di FRANCESCO KOSTNER – Con tutto il rispetto per l’ambizioso proposito di “Giuseppi” Conte, di diventare rappresentante e difensore degli italiani nelle istituzioni del Paese, il titolo e il contenuto del pamphlet Giacomo Mancini. Un avvocato del Sud, edito da Luigi Pellegrini Editore, omaggio di Paride Leporace all’ex leader socialista, in occasione del ventennale della morte (2002/2022), è un’altra Storia. Con la consonante maiuscola, non a caso. Anzi è la Storia, che il vice direttore de “il Quotidiano del Sud” riprende al momento giusto, puntuale all’appuntamento con un anniversario di rilievo nazionale.
A differenza di Conte, però, il vissuto politico e amministrativo di Giacomo Mancini, in Italia, nel Mezzogiorno, in Calabria, e nella sua Cosenza, ha lasciato il segno. Al punto non solo di rappresentare ancora oggi un esempio di capacità, pragmatismo e efficienza da emulare, ma mettendo tutti d’accordo una volta tanto. Come è stato, a suo tempo, per i suoi avversari nelle elezioni amministrative del 1993 – ex dc, ex comunisti in modo precipuo – e del 1997 (nelle quali ottenne un consenso ancora più ampio), disorientati dall’efficienza, dal pragmatismo e dalla determinazione del vecchio Leone socialista. Caratteristiche e qualità nemmeno lontanamente scalfite anche dalla vicenda giudiziaria per concorso esterno in associazione mafiosa in cui Mancini rimase coinvolto nel 1994, accusa gravissima dalla quale venne completamente scagionato.
Ebbene, il merito principale del pamphlet pubblicato da Leporace crediamo consista nella restituzione alla memoria collettiva, in particolare ai giovani, di alcune tappe fondamentali dell’azione politica e di governo di Giacomo Mancini, che oltre ad essere stato parlamentare ininterrottamente dal 1948 al 1992, fu anche ministro della Sanità, dei Lavori Pubblici e del Mezzogiorno. E se, per esempio, è cosa buona e giusta ricordare il suo impegno a favore dei disabili, e la sua azione finalizzata ad abbattere ogni barriera che ne impedisse l’accesso nei luoghi pubblici, anche alla luce delle vicende che hanno caratterizzato la pandemia nel nostro Paese, è inevitabile ricordare la determinata iniziativa del ministro della Sanità Mancini che decise, infischiandosene del parere contrario di molti funzionari e dirigenti, di rendere obbligatoria la somministrazione a milioni di bambini del vaccino contro la poliomelite sviluppato dal medico polacco naturalizzato americano Albert Bruce Sabin, evitando così la morte di chissà quanti piccoli italiani. Una vicenda che non si trova sui libri di storia usati nei licei e all’università, e che anche i grandi giornali continuano a ignorare, come è successo di recente sul Corriere della Sera, che in una pagina intitolata “La lezione dimenticata della polio” ha ritenuto ininfluente ricordare il principale protagonista di quel passaggio per molti aspetti nodale della storia Repubblicana, risoltosi come abbiamo detto.
L’altra faccia del decisionismo manciniano è tutta di marca siciliana e risale all’estate del 1966, quando una gigantesca frana investì la città di Agrigento lasciando migliaia di famiglie senza casa. L’evento fu conseguenza delle dissennate politiche urbanistiche degli amministratori locali sulle quali il ministro Mancini decise di vederci chiaro. E quando la Commissione da lui insediata per accertare le cause di quanto accaduto mise nero su bianco l’assenza dell’interesse pubblico nell’azione comunale, “la quale appare dominata soltanto dalla preoccupazione di favorire – comunque ed a qualunque prezzo – le singole iniziative costruttive” e che “la gravità della situazione urbanistico-edilizia del paese ha trovato in Agrigento la sua espressione limite”, il ministro socialista decise immediatamente di agire. E a parte le iniziative giudiziarie che riguarderanno molti amministratori della città, Mancini riuscirà ad impedire ulteriori sfregi in quell’area, salvando la valle dei Templi dal rischio di inaccettabili speculazioni edilizie e ispirando l’approvazione della cosiddetta “legge ponte”. Un intervento provvidenziale definito dal giornalista Francesco Erbani “un baluardo del riformismo praticato dal centrosinistra di quegli anni, esemplare non solo nel campo dell’urbanistica, ma per altri settori della vita pubblica, in virtù dei molti elementi di programmazione e di pianificazione che intendeva introdurre nel sistema”.
Non meno importante è la vicenda relativa alla costruzione dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, che agganciò la nostra regione al resto del Paese e nella quale Mancini ebbe un ruolo fondamentale, sfoderando ancora una volta le sue qualità politiche e l’idiosincrasia per tutto ciò che rappresentasse un ostacolo o una limitazione alla sua azione al servizio del Paese. Direttori generali compresi, rimossi in un batter d’occhio per manifesto, intollerabile ostruzionismo, forse, chissà, in qualche modo ammantato anche di pensieri e pregiudizi antimeridionalisti.
Si potrebbe scrivere chissà quanto ancora di queste e altre vicende, ma crediamo sia giusto lasciare al lettore il gusto di scoprire direttamente il contenuto del pamphlet di Leporace, che traccia un quadro storico e biografico, snello e di agevole lettura, “del politico calabrese che meglio rappresentò le ragioni della sua terra in un’ottica meridionalista e di difesa della democrazia”.
Un focus utilissimo, dunque, in vista di ulteriori approfondimenti, a partire da quello che il figlio dell’indimenticato leader socialista, Pietro, ha pubblicato nel 2016, sempre per i tipi di Luigi Pellegrini Editore, intitolato “…mi pare si chiamasse Mancini…”. Un riconoscimento all’importante genitore, alla centralità della politica e ai superiori interessi dei cittadini, di cui Mancini è stato lungamente interprete e sui quali oggi, in tempi di magra in questo fondamentale campo d’azione, è utile soffermarsi. Allontanando così il rischio, ahinoi molto concreto, che anche la Storia migliore, alla quale certamente Mancini ha offerto un contributo, possa essere in qualche modo trascurata se non finanche dimenticata. (fk)
GIACOMO MANCINI, UN AVVOCATO DEL SUD
di Paride Leporace
Luigi Pellegrini Editore, ISBN 9791220500968