Nicola Gratteri al master in Intelligence dell’Unical: Per contrastare mafie investire in tecnologie

di FRANCO BARTUCCI – «Per contrastare le mafie lo Stato deve investire in tecnologie. Attenzione al fentanil, una droga che potrebbe avere effetti devastanti anche per l’Italia».

Sono due pensieri di sintesi della lezione di Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Napoli, ormai di casa all’UniCal, nell’ambito del Master sulla Intelligence, diretto dal prof. Mario Caligiuri, avente come tema: Le mafie, minacce alla sicurezza nazionale.

Gratteri ha iniziato la sua lezione citando il caso di una famiglia di ‘ndrangheta della provincia di Crotone, che ha ingaggiato degli hacker tedeschi per effettuare una sofisticata operazione di riciclaggio internazionale.

«Oggi il lavoro giudiziario – ha affermato – dimostra non solo quanto i mafiosi siano in grado di comprare e gestire alberghi, ristoranti, latifondi ma anche quanto la ‘ndrangheta sia capace di rivolgersi agli hacker».

In tale quadro ha evidenziato come le truffe online oggi provengano dall’est europeo e in particolare dalla Romania, dove le organizzazioni criminali si avvalgono di specialisti informatici molto validi, frutto di una tradizione di studio per la matematica maturata durante i regimi comunisti.

«Come già accaduto in Puglia con il contrabbando – ha proseguito –, oggi le forze di polizia devono inseguire le mafie dal punto di vista della tecnologia. Un’esigenza che si pone perché solo da 4 o 5 anni sono stati riattivati i concorsi nella pubblica amministrazione, compresi quelli delle forze di polizia. Si è registrato quindi un buco generazionale, perché non c’è stato ricambio e i governi non hanno investito in tecnologia».

Gratteri ha, quindi, ribadito come oggi i reati più gravi si commettano nel dark web, dove è possibile comprare di tutto: droga, armi, organi, bambini, oltre ad organizzare omicidi.

Ha proseguito affermando: «I mafiosi sono in grado di crearsi da soli delle piattaforme tipo whatsapp con cui comunicare in maniera criptata, ma le forze di polizia italiane, a differenza di quelle estere, che hanno investito ingenti somme per dotarsi di apparecchiature in grado di ascoltare le comunicazioni criminali nel dark web, non dispongono delle tecnologie adeguate per consentire un livello elevato d’intercettazione”. Ha quindi ulteriormente precisato che “quando mi si dice che le intercettazioni costano troppo, dico che non è vero, perché, ad esempio, la Procura di Napoli ha speso, in un anno, cinque milioni di euro d’intercettazioni, però ha sequestrato valori per centonovantacinque milioni di euro, quindi ha ottenuto un guadagno di centonovanta milioni di euro».

Il Procuratore di Napoli ha poi aggiunto che, «a livello normativo, bisogna consentire l’utilizzabilità delle intercettazioni dei reati riferiti alla pubblica amministrazione: concussione, corruzione, peculato, intercettati in procedimenti per i cui reati non è previsto l’arresto in fragranza».

Gratteri ha poi continuato sostenendo che «nel contrasto alle mafie, occorre prestare molta attenzione alla “zona grigia” che è spesso funzionale agli interessi in gioco. Infatti, c’è una mafia che controlla il territorio e c’è una mafia che controlla gli appalti e che ha un bisogno continuo di rapporti con la pubblica amministrazione».

Su questo tema ha poi rimarcato che «è utile il tabulato del mafioso, non perché nella conversazione parli di omicidi o altri reati, ma perché chiama un incensurato, che commetterà errori e più di tutti statisticamente è quello che, non abituato al rigore delle carceri, diventerà collaboratore di giustizia».

Il docente ha poi sostenuto che per contrastare le mafie è necessaria una conoscenza multidisciplinare: «Bisogna interessarsi di tutto. Non è solo un fatto materiale, bisogna conoscere la sociologia, la psicologia, le scienze perché servono per avere chiara la situazione delle mafie. Appunto per questo, è importante il lavoro di questo Master, dove coesistono tante discipline, apparentemente sconnesse, ma che in realtà sono importantissime per cogliere spunti essenziali per la comprensione della società e quindi anche del fenomeno mafioso, che per essere efficacemente contrastato ha bisogno di una visione all’interno della quale collocare il singolo reato».

«Chi lotta la mafia – ha proseguito – è proiettato in un mondo dove bisogna fare analisi, dove le persone che hanno ruoli di responsabilità devono essere guidati da una visione, senza la quale non si riuscirà a comprendere in pieno e in profondità il territorio e i suoi attori».

Per Gratteri, la situazione europea è ancora peggiore, perché a parte eccellenze tecnologiche di alcune polizie, la legislazione è poco efficace per contrastare le mafie. Ad esempio «Eurojust, Europol, Interpol, progetto I-Can (Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta) le squadre investigative comuni, sono strutture che hanno una loro utilità nei rispettivi settori, ma presentano difficoltà sia a causa di mancanza di personale, sia per il fatto che, a livello internazionale, ogni polizia lavora a suo modo, con una sua sensibilità e una sua regolamentazione».

Inoltre, per il Procuratore di Napoli per svolgere indagini di qualità, oltre che creare delle sinergie tra le varie forze dell’ordine, «è necessario che ci sia un magistrato, un Sostituto Procuratore capace, autorevole e credibile che abbia la capacità e l’autorevolezza di dire chi fa cosa. Quando mancano questi dirigenti capaci di assumersi le responsabilità e di trasmettere tranquillità e sicurezza alle forze dell’ordine, le indagini non ottengono risultati e le procure non funzionano. Ecco perché è importante il fattore umano».

Gratteri ha, poi, effettuato una differenza tra la ‘ndrangheta e la camorra. Ha spiegato che ci sono tante camorre, con un’elevata capacità di utilizzare il dark web. Infatti, ha ricordato che a Napoli si producono i migliori passaporti falsi del mondo, alimentando un’attività illegale internazionale da cui trae vantaggio anche il terrorismo.

Ha poi ribadito il grave rischio che potrà presto esplodere collegato con la diffusione del Fentanyl, la droga degli zombie, che, prodotta in Cina ed esportata per ora prevalentemente negli Usa, sta causando effetti devastanti sui giovani. Per il docente, tra uno o due anni questa droga potrebbe invadere anche il nostro Paese con esiti devastanti.

Il docente ha anche affrontato i profili criminali della fornitura delle armi all’Ucraina, sulle quali ha suggerito di apporre un gps, in modo che siano immediatamente individuabili per evitare quello che è accaduto nel conflitto bosniaco, dove, terminata la guerra, le organizzazioni criminali hanno acquistato gli armamenti.

Gratteri ha concluso affermando che per avere degli Stati più liberi, più democratici, più competitivi c’è bisogno di contrastare efficacemente le mafie. Per cui occorre una forte volontà politica che fornisca strumenti globali per un problema globale. (fb)

Al master in intelligence dell’Unical con le parole si difende la democrazia e la sicurezza

di FRANCO BARTUCCIAnche il Master sull’Intelligence all’UniCal, diretto dal prof. Mario Caligiuri, dà lustro alla festa delle donne con una lezione della prof.ssa Vera Gheno, dell’Università di Firenze, che parlando sul tema: La sociolinguistica nell’era digitale, ha evidenziato che con le parole si difende la democrazia e la sicurezza.

Per la docente dell’Università di Firenze il linguaggio svolge un ruolo fondamentale nella comprensione e nell’interpretazione della realtà.

«Le parole che usiamo per descrivere esperienze, concetti e idee – ha precisato – aiutano a costruire significati e comprensione del mondo che ci circonda”. Ha quindi proseguito sostenendo che “fin dalle prime fasi della nostra vita, le parole ci accompagnano e svolgono un ruolo cruciale nel definire la nostra identità e, di conseguenza, il nostro percorso esistenziale. L’atto di dare nome alle cose è una caratteristica distintiva dell’essere umano, consentendoci di rendere comprensibile la realtà ie di trasmettere informazioni in modo efficace».

«Ogni codice linguistico – ha precisato – è soggetto a un costante processo di evoluzione e adattamento alle mutevoli esperienze umane e alle emergenze sociali. Il legame tra linguaggio, pensiero e visione del mondo è profondamente intrecciato: la lingua delinea il confine delle nostre capacità immaginative e plasma la nostra percezione della realtà. In tale quadro, la sociolinguistica è una disciplina interdisciplinare che indaga la complessa interazione tra linguaggio, società e cultura. Si situa al crocevia di diverse discipline, tra cui linguistica, sociologia e antropologia culturale, e si pone l’obiettivo di esaminare in che modo il linguaggio rifletta e modifichi le dinamiche sociali e culturali all’interno delle diverse comunità linguistiche».

«Pertanto – per la prof. Vera Gheno – a promuovere una educazione linguistica democratica implica lo sviluppo di competenze linguistiche avanzate per affrontare l’ampio orizzonte cognitivo dell’essere umano. La scuola, tradizionalmente concentrata sulla grammatica, ortografia e coniugazione dei verbi, ha spesso trascurato domande fondamentali sull’uso del linguaggio. Tuttavia, la complessità della comunicazione umana va oltre le singole parole, coinvolgendo gesti, espressioni facciali, intonazione e altri aspetti para- e non-verbali del nostro linguaggio».

Gheno ha quindi affrontato la comunicazione online, con i suoi canali specifici e le forme di espressione limitati. Ha evidenziato che è particolarmente vulnerabile ai fraintendimenti, generando tensioni, malintesi e danni reputazionali che possono coinvolgere individui e intere comunità, anche a livello internazionale.

«La permeabilità tra il mondo online e offline ha plasmato una nuova concezione dell’esistenza, conosciuta come “onlife”, che evidenzia la fusione sempre più stretta tra la vita reale e la nostra presenza nel mondo digitale».

«Tale fusione è diventata – ha detto la prof.ssa Vera Gheno – una parte essenziale della società contemporanea “liquida”. Allora, per la docente, l’uso distorto del linguaggio può compromettere la nostra capacità di comprendere e accogliere nuove dinamiche linguistiche e sociali. L’adozione di termini più inclusivi, sia nella vita reale che online, può favorire una maggiore consapevolezza e comprensione delle esperienze e delle sfide affrontate da specifici gruppi comunitari, contribuendo a contrastare pregiudizi e discriminazioni».

Secondo la docente «c’è bisogno di un linguaggio ampio, che rappresenta un processo per definire un nuovo vocabolario che non solo rispetti, ma valorizzi la diversità, evitando di attribuirle connotazioni negative».

In tale contesto, è fondamentale 1riconoscere come la trasformazione nel tempo del concetto di “normale” – associandolo implicitamente a qualcosa di “migliore” – abbia alimentato forme di discriminazione ed emarginazione nei confronti di coloro che non rientrano negli standard sociali dominanti».

Concludendo la sua lezione la prof.ssa Vera Gheno  ha sostenuto che «l’inclusione sociale e linguistica, insieme al concetto di intersezionalità, che significa possedere una visione linguistica, culturale e sociale, deve tenere conto in contemporanea delle varie dimensioni dell’essere umano che possano dare adito a discriminazioni e marginalizzazioni, considerando che il peso della combinazione di più discriminazioni che arrivano da più direzioni è infinitamente più gravosa da sopportare delle varie discriminazioni prese singolarmente».

«Tutto questo implica un sincero impegno verso la diversità e il dialogo interculturale, superando la mera tolleranza o integrazione e riconoscendo il valore intrinseco della diversità umana». (fb)

Intelligence, Vito Felice Uricchio al master dell’Università della Calabria

Un grande ricercatore ospite dell’Università della Calabria. “Satelliti e sicurezza ambientale: le regole, le tecnologie e le pratiche”. è il titolo della lezione tenuta da Vito Felice Uricchio, Dirigente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Il ricercatore ha approfondito il tema del massiccio aumento dei satelliti in orbita intorno al pianeta, introducendo il concetto di “dual use”, ovvero lo sfruttamento della massa di dati acquisiti dai satelliti sia di natura civile che militare, nonché dai sorvoli condotti da velivoli di ogni tipo.

Si pensi che nel corso del 2023 sono stati effettuati circa 300 lanci noti che hanno messo in orbita circa 6.000 satelliti noti, in aggiunta a quelli segreti.

I satelliti sono un presidio particolarmente importante per garantire la sicurezza dei Paesi sia attraverso piattaforme osservative e sia garantendo l’affidabilità delle comunicazioni, alla base dell’autonomia strategica dell’Ue.

I programmi satellitari, nazionali, europei ed internazionali, beneficiando dei protocolli di scambio di dati, creano una costellazione multi-orbitale di migliaia di satelliti, che garantisce all’UE servizi sicuri.

Questo aspetto è fondamentale per rafforzare la posizione europea tra i principali attori nello spazio, assicurando numerosi vantaggi, anche di carattere ambientale, sia per le Amministrazioni pubbliche che per i cittadini nella loro vita quotidiana.

Infatti, i programmi satellitari forniscono servizi governativi che spaziano dalla Difesa alla protezione ambientale, dalla tutela delle infrastrutture critiche alla conoscenza delle situazioni e alla gestione delle crisi.

Questi servizi – ha ribadito Uricchio – migliorano la resilienza dell’Italia e dell’UE.

Fornendo un’analisi numerica dei lanci satellitari relativa al 2023, il ricercatore ha poi focalizzato l’intervento sull’utilità strategica della costellazione multiorbitale di satelliti per la tutela, la conoscenza ed il monitoraggio ambientale.

In stretta connessione con la tutela ambientale, le inestimabili informazioni ottenibili dai satelliti e tutte le tecnologie sviluppate sia hardware che software, con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale a supporto della elaborazione dati, costituiscono un elemento imprescindibile per il contrasto ai reati ambientali.
Occorre regolamentare la privacy e la proprietà privata, ha detto il ricercatore che ha sottolineato la crescente qualità e disponibilità dei dati fondata sulla visione multilivello fornita da satelliti operativi a diverse orbite, con il consistente contributo tecnologico dell’Italia quale importante operatore per il progresso scientifico.

Purtroppo, il contesto geopolitico attuale ed il ridotto dialogo collaborativo tra Stati limita l’integrazione dei sistemi di rilevamento satellitare.

Approfondendo la tematica criminale, Uricchio ha ribadito che l’utilizzo sistematico delle rilevazioni satellitari costituisce uno dei più pervasivi ed efficaci strumenti di contrasto ai crimini ambientali che sono caratterizzati, tuttavia, da un tasso di aumento annuo compreso tra a livello globale il 5% e 7% provocando danni calcolabili in perdite stimate tra i 110 e i 281 miliardi di dollari all’anno.

I crimini contro la natura sono attualmente la terza attività criminale più redditizia al mondo, preceduta solo dal traffico di droga e dalla contraffazione e dal contrabbando di armi.

La criminalità ambientale transnazionale è diventata il principale motore finanziario del conflitto sociale, con gravi implicazioni per la pace e la sicurezza.

I percorsi dello sviluppo sostenibile devono riconoscere apertamente e mitigare i rischi posti dalla criminalità ambientale transnazionale alla sicurezza nazionale.

In molti Paesi i crimini ambientali non vengono considerati una priorità, con conseguente mancanza di una risposta governativa corale, adeguata e proporzionata.

Il ricercatore si è soffermato sulla tematica del disboscamento con le accezioni legate alla narco-deforestazione, ma anche all’estrazione illecita di minerali fortemente richieste dai mercati per la transizione ecologica ed ecologica in atto.

L’estrazione illegale di nichel e cobalto, occorrenti per la produzione di batterie, provoca devastazioni di ampie porzioni di territorio, con conseguenze significative anche sulla biodiversità e sulla salute umana per le possibili conseguenze di zoonosi.

In particolare, nella foresta Amazzonica assistiamo a ondate di violenza scatenate dal traffico minerario illegale con la presenza di gruppi armati transfrontalieri e unità di polizia militare canaglia che supervisionano e proteggono tali operazioni minerarie illegali.

Ulteriori impatti che i satelliti sono in grado di evidenziare si riferiscono alle colture intensive legate all’industria alimentare ed energetica (in particolare per la produzione di olio di palma), includendo altresì, le produzioni connesse alla industria della “carta monouso” innescato dallo stop all’uso di plastica monouso di cui alla Direttiva 104 del 2019.

Concludendo la panoramica informativa sui fenomeni criminali ambientali, Uricchio ha posto, quale massimo strumento di monitoraggio e controllo, il “proximal soil sensing”, ovvero l’utilizzo di strumenti capaci di verificare l’inquinamento del suolo, amplificando notevolmente le potenzialità del telerilevamento sia da piattaforma aerea che satellitare.

L’integrazione dei dati multilivello, arricchita dall’implementazione della Ia, costituisce il presente e il futuro della tutela ambientale.

Citando i progetti satellitari italiani, quali il Mirror Copernicus, il Cosmo SkyMed, i Sentinel 1, 2 e 3, il ricercatore ha delineato le funzioni applicative del data fusion e delle immagini satellitari iperspettrali, dati inestimabili per il contrasto ai reati ambientali e per l’osservazione dell’inquinamento del suolo.

Uricchio ha concluso l’intervento specificando che la tecnica analitica spettrale converge sulla progettazione, realizzazione e utilizzo di un microsatellite ambientale rivolto alla change detection spettrale, ovvero al processo di identificazione delle mutazioni del territorio in un particolare intervallo temporale mediante sensori capaci di captare minimi cambiamenti nell’uso del territorio. (rcs)

Il prefetto Franco Gabrielli apre il Master sull’Intelligence all’Unical

di FRANCO BARTUCCIServizi di Intelligence in Italia nel XXI secolo è il titolo della lezione tenuta dal prefetto Franco Gabrielli, Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica nel Governo Draghi e attualmente delegato alla Sicurezza del Comune di Milano, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Il Prefetto Gabrielli ha esordito dichiarando la non ortodossia del suo approccio e sottolineando il rapporto, inversamente proporzionale, tra ciò che si fa e ciò che si propaganda. Ha poi evidenziato la percezione comune che, non di rado, associa il concetto di intelligence ai servizi deviati, chiarendo che si tratta di una accezione impropria e storicamente errata e chiarendo che in molte occasioni alcune parti degli apparati d’intelligence sono state più fedeli all’Alleanza Atlantica che alla Carta Costituzionale.

Il Prefetto ha poi ricordato l’importanza strategica dell’Intelligence, evidenziando una carenza di sensibilità nei confronti di tale disciplina da parte della società italiana. 

Secondo Gabrielli, la storia dei nostri Servizi si presenta come percorso frammentato, caratterizzato dalla mancanza di una legislazione unitaria, contraddistinta da un «sistema binario antagonista, con un forte anelito unitario» che il legislatore, con la prima legge del 1977, ha trasformato da “sistema binario antagonista in sistema ibrido”.  

Infatti il Sismi è stato associato al controspionaggio. consentendogli di operare all’interno del Paese e di assumere le vesti di Servizio generalista, mentre il Sisde era stato concentrato soprattutto sull’antiterrorismo, che allora insanguinava il Paese.

L’assetto dei Servizi si basava su una dualità tra gli apparati interno ed esterno, spesso in competizione tra loro che si manifestava nella competizione tra Sismi e Sisde, per dimostrare una presunta supremazia.

Ulteriore passo nella storia dell’intelligence italiana è rappresentato dalla legge 124 del 2007 che presenta requisiti favorevoli.

«Si tratta – dice Franco Gabrielli – di una legge di iniziativa parlamentare approvata all’unanimità, che ha attribuito all’Aisi il compito di controspionaggio sul territorio italiano, mantenendo all’Aise la responsabilità della controproliferazione anche all’interno, consentendo a quest’ultima struttura di operare entro i confini nazionali». 

Rimarcando il tema della frammentarietà del potere come limite del sistema italiano, il prefetto Gabrielli ha evidenziato la mancanza di un modello dinamico di controllo, esprimendo preoccupazione per il timore diffuso di un eccessivo accentramento del potere, che ritarda una “necessaria riforma dei Servizi”.

Individuando due missioni sostanziali per i Servizi, Gabrielli ha sottolineato prioritariamente l’urgenza di consentire al decisore politico di svolgere funzioni determinanti. Tuttavia – aggiunge l’ex Capo della Polizia – questo richiederebbe una «cultura dell’intelligence, in quanto lo scenario politico italiano contemporaneo considera l’intelligence erroneamente un mondo di dossieraggio mentre in realtà è un mondo con straordinario potenziale per tutelare gli interessi nazionali».

La seconda missione identificata da Gabrielli riguarda l’analisi delle informazioni, la cui quantità di dati è sterminata. Pertanto, la valutazione delle informazioni presuppone un’altissima specializzazione degli operatori di intelligence.

Con soli quattro mila operatori in organico nel comparto dei Servizi, Gabrielli ha posto l’accento sulla questione centrale della selezione e la “qualità umana” degli operatori di intelligence, osservando le differenze tra l’approccio degli operatori delle forze di polizia e quello degli operatori d’intelligence. 

Ha altresì ricordato due contributi che, in qualità di Autorità delegata, ha cercato di apportare alla crescita dell’intelligence: l’istituzione del “clandestine service”, che protegge gli operatori AISE negli scenari esteri, e la creazione dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, facilitata dal Pnrr focalizzata sulla resilienza cibernetica. 

Su quest’ultimo aspetto, Franco Gabrielli ha delineato agli studenti del Master quattro pilastri: «cyber-resilienza, conferendo all’Acn un ruolo di coordinamento specifico; cyber intelligence, propria delle agenzie Aise e Aisi; cyber-defense, concernente il comparto militare; cyber-investigation prerogativa delle forze di polizia e in particolare della Polizia Postale». 

Ma Franco Gabrielli ha parlato infine dell’intelligence come di «un asset fondamentale dello Stato», precisando che i decisori politici devono rendersi consapevoli della sua rilevanza strategica e ricordando il rischio che le informazioni dell’intelligence siano ignorate, come a volte accaduto in passato.

Gabrielli ha quindi concluso, sostenendo che, «in un contesto sociale e politico dominato dai sondaggi, ogni argomento rischia di essere banalizzato, compresa l’intelligence che, sottratta al dibattito scientifico, diviene oggetto di discussione da bar».

Ha quindi chiarito che il rapporto tra politica e apparati di sicurezza è «profondamente connesso alla cultura che, come tutti i processi sociali, ha bisogno di tempo per essere compreso e utilizzato al meglio». 

Riguardo alla «riforma dei Servizi”, il Prefetto ha ribadito che rimane principalmente un problema culturale, per cui sono aumentate le resistenze, ricordando però che “la sicurezza è un bene comune che va al di là degli orientamenti politici  e che deve perseguire interessi generali».

Per gli studenti del Prof Mario Caligiuri, direttore all’Università della Calabria del Master, una lezione fondamentale, e seguita dall’inizio alla fine con un silenzio quasi religioso. Il via ufficiale al Master di Intelligence non poteva avere in realtà interlocutore più privilegiato di questo. (fb)

Lucio Caracciolo al master in Intelligence dell’Unical parla di geopolitica

di FRANCO BARTUCCIDopo Antonio Nicaso, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto dal prof. Mario Caligiuri, è intervenuto per la sua lezione Lucio Caracciolo, fondatore e direttore di Limes, parlando sul tema: Il deep state tra Geopolitica e intelligence, evidenziando come il controllo dei mari sarà al centro dei conflitti presenti e futuri; mentre decisiva sarà la questione di Taiwan.

Caracciolo ha descritto le due principali aree di tensione geopolitica: una di dimensioni più contenute relativa al conflitto in Ucraina, definita “guerra russo-americana”; e l’altra relativa alla sfida strategica sino-americana.

Il docente ha messo in evidenza che gli Stati Uniti, nella rappresentazione che intendono dare di sè stessi, pur non utilizzando la terminologia riconducibile al concetto di “impero”, si presentano come una “nazione missionaria provvidenziale”, il cui interesse coincide con quello dell’intera umanità. Questa vera e propria “vocazione” di cui si sentono investiti “ha mosso, ha legittimato e ha autogiustificato le molte guerre che gli Stati Uniti hanno combattuto a partire dalla loro esistenza e in particolare nel Novecento”. Infatti, a partire dal 1898 con la guerra ispano americana, quando gli Stati Uniti conquistarono le Filippine, è iniziato un percorso di crescita egemonica che li ha visti diventare una potenza mondiale, dominante dalla seconda guerra mondiale in poi.

Caracciolo ha poi osservato come lo spazio imperiale degli Stati Uniti si basi su due elementi: sul controllo delle rotte marittime, che rappresenta la conditio sine qua non per assicurarsi un decisivo vantaggio nella competizione economica, e sull’isolamento territoriale. A proposito, il docente ha sottolineato come l’impero americano goda di una situazione di cui nessun altro impero abbia mai beneficiato nel corso della storia, ovvero l’impossibilità di essere attaccati via terra. Nell’ambito della supremazia americana, la nostra nazione ha un ruolo di friend and ally, come vengono definiti gli alleati della Nato, garantendo agli Stati Uniti l’installazione di basi militari oggetto di trattati segreti che garantiscono agli U.S.A. una libertà di azione “incontestabile e decisiva”.

Il docente ha quindi sottolineato come la conseguenza che deriva dalla necessità di mantenere la posizione di “fattore benefico dell’umanità” sia quella di impedire che nel continente euroasiatico nasca una potenza che possa sfidarli e mettere in discussione il loro primato. Tale fattore ha spinto gli Stati Uniti ad intervenire nelle due guerre mondiali, per poi, dopo il 1945, «stabilizzare la loro presenza tramite l’alleanza atlantica».

Caracciolo ha poi sottolineato che la sfida principale ad oggi, per gli Stati Uniti, è quella rappresentata dalla Repubblica Popolare Cinese che «si presenta in modo esplicito, da quando è stata rifondata nel 1949, come una potenza globale», la cui dimensione oceanica è più “importante che mai”, nella sua ambizione di diventare grande potenza e riprendere il controllo dei propri mari. Per la Cina la sfida è dunque rappresentata dal «controllo delle rotte marittime che la collegano con il resto del mondo» e, per raggiungere tale scopo, occorre respingere gli Stati Uniti dalla loro area di influenza marittima.

Il docente si è poi soffermato sull’importanza del fattore demografico, considerando la posizione della Federazione Russa, il cui territorio è caratterizzato da uno spazio territoriale molto vasto, che copre ben undici diversi fusi orari, ma abitato da una popolazione molto scarsa tanto da rendere «la Russia asiatica più un oggetto di competizione che non un soggetto». Caracciolo ha sottolineato come tale criticità potrebbe effettivamente portare la Russia, in caso di sconfitta nella attuale guerra con l’Ucraina, a perdere grandi spazi territoriali, contribuendo a spingere la Russia a “considerare in gioco la sua stessa esistenza”.

Passando poi ad analizzare la posizione del nostro Paese, il docente ha rilevato come quello relativo alla fragilità demografica sia uno dei problemi più urgenti, di cui però non ci si occupa a sufficienza. A rendere evidente la gravità della situazione sono le proiezioni demografiche per continente al 2100, da cui si evince con chiarezza che già nel 2025 i continenti maggiormente popolosi saranno Africa ed Asia, mentre risulta evidente il declino europeo «con popolazione destinata a decrescere da qui alla fine del secolo».

Con questi rapporti demografici, non sarà più sostenibile «che l’attuale sistema di potere nato nel Novecento possa reggere da solo le sorti dell’intero pianeta», continuando a prevedere un mondo unipolare, Che è il mondo fino ad oggi perseguito dalla politica americana, che rappresenta invece «qualcosa di chimerico, qualcosa di impossibile o addirittura un sogno pericoloso perché, essendo irrealizzabile, se perseguito provocherebbe delle conseguenze catastrofiche».

Definendo il teatro indopacifico, il docente si è soffermato sulla rappresentazione che la repubblica popolare cinese intende dare di sé stessa come continuazione comunista di un impero millenario dei figli del drago, ovvero di un ceppo etnico fortemente radicato nella storia.  L’obiettivo cinese è pertanto quello di assumere il controllo dei mari, nel tentativo di sfidare gli Stati Uniti per l’egemonia mondiale.

Per attuare una strategia di contenimento dell’aspirazione cinese, gli Stati Uniti hanno garantito la loro presenza in tale area installando basi aereonavali nelle Filippine ed in Giappone, che, con India ed Australia, fa parte del cosiddetto Quad, l’alleanza militare strumentale all’egemonia americana per il contenimento della potenza cinese. In tale scenario risulta estremamente rilevante l’arcipelago indipendente di  Taiwan, che per la sua posizione strategica rappresenta il «cuore del dilemma del controllo delle grandi rotte oceaniche». Taiwan, che formalmente ha mantenuto fino ad oggi il nome di Repubblica di Cina, sta attuando una dismissione del patrimonio storico e culturale cinese, con la contestuale valorizzazione di quello taiwanese, in palese ottica di contrapposizione alla Cina.

Gli Stati Uniti fungono da potenza garante nella piena consapevolezza che «chi controlla Taiwan controlla le rotte marittime commerciali». Caracciolo ha sottolineato che è fondamentale ricordare che «la partita degli stretti oceanici sarà il cuore degli interessi geopolitici dei prossimi anni» e che per gli Stati Uniti questo è il cuore dello scontro, mentre il teatro dell’ucraina rimane secondario.

A tal proposito, il docente ha rappresentato i possibili scenari degli sviluppi del conflitto europeo, sottolineando la dimensione marittima dell’Ucraina e la possibile volontà da parte della Russia di chiuderne gli sbocchi sul mare, che rappresentano importanti rotte commerciali verso il Mar Nero e la rotta artica, ma che per la Russia hanno anche un valore simbolico rappresentato da Sebastopoli.

In riferimento al conflitto ucraino, Caracciolo ha rilevato come, nonostante «le comunicazioni mediatiche facciano apparire questa guerra come se non ci tocchi direttamente», il nostro Paese subisce, in realtà, implicazioni notevoli. L’invio di armi in Ucraina, senza che peraltro siano state rese pubbliche tipologia e quantità, «rischia di indebolire notevolmente il nostro arsenale militare, andando ad intaccare il nostro potenziale di difesa senza, tra l’altro, avere le capacità finanziarie per riarmarci». Altrettanto rappresentano per l’economia nazionale le sanzioni, pur non avendo significativamente intaccato l’economia russa, che ha continuato a crescere grazie alla disponibilità di paesi cosiddetti triangolatori, con un volume di importazione e scambi che non rileva particolari sofferenze.

Facendo riferimento all’inchiesta del giornalista americano Seymour Hersh, che attribuisce agli Stati Uniti il sabotaggio del gasdotto Nord Stream, Caracciolo ha poi sottolineato che una delle cause fondamentali di questo conflitto è la volontà da parte degli Stati Uniti di interrompere definitivamente l’interdipendenza energetica tra Italia, Germania e Russia. Ciò evidenzia il significato geopolitico più che quello economico, dal momento che gli accordi di intesa energetica tra Russia e Germania erano guardati con sospetto dagli Stati Uniti fin dall’epoca della guerra fredda.

In futuro gli approvvigionamenti di gas saranno garantiti dall’Azerbajan, per compensare almeno in parte la perdita del gas del Nord Stream, e dall’Algeria, che apre una sorta di paradosso, poiché le forze armate algerine sono fortemente dipendenti dalle forniture militari russe. Infine, Caracciolo, riferendosi al posizionamento dei Paesi Europei, ha rilevato come non esista un fronte univoco antirusso nella Nato, dal momento che vi sono posizioni differenti connesse al percorso storico di ciascuna nazione. (fb)

Nicola Gratteri al master in intelligence all’Unical: Per contrastare mafie servono hacker

di FRANCO BARTUCCI – «Per contrastare le mafie c’è bisogno di hacker. La funzione dell’intelligence è fondamentale nelle democrazie», lo ha detto Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro, al Master dell’Università della Calabria sulla Intelligence, diretto dal prof. Mario Caligiuri, nel trattare il tema: Le mafie minaccia alla sicurezza nazionale.

 Gratteri ha iniziato la lezione con la narrazione di un evento storico di grande importanza per la ‘ndrangheta, ovvero il summit del 1969 a Montalto, al quale parteciparono varie famiglie di ‘ndrangheta, riunite per stabilire un concetto fondamentale: l’unitarietà della organizzazione. I partecipanti alla riunione però non sapevano di essere ascoltati e controllati dalle forze dell’ordine, avvertite da una soffiata effettuata dalle famiglie di Reggio Calabria.

Questa circostanza consentì l’arresto di oltre 70 capimafia e l’ottenimento della certezza investigativa relativa all’unitarietà della ‘ndrangheta. Tale concetto, pur rappresentando un vero e proprio “spartiacacque tra vecchia e nuova ‘ndrangheta”, verrà però formalizzato giudizialmente solo nel 2010 con la pubblicazione della sentenza relativa all’operazione “Crimine”.

Il Procuratore si è poi soffermato sull’importanza e sull’evoluzione storica della “Santa”, introdotta dall’organizzazione criminale a metà degli anni Settanta per consentire ad alcuni loro affiliati di aderire alla massoneria deviata.  Nonostante le polemiche ed i disaccordi all’interno dell’organizzazione sui doveri del santista, principalmente sollevati dai capimafia Domenico Tripodo ed Antonio Macrì relativi alla preminenza degli interessi della Santa sugli interessi della ‘ndrina, l’istituzione della Santa determinò un’indubbia evoluzione, stravolgendo i paradigmi dell’organizzazione.

Con il passaggio alla Santa, già c’era nella testa degli strateghi della ‘ndrangheta il concetto di mafia unica e soprattutto avviene un cambiamento dei riferimenti che, da ora in poi, non saranno più i santi cattolici protettori, bensì dei personaggi di rilievo dell’epoca rinascimentale e massoni, come Garibaldi, Mazzini e Cavour. 

Il nuovo riferimento simbolico da ora in poi infatti sarà la massoneria, e ciò comporterà un’evoluzione da meri esecutori a veri e propri decisori.  Gratteri ha sottolineato, quindi, attraverso la Santa gli ndranghetisti entrano in contatto con professionisti, pubblici amministratori, bancari e anche con magistrati. Nascono, quindi, “nuove regole e nuovi livelli” che prevedono che chi sta sopra possa sapere cosa avviene nei livelli sottostanti, ma non viceversa. Si è trattato di un vero e proprio “salto di qualità che ha fatto entrare la ‘ndrangheta nella stanza dei bottoni”, in modo non solo di decidere chi debba vincere gli appalti, ma persino se e quali opere debbano essere costruite. 

Gratteri ha poi evidenziato come per i decenni successivi si è continuato a considerare la ‘ndrangheta una mafia poco influente. Ciò le ha permesso di crescere come una “forma parassitaria all’interno del sistema legale”, continuamente in cerca del consenso sociale per far riconoscere potere e prestigio. Questo è avvenuto, per esempio, tramite l’acquisto di squadre di calcio o diventando imprenditori di successo grazie a operazioni di riciclaggio, rese possibili dalla collaborazione com commercialisti e professionisti capaci. 

Il Procuratore ha, quindi, sottolineato come la ‘ndrangheta, nel perseguire “una forma di investimento e di pubblicità” si sia dimostrata estremamente generosa con la Chiesa, con molteplici azioni finalizzate a donare soldi per ottenere prestigio e consenso. Gratteri si è poi soffermato sulle modalità di ricerca di potere e credibilità anche tramite la politica, sottolineando che  “i mafiosi vivono tra di noi, ci assomigliano sempre più e vivono nel territorio. Votano e fanno votare, chiedendo il consenso elettorale” in modo da acquisire crediti per cogestire la cosa pubblica.

Nel corso della lezione ha poi  affrontato, quindi, il tema delle estorsioni e dell’usura, azioni tramite le quali le mafie “marcano il territorio” per delimitare il confine del locale di ‘ndrangheta. Tali metodi vengono utilizzati come veicolo per il riciclaggio tramite lo sfinimento dell’usurato che viene obbligato a cedere l’attività di sua proprietà, che verrà utilizzata per produrre false fatturazioni, garantendo al mafioso di riuscire a pagare le tasse e giustificare la propria ricchezza, che poi investe in altre attività o che gli permette di fare una vita lussuosa.

Il Procuratore si è allora soffermato sulle modalità operative mafiose sempre più complesse e raffinate, che rendono difficoltoso provare sul piano investigativo il contrasto a tali attività criminali. A tale riguardo ha sottolineato  anche il “lento sgretolamento delle azioni antimafia” che depotenzia la possibilità di agire nel contrasto alle mafie, anche a causa del numero non adeguato di magistrati e di forze dell’ordine. Inoltre, le sfide odierne richiederebbero l’assunzione di hacker ed ingegneri, per un contrasto adeguato alle mafie che operano sempre di più attraverso il mondo digitale. Tale criticità risulta di particolare gravità a fronte delle ingenti somme messe a disposizione con il Pnrr.

 Gratteri ha, quindi, rilevato la necessità di investire in istruzione anche per rendere più efficace il contrasto alle mafie. Ha sottolineato come sia apparentemente più facile gestire “il popolo ignorante” e come il drastico abbassamento di etica e morale nella cultura occidentale «ci rende molto deboli, con il rischio di essere fagocitati da culture più forti, come quella musulmana e quella cinese». 

 Stimolato dalle numerose domande degli studenti, il Procuratore ha affrontato numerose tematiche, legate anche a episodi di cronaca come quella relativa al mantenimento dell’anarchico Cospito al regime del 41bis. Gratteri ha sottolineato che, a suo parere, il Ministro della Giustizia abbia fatto bene a confermare il 41bis «per non cedere al ricatto e non permettere agli altri di percorrere la stessa strada».

«Bisogna verificare – ha aggiunto – che non siano le mafie ad appoggiare tale operazione e che non siano loro a sovvenzionare anche le manifestazioni fuori dal carcere». 

A proposito di carceri, Gratteri le ha definite “una miniera dal punto di vista informativo”, rilevando la necessità di aumentare gli agenti della Polizia Penitenziaria preposti al monitoraggio dei detenuti mafiosi. Secondo il parere del procuratore di Catanzaro, la Dia dovrebbe essere dismessa, prevedendo il ritorno dei singoli appartenenti alle forze di polizia di provenienza, trattandosi di una struttura che svolge il medesimo compito dei reparti investigativi.

A riguardo, Gratteri ritiene maggiormente utile uno sforzo di ulteriore specializzazione dei reparti, come quelli che si occupano dei controlli informatici, per ottenere un significativo risparmio di risorse, dando nel contempo maggiore enfasi al lavoro delle singole forze di polizia italiane, che sono “tra le migliori polizie del mondo”. 

In merito all’intelligence, ha sottolineato il grande contributo che i Servizi danno al Paese, contrariamente ad una idea diffusa che essi operino sempre in modo opaco. Per Gratteri, è sbagliato l’approccio da parte di alcuni commentatori nel descriverli poiché «sono indispensabili per l’esistenza stessa del Paese e mai dovrebbe essere messa in discussione la loro funzione». (fb)

All’Unical si è parlato degli strumenti per prevenire e contrastare i reati ambientali

di FRANCO BARTUCCI“Satelliti e sicurezza ambientale: le regole, le tecnologie, le pratiche” è  stato il tema della lezione tenuta dal prof. Vito Uricchio, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.

Uricchio ha affrontato il tema dei satelliti collegati al contrasto della criminalità ambientale, sottovalutato in alcuni paesi ed in cui l’Italia fa scuola in ambito internazionale.

Il focus della lezione è stato incentrato su alcune tipologie di crimini ecologici che richiedono un costante monitoraggio sui territori e che possono beneficiare della visione spettrale dell’ “occhio celeste”, tra i quali lo smaltimento illegale di rifiuti, i traffici di specie animali, la pesca illecita, l’avvelenamento ambientale, l’estrazione illegale di materiali.

Uricchio ha precisato come questi reati, perpetrati dalle “Ecomafie”, abbiano un notevole impatto ambientale, con effetti tragici sulla catena alimentare, sulla salute umana e sulla biodiversità nel Pianeta. Ne è un esempio la vendita illecita di pinne di squali, dei quali, allo stato attuale, il 37% delle specie è a rischio di estinzione e negli ultimi 50 anni, l’abbondanza di questi animali è calata del 71,1%.

Con riferimento ad alcuni paesi africani, il docente si è poi soffermato sull’estrazione illegale di materiali da miniere e cave abusive, che spesso determinano il successivo tombamento di rifiuti, incrementando l’inquinamento delle matrici acqua e suolo. A tal proposito è stata effettuata un’analisi delle principali aree di estrazione presenti in Italia ed è emerso che nonostante vi siano 4.168 cave attive, ve ne siano 14.141 dismesse, esse necessitano di un costante monitoraggio per evitare la sempre più diffusa pratica dello smaltimento illecito di rifiuti.

Uricchio ha dunque ricordato l’esistenza di altre tipologie di reati ambientali, sostenuti da una solida rete corruttiva sempre più radicata in alcuni settori, tra i quali il traffico illecito di animali (si pensi al fenomeno del “Tiger business”, che consiste in una vendita o fitto di tigri e grandi felini nel mondo della criminalità organizzata) e allo smaltimento di rifiuti elettronici, batterie esauste e copertoni che incrementa i traffici illegali verso la Costa d’Avorio, la Nuova Guinea, la Malesia e altri Paesi con ampia disponibilità di suolo. E’ importante contrastare tali fenomeni sui nostri territori, in quanto la criminalità ambientale transnazionale è diventata il principale motore finanziario del conflitto sociale, con gravi implicazioni per la pace e la sicurezza. I quadri di sviluppo sostenibile devono riconoscere apertamente e mitigare i rischi posti dalla criminalità ambientale transnazionale alla sicurezza ambientale.

La lezione ha, poi, assunto un carattere pratico e il docente ha ribadito come la notevole diffusione di crimini ambientali necessiti di un costante monitoraggio e intervento. Con riferimento al nostro Paese, Uricchio ha focalizzato l’attenzione sugli investimenti nel settore satellitare, aspetto centrale delle nuove tecnologie, che forniscono un decisivo supporto alle analisi del territorio e di contrasto ai crimini ambientali.

L’Italia ha definito un “Piano Strategico di Space Economy”, che prevede un investimento di circa 4,7 miliardi di euro, di cui il 50% coperto con risorse pubbliche, tra nazionali e regionali, aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali.

Il docente ha quindi descritto le finalità del Piano, che si articola in cinque linee programmatiche, in adesione alle iniziative a livello europeo e con l’obiettivo di valorizzarne l’impatto a livello nazionale: Telecomunicazioni satellitari (Mirror GovSatCom), supporto alla partecipazione nazionale a Galileo (Mirror Galileo), infrastruttura Galileo PRS, supporto a Copernicus (Mirror Copernicus) unitamente all’esplorazione spaziale e sviluppi tecnologici.

Con riferimento all’analisi morfologica terrestre, Uricchio ha presentato il Cosmo-Skymed, un’eccellenza della tecnologia italiana, primo sistema duale di satelliti radar di osservazione, dei quali esistono una prima e una seconda generazione, quest’ultima molto più precisa e tutt’oggi utilizzata anche dalla Protezione Civile come strumento di analisi e di prevenzione delle calamità naturali.

Il docente ha successivamente descritto le finalità del programma Copernicus, concepito sulla base di osservazioni satellitari e sul terreno, che forniscono, in tempo quasi reale, dati che utilizzati per esigenze locali e regionali, programmatorie e gestionali. Queste informazioni ci aiutano a comprendere il funzionamento del nostro pianeta e a gestire, in modo sostenibile, l’ambiente in cui viviamo.

«Tutto ciò – ha affermato Uricchio –, è possibile anche grazie ai tre dei sette sistemi “sentinelle”: Sentinel- 1 consente di analizzare le variazioni morfologiche mediante l’impiego di dati radar interferometrici; Sentinel- 2, dotato di satelliti ottici a 13 bande a risorse spettrali, in grado di sorvolare in un determinato punto ogni 5 giorni (frequentemente impiegato nella valutazione dei livelli del mare); Sentinel- 3, sono a sono a specializzazione oceanografica e terrestre ed assicurano immagini di un’area con frequenza di due giorni».

Uricchio ha concluso affermando che il Consiglio Nazionale delle Ricerche, collabora quotidianamente con le Istituzioni ed in particolare con le Forze dell’Ordine e con la Protezione Civile al fine di poter fornire strumenti e dati utili alla prevenzione e al contrasto dei reati ambientali. (fb)                                                                                                    

Al Master sull’Intelligence dell’Unical con Lifang Dong si parla di Conoscere la Cina nel tempo del conflitto bellico in Ucraina

di FRANCO BARTUCCI – Conoscere la Cina oggi nel tempo del conflitto bellico in Ucraina. Se n’è parlato nell’ambito del Master su l’Intelligence dell’Università della Calabria, diretto dal prof. Mario Caligiuri, ponendo il tema legato al progetto della “Via della Seta” e le politiche di intelligence in Cina.  A parlarne è intervenuta Lifang Dong, primo Avvocato di origine cinese in Italia, Fondatore dello studio legale internazionale Dong & Partners e Presidente dell’Associazione Silk Council.

L’Avvocato ha affrontato il tema “I Servizi di intelligence cinesi e la Nuova Via della Seta”, spiegando l’evoluzione del nuovo ruolo geopolitico della Cina e dell’organizzazione di sicurezza di Pechino, per poi analizzare le relazioni con gli USA, l’Europa e l’Italia. La docente ha iniziato ripercorrendo la storia cinese che, partendo dal secondo dopoguerra, ha condotto la Cina a essere «una potenza economica mondiale e un fondamentale attore della geopolitica internazionale».

Dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese, dal 1949 ad oggi, si sono susseguiti tre principali presidenti: Mao Zedong, protagonista della “lunga marcia”; Deng Xiaoping, che ha inaugurato nel 1978 la politica di Apertura della Cina all’Occidente e che ha coniato l’espressione “socialismo con caratteristiche cinesi”, e l’attuale presidente Xi Jinping, salito al vertice nel 2012.

Per la docente, l’attuale Cina è frutto di 44 anni di riforme, indirizzate all’apertura del Paese, che ha determinato un boom economico, cambiando definitivamente il suo ruolo nella geopolitica internazionale, come si può evincere dall’attuale “conflitto tra Russia e Ucraina” e da quello della crisi pandemica.

Dong ha poi elencato alcune date fondamentali per poter comprendere meglio il ruolo cinese nello scenario internazionale. Il 2001, quando la Cina è diventata membro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Questo aspetto, secondo l’Avvocato, avrebbe consentito alla Cina di essere inserita nel commercio globale. Da allora la Cina ha avuto una crescita media annua del PIL del 10%, consentendo a più di 800 milioni di persone di affrancarsi dalla povertà assoluta. A causa della pandemia, si è registrata una flessione e oggi, anche in virtù del conflitto russo-ucraino, la stima di crescita economica cinese per il 2022 si attesta al 5.5%. Ha poi riportato l’esito delle discussioni delle due sessioni della plenaria del partito comunista, tenutesi dal 4 all’11 marzo 2022, facendo inoltre il punto sulle due strategie di lungo termine della presidenza di Xi Jinping.

A proposito della nuova Via della Seta 

La prima è la strategia della “Nuova Via della Seta”, promossa nel 2013 e che, a oggi, anche grazie al risalto delle Olimpiadi invernali di Pechino, vede 148 Paesi coinvolti, permettendo così, di collegare la Cina con l’Asia, il Medio Oriente, l’Africa e l’Europa.

La docente ha quindi sottolineato che anche i Paesi dell’America Latina hanno espresso interesse alla partecipazione nella Nuova Via della Seta, ricordando che si tratta non solo di un progetto infrastrutturale, con la finalità di collegare la Cina via mare, via terra e tramite il digitale, ma anche di un nuovo modello di cooperazione internazionale, soprattutto con i paesi in via di sviluppo, e che ad oggi presta particolare attenzione anche ai settori dell’energia, sanità e finanza. 

Per l’Avv.Dong “La Nuova Via della Seta” è uno strumento fondamentale, sia per la cooperazione economica, che per la sicurezza internazionale. Lo stesso Xi Jinping al discorso inaugurale del Belt and Road Forum, del 14 Maggio 2017, ha descritto la “Nuova Via della Seta” come “strada per la pace”. 

In concreto – ha sostenuto – chi aderisce alla “Nuova Via della Seta”, entra a far parte di un sistema di connessioni infrastrutturali, che facilitano il trasporto e la circolazione terrestre, marittima, aerea e digitale delle merci e delle persone. Si fa riferimento, dunque, a strade, porti, aeroporti, ma anche ospedali, infrastrutture di rete e 5G, «per creare ricchezza nei Paesi con cui si è creato un partenariato». L’interconnessione delle infrastrutture è la base per creare connessioni finanziarie, per incentivare gli investimenti, per rafforzare connessioni culturali, per lo scambio di know how e per accrescere il turismo, ed aumentare gli scambi commerciali e la cooperazione.

Nel tempo – ha precisato – si è realizzata un’importante evoluzione di questo modello multilaterale, che si è ampliato all’energia, alla sanità ed alla finanza. Con particolare riferimento all’interconnessione a livello energetico, l’Avvocato ha sottolineato l’alleanza strategica tra Russia e Cina, che sta diventando ancora più visibile in questo periodo, con la Russia che, sottoposta alle sanzioni economiche dell’Occidente, ha potuto vendere il suo gas proprio alla Cina. Pechino, così, può svolgere il suo ruolo di superpotenza geopolitica, alla pari degli Stati Uniti, come mediatore per “percorrere la strada della pace”, prevenendo il terzo conflitto mondiale.

Infine, “La Nuova Via della Seta”, punta sui valori della tecnologia, dello sviluppo sostenibile, sul mutuo vantaggio dei Paesi (“win-win cooperation)” e su cinque principi di coesistenza pacifica integrata, che guidano la politica estera cinese: il rispetto reciproco della sovranità e dell’integrità territoriale, la non aggressione reciproca, la non ingerenza reciproca in tutti gli affari interni, l’uguaglianza e il vantaggio reciproco e, infine, la coesistenza pacifica.

Il ruolo del Partito Comunista Cinese 

L’Avv. Dong è così passata ad illustrare gli indirizzi politici del Partito Comunista definiti nella 5° e 6° plenaria del XIX Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese di ottobre 2020 e novembre 2021. La nuova politica di Pechino è basata su quattro punti: rafforzamento del mercato interno, per non dover essere dipendente solo dalle esportazioni, la resilienza e l’autosufficienza tecnologica e scientifica, attraverso la realizzazione del progetto della “Nuova Via della Seta”, insieme al progetto “China Standards 2035”, finalizzato ad incentivare l’innovazione tecnologica creata in Cina, la crescita dell’eco-sostenibilità, per raggiungere il carbon free nel 2060, anche in considerazione del rientro degli USA, sotto la presidenza Biden, nell’accordo di Kyoto e infine, la promozione del multilateralismo nelle relazioni internazionali, a partire dal conflitto russo-ucraino.

La docente ha poi enunciato gli obiettivi del 14° piano quinquennale per lo sviluppo economico e sociale 2021-2025, con una crescita del 5,5% per il 2022, l’aumento delle spese annuali per il settore Ricerca, Sviluppo e Difesa ed una politica fiscale espansiva e di sostegno all’istruzione, alla sanità e all’occupazione, con particolare attenzione agli sport invernali.

Riguardo agli scambi commerciali, dall’entrata della Cina nel WTO nel 2001, il volume dell’import–export è cresciuto da 509 miliardi di USD a 6,051 miliardi di USD, con tasso annuale di crescita di circa il 12%, grazie ad una serie di riforme ed iniziative istituzionali che hanno aperto sempre di più il mercato cinese al mondo. Tra queste, l’Avvocato ha citato la legge cinese sugli investimenti esteri del 2019 e la revisione annuale della “lista negativa”, l’Accordo sugli investimenti Cina- UE concluso nel 2020 ed ancora da ratificare, l’adesione al Regional Comprehensive Economic Partnership (la più grande area di libero scambio e cooperazione commerciale del mondo, entrato in vigoreil 1.1.2022), l’organizzazione della China International Import Expo (CIIE) di Shanghai (giunta alla 4°edizione a Novembre 2021) e la creazione di Free Trade Zones e Cross Border E-commerce pilot zones come ad esempio la Provincia di Hainan (porto di libero scambio internazionale) e la Greater Bay Area (Guangdong-Hong Kong-Macao. corridoio terra-mare nella Cina occidentale).

L’Avv. Dong ha quindi ricostruito lo sviluppo storico dei servizi d’intelligence in Cina. Durante la dinastia Song (960-1279 d.C.), vigeva il “sistema baojia”, ovvero di «sorveglianza reciproca, che rendeva gruppi di famiglie collettivamente responsabili della sicurezza sociale e del gettito fiscale». Pertanto, l’obiettivo dei servizi era principalmente domestico, finalizzato al mantenimento dello status quo e dell’ordine interno. Con l’apertura al mondo, iniziata con la politica di Deng Xiaoping e la globalizzazione, il sistema d’intelligence cinese si è evoluto, sviluppando una raccolta informativa anche verso l’esterno. Ha evidenziato che dal 1949 la struttura di intelligence cinese è diventata duale, costituita da un apparato civile (Ministry of Public Security-MPS e Ministry of State Security (MSS ) e uno militare (Military Intelligence Department-MID).

L’entrata in scena di Xi Jinping 

Con l’ascesa al potere di Xi Jinping, è stata introdotta una struttura più complessa e centralizzata di sicurezza nazionale, facente capo alla Central National Security Commission, per preservare la stabilità politica, economica e sociale e la sopravvivenza stessa del Partito. Infatti, nel sistema cinese, lo Stato è direttamente controllato dal Partito, tanto che il Presidente cinese ed il Segretario Generale del Partito coincidono, adesso nella persona di Xi Jinping.

Oggi, per la Cina, la sicurezza nazionale riguarda non solo i campi tradizionali come l’integrità territoriale e la difesa da attacchi militari, ma anche altre aree come l’immagine internazionale della Cina e l’esposizione della Cina al mondo esterno. I servizi di intelligence cinese hanno un approccio più proattivo, coinvolgendo la società civile per la sicurezza nazionale, utilizzando massicciamente le nuove tecnologie “per la sorveglianza di massa” e adottando nuove leggi per rafforzare il “sistema centralizzato ed il controllo sulla circolazione dei dati”.

In tale contesto rientra il “Grande firewall”, un sistema che blocca i contenuti on line di dati sensibili, come, ad esempio, le critiche al governo e i contenuti pornografici. Inoltre, vengono implementate le “Smart cities”, attraverso vari progetti pilota, che migliorino la qualità della vita della comunità attraverso applicazioni digitali. Un esempio dell’utilizzo della tecnologia per il controllo sociale ai fini di sicurezza, sono le telecamere per il riconoscimento facciale e l’utilizzo del “social credit system”, un sistema per cui il governo, sempre attraverso una sorveglianza di massa e basandosi su una serie di parametri, attribuisce ai cittadini una reputazione sociale, da cui poi derivano delle premialità.

La sicurezza nazinale cinese e l’intelligence

L’Avv. Dong ha successivamente illustrato la legislazione cinese in materia di sicurezza nazionale e intelligence. In particolare, con l’art. 7 del China’s National Intelligence Law, in vigore da Luglio 2017, è stato disposto che “Ogni cittadino cinese deve collaborare con i servizi di sicurezza cinesi e mantenere il riserbo”. La Cybersecurity Law, in vigore da Giugno 2017, ha, invece, regolato la raccolta, la trasmissione e l’uso di dati personali, da parte di operatori di infrastrutture informative critiche e di operatori di rete, per garantire la sicurezza informatica e la tutela della sovranità cinese nel cyberspazio.

La legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong del 2020, ha istituito un Ufficio alle dipendenze del Governo centrale, con potere sostitutivo e gestione diretta, in campi delicati, come l’intelligence, la quale si esprime con pareri obbligatori sui crimini contro la sicurezza nazionale. Questa legge rappresenta una svolta storica nei rapporti interni tra Hong Kong e Cina, garantendo, secondo la docente, lo sviluppo di una maggiore integrazione dei livelli nazionali e locali di governance in materia di sicurezza nazionale.

Infine la legge sulla sicurezza dei dati e la legge sulla protezione dei dati personali, rispettivamente in vigore da settembre e da novembre 2021, fissa dei limiti al trasferimento transfrontaliero dei dati, consente alla Cina di adottare specifiche contromisure verso qualsiasi stato estero che restringa, proibisca o discrimini la Cina in relazione al trattamento di dati o allo sviluppo di nuove tecnologie per l’utilizzo dei dati ed impone specifici obblighi per chi tratta dati personali di persone fisiche presenti in territorio cinese, indipendentemente dal luogo ove avvenga questo trattamento o dalla sede legale del titolare del trattamento. 

Il rapporto Cina/Usa

Il terzo argomento trattato sono state le relazioni Cina–Usa. La docente ha riportato i dati della “General Administration of Customs of China (GACC)”, aggiornati ad Ottobre 2021, secondo cui il commercio Cina-Usa rappresenta il 12.5% del commercio internazionale cinese: 6.6% delle importazioni e 17.2% delle esportazioni. La Cina importa dagli Usa principalmente prodotti alimentari ed energetici, gas liquefatto, mentre gli Usa importano dalla Cina beni di consumo e terre rare, come cobalto, litio e nichel, necessarie per il settore tecnologico.

L’Avv. Dong ha commentato che “con l’Amministrazione Biden si è assistito a una distensione dei rapporti Cina-Usa tra alti e bassi”. Se infatti da un lato recentemente gli Usa hanno deciso di rimuovere i dazi su centinaia di prodotti cinesi ed a marzo 2022 Cina e Usa si sono confrontanti per trovare una soluzione pacifica al conflitto russo ucraino. Dall’altro lato, questo nuovo clima di distensione va tuttavia letto in contrapposizione con i nuovi equilibri geopolitici nell’area Indo-Pacifica, dove recentemente il Presidente USA Joe Biden, il Primo Ministro britannico Boris Johnson, ed il Primo Ministro australiano Scott Morrison hanno annunciato un nuovo Patto Militare (AUKUS) diretto ad assicurare un “Indo-Pacifico libero ed aperto”. 

Sul conflitto russo-ucraino 

Con particolare riferimento al ruolo della Cina nel conflitto russo-ucraino, la docente ha ricordato l’incontro avvenuto a Roma il 14 marzo scorso, tra Yang Jiechi, membro dell’Ufficio Politico del Comitato Centrale del PCC e Direttore dell’Ufficio della Commissione Centrale per gli Affari Esteri ed il Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, a cui sono seguiti due comunicati ufficiali di Pechino, uno sulle relazioni sino-americane ed uno sulla posizione della Cina nel conflitto russo ucraino.

Inoltre, il 18 marzo scorso, al margine dell’incontro online tra i due Presidenti, Xi Jinping ha ribadito la necessità di uscire dalla mentalità della guerra fredda, per assicurare alla comunità internazionale un futuro di pace, in quanto la guerra può paralizzare l’economia mondiale, invitando così l’Occidente al dialogo, per scongiurare una eventuale terza guerra mondiale. Inoltre, in una serie di recenti incontri con l’UE, partner commerciale importante per la Cina, il Presidente cinese ha invitato a maturare una visione indipendente per non alimentare le tensioni ed evitare una crisi globale economica ed umanitaria.

Il rapporto Cina/Italia 

Infine l’Avv. Dong, ha descritto le relazioni tra Cina e Italia, partendo dall’aspetto economico. Nel 2021 – ha ricordato- “il commercio bilaterale Cina-Italia ha raggiunto i 74 miliardi di USD con un aumento del 34% rispetto al 2020, equivalente al 1,2% del volume totale del commercio cinese”. I settori strategici della collaborazione sono quelli energetico, petrolchimico, siderurgico e delle infrastrutture. L’Italia è il 4° Paese in Europa per investimenti diretti cinesi e il 4° esportatore europeo verso la Cina. Il settore turistico è sia uno dei più importanti (l’Italia è stato il secondo Paese europeo più visitato dai cinesi dopo la Francia nel 2018), che quello maggiormente colpito dalla pandemia. Dal punto di vista demografico, in Italia, ci sono 301 mila residenti cinesi, terza comunità straniera per numero, principalmente tra Lombardia, Toscana e Veneto, che gestiscono circa 53.000 attività commerciali.

L’Italia inoltre è stato il primo paese del G7 ad aderire ufficialmente alla Nuova Via della Seta nel marzo 2019, in occasione della visita ufficiale di Xi Jinping. Le principali opportunità per l’Italia derivanti dalla “Nuova Via della Seta”, si esprimono in termini di “attrazione di investimenti e scambi di know how, aumento delle esportazioni e promozione del made in Italy, progetti infrastrutturali e porti, sviluppo di collaborazioni tra aziende cinesi e aziende italiane per la realizzazione di iniziative commerciali e progetti congiunti in Paesi terzi”.

A tal proposito, la docente ha ricordato alcuni esempi positivi di collaborazione tra i due Paesi, quali il contratto per l’installazione di un complesso siderurgico integrato in Azerbaijan, il Parco Ecologico Sino-Italiano di Ningbo in Cina, per favorire la green economy, le collaborazioni nei settori dell’automotive, dell’aerospace, dell’environment-green economy e delle life sciences. La docente ha anche evidenziato come dal 2012 l’Italia ha esercitato per cinque volte il Golden Power, di cui quattro in operazioni riguardanti investimenti cinesi, specificatamente 2 volte nel settore dei semiconduttori, una nel settore delle sementi ed una nel settore delle attrezzature per la serigrafia. Inoltre, solo nel 2021 l’Italia ha esercitato il golden power 3 volte, di cui due nel settore dei semiconduttori.

In conclusione, l’Avv. Dong ha sottolineato che “oggi la risorsa più importante è l’informazione, sia per i governi che per le aziende”, per cui è importante sviluppare una “comunità dell’intelligence che associa pubblico e privato e crea reti di relazioni internazionali”. La Cina attualmente è vista da alcuni Paesi come una minaccia, mentre per altri rappresenta una opportunità, anche geopolitica. Tra questi estremi, vi “sono molte posizioni intermedie, per cui si possono fare affari con Pechino nel rispetto dei propri interessi nazionali, per affrontare in maniera multilaterale (Cina, Usa, UE) le sfide globali, dalla lotta al cambiamento climatico al “conflitto russo-ucraino”. (fb)

L’interessante lezione di Lucio Caracciolo sul conflitto in Ucraina al Master sull’Intelligence all’Unical

di FRANCO BARTUCCI «Il conflitto in Ucraina è possibile, ma nello stesso tempo poco probabile», lo ha dichiarato Lucio Caracciolo, direttore di Limes, intervenendo al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto dal prof. Mario Caligiuri.

Lucio Caracciolo ha esordito ponendo la domanda retorica «se la Grande guerra sia possibile», suddividendo la sua lezione in tre blocchi: la crisi interna degli Stati Uniti, il punto di vista russo e come questa crisi si rifletta sul nostro spazio geopolitico Mediterraneo e in Italia.

In merito alla crisi interna degli Stati Uniti, Caracciolo ha evidenziato come gli Stati Uniti, sin dalla loro nascita, si siano considerati una nazione di natura provvidenziale eletta per una missione di redenzione del mondo. Questo si trova già tra i primi colonizzatori di formazione evangelica e radicale e in qualche modo percorre tutta la storia americana.

«Gli Stati Uniti – ha spiegato – non si considerano il numero uno, ma un numero assoluto». Nella storia degli Stati Uniti i riferimenti alla Roma antica sono costanti. 

La supremazia globale gli Usa intendono esercitarla su tutti i domini: terra, mare, aria, spazio e cyberspazio. L’estensione di tale dominio globale è però molto vasta e necessita di numerose risorse per poter essere mantenuta. In tale ambito, «gli Stati Uniti -ha precisato – hanno ereditato, nel secolo scorso, dalla Gran Bretagna la dimensione talassocratica del dominio marittimo».

 Successivamente, il direttore di Limes ha poi spiegato come gli Stati Uniti siano una nazione divisa in due al proprio interno, non in due partiti ma in due visioni del mondo differenti. In tal modo, «l’America – ha proseguito – è la più grande avversaria di sé stessa». Tale frattura è emersa in tutta la sua profondità con l’assalto a Capitol Hill rubricato, con pochi dissensi interni, dal Consiglio del Partito Repubblicano come normale dialettica politica. 

Il direttore di “Limes” ha quindi esaminato come tale crisi interna si riversi sul fronte che divide la Nato dalla Russia. Rispetto alla Cortina di ferro del 1946 che, da Stettino sul Baltico a Trieste nell’Adriatico, divideva l’Europa in due, si assiste a una nuova Cortina di ferro dovuta anche al progressivo allargamento della Nato verso est. 

Proseguendo il suo intervento ha ricordato che nel 2008 avvenne l’intervento armato russo in Georgia con la creazione di due Repubbliche filo russe. In Ucraina nel 2014 con un colpo di Stato si verificò invece la destituzione del presidente filorusso con rivolte di piazza sostenute da statunitensi e britannici. Dal punto di vista russo la perdita di Kiev, percepita dai russi come la matrice dell’Impero russo e non come la capitale dell’Ucraina, ha avuto un notevole impatto sull’opinione pubblica. 

Caracciolo ha quindi spiegato che all’interno della Nato vi siano diverse anime, una delle quali, composta in particolare dai Paesi baltici, percepisce maggiormente la Russia come una minaccia rispetto ai Paesi dell’Ovest della Nato. La Nato tramite il progetto “Trimarium”, nato su impulso di Polonia; Finlandia e Croazia, intende collegare i tre mari, il Baltico, l’Adriatico e il Mar Nero con l’intento di concentrare le difese contro potenziali attacchi russi. Tutto questo ha generato reazioni da parte russa. 

«Storicamente infatti – ha precisato – i russi hanno sempre avvertito un sentimento di accerchiamento che si materializzano attraverso tre linee di crisi: la Nato, una pressione islamista da Sud e la pressione cinese sulla Siberia che seppur disabitata è molto ricca di risorse». In tal modo, Caracciolo ha sottolineato come la Russia abbia riscoperto il fronte orientale avvicinandosi alla Cina, costituendo “una strana coppia” in contrapposizione alla pressione statunitense. 

Tale avvicinamento è visto con sospetto dagli Stati Uniti, che temono  l’effetto “tenaglia” che si potrebbe ribaltare sugli interessi statunitensi nel mondo. La crisi ucraina, infatti, potrebbe consolidare la convergenza tra la Cina e la Russia che, sebbene siano diversi per cultura e tradizioni e diffidenti l’uno nei confronti dell’altro, hanno bisogno del sostegno reciproco.

Per Caracciolo l’obiettivo russo in Ucraina sarebbe quello di mantenerla instabile e non di conquistarla in quanto poi si porrebbe il tema dei costi del mantenimento militare. La situazione ucraina, secondo Caracciolo, potrebbe rappresentare anche il momento propizio da parte cinese per agire su Taiwan. «Nelle equazioni strategiche del Pentagono – ha affermato il direttore di “Limes” –questo scenario è tenuto in considerazione». 

Successivamente, Caracciolo ha esaminato il Mediterraneo dove si incrociano le influenze americana, russa e cinese, precisando come negli Stati Uniti l’attenzione strategica rivolta verso questo bacino si sia progressivamente ridotta, lasciando in parte un vuoto che è stato colmato non solo dalla Russia ma anche dalla Cina, con il progetto della “nuova via della seta”. 

Il progressivo disinteressamento statunitense, testimoniato dalla riduzione della VI flotta, nei confronti del Mare Nostrum potrebbe rappresentare una deriva pericolosa per l’Italia, in quanto il controllo esercitato dal nostro referente strategico avveniva in un mare conteso attraversato da conflitti come quello israelo-palestinese e dai riflessi della crisi ucraina. In tale scenario sono emersi nuovi attori regionali come la Turchia, che da un anno ha aumentato il proprio interesse verso la Libia. «Con Ankara – ha commentato – l’Italia dovrà in futuro necessariamente relazionarsi di più».

Chiudendo la sua lezione, il direttore di “Limes” è tornato alla domanda iniziale, evidenziando le possibili conseguenze di un conflitto in Ucraina. Queste sarebbero di natura energetica e umanitaria. In quest’ultimo caso, si potrebbe assistere a un esodo di profughi ucraini che potrebbero giungere in Italia dove vi è una consistente comunità di immigrati. Inoltre, in caso di scontro, Caracciolo ha sottolineato che potrebbe essere compromessa l’esistenza stessa dello Stato ucraino. 

In conclusione, il conflitto in Ucraina è possibile in quanto la Russia potrebbe sentirsi con le spalle al muro, ma nello stesso tempo è poco probabile, in quanto le dinamiche sono troppo complesse per essere facilmente controllabili. (fb)

 

Disagio sociale, per Mario Caligiuri «Può esplodere se il Pnrr non sarà efficace»

di FRANCO BARTUCCI – «Il disagio sociale può esplodere se il Pnrr non sarà efficace». Lo ha sostenuto il prof. Mario Caligiuri, Presidente della Società Italiana di Intelligence, nel corso di una sua lezione nell’ambito del Master su l’Intelligence in corso di svolgimento all’Università della Calabria.

Il docente ha esordito affermando che «il compito dell’intelligence è di prevedere quanto può accadere. Pertanto il tema del disagio sociale potrebbe essere prioritario nelle attività dei Servizi». Ricordando come questo fenomeno sia presente da tempo e in maniera diffusa nella società, Caligiuri ha analizzato la questione collegandola non solo alla sicurezza nazionale ma anche allo scenario digitale, in quanto «viviamo contemporaneamente in tre dimensioni: fisica,  virtuale e aumentata; questa ultima intesa come integrazione tra uomo e macchina che estende le possibilità dell’umano».  

Citando il recente rapporto dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale Il mondo che verrà 2022, Caligiuri ha evidenziato come il tema della disuguaglianza stia progressivamente crescendo con la globalizzazione e in Italia più che altrove, tanto che il divario di reddito tra il 10% più ricco e il 10% più povero ha raggiunto il rapporto di 11 a 1, superiore alla media internazionale.

Riprendendo il saggio di Yves Mény “La nuova e vecchia rabbia”, Caligiuri ha illustrato come la storia sia caratterizzata dall’avvicendarsi di periodi di pace e di momenti sanguinosi, in quanto la violenza è insita nello sviluppo umano. I miglioramenti sociali sono stati il risultato, secondo Mény, di violenze e disordini oppure sono stati il premio ad eventi traumatici, come i diritti sociali ottenuti dopo le due guerre mondiali. 

Il docente ha poi esaminato le principali cause che contribuiscono alla formazione del disagio sociale. Tra queste vi sono l’inarrestabile immigrazione collegata con il declino demografico, la perdita di potere di acquisto dei cittadini occidentali, la trasformazione del lavoro con l’affermarsi di quello precario su quello stabile, l’impatto sconvolgente dell’intelligenza artificiale e la società della disinformazione, della quale le fake news rappresentano l’esempio meno pericoloso, poiché la vera disinformazione proviene dalla propaganda di Stato e dalla comunicazione istituzionale.

Ha quindi spiegato che la società della  disinformazione si caratterizza per la dismisura delle informazioni da un lato e per il basso livello di istruzione sostanziale dall’altro, determinando un corto circuito cognitivo che allontana le persone dalla comprensione della realtà.

«La pandemia – ha precisato – rappresenta la materializzazione della società della disinformazione, con l’evidenza dei no vax che, senza entrare nel merito, sono in ogni caso la manifestazione evidente del crescente disagio sociale».

In merito all’intelligenza artificiale, ha evidenziato che sarà destinata a sostituire molte professioni, sia ripetitive che intellettuali. Caligiuri ha citato uno studio del Dipartimento del Lavoro statunitense secondo il quale il 64% delle persone che si iscrivono adesso nelle scuole, una volta terminati gli studi, svolgeranno una professione che ancora non è stata inventata. Ha quindi proseguito sostenendo che «non abbiamo ancora sviluppato una coscienza dell’intelligenza artificiale, poiché manca la consapevolezza delle conseguenze dell’intelligenza artificiale, che è prevalentemente in mano ai privati».

Successivamente ha illustrato il disagio esistenziale, che proviene da lontano, sottolineando come si stia assistendo a una dilatazione del disagio nella società, tanto che aumentano i disturbi psicologici e psichiatrici.

«Il disagio sociale reale – ha poi spiegato – si evidenzia e si espande anche a livello  digitale ed ha marcati risvolti sociali e politici. Gli esempi sono numerosi come le controverse Primavere arabe, i tentativi di condizionamento elettorale in numerose nazioni, le rivelazioni di Wikileaks che dimostrano lo scarto tra dichiarazioni ufficiali dei governi e comportamenti reali, il terrorismo che viene amplificato dalla Rete come dimostra il caso dell’Isis, il protagonismo della criminalità nel web con i crescenti crimini informatici».

«Occorre – ha sottolineato – un sistema che tuteli il diritto dei cittadini alla sicurezza, concetto ampio che comprende non solo la sicurezza fisica intesa come controllo dei confini, ma anche quella sociale, alimentare e sanitaria. In tale scenario l’attività di intelligence orientata alla sicurezza diventa ancora più rilevante».

Caligiuri ha infine esaminato il contesto italiano, ricordando come un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora, determinando un costo annuo per la società nazionale di circa 36 miliardi di euro. Il docente ha poi esposto che «prima della pandemia più di un quinto dei nostri connazionali aveva difficoltà a pagare le spese mediche e più di cinque milioni e mezzo, negli ultimi tre anni, si sono indebitati per pagare le spese sanitarie. Tali indicatori rappresentano un malessere economico strutturale. A questo si deve aggiungere la disoccupazione giovanile, molto elevata nelle regioni meridionali, che alimenta le mafie». 

Soffermandosi sulla dimensione digitale, ha ribadito la necessità di una cyber education che deve essere intesa come uno strumento decisivo da insegnare obbligatoriamente nelle scuole, poiché «la forza maggiore di una nazione è rappresentata da una cittadinanza istruita». 

Infine, Caligiuri ha ribadito che il disagio sociale potrebbe essere utilizzato come paradigma interpretativo della realtà contemporanea, in quanto costituisce la manifestazione più evidente della crescente disuguaglianza globale. Pertanto, ha affermato il docente, «se il disagio sociale diventasse fuori controllo potrebbe rappresentare un problema fondamentale di sicurezza nazionale, poiché potrebbe avere grave ripercussioni sulla credibilità e sulla stabilità delle istituzioni, richiedendo pertanto la necessaria attività preventiva dell’intelligence».

«Molto dipenderà – ha concluso – dal reale impatto delle misure del PNRR, augurando che non si risolva in propaganda e distrazione di massa, perché rappresenta l’occasione per realizzare interventi concreti e strutturali, soprattutto nelle regioni meridionali». (fb)