«Il coinvolgimento del pubblico e la loro accoglienza ci hanno fatti sentire a casa, quella che abbiamo sempre idealizzato, la Calabria che guarda al mondo e che fa parte del mondo. Torniamo nella nostra terra con una grande gioia in tasca e tanta fiducia nel futuro, credendo fermamente che la Calabria sia un’esportatrice di bellezza, non solo in termini musicali» ha dichiarato Bruno Tassone, voce dei Parafonè, il gruppo calabrese che, nei giorni scorsi, è stato ospite al Festival Sete Sòis Sete Luas, evento dal respiro internazionale, giunto alla 29esima edizione e dedicato alla cultura mediterranea.
Un ritorno dal vivo in grande stile per il gruppo che, grazie alla collaborazione del circuito Calabria Sona, in una stagione difficile per le restrizioni anticovid, ha potuto calcare i palcoscenici internazionali proponendo il proprio repertorio, tra tradizione e innovazione, ispirato alle sonorità identitarie calabresi. Il primo concerto si è tenuto il 27 agosto a Fábrica da Pólvora di Barcanera, un polo culturale, nei dintorni di Lisbona, dove è nata la storia più recente del Portogallo. Il secondo live si è invece tenuto a Pombal, tra Fatima e Porto, una vetrina ideale dove poter presentare l’originale progetto di recupero del repertorio popolare attraverso il personale linguaggio espressivo che caratterizza la band.
Giuseppe Marasco, che ha curato la produzione e il management dei live per Calabria Sona, ha aggiunto: «Siamo abituati a sentire la nostra musica quotidianamente in grandi piazze e con tanta gente ad ascoltarci, ma l’emozione che si prova quando senti la prima nota suonare e il primo caloroso applauso di un pubblico che non conosce la band, né tanto meno la Calabria, rappresenta la benzina utile ad andare avanti lungo la strada tortuosa della promozione della musica identitaria e world in giro per il mondo».
«Vedere i nomi delle band affiancati alla scritta “Calabria” – ha concluso – in un cartellone di oltre 30 città nel mediterraneo e con artisti internazionali, è per noi motivo di grande orgoglio e di questo dovrebbero prenderne maggiormente coscienza le nostre istituzioni: possiamo davvero essere portatori di cultura, identità e immagine positiva della nostra regione nel mondo». (rrm)