L’OPINIONE / Mariaelena Senese: Per colmare divario infrastrutturale occorre un piano di risorse straordinario

di MARIAELENA SENESE – Per colmare il pesante divario infrastrutturale che allontana la Calabria dal resto del Paese occorre un piano di risorse straordinarie. Quelle stanziate sino ad oggi, direttamente dallo Stato e poi messe a disposizione anche dall’Unione Europea attraverso il Pnrr, appaiono insufficienti – nonostante la mole – per ammodernare e rendere efficienti gli assetti viari e ferroviari di questa regione.

Sui fondi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, che spinge forte sul pedale dell’acceleratore rispetto alla Misura 3 rispetto alle altre misure, pesa poi la tagliola del tempo a disposizione per la realizzazione dei progetti. Se, infatti, non si dovesse optare per la richiesta di uno slittamento riteniamo quantomeno difficile, se non impossibile, che i progetti coperti con i fondi del Pnrr possano vedere la luce entro il 2026.

Stiamo parlano di oltre 3 miliardi di euro, quasi il 37% dell’investimento totale previsto dal Pnrr per la Calabria (come si evince dai dati resi pubblici dalla Regione Calabria), che dovrebbero servire per dare corso a venti progetti: 18 per il miglioramento della rete ferroviaria e 2 indirizzati sull’intermodalità e la logistica integrata.

Ma anche questa importante dotazione finanziaria appare poca cosa se paragonata con il costo stimato dall’Anas per il completamento della Strada statale 106 che si attesta sopra i 13 miliardi di euro, quasi quanto si stima possa servire per la realizzazione del Ponte sullo Stretto.
Davanti a questa enorme mole di denaro che ancora oggi, nonostante diversi anni di commissariamento, non è bastata a cambiare il volto della Strada statale 106, i tempi ristretti per la messa a terra dei finanziamenti del Pnrr e la loro sbilanciata programmazione, che si dimentica di sostenere economicamente e finanziariamente la cura del settore sanitario, ci fanno intravvedere un futuro cupo per un regione che non riesce a fermare la grave emorragia di giovani che la sta interessando da diverso tempo e, ancora, non è in grado di dare concretezza a politiche infrastrutturali e di sviluppo capaci di segnare una svolta decisiva rispetto al percorso di decrescita in cui è impelagata.

Cosa dire, poi, della tratta ferrata che da anni attende l’elettrificazione del tratto jonico e, da qualche tempo, aspetta che l’Alta velocità possa arrivare sino a Reggio Calabria. Se, infatti, Rete ferroviaria italiana prevede di investire in interventi ferroviari sul territorio della Calabria oltre 36 miliardi di euro, di cui oltre 16 miliardi già finanziati, la messa a terra di questa ingente mole di finanziamenti rimane sulla carta di certo per l’anno corrente ma solo per quanto riguarda i primi interventi per la realizzazione dell’Alta velocità ferroviaria.
Per il momento l’intervento che pare poter avere una accelerazione in vista di una sua definizione, ma comunque con una previsione al 2030 per la sua cantierizzazione, è quello relativo al raddoppio della galleria Santomarco. Per il resto, invece, il prolungamento dell’Alta velocità fino alla città dei Bronzi rimane assai aleatorio.

Davanti a questo stato di cose, quindi, rimarchiamo la necessità di un cambio di passo nelle politiche del Governo rispetto a una terra che non solo non riesce a colmare il suo atavico divario con il resto del Paese ma che, purtroppo, sta perdendo anche contatto rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno. (ms)

[Maria Elena Senese è segretaria generale Uil Calabria]

L’OPINIONE / Santo Biondo: La necessità di perseguire applicazione di politiche attive del lavoro efficienti

di SANTO BIONDO – Nel 2022 il ricorso agli ammortizzatori sociali in Calabria è calato in maniera sensibile. Con oltre 6 milioni di ore cassa integrazione, nelle varie forme previste dalla legge, la nostra regione il quintultimo posto della classifica riferita a tutti i territori regionali della penisola.

Quello che non ci conforta, però, è il fatto che al calo degli ammortizzatori sociali corrisponda un incremento dei tassi di disoccupazione riferibili all’intera regione. Pertanto, chi esce dalla rete di protezione della cassa integrazione andrebbe ad infoltire la schiera dei disoccupati.

Se a questi dati si aggiunge anche il taglio degli “occupabili” dei percettori del Reddito di cittadinanza, che sono circa 220 mila, il quadro sociale della regione si fa ancora più fosco di prima.

Per questo siamo convinti che in Calabria sia necessario perseguire l’applicazione di politiche attive del lavoro moderne ed efficienti, sia importante mettere una lente d’ingrandimento sulla fase attuativa del programma Gol che ha avuto come fase propedeutica la presa in carico dei beneficiari da parte degli uffici regionali. Adesso la sfida più importante sarà quella dell’inserimento dei beneficiari all’intero dei percorsi previsti dal programma.

Questa azione si lega al rafforzamento dei centri per l’impiego sui cui si registra un rallentamento e alla creazione di politiche attive del lavoro che, in discontinuità con il passato, rappresentino un vero rafforzamento del tessuto produttivo locale e un elemento attrattore per gli investimenti privati da fuori regione. Fermo restando che è necessario attivare tutti i percorsi utili ad attrarre investimenti privati perché il lavoro non si crea per legge.

Occorre non attardarsi nella costruzione di una politica industriale regionale che metta insieme misure nazionali, operatività della Zes, politiche regionali aprendo un confronto permanente fra istituzione, sindacato e impresa, provvedendo ad ad istituire un tavolo regionale del lavoro.

È fondamentale costruire opportunità di sviluppo attraverso le occasioni offerte da una concreta attuazione delle missioni previste dal Pnrr e attraverso una spesa che sia veramente efficace del Por 21/27.

Ma torniamo all’analisi dei numeri. Rispetto al 2020 e al 2021, anni di piena pandemia da Coronavirus, il calo è stato netto ed ha fatto segnalare, nello studio del servizio Uil lavoro, coesione e territorio, un décalage significativo considerato che nel 2021 il totale di ore di cassa integrazione e di fondi di solidarietà si attestava a oltre 40 milioni e l’anno precedente, quando il Covid 19 stava lasciando il suo segno profondo sulla tenuta economica ed occupazionale di tutta la penisola, il totale del monte ore ammontava a oltre 51 milioni.

Un dato in controtendenza rispetto a quello fatto segnare dall’area meridionale nel suo complesso che con un totale 161,3 milioni ore, segnala aumento del 93,2% rispetto al 2019, in un quadro generale che non ci parla di un’uscita definitiva dal percorso di tutela del lavoro legato all’utilizzo degli ammortizzatori sociali.

Cosa che, come sostenuto dal servizio Uil lavoro, coesione e territorio, davanti alle tante crisi aperte, ci spinge “a sostenere con forza strumenti di difesa dell’occupazione come questi, ma c’è certamente anche il bisogno di fare di più e meglio affinché si migliori il sistema delle politiche attive, di cui parte integrante è la formazione, poiché occorre dare alle lavoratrici e lavoratori gli strumenti per qualificarsi e riqualificarsi in un mercato del lavoro in continuo cambiamento, soprattutto tecnologico e digitale”.

Scendendo dal dato generale a quello territoriale, poi, emerge chiaramente che – per quanto attiene i dati riferibili al ricorso alla Cassa integrazione – è la provincia di Catanzaro quella a far registrare il calo maggiore fra quelle calabresi, con un -19%. Basso, invece, l’incremento in provincia di Reggio Calabria (+1,9), mentre i territori di Cosenza (+176,3%) e quello di Crotone (+76,1%), nonostante il sensibile calo delle ore di cassa integrazione richieste, appaiono ancora essere in maggiore sofferenza dal punto di vista occupazionale.

Per quanto attiene, invece, il ricorso alla casa integrazione ordinaria, vale a dire quella che consiste nel versamento da parte dell’Inps di una somma di denaro in favore dei lavoratori la cui retribuzione è diminuita per effetto di una riduzione dell’attività lavorativa, è la provincia di Vibo Valentia (+215,5%) a far segnalare lo scostamento più rilevante e, quindi, a fare ricorso maggiormente a questo strumento.

A Crotone, invece, va il primato fra le province calabresi per quanto attiene il ricorso alla Cig ordinaria (60 mila ore circa) che la piazza al secondo posto fra le 15 province italiane che si sono segnate per il minor ricorso a questo ammortizzatore sociale. Classifica che vede anche Vibo Valentia in ottava piazza (136 mila ore circa di Ciò) e Reggio Calabria: quattordicesima con 236 mila ore circa di Cassa integrazione richieste.

A Cosenza (+181,2%), infine, spetta il picco più alto fra le cinque province calabresi per quanto riguarda i dati afferrabili alla Cassa integrazione straordinaria (quella che viene concessa per integrare la retribuzione di lavoratori di aziende che devono affrontare situazioni di riorganizzazione aziendale, anche per realizzare processi di transizione, crisi aziendale o contratti di solidarietà), con Catanzaro che fa registrare la flessione maggiore (-45,4%). (sb)