Nella seduta odierna della Commissione contro il fenomeno della ndrangheta è iniziata l’audizione degli “organismi di composizione della crisi” che operano in Calabria, per definire misure di sostegno ai soggetti sovraindebitati. In questo modo – riferisce il Presidente della Commissione Consiliare Pietro Molinaro – si tenta di prevenire il ricorso, da parte dei soggetti sovranindebitati, alle organizzazioni usuraie. L’audizione è iniziata con gli organismi promossi dalle Camere di Commercio e dagli Ordini degli avvocati, per poi proseguire con tutti gli altri organismi.
Dagli organismi è stata rappresentata la grave situazione che si registra presso i loro sportelli, con continue richieste di attivazione degli strumenti giuridici per risolvere la diffusa situazione di sovraindebitamento in Calabria. La Regione Calabria, su impulso della Commissione – aggiunge – ha già previsto una misura di aiuto con l’erogazione di un contributo a copertura delle spese di istruttoria necessarie all’attivazione degli organismi di composizione della crisi.
Sulla base di quanto emergerà al termine del ciclo di audizione, la Commissione provvederà ad elaborare ulteriori misure in favore dei soggetti sovraindebitati. (rrc)
Il consiglio regionale della Calabria potrebbe fare propria la proposta di legge dell’imprenditore antimafia Antonino De Masi. Lo fa sapere il consigliere Molinaro.
La riunione di oggi della Commissione “Contro il fenomeno della ‘ndrangheta, della corruzione e dell’illegalità diffusa, comunica Pietro Molinaro presidente dell’organismo consiliare «ha avviato dapprima, la discussione per la definizione di norme regionali finalizzate a garantire la legalità e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Sono state svolte le audizioni dei rappresentanti sindacali; per la Cgil, Luigi Veraldi, Cisl Enzo Musolino, Uil Annarita Mancuso, Ugl Guido Cordova Castellani, Cisal Felice Cua. A seguito della costituzione della Consulta della Legalità, i sindacati, avevano manifestato l’esigenza di comprendere quale sarà il percorso, poiché c’è una netta correlazione tra lavoro e legalità. È stato avviato un percorso, con l’obiettivo di offrire soluzioni le più tangibili e immediate per la valorizzazione del lavoro e di chi lo svolge».
La Commissione su questo tema, «intende – fa sapere ancora Molinaro – dare un contributo non rituale e l’appuntamento di oggi è stata l’occasione per rilanciare la sicurezza ed avere maggiori strumenti per far camminare e applicare i programmi e le leggi. La Commissione, dopo l’audizione dell’imprenditore Antonino De Masi e un’ampia discussione, ha espresso parere favorevole alla PdL n.234/12^ sottoscritta dai Presidenti dei Gruppi consiliari che hanno accolto e fatto propria la proposta dall’imprenditore».
L’obiettivo della Proposta di legge è dare una premialità e la possibilità di continuare a fare impresa a coloro i quali si oppongono alle pressioni della ‘ndrangheta e della criminalità organizzata.
«Un chiaro messaggio – sottolinea Molinaro – che in Calabria è possibile fare impresa con successo, facendo una fondamentale “scelta di campo” contro la criminalità organizzata che condiziona il sistema produttivo anche in termini di risultato economico e mercato. Una scelta di legalità e trasparenza, che è un valore aggiunto, e non un “marchio negativo”. Come è emerso dalla testimonianza di De Masi – prosegue – la ndrangheta rimane un problema drammatico; sotto varie forme in diversi casi, le imprese subiscono condizionamenti con danneggiamenti, minacce e attentati. Le Istituzioni sono al fianco degli imprenditori che come De Masi non arretrano ma sono esempio di valore».
«Le imprese serie – conclude Molinaro – vogliono sganciarsi da logiche penalizzanti e per questo non le lasceremo sole. consiglio regionale e Giunta sono impegnati ad approvare celermente la Legge al fine di innovare dalla Calabria una legislazione nazionale e regionale a favore di chi denuncia per affermare legalità e fare impresa in modo sano e con buoni risultati». (rrc)
A seguito di un incontro di Pietro Molinaro consigliere Regionale della Lega e Antonio Bifano suo consulente esperto per l’organizzazione sanitaria e socio-assistenziale, avuto con il responsabile della “Gestione Tecnico Patrimoniale” dell’Asp di Cosenza, l’azienda Sanitaria con provvedimento n.1295 ha deliberato l’inserimento di beni immobili ricadenti nel Comune di Acri, nell’elenco dei beni immobili suscettibili di valorizzazione.
«Gli immobili cui si fa riferimento, sono ubicati ad Acri in via Vincenzo Iulia. L’inserimento di questi beni nel piano di alienazione – riferiscono Molinaro e Bifano – comporta la classificazione degli immobili come patrimonio disponibile, fatto salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico -ambientale. A seguito di detto passaggio – aggiungono- nei prossimi giorni verrà stipulato un Protocollo d’Intesa/convenzione tra il Comune di Acri e l’Asp di Cosenza al fine di riavviare e concludere i necessari lavori di adeguamento e la riconsegna dell’immobile nel patrimonio aziendale disponibile per l’appropriato uso socio-sanitario che prevede un poliambulatorio con diverse specializzazioni a beneficio di tutti i cittadini». (rcs)
di PIETRO MOLINARO – Le Terme Luigiane hanno riaperto. Finalmente e semplicemente perché la Regione Calabria ha fatto, adesso si, la sua parte. Una parte che si era rifiutata di svolgere fino alle elezioni del 3 ottobre 2021.
Non serviva la sfera di cristallo per comprendere che i sindaci di Guardia Piemontese ed Acquappesa non avevano alcuna capacità, né strategica né amministrativa, per far funzionare un’impresa termale delle dimensioni delle Terme Luigiane.
Sindaci impegnati a dare vita a spettacoli indecorosi ed indimenticabili, piuttosto che a lavorare seriamente per lo sviluppo del territorio che amministrano. E per tutto l’anno scorso, una Regione Calabria sorda agli appelli di tutti affinché intervenisse per salvare le Terme Luigiane dalle mani di sindaci inaffidabili. Ora qualcuno dovrebbe sentire il dovere, almeno morale, di chiedere scusa ai lavoratori ed ai curanti, oltre che alla Sateca, per non avere fatto quanto era nei propri compiti istituzionali affinché le Terme Luigiane proseguissero le proprie attività anche nel 2021.
Adesso è iniziata una nuova storia per le Terme Luigiane ed il tempo dirà se sarà migliore di quella precedente. Da parte mia, formulo alla nuova gestione i migliori auguri per un futuro di successi e di incremento occupazionale.
Le Terme Luigiane ed il sistema termale regionale nel suo complesso, hanno le potenzialità naturali e le risorse professionali sul territorio per un futuro luminoso, che nessuno deve riuscire a spegnere. (pm)
di FRANCO BARTUCCI – Replica dei legali della Sateca alle dichiarazioni dell’assessore regionale Fausto Orsomarso sulla vicenda delle Terme Luigiane. “Lo “scioglimento” del silenzio dell’assessore Orsomarso sulla vicenda delle Terme Luigiane, avvenuta nei giorni scorsi sulle colonne del Quotidiano del Sud – hanno scritto gli avvocati Incardona e Paolini – non ha chiarito niente e non ha fornito alcuna risposta alle domande per le quali Sateca, lavoratori, curandi e opinione pubblica attendono risposte da mesi. Diciamolo chiaro e tondo, forse non se ne è reso conto ma ne ha fatto sorgere altre, alle quali ovviamente non sarà in grado di rispondere”.
“Noi le mettiamo lo stesso in fila – dicono – perché sia sempre più evidente quanto il ruolo dell’assessore Orsomarso, o meglio il suo “non ruolo” sia stato determinante nello sfacelo che sta avvenendo di una fra le più grandi stazioni termali del meridione d’Italia: 1) perché dal 2016 i comuni non hanno fatto il bando cui erano tenuti? 2) perché hanno firmato e ratificato impegni in regione e prefettura e non li hanno rispettati? 3) Orsomarso non ritorna sulla solfa del “prezzo giusto” (evidentemente resosi conto della palese castroneria) ma dice che il prezzo chiesto dai comuni sarebbe il risultato di un “riferimento normativo “. Omette di dire quale sarebbe questa legge, non cita un numero un articolo, un comma, e soprattutto evita di rispondere alla semplice domanda: ma il prezzo di una subconcessione pubblica non va stabilito con gara pubblica? 4) L’assessore dice che la gara è stata rinviata per tanto tempo e ora non si possono fare più proroghe: ma chi l’ha rinviata? Quante volte? Perche’? Perché non vale la proroga firmata davanti al prefetto l’8 febbraio 2019? 5) Orsomarso dice, forse senza rendersi esattamente conto, che la regione può fare solo la parte di “spettatore attento”. Ma la regione non è proprietaria delle sorgenti? Non ha l’obbligo, secondo la legge 40/2009 e successivo regolamento attuativo, di vigilare sulla concessione e valorizzare la risorsa naturale? Orsomarso ritiene assolti questi obblighi precisi con la paternalistica – ma in realtà menefreghista – raccomandazione di “fare attenzione? 6) Orsomarso dice che il dirigente regionale avrebbe risposto alla domanda formalmente avanzata circa il pagamento del canone. E’ sicuro? Può citare una nota, un numero di protocollo una data di tale risposta? 7) Orsomarso comunque dice che i comuni avrebbero pagato il canone almeno nella quota fissa e avrebbero omesso quella variabile perché attendevano le informazioni sui bilanci di Sateca (alla quale non li avevano neanche chiesti come invece fecero invece nel dicembre 2019). Dunque conferma che erano morosi. Perché, quindi, la regione dovrebbe rimanere spettatrice di fronte ad un preciso obbligo normativo che comporta la decadenza? 8) che vuol dire che sarebbero cambiate le ”regole d’ingaggio dei comuni”? Non siamo né in guerra ne’ in una partita né in un gioco. Di quale ingaggio si parla dato che qui si tratta solo di rispettare, e di far rispettare, la legge? 9) In conclusione, invece di sostenere che la manifestazione d’interesse “realizzata “dai Comuni prevede la tutela dei lavoratori (frase che non vuol dire niente) non dovrebbe, lui che è assessore al lavoro, applicare adesso le norme che ci sono in difesa della cosiddetta parte debole senza attendere vaghe tutele che si dovrebbero realizzare in futuro?
A queste domande si aggiungono quelle fatte dal consigliere regionale della Lega Pietro Molinaro che in maniera puntuale ha evidenziato tutte le negligenze dell’assessore che in questi mesi ha fatto solo lo “spettatore attento”. Risposte ai quesiti posti ad Orsomarso non ne arriveranno – concludono i due legali della Sateca Incardona e Paolini nel loro intervento – ma le sue autoelogiative affermazioni spiegano tutto: E’ assessore da un anno e mezzo a sua insaputa , non c’è altro da dire”.
A far discutere i lavoratori e non solo in questi giorni è la pubblicazione di una intervista del sindaco di Acquappesa, Francesco Tripicchio, nel giornale online I calabresi, curata da Francesco Pellegrini, con la quale in 32 domande fa emergere un quadro così complesso e contraddittorio del suo pensiero sull’attuale situazione delle Terme Luigiane da mettere realmente paura e creare una condizione di forte pessimismo sulla immediata soluzione del problema.
Il sindaco Tripicchio con il suo dire appare non tanto come titolare supremo al momento della concessione delle sorgenti termali (tre calde e una fredda), ma quasi da proprietario, dando spiegazioni che cozzano con le reali posizioni e disposizioni passate della Regione Calabria essendone proprietaria, con la quale non ha avviato preventivamente alcun accordo d’informazione ed approvazione, come ad esempio sul regolamento di distribuzione delle acque sulfuree termali, nel quale si prevede una distribuzione delle stesse acque parcellizzata in percentuale differente tra lo stabilimento privato della Sateca (Therme Novae e Parco Acquatico) con quello comunale (San Francesco). Al primo viene riconosciuta una fornitura di 18/20 litri di acqua al secondo; mentre al secondo se ne attribuiscono 40 litri a secondo (come indicato dell’avviso di ricerca delle manifestazioni d’interesse) non tenendo conto che nella realtà, per sua stessa ammissione, fuoriescono dalle tre sorgenti di acqua calda solo 40 litri a secondo e 60 litri dall’unica sorgente di acqua fredda. Con questo quantitativo di acque calda e fredda disponibile non ci sono le condizioni in pratica per realizzare il piano concorrenziale tra più soggetti di gestione delle acque e superare così la situazione di monopolio detenuto in questi anni dalla Sateca, che utilizzando i due stabilimenti e tutta l’acqua disponibile, con apposite campagne di marketing, è riuscita nell’arco di otto mesi di attività (da maggio a dicembre) a garantire circa 500 mila prestazioni curative a 22/25 mila curanti, dei quali il 40% proveniente da altre regioni italiane e dall’estero.
Da proprietario e non concessionario, senza alcuna autorizzazione della stessa Regione, si è assunto la responsabilità insieme al sindaco di Guardia Piemontese di interrompere, in un periodo di chiusura degli stabilimenti termali, la funzionalità della condotta di collegamento agli stabilimenti della Sateca deviando l’acqua sulfurea nel torrente “Bagni”, creando dei presupposti di pesanti danni allo stesso impianto, per la quale azione la società proprietaria ha presentato regolare denuncia e adeguata comunicazione alla Regione; come di rallentamento per una possibile funzionalità delle Terme per una nuova stagione termale.
Altro argomento conflittuale trattato riguarda il “giusto canone” stabilito dai due sindaci senza tenere in considerazione che spetta alla Regione fissarne le tariffe come stabilito dalle stesse leggi regionale in materia, facendo riferimenti al contrario a un documento della Conferenza Stato-Regioni senza saper distinguere la differente valutazione tra acque minerali ed acque termali, che sono considerate, queste ultime, un bene pubblico da tutelare nell’erogazione di servizi socio-sanitari fuori dalle logiche delle speculazioni finanziarie. Non è corretto nell’intervista – dicono i lavoratori ed alcuni curanti – giustificare il canone stabilito di 93 mila euro chiesto alla Sateca in funzione del fatto che buona parte di questo importo è legato alla copertura delle spese dovute per la manutenzione delle strade e dei consumi elettrici per l’illuminazione dell’area del compendio termale, se questi servizi fino all’interruzione del rapporto sono state a carico della società sub concessionaria. Tanto è vero che oltre alla deviazione dell’acqua nel torrente “Bagni” si è intervenuti ad oscurare l’area di accesso al compendio termale, dove sono ubicate strutture alberghiere e una sala cinematografica e una pizzeria di proprietà della stessa Sateca.
C’è poi la giustificazione della pubblicazione dell’avviso destinato alla ricerca di manifestazioni d’interesse per l’acquisizione della sub concessione nella gestione dello stabilimento San Francesco rispetto ad un regolare bando di gara, che si è concluso con la presentazione di sei domande, da parte di soggetti impegnati in lavori edilizi-stradali in Campania e di progettazione (Piemonte) insieme alla stessa Sateca, senza alcuna esperienza in materia di termalismo ed assistenza sanitaria. “Un avviso – dicono ancora i lavoratori con alcuni curanti – che ha mostrato tutta la sua fragilità”. Non può essere considerata legale e corretta la posizione del sindaco Tripicchio quando nell’intervista si appella all’istituto “dell’avvalimento”, che consente a chi ha presentato l’istanza d’interesse di individuare e proporre, dopo la ricezione della lettera d’invito, come soggetto esperto una società specifica di propria fiducia. “Io partecipo a una manifestazione d’interesse – dice il sindaco – poi nella fase successiva posso dire con chi faccio l’avvalimento”. Tutto questo è legale si chiedono i lavoratori?
Si era partiti con un bando pubblico europeo e si è arrivati a questo grande pasticcio, che a seguito del ricorso presentato dalla Sateca bisogna attendere la sentenza degli organi giudiziari per dare seguito a qualsiasi procedura amministrativa, finalizzata a cercare il sub concessionario delle Terme Luigiane. Addirittura nell’intervista il Sindaco Tripicchio afferma pure che non è da escludere che “ad offrire cure termali possano essere i Comuni stessi, magari in società con qualche privato, con benefici per la comunità”. Una posizione a dir poco stravolgente con il Comune di Acquappesa attualmente in “dissesto finanziario”; mentre per il Comune di Guardia Piemontese la comunità residente è chiamata ad eleggere tra un mese il nuovo sindaco ed il Consiglio comunale. (fb)
Il consigliere regionale Pietro Molinaro (Lega): ha chiesto all’Anas di intervenire sulle aree di sosta sulla A2 che si trovano in una situazione di degrado e offrono una brutta immagine per la Calabria.
«A seguito di numerose segnalazioni che mi sono giunte, che oggi ho verificato di persona– ha dichiarato Molinaro –, ci sono situazioni incresciose nelle aree di servizio lungo la tratta calabrese della A2-Autostrada del Mediterraneo in particolare da Morano Calabro a Firmo, proprio in una fase ditraffico intenso e afflusso deituristi con le famiglie. Di tale situazione ho informato l’Anas, Compartimento della Calabria, affinché, nell’ambito delle competenze assegnate e delle conseguenti azioni di vigilanza, intervenga, nei modi e nelle forme che riterrà,presso i gestori delle aree di servizio per mettere in atto, sin da subito, un’opera di manutenzione e pulizia straordinaria degli spazi comuni nelle aree.
«Nello specifico, mi riferisco, – continua Molinaro – all’efficienza e pulizia delle toilette molte fuori uso, che non possono essere utilizzate, nonché all’accessibilità e la qualità delle strutture per gli utenti disabili, per non dire dei fasciatoi per neonati. Tale situazione, non essendoci minimi accorgimenti di sicurezza,impensierisce notevolmente anche riguardo alla trasmissibilità del Covid 19. Anche i piazzali delle aree di servizio, sono pieni di rifiuti, che non vengono raccolti, non sono differenziati e gettati ovunque anche in ragione della mancanza della indispensabile organizzazione.
«Tale statodelle cose, pregiudica sin dall’inizio in negativo, l’approccio dei turisti con la nostra Regione e offre di essa un’immagine assolutamente negativa. Sostanzialmente è come se ad un ospite che viene a casa nostra, facciamo trovare l’immondizia sulla porta! Questo permette anche una sottile non banale edovuta considerazione:si rileva l’emblema e la dimostrazione plastica di una Italia spaccata in due con una situazione che peggiora decisamente a sud di Salerno. Proprio perché le aree di servizio svolgono un ruolo importante nei momenti di sosta – aggiunge – non possono limitare il loro compito solo a “vendere servizi”, bensì, ritengo che complessivamente devono provvedere al meglio a creare le condizioni per una sosta del turista che sia accogliente e rigenerante offrendo condizioni di decoro. Se l‘impatto che garantiamo è quello sopra descritto, e lo è, – chiosa Molinaro – è evidente che, in una fase decisiva e importante di rilancio del turismo, non offriamo nemmeno le condizioni minime con i relativi riflessi negativi. Questa non è la Calabria bella che piace e vince!»
Il consigliere regionale Pietro Molinaro (Lega) chiede che sia il presidente del Consiglio Draghi a venire in Calabria per rendersi conto della gravissima situazione sanitaria economica e sociale in cui è precipitata la regione. «Una sanità commissariata – ha detto Molinaro – ed incapace di dare risposte con deficit manageriali – amministrativi ma specializzata nella realizzazione di disavanzi gestionali da capogiro con una catena di comando (Commissari ed Alti burocrati) che non lavorano per la salute dei calabresi. Longo, la rete commissariale, Brancati e la Palumbo vanno mandati via ed accompagnati fuori dalla Sanità Calabrese. Il Presidente del Consiglio Draghi, si rechi in Calabria di persona, senza fidarsi delle favole che racconta il ministro Speranza, per focalizzare le emergenze organizzative e gestionali e per dare risposte immediate ai Cittadini calabresi.
«L’emergenza Covid continua a mietere vittime, non diminuiscono i contagi e restiamo ultima regione nel numero dei vaccinati con pochi posti letto in terapia intensiva. Fuori controllo la rete ospedaliera ormai assorbita dai reparti Covid. Quasi inesistente la possibilità di ricevere cure e prestazioni sanitarie in sicurezza di tipo diagnostico e terapeutico a rischio implosione il servizio di emergenza-urgenza 118 e pronto soccorso, rinviate di fatto le prestazioni complesse ed a lungo termine ( in particolare quelle oncologiche e cardiovascolari). Nessuno incremento di personale medico, infermieristico e Operatori Servizio Sanitario per il blocco del piano di rientro e l’inefficienza amministrativa. Continua a persistere il collo di bottiglia che impedisce di smaltire le tantissime richieste di Autorizzazione ed Accreditamenti, ferme al Dipartimento Salute della Regione». (rrc)
Il consigliere regionale della Lega Calabria Pietro Molinaro mette in evidenza, in una nota, che il neo commissario alla Sanità calabrese non aveva titolo per ricevere la nomina. Secondo Molinaro, Zuccatelli non è nell’Elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di Direttore Generale nelle Aziende Sanitarie.
«La Sanità della Calabria – ha detto Molinaro – ha la drammatica necessità che, dopo lo sfascio che ha prodotto Cotticelli, sia guidata da un soggetto qualificato, con competenze e professionalità certificate. Zuccatelli non ha i titoli per fare il Commissario. Il suo è un curriculum da politico non eletto e non da idoneo a dirigere la Sanità in una qualsiasi regione italiana. Pretendo che in Calabria si applichino le leggi dello stato italiano non quelle di casa Speranza, Ministro della sanità, collega di partito del dott. Zuccatelli. Tra le leggi dello stato italiano c’è il decreto legislativo 4 agosto 2016, n.171 che ha istituito l’Elenco nazionale idonei all’incarico di direttore generale Enti del Servizio Sanitario Nazionale.
È l’elenco a cui, per legge, si deve attingere quando si sceglie il direttore generale di un’azienda sanitaria. Ed è un elenco a cui si accede dimostrando di possedere i titoli necessari a garantire la professionalità e la competenza che serve per gestire un’azienda sanitaria.
Ebbene il dott. Zuccatelli che il Consiglio dei Ministri di ieri sera ha indicato per il ruolo di Commissario per la sanità calabrese non è abilitato all’iscrizione nell’elenco degli idonei. Dunque non può essere nominato! Noi calabresi siamo proprio antipatici al duo Conte-Speranza! Prima hanno tentato di rifilarci il generale Cotticelli per altri tre anni con la conferma dell’incarico di Commissario avvenuta 3 giorni fa. Poi si sono rimangiati tutto, semplicemente perché una trasmissione televisiva del servizio pubblico, ha messo in piazza le oscenità di Cotticelli che stiamo denunciando da anni, e che il Ministro della Sanità non poteva non conoscere.
Ora il duo Conte-Speranza ci riprova a darci la fregatura! Nominando un abusivo! Già nominato peraltro da Cotticelli prima a Cosenza e poi a Catanzaro. Già questo basterebbe! Zuccatelli non può fare il Commissario per la Sanità calabrese perché non ha i titoli per farlo. C’è bisogno di professionalità e non di compagni di partito che non riescono ad essere eletti a casa loro (Cesena) e sono rifilati a noi per compensarli della fedeltà di partito.
Vogliamo professionalità certificata per la sanità calabrese! E se il duo Conte-Speranza non ci ascolta, faremo di tutto per rappresentare la situazione al Presidente della Repubblica». (rrc)
Da oggi, per quindici giorni, la Calabria è diventata “zona rossa”: si ferma quasi tutto, chiudono bar, ristoranti, locali, con eccezioni di generi alimentari e di prima necessità, tabaccherie e farmacie, parrucchieri e librerie e altri esercenti che non si sa se definire miracolati o sfortunati. Di certo c’è una grande indignazione in tutta la regione e sono molte le prese di posizione contro una decisione che a troppi sembra esagerata e vistosamente sbagliata. In realtà, il ragionamento non fa una piega: visto il crescere in modo esponenziale del numero di positivi e di ricoveri, se non si attuano misure di antiassembramento, è facile prevedere un’esplosione di contagi e una richiesta di assistenza ospedaliera che la regione non è assolutamente in grado di offrire. Ragioniamo con serenità: nessuno, crediamo, ha voglia di vedere i malati fuori degli ospedali accampati in barelle o tende di fortuna in attesa di accedere alla terapia intensiva. E se ci fosse la necessità di soccorrere un numero elevato di malati covid, in gravi condizioni, la fragile struttura della sanità regionale scoppierebbe nel giro di qualche giorno.
Ciò non toglie che l’indignazione è giustificata, ma va respinta ogni forma di violenza (a Reggio, ieri sera in piazza Italia dopo una manifestazione di protesta ci sono stati disordini e scontri con le forze dell’ordine). Ma è più giustificata l’indignazione verso i guasti di dieci anni di commissariamento della sanità che l’infame decreto appena prorogato dal Consiglio dei ministri vuole continuare a imporre ai calabresi. È schiumante di rabbia l’ex presidente della Regione Calabria Pino Nisticò, illustre scienziato di caratura internazionale, in questi giorni in Calabria: «Non abbiamo bisogno di commissari – ha detto a Calabria.Live –, di gente incompetente e incapace di capire quali sono le reali esigenze della sanità in Calabria. Abbiamo grandi manager nella nostra terra che sarebbero in grado di fare cose egregie e rimettere in sesto la disastrata sanità calabrese. Invece la Calabria sta esplodendo grazie a questi pseudocommissari che non sono nemmeno laureati in Medicina e quindi non capiscono nulla dei bisogni dei pazienti e del loro benessere psichico e fisico. Costoro hanno rovinato il sistema sanitario anche mortificando docenti universitari, primari, dirigenti che in altre regioni e all’estero sono molto apprezzati. Basti pensare alla bocciatura della proposta avanzata dal Rettore dell’Università Magna Graecia, De Sarro, un farmacologo di fama internazionale, di trasformare Villa bianca in una struttura d’eccellenza anti-covid. Una struttura che era immediatamente disponibile e pronta a entrare in funzione. Sarebbe diventata Villa Bianca lo Spallanzani della Calabria, con funzioni non solo di assistenza e cura anticovid, ma anche di ricerca scientifica ad altissimo livello.Non se n’è fatto niente grazie al commissario Zuccatelli. E adesso ci voglio di nuovo riproporre altri tre anni di commissariamento? Ma la Regione deve reagire, i calabresi devono far sentire la propria rabbia e il proprio sconcerto su questa palese mortificazione che di certo non aiuta a superare la crisi».
Molte, moltissime le prese di posizione contro il lockdown parziale che colpisce la Calabria. Il sindaco di Trebisacce, Franco Mundo, ha fatto una delibera di Giunta che autorizza il ricorso amministrativo contro la chiusura della Calabria a seguito della dichiarazione di “zona rossa”. «Non possiamo accettare – ha dichiarato il sindaco Mundo – di subire passivamente quella che è di fatto una profonda ingiustizia che va a penalizzare oltre ogni dire la nostra regione e i suoi cittadini. In questi mesi come sindaci ci siamo battuti con ogni mezzo per tutelare la salute dei cittadini di fronte all’espandersi dell’epidemia, abbiamo imposto misure e utilizzato risorse comunali. Ora non possiamo pagare prezzi altissimi sebbene in Calabria i contagi siano molto limitati. Sono altre le soluzioni che vanno applicate ad un problema certamente reale, che non è solo quell’emergenza Covid-19, ma fa riferimento all’intera situazione del sistema sanitario calabrese, inadeguato oggi esattamente come lo era nel momento in cui è stato commissariato, anni fa. La Calabria dovrebbe essere posta non tanto in zona rossa, ma al primo posto per l’accesso ad interventi che vadano a risolvere concretamente un problema atavico che oggi si manifesta con tutte le sue conseguenze, sui lavoratori, stremati dai sacrifici richiesti, e sui pazienti a cui viene ricordato per l’ennesima volta, loro malgrado, di essere cittadini italiani di serie B. È tempo di dire basta e di manifestare con risolutezza il nostro dissenso.
«Oggi non possiamo più pagare le conseguenze di una gestione politica disastrata e disastrosa, né le inadempienze e gli errori sia degli anni passati, ma anche di questi ultimi otto mesi che non hanno portato ad alcuna soluzione dei problemi. In questa chiave deve essere letta l’impugnazione dell’Ordinanza del Ministro Speranza che abbiamo deliberato come Comune di Trebisacce. Chiediamo garanzie e giustizia sanitaria per la nostra terra, e lo faremo in tutte le sedi possibili, cosi come abbiamo fatto e stiamo facendo per l’ospedale di Trebisacce».
Ci va pesante il consigliere regionale della Lega Pietro Molinaro: «Noi calabresi sappiamo bene i limiti del sistema sanitario regionale! E sappiamo anche che le responsabilità della situazione, da una decina d’anni, sono in mano ai Governi che hanno commissariato la sanità calabrese. Anche la gestione dell’ultimo commissario governativo Cotticelli ha brillato per inconcludenza, ammessa dallo stesso Governo. Ma nonostante questo, osservando il quadro dei dati nazionali sull’emergenza Covid, c’è l’impressione che non sia giustificato l’inserimento della Calabria nella zona rossa. Siamo ancora in attesa che il Ministro Speranza pubblichi l’Ordinanza che dovrà spiegare i motivi per cui la Calabria è stata inserita nella zona rossa, ma – sostiene l’esponente politico – il dubbio che il Governo abbia operato una forzatura con danni sproporzionati per i cittadini calabresi è forte! Ed è altrettanto forte il dubbio che dietro questa decisione vi siano le spinte dei partiti di Governo che voglio rinviare, al più tardi possibile, le elezioni del Presidente della Regione e del Consiglio Regionale. Le esigenze elettorali di PD e M5S sarebbero state anteposte agli interessi dei calabresi! Vedremo che cosa scriverà il Ministro Speranza nella sua Ordinanza e vedremo le fantomatiche evidenze scientifiche a cui ha fatto riferimento Conte nella conferenza stampa di ieri sera! E tutto sarà chiaro!».
E il presidente della terza Commissione Sanità al Consiglio regionale Baldo Esposito – ha fatto notare che “nella giornata di ieri (guarda caso, la stessa in cui la Calabria, in base a non meglio chiariti criteri, veniva dichiarata ‘zona rossa’, a differenza di tante altre regioni, in cui l’indice r.t. è più elevato!), il Consiglio dei Ministri ha deliberato quella che, più che una proroga dell’ormai pluridecennale commissariamento (che già non sarebbe stata giustificata), è una totale usurpazione di tutte le competenze regionali, al fine di esautorare completamente la Regione dalla materia sanitaria, attribuendo poteri spropositati al commissario ad acta ed avocando al Ministro della Salute tutte le nomine dei vertici delle aziende.
«In pratica – prosegue l’esponente politico – il Governo (che da oltre 10 anni persiste nel nominare commissari che hanno fatto lievitare l’enorme disavanzo, peggiorando i L.E.A., senza apportare alcuna miglioria in termini di strutture sanitarie e personale medico e para-medico!), farà gravare sul Bilancio regionale oltre a tre sostanziosissimi stipendi (per il commissario 2 sub-commissari – melius abundare quam deficere! -), anche gli ulteriori ingentissimi oneri destinati a 25 ‘prescelti’, tra dirigenti ed amministrativi, che formeranno l’elefantiaca struttura che opererà alle dirette dipendenze del plenipotenziario ‘super-mega commissario’ (di fantozziana memoria!), che, addirittura potendo impartire ordini e direttive al dirigente generale ed ai dirigenti degli uffici del Dipartimento Tutela della salute della Regione Calabria, si occuperà della completa gestione della sanità regionale, in tutti i suoi aspetti, nessuno escluso, compresa anche ogni competenza in materia di edilizia sanitaria, che sarà devoluta al commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri il quale (pur avendo notoriamente dimostrato una quasi totale incapacità gestionale e manageriale, occupandosi – male! – di approvvigionamento di mascherine, respiratori ed arredi scolastici) verrà catapultato, d’imperio, nella gestione della sanità calabrese.
«A fronte di questo spropositato potere, affidato ad un unico soggetto, di nomina esclusivamente politica, alla Regione è stato riservato soltanto l’obbligo di pagare gli stipendi e di mettere a disposizione del Commissario ad acta e dei Commissari straordinari, il personale, gli uffici ed i mezzi necessari all’espletamento dei relativi incarichi, utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili. Se probabilmente – per ragioni ed interessi squisitamente politici!- verranno rispettati i termini per l’avocazione, in capo al Ministro della Salute, di tutte le nomine negli enti del servizio sanitario regionali (in pieno periodo di campagna elettorale!), ho molti dubbi che lo stesso possa accadere per i termini previsti per i vari adempimenti a carico del Commissario che, entro 60 giorni, dovrebbe adottare gli atti aziendali, il programma operativo Covid ed il Piano triennale straordinario di edilizia sanitaria e di adeguamento tecnologico della rete di emergenza, della rete ospedaliera e della rete territoriale della Regione!»
Ancora, secondo Baldo Esposito: «Non era certamente questo il percorso immaginato dalla governatrice Santelli che, nel breve periodo di reggenza regionale, aveva affrontato con decisione la problematica sanitaria, auspicando una fattiva interlocuzione con il Governo centrale e rivendicando, per la sua Calabria, il diritto ad una sanità da Paese civile, senza alcuna velleità di ‘guerreggiare’, ma anzi sottolineando l’assoluta sintonia tra Regione e Governo nazionale, durante la gestione della fase Covid, al fine di evidenziare come non possano esserci divisioni strategiche e strumentali, davanti a un diritto fondamentale come la salute. Del resto, è notorio che, già da molti mesi, la Regione avrebbe potuto dare corso alle nomine dei commissari delle aziende sanitarie ed ospedaliere, ma non lo ha fatto, durante l’emergenza sanitaria, non certo perché la Presidente non ne avesse le capacità o perché non esistessero figure di soggetti idonei a ricoprire quei ruoli, bensì perché aveva creduto che, finalmente, fosse arrivato il momento di fare effettivamente cessare questa ‘giostra’ politica, consumata sulla pelle dei calabresi, per collaborare lealmente con il Governo centrale, ognuno nel proprio ruolo istituzionale. Questa è stata la linea seguita, anche dopo la dipartita della Governatrice, allorché comunque non si è proceduto alle nomine, ancora possibili, in attesa delle decisioni del Governo, che si auspicava sarebbero state improntate alla tutela dei diritti dei calabresi, anziché a meri calcoli di opportunismo politico, per come invece è avvenuto«.
«Peraltro, come è già stato ricordato da qualcuno, il precedente decreto ‘Sanità Calabria’, che era meno stringente di quello approvato ieri, aveva passato il vaglio della Corte Costituzionale solo in quanto misura temporanea, per cui il nuovo decreto appare incostituzionale, oltre che anti-democratico. Pertanto – rilancia Esposito – per come ha già dichiarato il presidente f.f. Spirlì, come Regione Calabria adotteremo ogni idonea iniziativa, in tutte le sedi, contro quello che è un vero e proprio abuso del Governo centrale, nei confronti della Calabria, che, in un momento critico a causa della pandemia in atto, rischia di spingere definitivamente nel baratro l’intero sistema sanitario calabrese, ancora una volta sacrificato sull’altare degli accordi politici e delle convenienze elettorali, che hanno probabilmente determinato anche la discutibilissima scelta del Governo di collocare la Calabria, che presenta parametri di contagiosità più bassi di altre regioni italiane, tra le ‘zone rosse’, in esecuzione di una vera e propria manovra di ‘accerchiamento’ della sanità calabrese, in cui l’impennata improvvisa ed immotivata dell’allerta sanitaria doveva bilanciare e giustificare l’adozione della scellerata misura di commissariamento, deliberata nella stessa giornata di ieri».
«Tale atteggiamento – sottolinea Esposito – conferma la palese lontananza dei palazzi romani dalla realtà sanitaria calabrese, in cui ogni giorno operano medici e para-medici di assoluto livello che, con i loro sforzi indefessi, sono riusciti a contenere egregiamente la prima ondata del virus, rendendo la Calabria una delle regioni più virtuose. All’uopo, voglio pubblicamente ringraziare, anche da medico, tutti gli operatori della sanità calabrese e, in particolare, quelli dell’Azienda ospedaliera ‘Pugliese-Ciaccio’ di Catanzaro (dove vengono processati oltre i 50% dei tamponi di tutta la Calabria!) che, con l’avvento dell’emergenza Covid, stanno ancor più subendo le nefaste conseguenze dell’inettitudine delle scelte del Governo, che è l’unico responsabile dello sfascio della sanità calabrese, avendo da oltre 10 anni, esautorato la Regione di ogni sua competenza in materia, affidando il timone di una nave, sempre più sgangherata, ad illustri comandanti, arrivati da chissà dove, che avrebbero dovuto risanare la sanità calabrese, senza neanche conoscere la strada da percorrere per raggiungere il ‘Pugliese-Ciaccio’ di Catanzaro, o il ‘Bianchi-Melacrino-Morelli’ di Reggio Calabria, o l’’Annunziata’ di Cosenza!.
«Del resto, se si rivelassero esatte le indiscrezioni sulla scelta del futuro commissario ad acta (che potrebbe essere un soggetto, organico al PD, già designato dai palazzi romani per un importante incarico commissariale nella sanità calabrese) – conclude il consigliere regionale Esposito – l’occupazione manu militari della sanità calabrese sarebbe completata». (rp)
Monta la polemica sulla nave-quarantena alla fonda del porto di Corigliano-Rossano. Ultima presa di posizione, quella del consigliere regoionale della Lega Pietro Molinaro, il quale ha inviato una lettera al Prefetto di Cosenza Cinzia Guercio, alla Presidente Jole Santelli e al Sindaco di Corigliano Rossano Flavio Stasi per chiedere informazioni in merito alla vicenda della c.d. “Nave-Quarantena” posizionata nel porto di Corigliano Rossano che nella giornata odierna ha preso il largo ma dovrebbe tornare presto con a bordo numerosi immigrati.
Risulta – scrive Molinaro – che la Nave-Quarantena sia stata richiesta al Governo dalla Presidente Santelli per ospitare i migranti positivi al Covid 19. La nave ha attraccato nei giorni scorsi nel porto di Corigliano Rossano suscitando non poca preoccupazione nella cittadinanza perché non sono chiare le regole di ingaggio della nave, le conseguenze per il porto e per le attività economiche che gravitano su di esso e per le strutture sanitarie locali. Tra l’altro – precisa Molinaro – il territorio è sfornito di un Centro Covid per gestire le emergenze a terra.
«In considerazione di tali oggettive problematiche – ha scritto Molinaro – chiedo di conoscere quali siano le attuali determinazioni in merito alle operazioni che dovrebbe svolgere la “Nave-Quarantena” e quali saranno le implicazioni previste sul piano organizzativo e sanitario per le strutture di terra di Corigliano Rossano. In virtù delle informazioni di cui dispongo finora, – aggiunge – il mio parere è che il porto di Corigliano Rossano non possa ospitare la nave per i rischi che comporta, sia in termini di sicurezza sanitaria che di ricadute economiche. Sono tanti gli interrogativi che mi preoccupano – prosegue il consigliere regionale – che mi auguro, possano ottenere risposta. Ad esempio: se è vero che la nave dovrà servire per i migranti che risulteranno positivi, gli altri dove andranno? Saranno ospitati in strutture già individuate o da individuare nella zona? Quali? Per quanto tempo? Chi gli fornirà assistenza? Il Porto di Corigliano ospita una numerosa flotta peschereccia e uno dei mercati ittici più importanti del sud Italia dove ogni giorno si tiene l’asta all’ingrosso del pescato a cui sono interessati i maggiori importatori di pesce del sud. Si è tenuto conto delle ricadute su questa economia della presenza della Nave-Quarantena? In che modo?
«Sono interrogativi che meritano una risposta– ribadisce Molinaro –perché, non vi può essere alcun dubbio sul fatto che la Calabria tutta e Corigliano Rossano in particolare, siano accoglienti e vogliano fare, come hanno fatto finora, la propria parte nel gestire l’emergenza immigrazione, sommata all’emergenza Covid, ma meritano rispetto! Questo significa innanzitutto tener conto degli effettivi limiti strutturali del porto di Corigliano Rossano e delle condizioni delle strutture sanitarie della zona. Accoglienza e solidarietà – conclude -sono effettive solo quando si conciliano con il rispetto dei cittadini». (rcs)
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