5 settembre – Seconda tappa del giro di ricognizione sul ruolo e lo stato di salute dell’informazione in Calabria: questa volta, a Reggio, la delegazione dei giornalisti calabresi guidata da Carlo Parisi, segretario nazionale aggiunto della Federazione della Stampa e segretario del Sindacato giornalisti della Calabria, ha incontrato il procuratore Giovanni Bombardieri. Un incontro cordiale e, per molti aspetti, appassionato, denso di proposte, intese e speranze, che, al Cedir di Reggio Calabria, ha concluso il confronto avviato tra i rappresentanti degli istituti di categoria dei giornalisti con i titolari delle Direzioni Distrettuali Antimafia calabresi. La Procura diretta da Bombardieri ha, infatti, competenza sulla provincia di Reggio Calabria, mentre quella di Catanzaro, retta da Nicola Gratteri, protagonista della “prima tappa”, ha anche quella sulle province di Cosenza, Crotone e Vibo Valentia.
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure» È ricordando l’art. 21 della Costituzione della Repubblica Italiana che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, ha accolto Carlo Parisi, il delegato Fnsi alla legalità, Michele Albanese, e il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri.
Bombardieri, reggino come Gratteri (uno è di Riace, l’altro di Gerace) si è insediato appena il 22 maggio scorso, ma – aveva anticipato Gratteri – «è uomo onesto che ha il senso dell’organizzazione dell’ufficio e, soprattutto, l’intelligenza necessaria per distinguere subito chi è sincero e chi recita una parte»”. Dote importante in una provincia come quella di Reggio Calabria nella quale è presente, e in maniera pesante, «la cosiddetta zona grigia, non molto meno pericolosa della ‘ndrangheta cruda e violenta».
Considerazione che ha subito chiamato in causa un argomento delicato, quello delle minacce e intimidazioni a danno dei giornalisti: «Occorre un impegno serrato e costante – hanno chiesto al procuratore i rappresentanti di Sindacato e Ordine dei giornalisti – per far luce sugli episodi che vedono vittime gli operatori dell’informazione e assicurare alla giustizia gli autori di tali vergognose azioni».
Appello che Bombardieri ha accolto senza alcun indugio, sottolinenando la propria “fermezza nel perseguire i colpevoli degli atti di violenza e intimidazione ai giornalisti: è inaudito che i professionisti dell’informazione, in Calabria come altrove, debbano temere per la propria incolumità semplicemente perché garantiscono alla comunità civile un diritto sacrosanto”.
Sul tappeto, quindi, l’importanza di “garantire il sistema informazione, tutelando le aziende serie e regolari”.
«Una lotta possibile e vincente – hanno incalzato Parisi, Soluri e Albanese, dialogando con il titolare della Procura reggina – se portata avanti con l’impegno e il controllo di tutte le forze in campo. A cominciare dal contrasto all’abusivismo: se l’informazione non è fatta da giornalisti e da giornali qualificati, seri e scrupolosi, il rischio è altissimo. Per i lavoratori, certo, ma anche per la collettività, troppo spesso costretta a fare i conti con notizie false messe in giro, magari sui social, da falsi giornalisti o da chi li scimmiotta». Già. Quelle «“fake news” che continuano ad avvelenare la buona informazione – hanno ribadito i rappresentanti di Sindacato e Ordine dei giornalisti – lasciando passare falsità e messaggi sbagliati: occorre fare fronte comune per tutelare verità, professionalità e lavoro nel rispetto, ancora una volta, della legalità».
A cominciare dalle modalità di accesso alle conferenze stampa che «dev’essere consentito solo ai giornalisti, – hanno ribadito Parisi, Soluri e Albanese – e, a tal fine, è indispensabile una selezione nell’accredito per far sì che partecipino giornalisti veri e qualificati o comunque giornalisti freelance che lavorino per testate regolari. Non quanti si improvvisano giornalisti scrivendo su un blog o, peggio, sui social network, e che non fanno altro che creare confusione e concorrenza sleale a danno di quelle aziende che, invece, rispettano professionalità, dignità e lavoro. In una parola, la legge».
«Allo stesso modo – è stato l’ultimo punto all’ordine del giorno in un incontro che alla formalità ha preferito l’operatività – non bisogna inviare comunicati stampa a chiunque, specie sui social».
In sintonia con il procuratore Bombardieri, dunque, sia il Sindacato che l’Ordine dei giornalisti hanno assicurato “la massima disponibilità a fornire tutti gli elementi caratterizzanti delle testate regolarmente registrate e qualificate e, soprattutto, rispettose del lavoro e della dignità professionale dei giornalisti”. Perché è anche su questo piano che si gioca la battaglia per la legalità: attraverso la difesa e la tutela del lavoro. (rrc)
MICHELE ALBANESE, IL CORAGGIO D’UN CRONISTA DA 4 ANNI SOTTO SCORTA
18 luglio – Michele Albanese, giornalista calabrese del Quotidiano del Sud, è un cronista sotto scorta, uno dei tanti, minacciati e nel mirino di mafia e delinquenza comune perché, in nome della sua professione ha deciso di scrivere in libertà, di denunciare, di non coprire connivenze e malaffare. La sua libertà è la nostra. Su Facebook, oggi Albanese ha postato questa riflessione sui suoi quattro anni d’inferno. È il racconto amaro, ma fiero di chi non sa e non vuole arrendersi e ci fa sentire orgogliosi del mestiere di giornalisti. Un modello per i giovani, ma anche tutti coloro che credono nella libertà. È grazie a uomini come Michele se la Calabria ha una speranza di riscatto e di crescita, contro la ‘ndrangheta, la corruzione, il malaffare. (s)
«E sono quattro anni… – scrive sul suo profilo Facebook Michele Albanese – 1460 giorni sotto scorta. Ci pensavo stamattina, cercando di fare un bilancio di questo periodo e mi sono accorto come questi giorni li ricordo tutti, senza distinzioni anche nei particolari. Ma soprattutto ricordo le notti di questi quattro anni, i momenti più brutti, quelli più duri perché non riesci a dormire e sei costretto a pensare, a fare memoria, a riannodare i fili della tua vita cercando di immaginarne un futuro. Quante cose sono cambiate, quanti volti spariti e quanti apparsi. Per mia natura guardo sempre avanti col petto e la schiena dritta, da uomo libero, nonostante chi in questi anni abbia cercato per ragioni diverse di avvelenare il mio presente. Amo la mia libertà fino in fondo e non mi fermerò davanti a nulla anche se un pezzo di essa mi è stata tolta. Amo la mia terra con tutta la mia anima e per essa sono disposto a dare la vita. Amo soprattutto la verità per la quale vale la pena vivere. Cerco di guardare al mio futuro con fiducia, perché so di avere accanto persone straordinarie, tante tantissime, uomini e donne, ragazzi e ragazze che rincorrono il sogno di vivere alla luce del sole e non nei pantani putridi dell’ipocrisia, nel puzzo delle mafie. Il mio rammarico più grande è solo quello di non poter fare il mio lavoro con la serenità giusta, con la libertà necessaria per un giornalista. Ma continuerò, nonostante tutto a gustare la bellezza della giustizia, a sentire i profumi della responsabilità, a camminare fianco a fianco con chi questo impegno lo respira a piani polmoni. So che nella vita ci sono amici ma anche nemici. I primi te li scegli, i secondi ti stanno dietro come avvoltoi pronti ad azzannare per il semplice gusto di farlo. Figli di una natura disumana. Per loro solo pietà, nonostante i loro morsi di odio. In fondo sono nati per questo. Io continuo a provare a resistere sognando il giorno in cui la mia vita tornerà normale»
Nella foto: Michele Albanese riceve dal presidente dell’Ansa Michele Anselmi il Premiolino 2016