L’IDEA DELLA PROVINCIA “MAGNA GRAECIA”
SODDISFA LE ESIGENZE DELL’ARCO JONICO

di DOMENICO MAZZA – Il dibattito relativo alla istituzione di una nuova Provincia, a fianco la latitanza di prospettiva politica nel lungo periodo, sta mostrando tutte le sue fragilità. Inquieta realizzare la vaghezza del flebile processo culturale con cui la locale classe dirigente tenta di approcciarsi alla materia amministrativa. Vieppiù, duole constatare l’assenza di contenuti significativi che alimentano una preoccupante incompetenza politica connotante l’area dell’Arco Jonico.

Ormai, giornalmente, si legge di Amministratori che esprimono il loro apprezzamento ad un’idea (Sibaritide-Pollino), pur tuttavia senza entrare nel merito e, soprattutto, limitandosi ad esprimere concetti di natura elementare. Se proprio dovessimo cercare un punto di contatto nelle esternazioni dei Sindaci, al netto delle posizioni di alcuni Amministratori, dovremmo registrare il loro sistematico glissare sulla vicenda del Capoluogo. Un collage di interventi, quindi, dai quali traspaiono aspettative che dimostrano quanto le loro posizioni siano anni luce lontane dalla realtà effettuale, decretata dalle modifiche apportate al Testo Unico degli Enti Locali. Non si spiega altrimenti la moltitudine di inesattezze riportate da certa stampa, ormai sempre più sponsor di un’idea piuttosto che strumento di divulgazione dei dispacci.

Tutti contro la Delrio, ma muti sull’aziendalizzazione statale della Seconda Repubblica

Si fanno allusioni al superamento della Legge Delrio, quasi come se il problema della creazione di nuovi ambiti fosse circoscritto esclusivamente alla su richiamata norma. Nessun riferimento ai vari Governi (destra e sinistra) della Seconda Repubblica che, con la loro graduale azione d’aziendalizzazione statale, hanno vincolato gli Enti a un dissennato attaccamento ai numeri, acuendo il devastante criterio del centralismo. Piuttosto che Amministratori appassionati alle vicende delle proprie Comunità e al contesto d’ambito in cui inquadrate, sembra di assistere ad un drappello di maggiordomi, con l’ausilio di qualche direttore di sala, allineati a concetti convenzionali e mai innovativi.

Sappiamo che, nelle intenzioni governative, esiste la volontà di superare l’attuale sistema di creazione e gestione degli ambiti provinciali. Tuttavia, si disconosce — non saprei se per ignoranza o per malafede — che il Governo non ha manifestato interesse alcuno verso la costituzione di nuovi contesti provinciali. Men che meno, verso ambiti che non abbiano neppure i requisiti minimi per potere reggere ad un carico di rinnovata responsabilità amministrativa.

Si preferisce, pertanto, affiliarsi ad un’idea priva dei requisiti normativi, caricando di aspettative inesistenti la possibile elevazione a Provincia dell’area jonica, mentre si tace sull’unica proposta che, ancor prima di essere materia amministrativa, avrebbe i requisiti tutti per rappresentare una rivoluzione politica in Calabria.

Magna Graecia: unico vero concept in grado di offrire una prospettiva di crescita e sviluppo

Solo l’idea Magna Graecia sarebbe in grado di sconvolgere le cristallizzate geometrie del potere regionale. Tutti gli altri improbabili abbinamenti territoriali, inquadrati nella sola Provincia di Cosenza, risulterebbero tentativi di scorporo gestazionale il cui unico risultato sarebbe un aborto amministrativo.

Da alcuni anni, il Gruppo JoniaMagnaGraecia promuove l’idea di una Provincia dell’Arco Jonico con doppio Capoluogo (Corigliano-Rossano e Crotone) capace di rappresentare oltre 400mila abitanti, entrando con pari dignità politica nel contesto regionale. Questa proposta avrebbe il potenziale per riequilibrare le forze territoriali calabresi, ponendo un argine al dominio dei tre Capoluoghi storici (CZ, CS, RC). È dimostrato, non solo in Calabria, quanto le Province di piccole dimensioni non abbiano rappresentato alcuna miglioria per i territori rappresentati. Eppure, nonostante la forza di un concept che avrebbe un impatto significativo sulla redistribuzione delle risorse in riva allo Jonio, si spara la proposta Sibaritide-Pollino. Senza spiegare, altresì, cosa, la richiamata proposta, contenga in termini di Comuni, di dimensione demografica e, soprattutto, quale sarebbe (o sarebbero) il Capoluogo che dovrebbe gestirla. Tra l’altro, l’idea Magna Graecia non prevederebbe la creazione di Enti aggiuntivi, inciampando nei dinieghi governativi; solo la ridefinizione dei perimetri amministrativi attuali con l’obiettivo di ridisegnare ambiti ottimali e omogenei. A tal riguardo, si preferisce definire l’idea Magna Graecia, dall’alto dei suoi potenziali 400mila abitanti, ingestibile, ma si tace sul fatto che oggi lo Jonio sia inquadrato in un contesto ben più grande (Cosenza), sintesi malriuscita di ambiti mai amalgamati su affini interessi.

Questo tipo di argomentazioni mostra chiaramente quanto sia debole il livello di discussione politica.

Infine, il processo culturale che attraversa l’Arco Jonico riflette una politica incapace di evolversi, arroccata su posizioni miopi e inabile a cogliere le opportunità che potrebbero portare a un reale sviluppo del territorio. Finché non ci sarà una vera e propria volontà di affrontare le tematiche territoriali, con serietà e competenza, le proposte saranno solo parole vuote, specchi di una politica senza contenuti e senza futuro. (dm)

[Domenico Mazza è del Comitato Magna Graecia]

L’OPINIONE / Flavio Stasi: Rilanciando tema della Provincia si riparli dell’assetto del governo del territorio

di FLAVIO STASI – Leggo quotidianamente, con enorme rispetto ed interesse, gli interventi di tantissimi amministratori rispetto al tema della Provincia che abbiamo avuto il coraggio di aprire alcune settimane orsono. Devo dire con piacere che quasi tutti sono positivi e segnano un cambio di passo nella consapevolezza di un territorio che non è più chiuso nei propri confini comunali ma che si vuole muovere insieme.

Ora credo sia giunto il momento di rilanciare questo tema come di interesse generale, perché non riguarda solo le province o la Sibaritide ma il modello istituzionale che pensiamo sia il migliore per la nostra terra.

In primis sgomberiamo il campo da obiezioni a mio avviso confuse, per esempio che la Provincia non sarebbe prioritaria rispetto a questioni più importanti come sanità, infrastrutture ecc. Chi può non dirsi d’accordo, ma siamo di fronte alla scelta di istituire la provincia o realizzare il gemello del Sant’Orsola a Capo Trionto, perché sono due piani diversi. Le istituzioni non sono soluzioni, ma strumenti per raggiungerle. Del resto, se dovessimo giudicare le istituzioni rispetto alle soluzioni realizzate, sul tema della sanità dovremmo abolire la Regione, il Governo e la Commissione Europea, altro che provincia.

Questo eterno cercare “qualcosa di più grave” che puntualmente non risolviamo non ha fatto altro che aggravare la situazione in tutti i settori, ed è evidente come sia il tessuto istituzionale inadeguato ad offrire delle risposte. Scatola vuota? Oggi tutte le province sono scatole vuote (si vede dallo stato nel quale versano le strade provinciali), se non fosse che garantiscono la presenza di altre istituzioni comunque importanti, ma comunque è ovvio che il tema della istituzione di una nuova provincia si pone esclusivamente in relazione alla possibile rivisitazione della Legge Delrio quindi al ritorno di ruolo e funzioni delle Province elettive.

Ma soprattutto il tema della Provincia credo possa portare l’intera regione a ragionare su che tipo di modello di governo è maggiormente adatto alla Calabria, in una fase durante la quale a livello nazionale tentano di abbattere persino il ruolo della scuola come motore universale ed omogeneo dell’intero paese (è uno dei possibili terreni di applicazione della Autonomia Differenziata) mentre a livello regionale si tende ad accentrare qualsiasi cosa, dai rifiuti alla sanità, dai consorzi di bonifica all’idrico, certificando come la Regione ormai non sia affatto un ente di indirizzo ma puramente di gestione (soprattutto del potere).

Il risultato è sempre lo stesso: depotenziare le uniche istituzioni che stanno sul territorio ed alle quali i cittadini riescono a rivolgersi, ovvero i Comuni e le Province. Qualcuno ha notato dei miglioramenti nell’accorpamento delle Asl in poche Asp? Qualcuno mi sa dire se determinate attività hanno funzionato meglio dopo l’abolizione delle Comunità Montane ed il relativo accentramento? O vogliamo parlare del recente accentramento dei Consorzi di Bonifica? Ma soprattutto tutti questi accorpamenti hanno effettivamente sanato i bilanci? A mio avviso la risposta è sempre no.

Ecco perché rilanciando l’antico tema della Provincia della Sibaritide-Pollino credo si debba ricominciare a parlare di un tema che riguarda tutti, da Tortora a Cariati, da Laino Borgo a Melito Porto Salvo: l’assetto del governo del territorio, per il quale è necessario avere il coraggio – almeno in Calabria – di rivendicare una inversione di tendenza, che non significa trovare le soluzioni ai nostri tanti problemi, ma costruire gli strumenti che ci servono per risolverli.

E se costano due lire di più, con tutto il rispetto, si verifichi quale è la spesa procapite dello Stato centrale in ogni settore esistente rispetto a qualsiasi altra regione italiana, e lì si troverà qualcosa di più di due lire. (fs)

[Flavio Stasi è sindaco di Corigliano Rossano]