Al Master sull’Intelligence dell’Unical la lezione di Antonio Nicaso sulle organizzazioni criminali

di FRANCO BARTUCCI – «Le mafie globali sono un attore economico e politico a livello globale. Occorre studiare la capacità di intelligence delle organizzazioni criminali», lo ha sostenuto Antonio Nicaso, docente di storia sociale della criminalità organizzata alla Queen’s University di Kingston (Canada), al Master sull’Intelligence dell’Università della Calabria,coordinato dal prof. Mario Caligiuri.

Nicaso ha evidenziato come la criminalità mafiosa si sia ormai organizzata a livello globale. A riguardo ha ricordato un aneddoto su Lucky Luciano, il quale pare abbia affermato che non esistono il denaro sporco e il denaro pulito, ma soltanto il denaro. Ha poi ricordato che le mafie nazionali, internazionali e transnazionali hanno enormi quantità di denaro da riciclare e da reinvestire e come recita la “legge di Gresham” la moneta cattiva, quando arriva sul mercato, scaccia via quella buona.  

Nicaso ha quindi proseguito sostenendo che «le mafie, soprattutto in Italia, nella prima metà del XIX secolo sono nate come fenomeni di controllo sociale da parte delle classi dirigenti, e quindi erano utilizzate da professionisti, proprietari terrieri, imprenditori. È per questo motivo che sono state legittimate dal sistema politico, economico e sociale nel quale si sono pesantemente radicate». 

«Internazionalizzandosi e diventando transazionali – ha ribadito – hanno mantenuto tale caratteristica, poiché non operano all’estero soltanto per riciclare e investire ma soprattutto per controllare il territorio e infiltrarsi nell’economia locale e quindi nella gestione di attività economiche e finanziarie. Allo stesso tempo, tentano di condizionare la pubblica amministrazione, sia a livello burocratico che politico, utilizzando le normative che in tanti altri Stati, come per esempio Germania, Olanda, Belgio, Austria non sono severe ed efficaci nel contrasto della criminalità mafiosa come in Italia».

«Le mafie – ha spiegato – si sono spinte anche verso l’Est europeo e questo perché l’Unione Europea, finanziando lo sviluppo di tali Paesi, ha generato ingenti flussi di denaro che le mafie hanno puntualmente cercato di intercettare. Inoltre, nell’altro lato dell’Atlantico, ci sono Stati, come Delaware, Nevada, Wyoming  che sono fortemente attrattivi per capitali e investimenti, tassazioni societarie con maglie normative molto larghe che consentono alle mafie di infiltrarsi pesantemente, nonostante le attività di contrasto del governo locale». 

Per il docente universitario di origine calabrese, autore di diversi libri sul fenomeno mafioso e della criminalità, «bisogna storicamente interpretare le mafie come fenomeni riconducibili non alle classi marginali ed emarginate, bensì alle classi dirigenti. Infatti, le loro caratteristiche più importanti sono sempre state la capacità di adattamento e di relazione. Capacità di adattamento ai nuovi scenari politici, economici e sociali: si veda, per esempio, a livello storico il mito del fascismo che sosteneva di avere sconfitto la mafia. In realtà la mafia siciliana, derubricata dal fascismo per motivi di propaganda a livello di semplice banditismo, ha avuto la capacità di adattarsi e di farsi legittimare anche dallo stesso regime».

«Capacità di relazione – ha aggiunto – per usufruire di condotte agevolatrici, di concorso esterno, di contatti con la politica, con il mondo dell’economia e della finanza, con le classi dirigenti infiltrandosi nelle istituzioni dello Stato. Le mafie hanno infatti sempre avuto la capacità di essere parte integrante del sistema sociale, politico ed economico e rappresentano un potere che ha sempre potuto contare su legittimazioni, complicità e connivenze in alto e di consenso popolare in basso».

 Altra caratteristica significativa per Nicaso è rappresentata dalla managerialità dei mafiosi. Infatti le organizzazione criminali sono spesso unitarie, come la ’Ndrangheta lo è, che riescono a radicarsi nel territorio, facendo sistema e utilizzando le professionalità dell’area grigia.

«Oggi la mafia – ha spiegato – comincia a esplorare le opportunità offerte anche dal cyberspazio, utilizzando hacker, ingegneri informatici e programmatori per sviluppare alcuni propri traffici illeciti. Inoltre, nuovi campi di interesse criminale mafioso sono diventati il gioco d’azzardo online e le truffe informatiche. Non c’è invece ancora nessun riscontro giudiziario della presenza strutturale delle mafie italiane nel settore delle criptovalute, esistendo soltanto qualche intercettazione investigativa e poco altro».

«Esistono, invece, riscontri giudiziari – ha evidenziato – sul fatto che le mafie si siano dotate di strumenti di cybercomunicazione crittografata sicura. Utilizzare tali strumenti tecnologici non costituisce di per sé un reato poiché vengono utilizzati anche dalle aziende per proteggere i loro segreti industriali. I reati si verificano quando tali tecnologie informatiche si utilizzano per commettere crimini».

«A riguardo, ha illustrato l’esempio dell’FBI che ha utilizzato una applicazione (ANOM) servendosi diagenti sotto copertura, per carpire preziose informazioni legate al mondo del narcotraffico e di altre attività illecite».

«La criminalità mafiosa – ha concluso il professore – sta diventando sempre più intelligente anche nel campo della geolocalizzazione. Infatti, i mafiosi non hanno soltanto la capacità di saper leggere e sfruttare a loro esclusivo vantaggio il territorio, ma fanno anche attività illecita di intelligence. Si infiltrano per esempio all’interno degli organi dello Stato – grazie a infedeli servitori dello Stato – per sapere se ci sono indagini in corso contro di loro, oppure riescono a modificare le rotte del narcotraffico in base alle informazioni che hanno a loro disposizione. Sono però ancora pochissimi coloro che si occupano di studiare la capacità di intelligence delle mafie nazionali, internazionali e transnazionali». (fb)

Il prof. Antonio Uricchio (Unical): L’intelligence dei satelliti è la nuova frontiera

di FRANCO BARTUCCI – Il diritto spaziale è fondamentale per prevenire rischi e conflitti. Ne ha parlato il prof. Antonio Uricchio al Master dell’Università della Calabria su l’Intelligence sostenendo che «l’Intelligence dei satelliti è la nuova frontiera».

Continuano all’Università della Calabria i lavori del Master su l’Intelligence, che ha come referente promotore e coordinatore il prof. Mario Caligiuri. Ultimo in ordine di tempo è stato il prof. Antonio Uricchio, presidente dell’Anvur del Ministero Università e Ricerca, nonchè rettore dell’Università “Aldo Moro” di Bari dal 2013 al 2019, che ha tenuto una conversazione via webinar su: Controlli ambientali e finanziari tra diritto, intelligence e satelliti.

«L’uomo per molti secoli – ha esordito – ha subìto l’ambiente mentre oggi lo sta trasformando in modo sempre più rapido. Parallelamente, l’intelligence ha considerato per molto tempo solo gli aspetti militari legati alla guerra, mentre oggi rappresenta una strategia del futuro. Riuscire a definire la capacità di bio-intelligence, di geo-intelligence, di spatial intelligence significa ottenere informazioni  dalla natura, dalla terra e dallo spazio che possono aiutare a gestire l’umanità nel presente e nel futuro».

«L’intelligence – ha ribadito – è l’attività di assunzione delle informazioni attraverso la raccolta, la catalogazione e l’analisi per offrire al decisore politico strumenti adeguati in modo da adottare la strategia più appropriata a fronteggiare tempestivamente  le diverse emergenze  che via via possono presentarsi. Tra queste, i disastri climatici, l’innalzamento del livello dei mari, i rischi ambientali, lo smaltimento dei rifiuti, anche spaziali. Infatti è crescente la problematica degli “space debris”».

Come osserva Kessler,  consulente della Nasa, «la quantità di detriti aumenterà nei prossimi anni e le loro collisioni provocheranno molta altra spazzatura spaziale, fino al momento in cui la Terra sarà coperta da una densa coltre di detriti che potrebbe non consentire di svolgere ulteriori attività spaziali per molte generazioni future».

«Tale fenomeno – ha proseguito – potrà essere contenuto solo con una corretta strategia della mitigazione che significa lanciare in orbita solo gli strumenti necessari, definendo le metodologie di recupero dei rifiuti spaziali anche  attraverso un rientro controllato ed una regolazione condivisa».

Uricchio ha continuato dicendo che «la tradizionale natura dell’intelligence è rappresentata dalla Humint, vale a dire dalla utilizzazione dei sensi (vista, tatto, udito), a cui si è aggiunta l’intelligence documentale e solo negli ultimi anni  la cyber intelligence.  Del tutto nuovi sono invece  i settori dell’intelligence spaziale e della geo-intelligence  in cui i dati rinvenienti dalla osservazione della terra dal nostro pianeta e dallo spazio atmosferico ed extra-atmosferico offrono risposte utile a  prevenire consapevolmente i rischi del futuro. In particolare, va prestata molta attenzione all’impatto che possono avere sulla superficie terrestre rifiuti e  materiali spaziali, come le meteoriti, le comete e anche i satelliti».

«Le agenzie spaziali nazionali ed europee devono dialogare con le istituzioni  che operano nel comparto dell’intelligence  al fine di  acquisire, offrire ed elaborare  informazioni ambientali e satellitari  nell’ottica di una evidenza scientifica, fermo restando le competenze politiche nell’assumere decisioni consapevoli e condivise». 

«Lo spazio – ha chiarito Uricchio – presenta rischi ma offre altresì straordinarie opportunità . La Blue Economy dello spazio ne è un esempio:  secondo le stime della Morgan Stanley e della Merril Lynch, entro il 2040 l’economia dello spazio comporterà un aumento della ricchezza tra gli 1 ed i 2 miliardi di dollari».

Il Presidente dell’Anvur ha poi sottolineato che «lo spazio è fragile ed i rischi sono tanti, dettati soprattutto da una carente regolazione. Per essere più precisi non è vero che le norme giuridiche non esistano ma sono datate e soprattutto non tengono conto dell’evoluzione tecnologica e scientifica. Sono, infatti, ancora in vigore le norme risalenti agli anni ’60 come  il  Trattato sullo spazio del 1967  che all’articolo 1  enuncia la libertà di esplorazione e ricerca dello spazio, senza prevedere condizioni e limiti».

«È di tutta evidenza come la libertà di esplorazione debba essere assicurata  insieme alla promozione della cooperazione internazionale, della pace  e della  equa condivisione dei benefici.  Occorre pertanto declinare la regolamentazione, impedendo che la forbice della disuguaglianza si dilati sempre più  e sempre  più velocemente. Inoltre è necessario provvedere ad un censimento e dunque ad un’immatricolazione degli oggetti spaziali, ossia di “qualsiasi dispositivo artificiale o congegno costruito per essere collocato nello spazio o sui corpi celesti al fine di svolgere una funzione o un’attività spaziale” dando concreta applicazione alla Convenzione sull’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico risalente al 1975 ma viene eluso dagli stati canaglia e dalle organizzazioni criminali che si servono dei satelliti non censiti per commettere attività illecite».

Il prof. Antonio Uricchio ha concluso soffermandosi sull’importanza delle norme per regolamentare adeguatamente lo spazio ribadendo che sono fondamentali per prevenire e comporre eventuali conflitti spaziali, definendo il senso del limite. (fb)