Domani Salvini a Gambarie d’Aspromonte per constatare i danni del fuoco

Domani pomeriggio il leader del Carroccio Matteo Salvini – attualmente in vacanza in Calabria – si recherà a Gambarie d’Aspromonte per visitare i luoghi del disastro e della distruzione di migliaia di ettari di bosco. Con l’occasione Salvini incontrerà i soccorritori, le forze dell’ordine, uomini dell’esercito e della protezione civile quanti hanno contribuito a limitare i danni dal micidiale fuoco ed
evitare una catastrofe.

«Un momento di vicinanza e di cordoglio per le famiglie che hanno
perduto i propri cari e per coloro che hanno visto la distruzione delle proprie aziende, delle
proprie abitazioni e beni – ha dichiarato il coordinatore regionale della Lega Giacomo Francesco Saccomanno –. Visitare i luoghi del disastro per meglio comprendere cosa è
accaduto e per poter sostenere quelle legittime richieste dei calabresi che hanno perso tutto
e, in particolare, un patrimonio secolare che tutto il mondo ci invidiava. Valutare quanto
accaduto ed assumere quelle iniziative indispensabili per la ripresa delle attività e per
predisporre tutte quelle azioni necessarie per il nuovo ripopolamento dei boschi.

«Certo è, comunque, che Matteo Salvini il 15 agosto del 2018 era a San Luca e ora sarà il 16 a
Gambarie. Un evidente amore per la Calabria che allontana sempre più quel maldestro
tentativo di mischiare un passato che non appartiene più alla Lega, che mira, invece, a
ricostruire il mezzogiorno ed a renderlo veramente competitivo per far crescere ancor più la nostra Italia».

Elezioni regionali, Matteo Salvini da lunedì è in Calabria

Lunedì 12 luglio, il leader della LegaMatteo Salvini, arriverà in Calabria per un tour elettorale composta da quattro tappe, in vista delle elezioni regionali.

Salvini arriverà a Lamezia Terme dove, alle 14.30, al Lido “La Marinella”, terrà una conferenza stampa, per poi spostarsi a Gizzeria. Si prosegue, poi, a Cosenza, con l’inaugurazione della sede della Lega in piazza 11 Settembre-Corso Mazzini, alle 16,30. Anche qui il leader della Lega terrà una conferenza stampa ed incontrerà i simpatizzanti in un gazebo allestito in zona.

Subito dopo, l’ex ministro si recherà a Trebisacce dove, alle 18,30, incontrerà ad uno stand realizzato nella cittadina jonica i simpatizzanti. Sempre nella stessa cittadina, alle 19 Salvini parteciperà alla sottoscrizione del protocollo tra il Consorzio e la Sorical e seguirà poi l’incontro stampa al Consorzio di Bonifica Integrale dei Bacini Meridionali dello Jonio Cosentino, Via XXV Aprile S.S. 106. (rrm)

REGIONE, SALVINI SMONTA I SOGNI DI SPIRLÍ
E IRTO RIMETTE IN GIOCO LA CANDIDATURA

di SANTO STRATI – I sogni muoiono all’alba? No, un po’ più tardi, in quel di Zambrone agli Stati generali della Lega, quando Matteo Salvini spiazza gli entusiasmi registrati l’altro ieri con l’indicazione di Nino Spirlì “candidato ideale” a presidente della Regione. Salvini – che sta preparando il “trappolone” della fusione a Berlusconi – non ci ha pensato due volte a spegnere il sogno di Spirlì che si è affezionato all’ottavo piano di Germaneto: «l’indicazione del candidato presidente della Calabria spetta a Forza Italia», secco secco il segretario della Lega salvaguarda così il tentativo di intesa per far un partito unico Salvini-Berlusconi che sta facendo inorridire gran parte degli azzurri. È facile trovare un riferimento preciso a quando Berlusconi fagogitò la destra di Fini, assorbendola nel Partito della Libertà, per poi farla scomparire. A Salvini pesa il crescente consenso che Giorgia e i suoi Fratelli stanno continuando a mietere senza nemmeno tanta fatica. E la Meloni lo sa benissimo, tanto che ha liquidato l’ipotesi di centrodestra “unico” con un tranchant «sono fatti loro». Del resto come può Salvini tendere le braccia Berlusconi (un abbraccio probabilmente assai mortale) e poi mettere in discussione la priorità acquisita dagli azzurri sulla scelta del presidente regionale? Quindi tanti elogi a Spirlì, «orgoglioso del suo lavoro – dice Salvini –, ma il candidato lo sceglie Forza Italia». Spiegando le ragioni della bocciatura: «Ho proposto una federazione dove si valorizzino le identità e si mettano insieme i valori comuni perché il mio avversario non è in casa ma è la sinistra, la sinistra delle tasse, a Reggio Calabria come a Roma, come a Milano. Ragioneremo intorno ad un tavolo».

Queste elezioni, lo abbiamo detto già troppe volte, non smetteranno di offrire colpi di scena o presunti tali, con annunci a effetto, ritiri di candidature, disponibilità non richieste, e via discorrendo. C’è una gran confusione sotto il cielo elettorale calabrese: Nicola Irto, forte delle sue 12.568 preferenze (il 26 gennaio 2020) ha ritirato la candidatura per poi rimettersi in gioco dopo le assicurazioni di Francesco Boccia mandato a ricucire un partito a pezzi. «La mia candidatura alla presidenza della Regione – ha dichiarato ieri all’Ansa – è e resta condizionata all’impegno che a livello nazionale si avrà sulla Calabria». Boccia gli ha organizzato – su sua esplicita richiesta – un tavolo romano con Enrico Letta e Giuseppe Conte dove si dovrebbe discutere del futuro della Calabria. «Ho posto delle questioni nazionali al mio partito sul tema della Calabria e sul ruolo del Pd nel Mezzogiorno e in questa regione. Problemi molti dei quali rimangono tutti e per intero sul tavolo, che, attenzione, non deve essere chiuso a una logica della tattica, a una logica dei nomi. O c’è un governo concreto, oppure, per quanto mi riguarda, sarà una battaglia politica che si farà, e nessuno dica che le decisioni passano sopra la testa dei calabresi. Come si è dimostrato con la venuta di Boccia qui, in Calabria decidono i calabresi. In Calabria decide una classe dirigente calabrese che deve e si può assumere le sue responsabilità – ha detto Irto –. Sembra che della Calabria non interessi niente a nessuno. Da qualche giorno abbiamo riportato la discussione al centro del dibattito politico nazionale. Mi è stato chiesto di fare questo percorso. Lo farò a nome del Pd calabrese ed a nome di quel centrosinistra che mi ha chiesto di mettere in campo un progetto di cambiamento. Ribadisco, io misurerò il mio impegno diretto solo ed esclusivamente rispetto agli impegni che il tavolo porterà sulla Calabria, non sui tatticismi, sulle sigle, sulle candidature e le questioni autoreferenziali. Serve un impegno serio sulla Calabria».

Certo, non è passata inosservata la pesante lettera di Mario Oliverio al segretario Letta: l’ex presidente contesta l’assenza di attenzione sul territorio e, di fatto, fa da sponda alle richieste di Irto, ma non è detto che – improvvisamente – svaniscano come per incanto i risentimenti e le divisioni. Tre anni di commissariamento del partito in Calabria hanno certamente provocato dei guasti difficilmente sanabili sono con le buone intenzioni. Né può bastare il ragionamento che occorre fare fronte comune per impedire alla destra di rivincere, perché il problema riguarda proprio il “fronte comune”. quale? La lite – facilmente prevista per tempo – tra Luigi De Magistris e Carlo Tansi non aiuta a ricompattare la sinistra “civica” che non pare intenzionata a lasciarsi lusingare da una probabile unione Pd-5Stelle. Conte ha i suoi grattacapi, ma da buon politico (ha imparato in fretta!) ha capito che una eventuale questione Calabria non farebbe che accentuare lo scollamento in corso tra gli ortodossi del Movimento che fu e le nuove leve del Movimento che sarà. L’intesa, probabile, con partito democratico potrebbe portare a qualche vantaggio a livello nazionale, soprattutto, in alcune consultazioni amministrative (Milano, Torino, Roma, Napoli) dove i giochi sono largamente aperti. Che la Calabria diventi il gioco di risulta di decisioni “romane” per patteggiare numeri e consensi non può, però, essere accettato dai calabresi che hanno già spalancato gli occhi e non resteranno inermi.

Indubbiamente, la mancanza di leader pesa non poco là dove il consenso non segue sempre pedissequamente le indicazioni dei partiti: a sinistra l’unico leader spendibile è Nicola Irto e le sue chances di successo dipendono dalla capacità di neutralizzare lo “straniero”: De Magistris sta facendo una buona campagna elettorale e raccoglie consensi, soprattutto a sinistra. Non toglie voti alla destra ma li sottrae all’ala progressista di cui si dice portavoce “unico”. In realtà, i numeri sono più modesti di quanto venga dichiarato, però potrebbero essere determinanti, soprattutto se da qui a settembre la destra e il centro continuano a cercare il modo migliore per perdere.

Anche a destra non è che ci sia affollamento di leader e Roberto Occhiuto, con la sua attuale carica di presidente dei deputati azzurri mostra quanto meno una rispettabilissima posizione politica: se riuscisse a non farsi condizionare da interessi di bottega di larghe frange della coalizione, potrebbe essere un ottimo presidente con una visione strategica di grande respiro. Ma il fuoco cova sotto la cenere: l’assessore Fausto Orsomarso (Fratelli d’Italia) ha puntualizzato che il suo partito rispetta i patti ma ha lanciato una frecciatina al veleno: «Noi abbiamo un grande candidato presidente perché c’è una donna, Wanda Ferro, che potrebbe essere in continuità, ma non facciamo a cazzotti nel senso che ci sarà un tavolo nazionale. La sintesi è mettere in campo gli uomini e le donne migliori. Se sarà Forza Italia a indicare il nome saremo in campo con la sintesi di Forza Italia, ma se mi si pone la domanda dico che fino a quando non si decide Wanda c’è, in continuità con la compianta Jole Santelli, se dovessi decidere io sarebbe la scelta migliore». Orsomarso ha ribadito che «il nome di Roberto Occhiuto è un’altra ipotesi autorevole. Visto che ancora non si è chiuso, ognuno rivendica le proprie posizioni, e noi abbiamo una figura che è una delle scelte migliori che può essere messa in campo in Calabria. Non è una liturgia il tavolo romano, non è inutile, è una sintesi della sensibilità diverse, ma noi riteniamo che Fratelli d’Italia con la leader Meloni oggi abbia una marcia in più: comune alla fine noi crediamo nei valori del centrodestra unito. Il tavolo romano è la migliore sintesi per tenere tutto in equilibrio. Speriamo che nella prossima settimana si chiuda».

E la Ferro che dice? «Se dovessi essere chiamata io – mette in chiaro la deputata meloniana – ovviamente non mi tirerei indietro, perché si può togliere un calabrese dalla Calabria ma non la Calabria da un calabrese. Lo farei con grande piacere, ovviamente con una richiesta unica: quella di avere carta bianca nelle scelte. Sono convinta che la risposta ci sarebbe anche perché l’affetto dei calabresi non è mai venuto meno soprattutto perché a Wanda Ferro qualche piccola ingiustizia dalla politica è stata fatta».

Di Salvini e del sogno sfumato del presidente ff Nino Spirlì di tornare a Germaneto con piene funzioni si è detto prima. Ma se l’ipotesi del partito unico Lega-Forza Italia – com’è immaginabile – non dovesse trovare seguito, potete scommettere che ci sarà un altro giro di giostra. Anzi, tanti altri giri di giostra, nonostante i calabresi siano stufi di accordi sulla loro testa, a destra, a sinistra, al centro. Lo hanno capito tutti, tranne i politici di mestiere: ma qualcuno che tenti di spiegarglielo una buona volta? (s)

A TAURIANOVA VINCE L’UOMO NON LA LEGA
SALVINI SCONSOLATO E SINISTRA CONFUSA

di SANTO STRATI – La medaglia di cartone che il leader della Lega Matteo Salvini è corso a ritirare a Taurianova è l’unica consolazione per la Lega che esce con le ossa rotte dalla mancata “conquista” della Calabria, avamposto di una ingloriosa quanto impossibile avanzata sudista. Ma in realtà anche la “vittoria” (4.000 voti !) di Taurianova non è merito della Lega né del suo impegno a conquistare le simpatie del Mezzogiorno: il voto ha premiato l’uomo e il suo territorio. Il nuovo sindaco Roy Biasi, ex Forza Italia ora neoleghista, conosce la sua città e, soprattutto, è conosciuto dalla sua città. Ed è un segnale che tutti i partiti, in Calabria, dovrebbero tenere a mente: non si deve e non si può trascurare il territorio se si vuole recuperare la gente alla politica. Purtroppo, passate le elezioni tutto torna come prima e ci si dimentica di promesse e mancate attenzioni, almeno fino al successivo ritorno alle urne.

A Taurianova è avvenuto il contrario di quanto successo a Reggio con l’«uomo del ponte» Minicuci, voluto a ogni costo da Salvini, che lo ha imposto alla città e agli alleati senza curarsi dell’appeal che il candidato avrebbe suscitato. La “batosta” calabrese (non dimentichiamoci della clamorosa vittoria del civico Vincenzo Voce a Crotone) indica che il “modello Salvini” non funziona. Il leader non ne sta azzeccando una, dall’agosto dello scorso anno al Papeete, quando aprì la crisi al buio con l’uscita dal Governo.

Un’elezione comunale non può avere il parametro del voto nazionale: contano la persona e il territorio. Contano la conoscenza l’uno dell’altro e viceversa. Salvini non ne ha tenuto conto e la sua smargiassata è riuscita in un colpo solo non soltanto a spegnere ogni velleità leghista sullo Stretto (ma questo sarebbe il meno) ma anche a lacerare un centrodestra reggino (calabrese) già logorato da continue crisi di nervi. Anche le intemperanze del vicepresidente regionale, Nino Spirlì – scelto anche in questo caso direttamente da Salvini –, giocano in senso contrario, provocando imbarazzi e giustificate preoccupazioni sulla sua compatibilità con una carica istituzionale così rappresentativa. La Lega, sia ben chiaro, possiede personaggi di elevata intelligenza e provata cultura politica: non si capisce perché il vertice lasci annaspare il Capitano in mezzo ai marosi di una politica che gli sta presentando il conto. Ovvero, la spiegazione – politica – ci sarebbe ma nessuno ha voglia di svelare le trame del Palazzo verde con i due protagonisti che aspettano soltanto che si completi il suicidio politico di Salvini. Bobo Maroni punta a raccogliere il testimone con occhio a Palazzo Chigi – in vista di un’improbabile sterzata destro-leghista alla prossime elezioni politiche, con il trionfatore del Veneto Luca Zaia, nelle azzeccate vesti di un facondissimo Richelieu. Per quale ragione non dovrebbero permettere a Salvini di scavarsi la fossa politica da solo con le sue cazzate?

Parliamo di Lega e dell’insuccesso calabrese di tutta la coalizione di centrodestra,  ma non è che la contrapposta parte politica abbia molto da scialare (e non solo in Calabria). Il timore dei cittadini di sinistra è che i “vincitori” si rilassino, credendo di aver vinto tutto, e che venga meno quella sana dialettica destra-sinistra da cui – volendo – possono anche venire importanti riforme e iniziative importanti per il bene della regione. I calabresi hanno mostrato con la loro partecipazione al voto – alta quanto inattesa – che vogliono partecipare alla politica, vogliono essere protagonisti e non pedine che qualche parlamentare pensa di avere a disposizione per spostare voti. La sinistra calabrese è in una peggiore situazione della coalizione di centrodestra: sconfitta clamorosamente alle regionali, ad arginare il disastro crotonese, c’è oggi il significativo risultato reggino che, però, non deve ingannare. I voti di Falcomatà non sono voti della sinistra, sono la risposta – ovvia e scontata dei reggini – di fronte alla paventata “invasione” leghista (al 4%, roba da far ridere i polli). Però, la strategia ha funzionato e, soprattutto, ha permesso di mettere in evidenza che in Calabria – in particolar modo a Reggio – la sinistra è sì in gran parte sonnnecchiosa e divisiva, ma riesce a reagire. Non va allora sprecata questa opportunità di portare avanti personaggi che vanno valorizzati. In vista di un congresso ormai non più rinviabile per un Partito democratico che non riesce nemmeno a presentare il simbolo a Crotone e che in Calabria è immeritatamente commissariato da troppo tempo.

Giuseppe Falcomatà e Antonino Minicuci
Il sindaco Falcomatà riceve a piazza Italia gli auguri dello sfidante Minicuci

Tutte queste cose le sanno benissimo Falcomatà e i suoi compagni di viaggio che hanno riconquistato Palazzo San Giorgio, ma, capita spesso, che dopo l’euforia della vittoria ci si dimentichi del territorio e delle istanze dei cittadini. Reggio chiede un secondo tempo anche per la politica, svillaneggiata, mercificata, svenduta in nome di interessi particolari (e a volte personali): occorre che destra e sinistra ripensino il percorso che – nel parallelismo dei rispettivi ruoli e diversi obiettivi – la città, ma diremmo meglio la Regione, chiedono con ansia e profonda convinzione. Ci vuole il coraggio da parte dei politici locali di individuare prima il bene comune, poi attuare quelle politiche di coesione il cui peso si valuta di fronte alle urne.

Lo stesso Governo regionale ha subito, senza discutere, imposizioni e suggerimenti di Salvini, in un’epoca (sono appena trascorsi otto mesi) che pare assai lontana, accettando posizioni non più sostenibili. Il caso di Spirlì – sul quale è stato chiesto un confronto in Consiglio regionale – è la cartina di tornasole per la presidente Santelli che deve smettere di pagare “cambiali” elettorali agli alleati. La posizione del vicepresidente – che sta ridicolizzando la Calabria e facendo passare un messaggio sbagliato di intolleranza, quando è proprio tutto il contrario – va definita e chiarita non con un sorriso e un’alzatina di spalle come ha fatto la presidente Jole. Il vicepresidente, da libero pensatore, intellettuale e cittadino italiano, è libero di esprimere dovunque e comunque le sue personali opinioni, anche quando siano politicamente incorrette. Che, però, diventano istituzionalmente inaccettabili quando si ricopre una carica pubblica. Poiché “il signor Spirlì” (come si firma nel suo profilo facebook) insiste, l’unica via non sono le dimissioni (che non darebbe mai) ma il ritiro della nomina e delle deleghe. Presidente Jole, un ingrato compito che tocca solo a lei. (s)

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Il video della manifestazione leghista di Taurianova: https://www.facebook.com/avvroybiasi/videos/333968577868994

Il video di Luigi Palamara della proclamazione di Giuseppe Falcomatà a Reggio: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10217014400772366&id=1237628419

Salvini ricompatta la destra reggina e spinge il candidato sindaco Minicuci

Con le spalle allo Stretto, tutti stretti intorno a Matteo Salvini, per dare certezza del sostegno al candidato “unico”, Nino Minicuci, aspirante sindaco della Lega, con l’appoggio della coalizione di centro-destra formata da Forza Italia e Fratelli d’Italia. Una serata che ricompatta la destra confusa e lacerata, a Reggio, dopo settimane di tirammolla sulla scelta del candidato.

Ad accogliere Salvini tutto lo stato maggiore della destra calabrese, capitanata dalla presidente Jole Santelli  e scortata dalla coordinatrice di Fratelli d’Italia Wanda Ferro. Poi ci sono praticamente tutti: l’on. Ciccio Cannizzaro, le deputata Maria Tripodi e Giusy Versace, l’uomo di Salvini in Calabria, Cristian Invernizzi, già commissario della Lega per il territorio regionale, e poi consiglieri regionali, aspiranti consiglieri comunali, una ressa incredibile di giornalisti, telecamere, telefonini, microfoni.

Introduce la serata la giornalista Giancarla Rondinelli, ma non ci sarà contraddittorio con la stampa. Giusto qualche frase strappata all’ingresso del Lido, a nessun giornalista è stato permesso di fare domande. Più che un incontro con la stampa per presentare il candidato “unico” si è trattata di una affollata convention del tributo obbligato. Salvini, reduce di una mattinata a Crotone e un pomeriggio a Catanzaro Lido, ha fatto un discorso pacato, da sovrano appena giubilato, che ha vinto l’opposizione interna e si sente regista di una apparentemente facile vittoria. Lo sarebbe stata sicuramente due mesi fa, se non ci fosse stato il tentennamento continuo di tutto il centro destra sulla scelta del/della candidato/candidata: oggi sembra ugualmente facile viste le evidenti defaillances di Falcomatà. Facile attaccare il sindaco uscente (anche dopo su la7 durante il programma In Onda), sulla spazzatura che, indegnamente “sporca” l’immagine (e no solo quella) della città o sull’acqua: il candidato Minicuci fa un discorso che affascina e conquista l’uditorio, parlando di imposte inique e perdite d’acqua, e finalmente parla di cassonetti “intelligenti per controllare chi scarica i rifiuti ma non paga la relativa tassa, immaginando un sistema di riciclaggio diverso per valorizzare i rifiuti. Poi, Minicuci, punta sull’orgoglio della Calabria: parla dei 50mila calabresi che vivono a Genova, e confessa il suo amore per Reggio e per tutta la Calabria: «guardate che i più innamorati di Reggio sono le persone che stanno fuori, quando siamo qui ci rode l’invidia – come diceva un poeta reggino (Giunta). Quando ci troviamo fuori facciamo le associazioni dei calabresi: io ne ho fondata una ad Ascoli Piceno e a Genova quella dei calabresi della Liguria, dove abbiamo fatto cose bellissime, come un corso per aiutare i ragazzi a partecipare ai concorsi pubblici, che io regalerò ai giovani di Reggio».

Salvini a Reggio Calabria

Salvini mantiene un profilo basso, accoglie i consigli di non apparire il nuovo Anassila agli occhi dei reggini, e ascolta come un ragazzo preparato a sostenere un esame e non vuole strafare. Gioca anche lui sui sentimenti d’orgoglio calabrese, poco ci manca che si metta a ballare la tarantella per professare la sua gioia di stare in riva allo Stretto, ma sa bene che non sarà una passeggiata. Gli inguaribili ottimisti parlano di vittoria al primo turno, Salvini, invece, ci va cauto, sarebbe bello – dice – ma non dà niente per scontato. E ha capito che il centro-destra da vittoria certa a tavolino stava per restare fuori dello stadio. Lo hanno capito soprattutto le varie anime della destra reggina che hanno, per incanto, capito che solo uniti possono vincere, senza stravincere.

Salvini ha confessato che quando ha preso in mano la Lega non immaginava che sarebbe arrivato in Calabria: ringrazia i calabresi che sono intorno a lui, che rappresentano la realizzazione d’un sogno «perché non bisogna porsi limiti nella vita»: spiega di essere arrivato in ritardo perché è andato a vedere la muraglia di spazzatura di Ciccarello. «Non chiedo a Nino i miracoli – dice – ma chiedo di restituire ai reggini l’onore e la normalità quotidiana: strade pulite e acqua che esce dai rubinetti, per cominciare». Rilancia la palla agli elettori del centro-destra: il destino di Reggio è in mano a voi, io metto una piccolissima matt0nella in  quella casa che dovete costruire voi». Applausi, e selfie a volontà per chiudere la serata reggina. Lo slogan di chiusura è: lavoro, sicurezza e bellezza. Domani è un altro giorno, la campagna elettorale è appena iniziata. (s) 

SALVINI A REGGIO A CACCIA DI CONSENSI.
IL VOTO DISGIUNTO REGALERÀ SORPRESE

di SANTO STRATI – Arriva Matteo Salvini a Reggio, a caccia di consensi, convinto di “colonizzare” il Sud, ultima roccaforte utile per risalire una china ormai inarrestabile. Ma, ancora una volta, sta commettendo l’imprudente errore di sottovalutare l’intelligenza dei reggini che mal tollerano ingerenze esterne nelle cose loro. Al di là di qualsiasi valutazione nei confronti del candidato Nino Minicuci, al quale nessuno può negare competenza e conoscenza della macchina amministrativa locale (fino a gennaio era segretario generale al Comune di Genova), il “candidato di Salvini” dovrà guardarsi bene da un’insidia da non prendere sotto gamba, quella del voto disgiunto. Le elezioni comunali di Reggio lo prevedono, così l’elettore può votare per il “compare” della lista X (c0nta molto nelle amministrative il rapporto interpersonale, di familiarità e amicizia) e allo stesso tempo mettere una croce sul candidato sindaco della fazione opposta. Minicuci, persona degnissima, sconterà il fatto di essere “il candidato di Salvini” e nonostante lo sforzo profuso a piene mani anche da chi  aveva aperto il fuoco amico contro di lui, rischia di sbattere contro uno sbarramento imprevisto di astensionisti arrabbiati.

Certo, la coerenza, si sa, è merce rara in politica, così, a cominciare dal deputato reggino Ciccio Cannizzaro  che aveva avviato in prima persona una battaglia di metodo contro la scelta di Minicuci, non gradito ai reggini, per finire ai consiglieri comunali uscenti Mary Caracciolo, capogruppo di Forza Italia al Comune, Lucio Dattola, Pasquale Imbalzano e Stefania Eraclini (quest’ultima con all’attivo giusto un mese di consiliatura) che si sono rimangiati la “minaccia” (sai che paura…) di non ricandidarsi. Per amore di cronaca e a favore di chi ha memoria corta i consiglieri di cui sopra avevano testualmente detto (il 5 agosto) di esprimere «il nostro dissenso e disappunto: lavoriamo da 6 anni in Consiglio Comunale opponendoci ai disastri dell’Amministrazione Falcomatà, e oggi non siamo più disponibili ad accettare una scelta che rischia seriamente di riconsegnare la città in mano a questa disastrosa Amministrazione dopo una stagione di governo pessima e fallimentare… Minicuci non è l’uomo giusto a rappresentare e interpretare l’esigenza di cambiamento di cui ha la città ha bisogno. Non è il candidato giusto per vincere la pessima sinistra di Falcomatà. Ci auguriamo che si arrivi a un nome nuovo e soprattutto condiviso, che incontri la giusta sintesi tra le varie anime della coalizione, altrimenti non saremo disposti a ricandidarci». E, invece, la Caracciolo e Imbalzano sono in lista, alla faccia della coerenza. Cannizzaro ha fatto ferro e fuoco contro Minicuci, per poi dichiarare che è il miglior candidato possibile. Un “odi et amo” che non dovrebbe stupire gli scafati della politica, ma ha indignato non poco i numerosi elettori del centro-destra reggino.

Da questa situazione ha beneficiato il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà che, rassegnato a un modesto risultato dopo essere stato indicato agli ultimissimi posti dal Sole 24 Ore come amministratore locale, ha trovato nuovo vigore e ha saputo mettere insieme undici liste da cui potrebbe venire una solida riconferma del mandato. Falcomatà, lo abbiamo già scritto, ha molte cose da farsi perdonare dai reggini, ma la sua consiliatura che si conclude il 20 settembre ha dovuto fare i conti con un dissesto annunciato e troppi problemi finanziari della città. Non c’è da vantarsi, anche se si ha l’onestà di ammetterlo, di essere sindaco di una città dove le tasse per i servizi sono altissime, ma i servizi sono inesistenti. Falcomatà sta cercando di segnalare una sorta di complotto contro di lui a proposito della spazzatura: se ci permette un consiglio spassionato, non ci provi nemmeno. La spazzatura di Reggio è un problema antico che andava affrontato in maniera decisa già da troppo tempo, anche a costo di armarsi personalmente di caterpillar e paletta e sgombrare le strade. Ciononostante, per il sindaco uscente sono molto alte le possibilità di arrivare con un buon bagaglio di voti all’inevitabile ballottaggio.

Troppe liste (32), troppi voti dispersi per quella che sarà, comunque vada, una partita a tre. Già perché la titubante Angela Marcianò, dopo avere finalmente deciso di scendere in campo, per offrire non l’alternanza ma l’alternativa, mostra ora una grinta e una capacità di attrazione niente male che no spiega l’iniziale tentennamento. Come abbiamo già detto ieri, le manca il tempo di crossare tutti i percorsi obbligati della città per convincere i delusi, gli aspiranti astensionisti, gli incazzati neri (e sono tanti) a darle fiducia. Il suo programma è basato sull’identità reggina, sull’orgoglio di questa città e la formula appare decisamente vincente: mancano, però, i numeri e manca il tempo di andare a recuperare i voti, uno per uno, periferia per periferia, nei supermercati, lungo il c orso e nelle gelatiere del Lungomare, ovunque, insomma, ci sia la Reggio che ancora ragiona.

Se si riflette un momento, la Reggio assonnata e silente che piacerebbe a Salvini, perché così la conquista sarebbe più facile, la Reggio pigra e svogliata sta lasciando il passo a una schiera di cittadini orgogliosi dei propri diritti e pronti a combattere per la difesa delle loro non delegabili scelte: ovviamente con l’unica arma possibile, le urne. A favore della Marcianò giocano diversi fattori, non ultima la naturale antipatia che molti reggini stanno esprimendo, senza nasconderlo, sia nei confronti del nuovo (Minicuci, il “melitoto”) sia del vecchio (Falcomatà, l’usato sicuro). E inoltre gioca a favore la carta del voto disgiunto: se non ci saranno record di assenze alle urne, come temiamo, quelli che ci ripensano all’ultimo momento non votano né per Falcomatà né per Minicuci. Se si deve manifestare il proprio dissenso, è evidente che il voto dev’essere di rottura.

Come quello, per esempio, che potrebbe raccogliere Saverio Pazzano, candidato per la Strada, che ha avito la benedizione del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che lo accolto nel suo alveo arancione. Ma – non se la prenda Pazzano – la sua candidatura è un autogol per la sinistra, contro Falcomatà e non toglie certo voti al centro-destra. Al contrario, qualche sorpresa potrebbe arrivare da Klaus Davi (al secolo Sergio Mariotti) che ha fatto un buon lavoro per le strade, ma ha raccolto più simpatie che conferme di voto: un  seggio potrebbe ottenerlo e sarebbe di buon significato a sostegno della tesi che la città non si adagia sul deja-vu ma dà segni di vitalità, scarsa ma vitalità. Diversa la storia della mancata candidatura di Eduardo Lamberti Castronuovo, al quale – fa fede la data di pubblicazione – in tempi non sospetti avevamo indicato che appoggio di Cannizzaro fosse solo apparente. Il medico ed editore di ReggioTv ha mandato una video-lettera ai reggini con cui spiega l’amarezza e illustra perché è fuori gioco. È un peccato che la città perda un’opzione di grande valore: Lamberti sogna da bambino di fare il sindaco di Reggio e sarebbe stato un ottimo primo cittadino, perché la sua passione (non politica) e il suo impegno per la sua città sono autentici. Avrebbe speso ogni energia per Reggio, deluso (dalla politica) non crediamo starà comunque a guardare. Si schieri e faccia la sua parte di cittadino attivo di Reggio, sia da esempio a chi non si rassegna e non tollera la colonizzazione del Nord e ogni riferimento _ sia chiaro – è espressamente voluto…

C’è evidentemente un errore di fondo che i candidati “nuovi” non hanno evitato di compiere: la scesa in campo deve essere in anticipo per preparare il terreno, non consente tentennamenti e indecisioni (come nel caso della Marcianò, che avrebbe potuto sperare in ottimi risultati con una campagna elettorale lanciata almeno a novembre/dicembre scorsi), non permette alle persone perbene di ritenere che basti il loro status di perbenismo al di sopra di ogni sospetto a raccogliere consenso. La piazza va coltivata, carezzata e, se del caso, insultata e scossa per la sua eventuale apatia e indifferenza. Abbiamo detto in queste pagine qualche settimana fa: svegliatevi reggini. È un sonno duro, evidentemente, ma fino all’alba del 20 settembre c’è sempre tempo per svegliarsi e urlare la propria indignazione: a destra, a sinistra, al centro, contro tutto e contro tutti. Ricordando però che serve il voto. È un diritto prezioso, non demandate agli altri il futuro dei vostri figli e andate a votare! (s)

SALVINI PERDE IL “NORD” E I CONSENSI
MA VUOLE IMPORRE IL SINDACO A REGGIO

di SANTO STRATI – La Lega perde il suo aggettivo “Nord” che diventa incompatibile con la presunta (e presuntuosa)  conquista del Mezzogiorno e Salvini con quest’operazione si gioca un bel po’ di consensi. I “nostalgici” di Bossi e della Padania non nascondono il proprio livore e la secessione (anche se è esagerato chiamarla così) comincia a delineare contorni difficilmente recuperabili. La lenta parabola discendente di Matteo Salvini, irrefrenabile, dopo quest’ultima “trovata” (ne avesse azzeccata una dalla scorsa estate!) però incredibilmente si scontra con l’inspiegabile accondiscendenza del centro destra reggino che accetta supinamente i suoi continui diktat e la costante rivendicazione di avere il diritto di indicare il candidato sindaco di Reggio. Ma quale diritto? Chi gliel’ha dato? Risposta facile facile: Berlusconi e la Meloni per evidenti opportunità politiche, ma totale cecità per le cose che riguardano Reggio e, in gran parte la Calabria. Un sindaco leghista a Reggio è un bell’ossimoro che nessuno, a Reggio, riesce a mandar giù neanche con una super granita al bergamotto di Reggio Calabria, le cui proprietà miracolose in medicina non finiscono di stupire: è proprio un rifiuto netto, senza distinguo di persone o individui (e con totale rispetto per Minicuci), ma è che appare evidente che si è perso completamente il senso della realtà. Bastano i numeri per dire cosa esprime il centro-destra a Reggio: per la Lega Tilde Minasi (che si è detta pronta a “sacrificarsi” se occorre) ha preso 2.288 voti e in tutta la circoscrizione Sud ha preso appena il o9,18% dei voti (19.926) contro il 16%  di Fratelli d’Italia (34.712 voti) e kil 15,94% di Forza Italia (34.601 voti). Di cosa stiamo parlando? Di un partito che non “esiste” e che non è radicato (e come potrebbe?) nel territorio e non ha – con tutto il rispetto per le persone che si sentono coinvolte – non ha rappresentanti di spessore. Ovvero, in grado di esprimere concretezza di programmi, raccogliere autentico consenso, stimolare gli elettori a recarsi alle urne.

Con queste premesse il suicidio annunciato del centro destra fa gongolare il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà che vede crescere ogni giorno di più consenso in assenza di alternative serie. Non è questa la sede di valutare i cinque anni e passa della sindacatura Falcomatà, ma, tra luci e ombre, appare evidente che qualche segno positivo c’è. Ci sarebbe voluto un po’ più di coraggio (e forse qualche consigliori più attento) ma le trappole in cui si è cacciato Falcomatà (prima su tutte la spazzatura) avrebbe potuto aggirarle in modo diverso. Se i reggini lo vorranno nuovamente sindaco, lo si capirà nel pomeriggio del 21 settembre.

Intanto, dobbiamo assistere alla caduta dei cocci del centro-destra che dimostra stupidità e ignoranza, se continua a sostenere con capo piegato le oltraggiose imposizioni di Salvini. Il quale ha ben altri problemi per la testa che non il capoluogo dello Stretto: certo un sindaco leghista lo aiuterebbe non poco a far digerire l’autonomia differenziata che in autunno Veneto, Lombardia ed Emilia -Romagna rivendicheranno nuovamente come irrinunciabile viatico alla stabilità del segretario leghista. Salvini si sta giocando – con buone garanzia di insuccesso – il suo futuro politico e dovrebbe dimenticarsi della Calabria (che non gli appartiene e difficilmente riuscirà mai a “colonizzare”) lasciando il campo libero ai reggini. In grado di scegliersi da soli (anche con una sorta di primarie tra esponenti della società civile) l’antagonista di Falcomatà. Perché – sia chiaro – non crediamo che Falcomatà voglia vincere facile, per assenza di avversari: gli serve un antagonista con cui confrontarsi e combattere. È il sale della democrazia, il confronto, non  le cazzate salviniane che lasciano il tempo che trovano.

Sia chiaro che non è una questione esclusivamente reggina o locale: il sindaco della Città Metropolitana di Reggio per la Calabria dovrà giocare un ruolo fondamentale su molti campi: la Zes, il Porto di Gioia Tauro, l’Aeroporto dello Stretto, solo per fare qualche esempio, e non sarà una passeggiata. I calabresi, questo, devono tenerlo a mente. Il 20 settembre è un appuntamento che travalica l’ambito comunale, nell’ottica di un piano di sviluppo che coinvolge tutta la regione. E non riusciamo a spiegarci l’asettico atteggiamento della Santelli in questa incredibile impasse in cui è finito il centro-destra.

L’auspicio è che si facciano avanti con una lista civica le persone perbene della Città e siano pronte a confrontarsi sui progetti, sui programmi, sulle priorità. È dell’altro ieri un video su Facebook di Angela Marcianò con cui l’ex assessore della prima giunta Falcomatà annuncia che si candiderà. Senza spiegare con chi, con quale progetto, con quali idee. Sembrava il video di una teenager che condivideva il suo compleanno con gli amici. Ma chi cura l’immagine dei candidati a Sindaco? Il mago Forest? Ma c’è qualcuno che ancora può pensare che i reggini siano una massa di stupidi che si lasciano abbindolare da un sorriso o da promesse improbabili? Evidentemente, sì. A cominciare da Matteo Salvini. “Capitano”, nello Stretto non è aria, ci pensi bene… (s)

A Matteo Salvini piace l’aria dello Stretto:
sogna un sindaco leghista, qualcuno lo svegli

di SANTO STRATI – L’aria dello Stretto comincia a piacere a Matteo Salvini: quando venne eletto senatore a Reggio (per la regola vale il seggio dove si prendono meno voti in caso di pluricandidature) non si era fatto vedere, considerando la rappresentanza calabrese un “incidente” di poco conto. Poi ha dovuto cedere il seggio a Fulvia Michela Caligiuri e la Calabria era ritornata lontana come al solito. Il risveglio delle regionali ha fatto il “miracolo” delle apparizioni. Frequenti se pur non fruttuose (non ha preso i voti che pensava di raccogliere), ma indicative di una scelta di avvicinamento al Sud che poteva avvenire solo dalla Calabria. Così è tornato di nuovo a Reggio, a presiedere un’assemblea di simpatizzanti ed elettori. Ha trovato il tempo di visitare lo splendido museo dei Bronzi, accompagnato dal direttore Carmelo Malacrino, prendere posizione a favore dei pescatori di Bagnara, per finire a cena con la neo-presidente Jole Santelli a parlare del futuro governo regionale. E, da ultimo, lanciare, ad effetto, l’ipotesi di un sindaco leghista per Reggio.

Salvini dall’estate scorsa, però, non ne sta azzeccando una: col governo e le dimissioni-beffa che gli si sono ritorte contro, con le sue sceneggiate risibili quanto di dubbio gusto, e, soprattutto, con le valutazioni esagerate sul successo elettorale. Batosta in Emilia, ma anche arretramento in Calabria, dove dichiarava, anzitempo, che avrebbe fatto furore. C’eravamo permessi di suggerire prudenza al “Capitano” visto che non conosce i calabresi, aggiungendo che sottovalutare gli esiti calabresi non gli avrebbe portato fortuna. Parlano da soli i numeri: nel 2018 la Lega in Calabria aveva raccolto  5,6 % per fare il grande balzo alle europee col 22,6% e ridiscendere il 26 gennaio scorso al 12,3% appena sotto Forza Italia. Una posizione che ha di fatto ridimensionato il peso di Salvini in regione, rivelando chiaramente che i calabresi preferiscono il centro-destra moderato rispetto a quello sovranista della Meloni o a trazione leghista. Tant’è che, ora, il segretario leghista cerca di recuperare, dimenticando i citofoni e sfoggiando sorrisi al sapore di ‘nduja per professare un nuovo sviscerato amore per la Calabria.

Giacché siamo ancora convinti – come gran parte dei calabresi – che leghista e calabrese sia un ossimoro di difficile accoglienza, continuiamo a dubitare sulle buone intenzioni della Lega rispetto a tutto il Mezzogiorno che, fino ad oggi, continua a dargli dispiaceri. Quando dovrà affrontare il problema del regionalismo differenziato che gli pongono, col fiato sul collo, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, vedremo come riuscirà a conciliare gli interessi “rapaci” delle ricche regioni del Nord a sfavore del Meridione sempre più impoverito. Se gli è riuscito il niet su Mario Occhiuto con Berlusconi per la presidenza della Regione Calabria, Salvini non pare in grado di fare il bis con Stefano Caldoro tra qualche mese in Campania. Il problema della Lega è, probabilmente, che manchi di una strategia, un qualche disegno che possa convincere sulle buone intenzioni i riluttanti meridionali che vedono Salvini come un parente scomodo, in visita per niente gradita. Bastano le grandi dichiarazioni e gli annunci ad effetto per conquistare consenso? È facile fomentare le masse davanti all’incompiuta (vergognosa) del nuovo Palazzo di Giustizia di Reggio che i cittadini vedono come la plateale rappresentazione dell’ignavia politica degli amministratori locali, ma probabilmente non basta criticare i lavori che languono da 15 anni: servono idee e soprattutto uomini e donne in grado di supportare adeguatamente qualsiasi iniziativa a marca leghista. E qui casca l’asino: dove e quali sono le risorse umane della Lega per il Comune di Reggio?

Salvini, però, probabilmente mal consigliato, si lancia, imperterrito, nei suoi propositi di conquista: «Alle comunali – ha dichiarato – per la prima volta ci sarà una lista della Lega». E ha aggiunto che – uomo o donna, non importa – la Lega potrebbe puntare al Sindaco. «Non scegliamo in base al sesso, ma valutiamo competenze e bravura: la Lega ha tante persone su cui puntare». Qualcuno svegli l’ex-ministro dell’Interno dal suo sogno. La destra appare vincente, soprattutto se Zingaretti si ostina a indicare nella ricandidatura di Falcomatà la migliore scelta del Pd, ignorando i tanti ed evidenti malumori del territorio: c’è Giorgia Meloni che ha ipotecato la poltrona di Palazzo San Giorgio, pur sapendo di non avere candidati “spendibili” sulla piazza, e Forza Italia che vorrebbe un sindaco della propria lista, con un lanciatissimo Francesco Cannizzaro (artefice dello straordinario successo azzurro nella Città Metropolitana) che sta tessendo una fitta tela di alleanze. E la Lega? Chi propone Salvini come sindaco di Reggio? Vista la composizione delle liste regionali, è legittimo qualche dubbio sui futuri candidati del Carroccio per Reggio.

Angela Marcianò
Angela Marcianò

E poi, contro i sogni di Salvini, c’è l’incognita delle liste civiche. L’ex assessore Angela Marcianò sta preparando la campagna elettorale: proprio ieri ha fatto la prima apparizione ufficiale come candidata a Reggio, alla libreria Culture, raccogliendo un largo consenso tra professionisti e politici di professione, nonché la disponibilità di Filippo Surace a nome di Tesoro di Calabria che ha offerto il suo sostegno, smentito un attimo dopo da Carlo Tansi che ha annunciato che presenterà una propria lista al Comune. Un sindaco donna a Reggio sarebbe una meravigliosa realtà: abbiamo lanciato come Calabria.live l’idea già un anno fa, quando l’avv. Giovanna Cusumano dichiarò di aderire a Forza Italia, aprendo una prospettiva rosa per Palazzo San Giorgio. Il dubbio su un sindaco donna, oggi, riguarda non solo la persona, ma anche l’area politica di riferimento. Considerando lacerazioni, divisioni e dispettucci vari tra le varie forze in campo nell’area di centro-destra, potrebbe finire pure che Falcomatà venga rieletto sindaco per mancanza di antagonisti…

La Marcianò, chiamata da Matteo Renzi nella Segreteria dem (pur senza tessera) dopo l’infelice esperienza di assessore con Giuseppe Falcomatà, ha peccato d’ingenuità nella vicenda processuale che coinvolge quasi tutta la giunta comunale a proposito dell’ex Hotel Miramare, però mostra competenza e capacità che quasi tutti le debbono riconoscere. Il suo progetto metropolitano piace alla cosiddetta società civile, ma le elezioni comunali della metrocity sono una cosa complicata, dove già formare le liste presenta difficoltà impensabili, ed è necessario studiare bene gli schieramenti a sostegno perché raccogliere i voti necessari non è così semplice come potrebbe apparire. L’adesione e il sostegno di varie personalità reggine (tra cui Eduardo Lamberti Castronuovo, ex assessore provinciale e attuale consigliere metropolitano), Alberto Cutuli (ex Alleanza Nazionale), Stefano De Luca (ex assessore con Italo Falcomatà) e Oreste Arconte (Italia dei Valori) offre comunque un variegato assortimento, che tradisce un’insolita trasversalità, visti i trascorsi dem dell’ex assessore alla Legalità. Raccogliere a piene mani il consenso della parte “buona” della città non è, però, affatto scontato.

«Con me – ha detto la Marcianò – voglio persone che rispettino una pre-condizione inderogabile: persone libere da condizionamenti che non mi chiedano nulla né oggi né domani, ma siano pronte ad offrire al loro disponibilità a a spendersi in nome della città». La formazione delle liste civiche è affidata a Salvatore Chindemi e a Renato Milasi (il suo avvocato nella vicenda Miramare). Avrà l’appoggio che le serve? Come convincere un elettorato inviperito con tutta la classe politica locale che ci potrebbe essere qualche respiro di rinnovamento guardando alle liste civiche?

Non trapela, invece, niente sul candidato sindaco di Forza Italia. Un abbottonatissimo Cannizzaro dice solo «stiamo lavorando» sapendo bene che la destra è vincente solo se non è divisa. Ma come mettere insieme e coagulare l’ala moderata forzista con i disegni sovranisti dei Fratelli di Giorgia e dei salviniani, senza dimenticare l’area degli ex-scopellitiani che spingono per la candidatura dell’ex presidente del Parco d’Aspromonte Giuseppe Bombino? Gli azzurri vorranno puntare a fare il bis rosa anche per il Comune di Reggio? Giovanna Cusumano, esponente di spicco della commissione contro la violenza di genere ed apprezzata professionista in città, non si tira indietro, ma non spinge per la candidatura. Da non trascurare, peraltro, l’eventualità, per niente remota, di una candidatura diretta dell’on. Cannizzaro a sindaco. Il deputato reggino (oltre 37mila voti alle politiche del 2018) un pensierino ce lo farebbe pure, rinunciando, forse a malincuore, al seggio di Montecitorio.

Di sicuro, l’attuale panorama degli aspiranti sindaci spariglia gli improbabili disegni di Salvini che, in Comune, riuscirà a far eleggere qualche consigliere, ma raccoglierà quasi certamente nuove delusioni in termini di consenso. I calabresi sono «lottatori» (lo ha detto anche la Marcianò) e i reggini lo sono ancora di più e non amano i colonizzatori, “conquistatori” o presunti tali. A fine maggio, probabilmente, si vota a Reggio per Comune e Città Metropolitana: anche qui, preparatevi, i colpi di scena sono da copione. (s)

Deciderà Salvini per i calabresi? Ma non creda che siano disposti a farsi colonizzare dal Nord

di SANTO STRATI – Al di là della simpatia o antipatia che Matteo Salvini riesce a suscitare, dopo il viaggio di ieri in Calabria, riesce difficile capire come il centro-destra berlusconiano (in chiaro affanno) sia disposto a lasciar scegliere al leader della Lega il candidato a Presidente della Regione. Le tre anime della destra, quella sovranista di Giorgia Meloni che domani (sabato) sarà a Reggio, quella populista e reazionaria di Salvini, e quella proto-liberale di Silvio Berlusconi, sono in evidente conflitto permanente: da mesi girano intorno al nome da proporre agli elettori, sapendo di avere in mano buone carte per la probabile vittoria, e ogni volta, come se stessero giocando a Monòpoli, tornano al VIA senza pagare gabelle. Ignorando, però, che gli elettori di centrodestra sono sì arrabbiati col governo di Oliverio e la sua Giunta e vogliono cambiare, ma non accettano di sentirsi trattati da sudditi.

Salvini, col sorriso da incantatore di serpenti, è un gran simpatico e si fa forte dei sondaggi che indicano a favore del centro destra una percentuale superiore al 35%, tanto da poter dichiarare ai suoi numerosi fans che lo hanno seguito nelle tre tappe calabresi «chiunque sarà il candidato, vinciamo noi». Una dichiarazione improvvida, da non tenere in considerazione come la solita sbruffonata del capo leghista, bensì da valutare come l’ammissione di un disegno di colonizzazione neanche tanto mascherato. Con i suoi niet a Occhiuto (Mario prima, Roberto poi) e la facoltà di porre il veto a chiunque non vada bene (non tanto a lui, quanto ai fratelli coltelli della destra gentiliana) dimostra di essere l’unico a poter decidere sul candidato. Tanto – sostiene – non importa chi sarà l’uomo o la donna da proporre agli elettori, la vittoria è già sicura in ogni caso.

Non ha fatto i conti, Salvini, con il carattere dei calabresi. Mai rassegnati, mai indomiti, quietamente (in apparenza) pronti ad ascoltare le sirene del politico di turno che disegna scenari di favola e propone amministrazioni trasparenti, ma ugualmente rapidi a punire alla urne le aspettative di chi gioca sporco. La storia recente racconta ben diversamente l’esperienza leghista e non sono pochi quelli che non hanno dimenticato le farneticanti affermazioni razziste rivolte ai meridionali (calabresi inclusi). La Lega in Calabria sta giocando un brutto tiro agli elettori delusi (più o meno giustamente, a seconda dei punti di vista) dai CinqueStelle o da Oliverio: sta tentando di far passare l’idea che i partiti sono morti e occorre una rivoluzione copernicana per cambiare. Il concetto in sé ha molta verità, i calabresi non nascondono la grande, grandissima, voglia di cambiare, soprattutto in termini di azione, ma non tollerano più le prese in giro né tanto meno le sparate ad effetto. Fin ad oggi ci sono state sempre e solo le dichiarazioni prorompenti, le facili promesse, le assicurazioni dei politici (di ogni parte politica) che era giunto il momento di voltare pagina: peccato che, alle parole, quasi mai si sono visti i fatti. Basta il rapporto Svimez 2019 a svergognare i politici calabresi e rivelare la loro incapacità di attuare ciò che si era annunciato. Solo il dato della spesa dei fondi comunitari a disposizione (appena il 2% utilizzato) basterebbe ad autorizzare a mandare al diavolo chi ci ha amministrato negli ultimi vent’anni, senza alcuna esclusione. E qui s’insinua l’insidia di Salvini: un sorriso e un selfie e il capo della Lega pensa che i calabresi, boccoloni, sono pronti a dire sì a qualsiasi governo che rompa col passato. Parliamone.

La sensazione è che Forza Italia ha esaurito la sua forza propulsiva e non riesce più ad attrarre il ceto medio, gli elettori che guardano a destra senza estremismi e con ispirazione liberale ma non trovano accoglienza. Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto aveva intuito questa esigenza di captare i sentimenti del popolo di centro destra e – occorre dire per onestà – presentatosi con largo anticipo sulla scena elettorale aveva predisposto un efficace quanto articolato programma di riforme. Progettualità e spirito costruttivo che sono stati vanificati dal capriccio di Salvini (e della destra contraria a Occhiuto). Quasi certamente correrà da solo, a sparigliare l’improbabile (nei fatti) alleanza dei tre leader di destra.

Giuseppe Nucera, ex capo degli industriali reggini, ha scelto un po’ tardi di proporsi, mutuando la politica del “fare” che gli insoddisfatti elettori calabresi chiedono a gran voce. Si ricordi che non hanno votato alle passate consultazioni regionali il 60% degli aventi diritto: Nucera ha predisposto un programma semplice, ma di indubbia efficacia: al centro di tutto il lavoro, che è la risposta che i calabresi attendono da anni, mentre vedono partire la meglio gioventù verso altri lidi dove c’è chi l’apprezza e offre grandi opportunità di crescita professionale. Il movimento di Nucera, La Calabria che vogliamo, esprime candidamente la speranza che è dura a morire nei calabresi, ma non ha trovato né a destra né a sinistra una spalla con cui costruire una coalizione di “rottura”.

Il geologo Carlo Tansi, altro “autonomo” in competizione, gioca la carta del Tesoro di Calabria con tre liste collegate: la sua esperienza alla Protezione civile regionale (finita in rissa con Oliverio) – crediamo – non basterà a convincere i delusi in cerca di cambiamento. Anche in questo caso il tempo gioca a suo sfavore: non ha avuto e non ha modo di percorrere il territorio in maniera adeguata per proporsi e convincere gli indecisi (che sono tantissimi).

Poi è arrivato Pippo Callipo. Anche qui con un tira e molla imbarazzante, prima con i CinqueStelle, poi col PD, infine con una dichiarazione di autonomia, pur col simbolo dei dem: Callipo non è l’uomo nuovo, ma chi ha detto che serve un “l’uomo nuovo” per dare uno scossone a questa martoriata e sfortunata (nelle scelte) terra? È un imprenditore e quindi sa cosa significa trattare con i lavoratori e i sindacati, sa cosa significa creare opportunità di lavoro, conosce i meccanismi della crescita, senza bisogno di fare complicati quanto irreali business plan. Ma anche lui è vittima di una guerra fratricida tra ex-amici ed ex alleati. Mario Oliverio non recede, chiedendo l’impossibile («azzeriamo tutto» – ha chiesto oggi in Direzione dem) e probabilmente correrà da solo, come Occhiuto. La guerra dei Mario contro la nevrastenia di Roma di un centro destra sempre più confuso e dei dem che commissariano le federazioni provinciali di Cosenza e Crotone per punire i dissidenti, quelli favorevoli alla ricandidatura di Oliverio.

Anche Callipo concorda che «La Calabria non è una colonia», a proposito delle dichiarazioni di Salvini e ci va pesante per fermare l’entusiasmo che il nuovo “conquistatore” pensa di poter raccogliere. Coglie le battute ironiche sul tonno artigianale per ribattere che «a me invece piace la Calabria che ha fiducia in se stessa, libera e orgogliosa della propria storia, non una Calabria ridotta a colonia che si prostra dinanzi a chi l’ha sempre insultata. Salvini si è mascherato col tricolore italiano e non sorprenderebbe nessuno se, per fare cassa elettorale, ora si definisse anche un cultore della questione meridionale. Ma questo vulcano di slogan velleitari è sempre a capo di una forza politica che, pur avendo accantonato la clava della “Padania libera” e le ingiurie al Sud, ha sempre il core business al Nord, come dimostra la folle intenzione di realizzare un regionalismo asimmetrico che spaccherebbe l’Italia e lascerebbe con le pezze al sedere le regioni meridionali. Né viene per abrogare l’assistenzialismo, il clientelismo e la cattiva politica che hanno reso la Calabria la regione con più disoccupati d’Europa, ma per dargli pieno compimento. E per farlo, qualora vincessero, avrà a disposizione un presidente di Regione che altro non sarà che la longa manus della Lega in fondo allo Stivale, visto che la scelta l’ha imposta Salvini. È nelle sue corde promettere mari e monti, salvo poi cancellare tutto una volta entrato nei palazzi del potere. Non possiamo infatti dimenticare che la Lega ha governato per decenni, provocando disastri al Paese e contribuendo alla discriminazione economica e sociale del Mezzogiorno».

In questo quadro, a nostro avviso, non entrano neppure in gioco i CinqueStelle, pur avendo candidato il pregevole docente Francesco Aiello: il Movimento ha perso il contatto col territorio e rivela non due ma più anime in contrasto tra loro che altro non fanno che disorientare gli ultimi idealisti ancora tentati a seguirli. Un vaso rotto si può incollare, ma si vedranno i pezzi alla bell’e meglio rappezzati. Chi comprerebbe un vaso visibilmente ricomposto dopo una accidentale (?) quanto funesta caduta? Sarà, perciò, una bella battaglia, sperando che l’astensione non torni ad essere il primo partito, incapace però di produrre un qualunque governo.

La Calabria non è terra di avventurieri e la storia racconta che ai vari invasori che ci hanno provato nel corso dei secoli non è finita mai bene. Ci riflettano i neo-nostalgici della colonizzazione e gli elettori guardino con attenzione i programmi. Non si può sostenere che qualunque nome va bene comunque: i calabresi hanno diritto di avere un governatore che impegni la faccia e tutte le risorse disponibili per guidare crescita e sviluppo per la regione più emarginata d’Europa. E di sceglierlo col voto, scartando – giustamente – eventuali imposizioni che tradiscono arroganza e scarsa considerazione del territorio. (s)

REGIONALI / Salvini in Calabria in cerca di consenso rilanciando il no agli immigrati

«Domani c’è sciopero degli aerei, prendo il treno e mi fermo a Napoli, vado a Poggioreale, a trovare i poliziotti, non i detenuti»: Matteo Salvini a Reggio, in serata conquista simpatie rilanciando la chiusura dei porti e il no all’immigrazione, esaltando, in primis, il ruolo della famiglia tradizionale. La gente lo applaude e l’ex ministro dell’Interno dichiara che sono pronte le liste di candidati calabresi, uomini e donne che in 45 giorni dovranno conquistare il consenso dei «calabresi rassegnati, quelli delusi dai CinqueStelle». Non promettiamo miracoli – dice Salvini – ma una buona amministrazione «come nelle regioni che amministriamo al Nord». È uno show alla solita maniera di Salvini: basta dire quello che la gente vuole sentire, anche se qualche scricchiolìo nella strategia del centro destra (e della Lega) comincia a farsi sentire. Qualche anno fa un calabrese che applaudiva un leghista sembrava fantascienza: oggi acclamano Salvini, ma più per rassegnazione che per convinzione. E il sentimento più diffuso è il disorientamento che queste elezioni stanno portando. Il ruolo dei partiti è finito? In Calabria non ci sono partiti, ma piccole parrocchie, ognuna per proprio conto. Come si fa a tornare ad entusiasmare gli elettori disamorati della politica? Salvini crede di riuscirci ripetendo (alla noia) le solite frasi e in tanti lo applaudono convinti. È comunque un segnale che il popolo vuole esser parlato (come scriveva Corrado Alvaro), non comandato, né tollera chi decide in suo nome senza consultarlo. E Salvini, non senza accorgersene, sta provando a decidere per i calabresi. Un grande rischio: la Lega non ha il polso del territorio, né gli uomini giusti al posto giusto. Si potrà vincere giocando sulla rabbia, ma i calabresi è difficile piegarli. E la prova di forza nel centrodestra nella scelta del candidato governatore nasconde più di un’insidia…

La giornata di Salvini in Calabria era cominciata questa mattina a Catanzaro con l’inaugurazione della nuova sede della Lega. Affiancato dal suo fidatissimo commissario leghista Cristian Invernizzi e dall’unico deputato verde eletto in Calabria, Domenico Furgiuele, non ha trovato contestazioni. Quindi una tappa a Vibo e poi a Reggio. Un discorso populista, ripetuto nei tre capoluoghi, sui temi che gli sono abituali: barconi, immigrati, delinquenza, famiglia da difendere, radici cristiane e naturalmente il solito leit-motiv “prima gli italiani”. È facile raccogliere il consenso di tanta gente arrabbiata soprattutto con lo Stato. Ma non c’è spazio per i programmi e per svelare le candidature: Salvini gira intorno, auspica che anche in Calabria ci sia una donna, come in Umbria e in Emilia, ma non fa nomi. Però ipoteca le prossime comunali di Reggio: «un uomo o una donna indicati dalla Lega non mi dispiacerebbero».

Non parla del suo veto agli Occhiuto né affronta l’argomento del malumore che serpeggia anche nel centrodestra calabrese. A Reggio si dice «commosso dell’accoglienza che la Calabria mi riserva perché fino a qualche anno fa non avrei mai pensato di essere visto come il liberatore della Calabria». Ma qui partono un po’ di fischi e tiepide contestazioni con insulti tra sostenitori e non: i reggini avvertono la divisività che anche la destra non riesce ad evitare e gli animi si riscaldano facilmente nella sala Calipari del Consiglio regionale. Fuori piove e dentro piovono anche insulti verso una performer che cerca di contestare Salvini: «Qualche anno fa volevi bruciare la Calabria e tutto il Sud». Gran parte della gente arrivata ad ascoltare Salvini è già motivata di suo, ma resta delusa nell’ulteriore rinvio sul nome del candidato. Salvini glissa: «deciderà chi di dovere», poi invita a farsi un selfie con lui. Sabato si replica con Giorgia Meloni. (rp)