di SANTO STRATI – Le cerimonie di premiazione sono abitualmente una soporifera passerella di volti, persone e personaggi con la consegna di riconoscimenti da parte di vecchi premiati a nuovi premiati. Ma non è detto che debba essere sempre così: la serata del Premio Mediterraneo, al Teatro Rendano di Cosenza, promosso e organizzato dalla Fondazione Carical, ha mostrato esattamente il contrario.
Ovvero, come trasformare una cerimonia di consegna di premi in una performance-spettacolo che ha prodotto una delle più belle pagine di Cultura in Calabria. Merito del Presidente della Fondazione, il reggino Giovanni Pensabene, e il Presidente del Premio Mario Bozzo, che hanno ideato insieme con il bravissimo regista Stefano Bellu un evento-show con innesti di libri, musica, balletto, teatro. Il risultato è stato un due ore e mezzo di avvincente intrattenimento (il teatro Rendano era pieno, nessuno è andato via prima dei saluti finali) che dovrebbe essere preso a modello da tutti gli organismi (privati o pubblici) che si avventurano a consegnare riconoscimenti e premi di varia natura. Intendiamoci, non è l’eccezione che conferma la regola (qualcosa del genere si è vista a Taurianova col Premio CalabriAmerica ideato oltre trent’anni fa da Mimmo Morogallo), ma sarebbe ingeneroso non riconoscere alla Fondazione Carical (e ai suoi attentissimi collaboratori – Valeria Giordano e Rosa Cardillo, solo per citare qualche nome) un mix di genialità con l’obiettivo dichiarato di “fare cultura” utilizzando gli elementi tipici dello spettacolo.
L’occasione di venerdì scorso era particolare: il Premio per la Cultura Mediterranea ha compiuto 18 anni, come se fosse diventato “adulto”, ma in realtà è stata solo una finzione scenica giacché, dalla prima edizione, questo Premio ha mostrato una grande maturità e, soprattutto, una visione anticipatrice e per questo largamente ammirevole di cosa rappresenti il Mediterraneo per la Calabria e l’Italia. La posizione strategica della nostra regione, al centro del Mare Nostrum implica un’idea di coinvolgimento e di coordinamento di tutti i Paesi che vi si affacciano, in un pout-pourri culturale che i giovani, correttamente, definiscono mainstream. Ovvero, di primo piano. Che offre e richiede un’attenzione singolare e non di maniera.
Dunque, uno spettacolo per sottolineare la valenza e il significato di un Premio che la Fondazione Carical vuole utilizzare per sostenere e promuovere una “cultura del Mediterraneo” che solo organismi indipendenti possono agevolmente portare avanti per costruire un’idea di condivisione, di interscambio culturale, di arricchimento reciproco tra gli attori protagonisti di ogni edizione: autori, poeti, personalità del mondo della cultura e della società civile. Ci vuole tanta organizzazione e tanta pazienza (un bravo e un grazie alla giuria internazionale) per scegliere le terzine finaliste, ma serve anche tanto “coraggio” e convinzione per coinvolgere centinaia di studenti a selezionare e scegliere un’opera di narrativa di un autore giovane da premiare.
Non è vero che i giovani non amano leggere, al 90 per cento sono distratti dai social, dai videogiochi, dalle videochat e trascurano, colpevolmente, la lettura: tocca alle generazioni più anziane, soprattutto quelle cresciute a pane e libri e al massimo la tv dei ragazzi, accendere una passione che se parte non si ferma più. Sono questi gli obiettivi che, meritoriamente, la Fondazione Carical porta avanti da 18 anni e i risultati sono oltremodo soddisfacenti, soprattutto per una regione che conta un altissimo livello di disoccupazione giovanile: ragazzi acculturati (laureati e senza occupazione) che vanno seguiti e ulteriormente incentivati a fare della loro formazione un obiettivo vitale.
Certo, di fronte a una magnifica serata-spettacolo dove la Cultura (con la C maiuscola) ha fatto da protagonista viene da piangere pensando alle tante meste cerimonie di premiazione che nel corso dell’anno si susseguono a ritmi inimmaginabili. Tutto si riduce a una photo-opportunity con i premiati e la passerella dei politici di turno e tutto scorre via senza lasciare traccia. Al contrario, il Premio per la Cultura Mediterranea lascia una traccia importante e significativa: le ola delle centinaia di ragazzi venuti da ogni parte della Calabria a sostenere i propri giurati-delegati rappresentano l’urlo di gioia di chi sa già di poter scommettere sul proprio futuro, puntando alla cultura.
E qui, nasce, inevitabile una proposta di sapore utopico: perché le maggiori associazioni culturali della Calabria (la Fondazione Carical, il Rhegium Julii, il Premio Nosside, la Fondazione Corrado Alvaro, etc, giusto per fare nomi e cognomi) non creano una sorta di federazione della cultura per fare finalmente rete? Se ne sente davvero bisogno. Un sodalizio di idee che travalichi le miserie campanilistiche e le tifoserie del più vieto localismo.
Sarebbe magnifico immaginare tutti insieme a un tavolo teste pensanti (think thank) che abbiano un solo obiettivo: dare alle nuove generazioni strumenti di cultura e avviare processi formativi che preparino la classe dirigente di domani. Ragazzi in gamba ce n’è in quantità industriale: cercano segnali, indicazioni, idee, percorsi da seguire.
Pur nella rigorosa distinzione della memoria storica di ciascuna associazione, nuove iniziative in comune sarebbero una mano santa per l’industria culturale della regione. L’unica che offre una solida speranza di crescita e sviluppo e non inquina in alcun modo. Nel solco della tradizione millenaria magnogreca ma anche delle culture delle tante dominazioni che hanno tentato – senza successo – di distruggere questo territorio. I saraceni, gli spagnoli, i borboni tanti altri invasori non ci sono riusciti: il timore è che riescano nell’intento i molti incapaci che sono convinti di saper governare. E solo la cultura li può fermare. (s)