Cresce il PIL della Calabria e supera quello nazionale e di tutto il Mezzogiorno

di ANTONIETTA MARIA STRATI – Il Pil della Calabria supera quello dell’Italia e del Mezzogiorno. A certificare questo straordinario dato la filiale di Catanzaro della Banca d’Italia nel periodico rapporto sull’andamento congiunturale della economia calabrese, da cui emerge che, per i primi sei mesi del 2025, si è registrata un’ espansione del prodotto interno lordo (Pil) dell’1,3%.

«Quanto confermato oggi dalla Banca d’Italia rappresenta un segnale incoraggiante: la Calabria ha finalmente imboccato la direzione giusta», ha commentato l’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Giovanni Calabrese, sottolineando come «anche se la nostra resta una terra complessa, le azioni messe in campo negli ultimi quattro anni dal governo Occhiuto stanno cominciando a produrre risultati concreti».

I risultati del sondaggio congiunturale della Banca d’Italia, condotto tra settembre e ottobre, evidenziano una crescita del fatturato delle imprese calabresi nei primi nove mesi dell’anno. La redditività e la liquidità aziendale sono rimaste su livelli elevati. L’attività di investimento delle imprese ha manifestato una dinamica favorevole.

Dopo la stabilizzazione registrata lo scorso anno, «l’industria in senso stretto – si legge – ha mostrato segnali di miglioramento, principalmente nel comparto alimentare, che ha continuato a beneficiare dell’aumento della domanda estera, e nelle utilities. Secondo i risultati del sondaggio congiunturale della Banca d’Italia (Sondtel), condotto in autunno su un campione di imprese con almeno 20 addetti, oltre il 40 per cento delle aziende ha segnalato una crescita del fatturato nei primi nove mesi del 2025 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a fronte di circa un quarto che ne ha riportato un calo.

Per quantoriguarda la Zona economica speciale (Zes) unica per il Mezzogiorno, secondo i dati della Struttura di missione Zes presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, «nel primo semestre del 2025 in Calabria sono stati rilasciati otto provvedimenti di autorizzazione unica (272 nel Mezzogiorno), lo strumento di semplificazione amministrativa introdotto per agevolare la realizzazione di progetti di investimento produttivi. Di questi, due riguardano nuovi insediamenti mentre gli altri si riferiscono ad ampliamenti e ristrutturazioni di stabilimenti già esistenti. Le attese a breve rimangono favorevoli: la maggioranza delle imprese del campione prevede vendite stabili o in crescita nei prossimi mesi; per il 2026 il saldo tra le attese di aumento e quelle di riduzione degli investimenti risulta moderatamente positivo».

L’attività nelle costruzioni è rimasta particolarmente elevata, sostenuta ancora dal segmento delle opere pubbliche; vi ha contribuito la spesa per investimenti degli enti territoriali, favorita dall’avanzamento degli interventi connessi al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)».

Secondo i dati dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e del Portale Italia Domani realizzato dal Consiglio dei ministri per il monitoraggio del PNRR, in Calabria a luglio 2025 le gare bandite per opere pubbliche finanziate dal Piano erano circa 1.700, per un valore complessivo di 1,8 miliardi di euro, corrispondente ai quattro quinti dell’ammontare totale delle gare per interventi in regione. Le procedure rimanenti fanno riferimento ad appalti pubblici per forniture di beni e servizi.

Nel complesso, l’importo dei bandi è riconducibile per il 34 per cento alle Amministrazioni centrali, per il 47 per cento agli enti locali, per il 10 per cento alla Regione e la parte restante alle altre Amministrazioni pubbliche locali. In termini numerici, più del 70 per cento delle gare faceva capo ai soli Comuni. Secondo i dati di Bankitalia elaborati sui dati Commissione nazionale paritetica per le Casse edili (CNCE Edilconnect), lo stato di avanzamento delle gare appaltate per interventi da realizzare in Calabria risulta pressoché in linea con quello nazionale. Tra novembre 2021 e luglio 2025 sono stati avviati in regione cantieri per il 62 per cento delle gare aggiudicate, di cui quasi un terzo conclusi e poco meno della metà in ritardo sui tempi di esecuzione; per il 38 per cento delle gare aggiudicate non è ancora osservabile un cantiere».

L’attività è cresciuta anche nel terziario; permangono, però, difficoltà nel commercio. I livelli occupazionali sono aumentati a un ritmo superiore rispetto alla media nazionale e del Mezzogiorno. Questo andamento ha riguardato sia la componente alle dipendenze sia il lavoro autonomo. Il tasso di disoccupazione è diminuito sensibilmente, mentre il tasso di partecipazione è rimasto stabile.

Per quanto riguarda il lavoro, l’Istituto ha rilevato come, nel 2025, l’occupazione nella regione abbia continuato a crescere: «secondo i dati della Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat, nella media dei primi sei mesi dell’anno il numero degli occupati in Calabria è aumentato del 5,0 per cento rispetto allo stesso periodo del 2024. L’incremento risulta significativamente superiore a quello osservato in Italia e nel Mezzogiorno (rispettivamente 1,4 e 2,2 per cento), ma ancora insufficiente a colmare il divario rispetto alle due aree di riferimento che si era ampliato a partire dal 2021».

«Il tasso di occupazione – si legge – ha raggiunto il 46,5 per cento (era il 44,3 nello stesso periodo del 2024; fig. 3.1.b), anche per effetto di un lieve calo della popolazione in età da lavoro, diminuita dello 0,4 per cento rispetto al primo semestre del 2024 (0,1 in Italia); il divario dal tasso medio nazionale si è ridotto di oltre un punto percentuale ma rimane ancora ampio (16,1 punti percentuali). Il miglioramento dei livelli occupazionali si è associato a una sensibile riduzione del tasso di disoccupazione, all’11,4 per cento (dal 15,4 dello stesso periodo del 2024); il divario dal dato nazionale si è quasi dimezzato, scendendo a 4,7 punti percentuali. Distinguendo per età, il tasso di disoccupazione è diminuito per tutte le fasce, compresi i lavoratori più giovani (15-34 anni), per i quali rimane però sensibilmente superiore a quello medio regionale».

«Il credito bancario al settore privato non finanziario si è rafforzato, sospinto dalla maggiore domanda di finanziamenti, a fronte di politiche di offerta improntate alla prudenza. L’accelerazione ha riguardato principalmente i prestiti alle aziende di più grandi dimensioni e, in presenza di una ripresa del mercato immobiliare, i mutui per l’acquisto dell’abitazione. Il costo del credito ha continuato a diminuire per le imprese, mentre si è stabilizzato per le famiglie. Dopo il rialzo osservato nel biennio precedente, il tasso di deterioramento del credito al settore produttivo si è ridotto; come per le famiglie, si mantiene su livelli storicamente contenuti ma più elevati di quelli medi nazionali. La crescita dei depositi bancari si è intensificata. Anche il valore dei titoli detenuti presso il sistema bancario è aumentato, ma a un ritmo meno sostenuto dello scorso anno».

Per quanto riguarda il settore dei trasporti, è continuata la dinamica positiva del traffico negli aeroporti calabresi. Nei primi 8 mesi dell’anno il numero di passeggeri transitati per gli scali regionali è aumentato del 26 per cento (fig. 2.4.b), un andamento analogo a quello osservato per il numero di voli. L’ampliamento delle rotte offerte ha interessato sia quelle domestiche sia quelle sull’estero, cresciute rispettivamente di circa un quinto e della metà rispetto al periodo corrispondente del 2024.

Nel porto di Gioia Tauro è proseguita la fase di crescita in atto dalla seconda metà del 2019. La movimentazione di container nei primi nove mesi dell’anno è aumentata dell’11,6 per cento rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno.

Per quanto riguarda gli scambi con l’estero, «nel primo semestre del 2025 in Calabria è continuata la crescita degli scambi con l’estero in atto dal 2021. Le esportazioni di merci a prezzi correnti si sono attestate a 491 milioni di euro, registrando un aumento del 4,6 per cento rispetto al periodo corrispondente del 2024 (2,1 e -2,8 per cento, rispettivamente, in Italia e nel Mezzogiorno; tav. a2.1). L’incremento ha riguardato in particolare i prodotti dell’industria alimentare e quelli dell’agricoltura, cresciuti rispettivamente dell’11 e del 13 per cento; i due comparti rappresentano quasi la metà del valore dell’export regionale nel semestre. Sono invece calate le vendite delle sostanze e prodotti chimici (-13,3 per cento) che pesano per quasi un quarto del valore nel periodo considerato».

«I dati di Bankitalia, che attestano per la Calabria un aumento del Pil dell’1,3% nei primi sei mesi del 2025 – superiore alla media nazionale e del Mezzogiorno – rappresentano una conferma autorevole della qualità e dell’efficacia del lavoro portato avanti dal Presidente Roberto Occhiuto e dalla sua Giunta», ha commentato il capogruppo di FI in Consiglio regionale, Domenico Giannetta.

«I dati sull’occupazione – ha proseguito – sulla redditività delle imprese e sulla vitalità del settore delle costruzioni e degli investimenti pubblici testimoniano una regione che sta finalmente invertendo la rotta, grazie a una visione concreta, moderna e credibile di governo».

«Forza Italia – ha detto ancora Giannetta – è orgogliosa di sostenere un modello amministrativo fondato sulla serietà, sull’efficienza e sui risultati tangibili. La crescita economica della Calabria non è frutto del caso, ma della programmazione e dell’impegno quotidiano di una squadra che ha saputo tradurre le opportunità del PNRR e dei fondi europei in sviluppo reale».

«Il gruppo di Forza Italia in Consiglio regionale – ha concluso – continuerà a sostenere con convinzione il nuovo corso politico e amministrativo avviato dal Presidente Occhiuto, nella certezza che la continuità di questo percorso sia la migliore garanzia per una Calabria che vuole crescere, lavorare e guardare al futuro con fiducia». (ams)

PER SVIMEZ, NEL 2022 IL SUD IN RECESSIONE
IL PIL DELLA CALABRIA SI FERMERÀ A -0,9%

di FILIPPO VELTRILe previsioni Svimez segnalano per il 2023 il rischio di una contrazione del Pil nel Mezzogiorno dello 0,4%, un peggioramento della congiuntura determinata soprattutto dalla contrazione della spesa delle famiglie in consumi, a fronte della continuazione del ciclo espansivo, sia pure in forte rallentamento nel Centro-Nord (+0,8%).

Il 2024 dovrebbe essere un anno di ripresa sulla scia del generale miglioramento della congiuntura internazionale, unitamente alla continuazione del rientro dall’inflazione che scende al +2,5% e +3,2% nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno nell’anno. Si stima che il Pil aumenti nel 2024 dell’1,5% a livello nazionale, per effetto del +1,7% nel Centro-Nord e dello +0,9% al Sud.

Il dato del Sud, di per sé apprezzabile visto che dovrebbe tornare in territorio positivo dopo il calo del 2023, sarebbe comunque sensibilmente inferiore a quello del resto del Paese. Un aspetto strutturale che contribuisce a spiegare la debole ripartenza meridionale è rintracciabile sul lato dell’offerta: a seguito dei continui restringimenti di base produttiva sofferti dal Sud dal 2008, si è sensibilmente ridimensionata la capacità del sistema produttivo dell’area di agganciare le fasi espansive del ciclo economico.

Dopo lo shock della pandemia, l’Italia ha conosciuto una ripartenza pressoché uniforme tra macro-aree. Il “rimbalzo” del Pil nel 2021, +6,6% a livello Paese, è stato sostenuto dalla ripresa degli investimenti, soprattutto quelli in costruzioni, e dalla domanda estera, interessando tutte le aree del Paese, ma è stata più rapida nel Nord (+7,5% nel Nord-Est; +7% nel Nord-Ovest), dove più pronunciata era stata la recessione del 2020. Il Mezzogiorno ha però partecipato alla ripartenza nel 2021: il Pil meridionale è cresciuto infatti del 5,9%, superando la media dell’Ue-27 (+5,4%), beneficiando dell’inedita intonazione espansiva delle politiche a sostegno dei redditi delle famiglie e della liquidità delle imprese che hanno contribuito a sostenere i consumi e a preservare condizioni favorevoli di continuità operativa per le attività economiche.

I sistemi produttivi delle regioni meridionali si sono mostrati meno pronti ad agganciare la domanda globale in risalita, registrando un ritmo di crescita dell’export più contenuto del resto del Paese. Gli investimenti delle imprese orientati all’ampliamento della capacità produttiva, inoltre, sono stati meno reattivi nel Mezzogiorno. Sono stati soprattutto quelli in costruzioni a crescere nel Sud, grazie allo stimolo pubblico (Ecobonus 110% e interventi finanziati dal Pnrr). Le dinamiche globali avverse, compreso il trauma della guerra, hanno esposto l’economia italiana a nuove turbolenze, allontanandola dal sentiero di una ripartenza relativamente coesa tra Nord e Sud del Paese. Nel corso del 2022 la Svimez ipotizza una crescita media dei prezzi al consumo dell’8,5%; dato che racchiude una significativa differenziazione territoriale: + 8,3% al Centro-Nord e +9,9% nel Mezzogiorno, con un differenziale sfavorevole al Sud dovuto in larga parte a un effetto composizione. o assunto proporzioni drammatiche.

Al netto del peggioramento delle condizioni rilevate nel corso del 2020, l’insieme di queste misure ha avuto effetti significativi nel contrastare la povertà. Nel 2020, dunque, i corposi trasferimenti governativi hanno preservato le condizioni economiche delle famiglie, limitando fortemente la contrazione dei redditi. Gli effetti delle misure per contrastare gli effetti della pandemia sono stati positivi anche nel mitigare le disuguaglianze. Senza questi interventi le famiglie povere sarebbero state quasi 2,5 milioni, quasi 450 mila in più rispetto al valore registrato nel 2020 (poco più di 2 milioni), cui corrispondono oltre un milione di persone in meno in condizione di povertà assoluta (-750 mila al Sud e -260 mila al Centro-Nord). Senza le erogazioni le famiglie in povertà assoluta sarebbero state il 9,4% anziché il 7,7%, l’incidenza per le persone sarebbe aumentata all’11,1% anziché fermarsi al 9,4%. In particolare, nelle regioni meridionali, senza sussidi l’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie avrebbe raggiunto un picco drammatico di circa 13 famiglie ogni 100 (13,2% al Sud e 12,9% nelle Isole), che grazie agli interventi cala di 3,4 punti al Sud e 4,5 punti nelle Isole. assoluta di 2,8 punti percentuali nel Mezzogiorno contro lo 0,4 del Nord e lo 0,5 del Centro.

In valori assoluti al Sud sarebbero circa mezzo milione di poveri in più. Il risultato stimato per il Sud è spiegato essenzialmente dalla maggiore diffusione nelle regioni meridionali di famiglie più numerose (numero di componenti maggiore di 3) e con minori a carico per le quali il rischio povertà è segnatamente più elevato rispetto ai nuclei più ridimensionati.

Nel Mezzogiorno la ripresa occupazionale è stata tuttavia di bassa qualità, alimentandosi all’aumento della precarietà è tornata sui livelli pre-pandemia, in anticipo rispetto al Centro-Nord attestandosi su livelli comunque inferiori rispetto al 2008 (–2,9%), al contrario di quanto avvenuto nel Centro-Nord (+2,6%). L’occupazione (media dei primi due trimestri), cresciuta in Italia del 3,6% (+791 mila unità) nel 2022, rispetto alla prima metà del 2021, ha premiato soltanto i maschi con un +0,2%, a fronte di un moderato calo dell’occupazione femminile a–0,8%. Più precari e più a lungo, in sintesi: ciò si traduce in una maggiore percezione di insicurezza del lavoro nelle regioni meridionali.

Tra i divari tra Nord e Sud rimangono preoccupanti quelli nella filiera dell’istruzione. I servizi socio-educativi per l’infanzia sono caratterizzati dall’estrema frammentarietà dell’offerta e da profondi divari territoriali nella dotazione di strutture e nella spesa pubblica corrente utilizzata dalle Amministrazioni locali. In Italia la percentuale dei bambini di età compresa fra i 3 e i 5 anni che frequenta una struttura educativa (93,2%) è più alta della media europea (89,6%).

Nella scuola d’infanzia, la carenza d’offerta a sfavore del Mezzogiorno riguarda soprattutto gli orari di frequenza. Nel Mezzogiorno è molto meno diffuso l’orario prolungato (offerto solo al 4,8% dei bambini); viceversa è più diffuso l’orario ridotto (20,1%) rispetto al Centro-Nord: 17,0% e 3,6% rispettivamente per orario prolungato e ridotto. Mentre nella scuola primaria la percentuale di alunni che frequenta a tempo pieno è più bassa nelle regioni meridionali (18,6%) rispetto al resto del Paese (48,5%). Nel Mezzogiorno circa 650 mila alunni delle scuole primarie statali (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. In Campania se ne contano 200 mila (87%), in Sicilia 184 mila (88%), in Puglia 100 mila (65%), in Calabria 60 mila (80%). Nel Centro-Nord gli studenti senza mensa sono 700 mila, il 46% del totale. Circa 550 mila allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno (66% del totale) non frequentano scuole dotate di una palestra. Solo la Puglia presenta una buona dotazione di palestre mentre registrano un netto ritardo la Campania (170 mila allievi privi del servizio, 73% del totale), la Sicilia (170 mila, 81%), la Calabria (65 mila, 83%). Nel Centro-Nord gli allievi della primaria senza palestra corrispondono al 54%. Analogamente, il 57% degli alunni meridionali della scuola secondaria di secondo grado non ha accesso a una palestra; la stessa percentuale che si registra nella scuola secondaria di primo grado.  (fv)