e sulla sicurezza dei lavoratori.

La regione soffre fortemente anche per la diffusione di fenomeni come contraffazione e abusivismo, che penalizzano in particolare i settori artigiani più esposti come edilizia, moda, benessere, manutenzione e riparazione. In questi comparti, tre imprese su quattro sono artigiane, molte delle quali vulnerabili alla concorrenza sleale a causa di controlli insufficienti e contesto economico fragile.

Il report segnala inoltre che la Calabria è tra le regioni a più alto rischio di infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale. Secondo la “Mappatura Uif” (Unità di Informazione Finanziaria di Banca d’Italia), la presenza di imprese potenzialmente collegate a contesti mafiosi resta significativa, soprattutto nei settori del movimento terra, rifiuti, logistica e costruzioni.

Altro elemento critico è rappresentato dalla lentezza della giustizia civile. In Calabria, il tempo medio di definizione di un procedimento civile è tra i più elevati del Paese, condizione che disincentiva gli investimenti e ostacola l’affermazione di un’economia basata sulla certezza del diritto.

Nel 2023, in Calabria i delitti che interessano l’attività d’impresa denunciati dalle Forze di polizia all’Autorità giudiziaria, sono saliti del 4,3% e di questi oltre un terzo del totale sono dati dalla somma di truffe e frodi informatiche e dei delitti informatici, che sono tornati a salire dopo il calo registrato nel 2022.

Nel 2023, tra le cinque province calabresi, i delitti che interessano l’attività d’impresa crescono a Catanzaro (+7,8%), Vibo Valentia (+7,1%), Cosenza (+3,6%) e Reggio Calabria (+3,5%), mentre in controtendenza, scende Crotone (-1,6%). Tra le province, solo Reggio Calabria ha un numero di delitti ogni 100 unità locali delle imprese in linea con la media nazionale (18).

In questo scenario, sono 1.206 (17,5% del totale imprese manifatturiere) le imprese dell’artigianato maggiormente esposte al rischio contraffazione e abusivismo pari al 72,3 del totale imprese manifatturiere (1.667).

«La legalità non è un orpello, ma un fattore produttivo – ha ribadito Confartigianato Calabria riprendendo il report presentato –. Dove la legalità arretra, si riduce lo spazio per chi lavora nel rispetto delle regole. Occorre colmare i ritardi strutturali, a partire da una lotta efficace al sommerso e all’abusivismo, e sostenere le imprese sane con strumenti concreti, formazione e trasparenza negli appalti pubblici».

«Per la Calabria – sottolinea Confartigianato – si tratta di una sfida decisiva per la sopravvivenza e il rilancio delle migliaia di micro e piccole imprese che rappresentano l’ossatura del tessuto produttivo regionale. Il cambiamento passa per un impegno corale che coinvolga istituzioni, corpi intermedi, forze dell’ordine e soprattutto la cultura diffusa della legalità».  (ams)

Sapia (Fai Cisl): Investire nel confronto sociale per prevenire sfruttamento, lavoro irregolare e caporalato

È necessario «investire nel confronto sociale al fine di prevenire fenomeni di sfruttamento, lavoro irregolare e caporalato in agricoltura». È quanto ha ribadito Michele Sapia, segretario generale di Fai Cisl Calabria, nel corso della seduta della VI Commissionel, per discutere la proposta di legge di iniziativa dei Consiglieri regionali Tavernise, Gentile e Muraca “Interventi per contrastare il fenomeno del lavoro irregolare e dello sfruttamento dei lavoratori in agricoltura”.

«In Calabria quattro lavoratori agricoli su dieci sono irregolari, si registrano ancora troppe morti, infortuni e tragedie sul lavoro», ha ricordato il sindacalista, sottolineando come «proprio a partire dalla fondamentale legge n.199 del 2016, sarà essenziale affiancare alle misure repressive, condotte dalle Autorità di Pubblica Sicurezza, ulteriori interventi atti a sostenere attività di prevenzione, centralità del lavoro degli addetti, applicazione dei contratti di lavoro, tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, garantire la parità di genere e sostenere il ruolo della bilateralità».

Rispetto all’articolato della proposta di legge regionale, il segretario Generale della Fai Cisl calabrese ha consegnato al Presidente della Commissione un documento sindacale contenente proposte e riflessioni della Federazione regionale, sottolineando che «aspetti quali il contrasto allo sfruttamento lavorativo, l’uniformità di tutele per la salute e sicurezza sul lavoro e sostegno alla filiera produttiva e distribuzione, sono strettamente correlati, tematiche complesse da affrontare, attraverso il pieno coinvolgimento dei vari attori istituzionali e sociali, in un’ottica integrata.

Serve un’ampia e capillare campagna di divulgazione all’interno delle aziende e individuare strumenti di premialità, in quanto ancora pochissime sono le aziende agricole iscritte alla Rete del Lavoro agricolo di qualità, informando anche sulle diverse opportunità e da quanto previsto dalla clausola di condizionalità sociale contenuta nella nuova Pac.

Inoltre, occorre sostenere in ogni provincia l’istituzione della sezione territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità, prevedendo anche un “Organismo regionale di Coordinamento”. 

Sarà necessario pervenire ad un apposito “Protocollo regionale per il contrasto dello sfruttamento del lavoro in agricoltura” e istituzionalizzare luoghi di confronto regionale quali il “Tavolo regionale permanente sulla salute e sicurezza sul lavoro agricolo” e rendere operativo il “Tavolo Verde”.

Ancora troppo estesa è la rete dei circuiti illegali di reperimento della manodopera agricola, troppe le baraccopoli ed i ghetti, mentre è opportuno realizzare un “Piano regionale” per gli alloggi e traporto dei lavoratori agricoli, per contrastare i luoghi dell’abbandono e le agromafie.

Per questo si rende necessario intervenire anche sul mercato del lavoro, sostenendo il ruolo degli Enti bilaterali agricoli (Ebat) presenti in ogni provincia calabrese, condividere un “Documento regionale per l’agroalimentare made in Calabria” che garantisca giuste retribuzioni ai lavoratori ed esalti l’eccellenza delle produzioni di qualità regionali, sia sul piano della distribuzione che della commercializzazione, incentivare e rendere attrattivo questo settore per giovani e studenti, anche attraverso l’istituzione della “Banca della Terra” una banca dati su terreni incolti e abbandonati da assegnare ai giovani. C’è bisogno di un cambio di passo visto che il settore agricolo calabrese continua a svuotarsi e la carenza di manodopera rischia di aggravare l’attuale situazione. 

«È urgente – ha concluso Sapia – riprendere le trattative e rinnovare in tempi celeri i cinque contratti provinciali agricoli, convinti che le aziende virtuose sono quelle che applicano i contratti, valorizzano bilateralità e sicurezza sul lavoro e investono in formazione». (rrc)