A proposito del primato Unical nel Rapporto Censis

di FRANCO BARTUCCILa notizia di questi giorni, della quale se ne parla molto e con note di apprezzamento, è  che nel rapporto Censis dell’anno 2024/2025 di valutazione dei servizi del sistema universitario italiano, l’UniCal è  stata collocata al primo posto della sezione “Grandi Università ” (20/40 mila studenti) del nostro Paese, con un punteggio di 92,2 punti complessivi, così  suddivisi per le cinque voci previsti nel sondaggio: servizi 110, borse 110, strutture 86, comunicazione e servizi digitali 94, internazionalizzazione 78, occupabilità 75

Le sezioni sono quattro: piccole università, medie, grandi e mega università con oltre 40 mila studenti. Il gruppo “Grandi Università “, nel quale è collocata l’UniCal comprende 18 Università.

La valutazione di primato per l’Unical è avvenuta grazie a un consistente finanziamento concesso dalla Regione Calabria anche alle altre università calabresi, a copertura delle borse di studio a favore degli studenti universitari meritevoli avendone diritto. Questo ha fatto sì per l’UniCal di ottenere il suo secondo massimo punteggio di 110 nel sondaggio di merito; mentre l’altro 110 è frutto di un riconoscimento che gli viene dato da sempre fin dalla prima edizione del rapporto che risale alla fine degli anni Novanta, per effetto dei servizi residenziali erogati dal centro residenziale (alloggi e mensa).

L’UniCal per effetto della sua legge istitutiva del 1968 è l’unica università italiana ad essere dotata di un Centro Residenziale, che oggi dal 2019 ne ha la responsabilità di cura e gestione, su delega del Rettore Nicola Leone, la Prorettrice, prof.ssa Patrizia Piro.

Storicamente è il caso di ricordare che tale rapporto il Censis lo ha iniziato a svolgere in collaborazione con il quotidiano “La Repubblica” alla fine degli anni Novanta e già in due edizioni dell’inizio del nuovo secolo, con Rettore il prof. Giovanni Latorre, ottenne nello stesso gruppo il primo posto con la soddisfazione dell’ambiente universitario.

Ci si augura che negli anni a venire la Regione Calabria mantenga tale contributo per le borse di studio a favore degli studenti universitari meritevoli. Lo ha fatto pure negli ultimi anni del suo mandato il presidente della Regione Mario Oliverio. Se ci si appassiona a tale sondaggio del Censis mostrando interesse per mettersi in gioco rispetto ad altre università dell’intero sistema universitario italiano, l’UniCal è nelle condizioni di competere ed ottenere il primo posto assoluto nella media generale che nell’edizione di quest’anno ha ottenuto 92,2 punti.

Si potrebbe migliorare e raggiungere un punteggio superiore avvicinandosi pure ai 110 seguendo alcuni comportamenti che andiamo a suggerire a seguire: circa gli 86 punti assegnati per le “strutture” potrebbero diventare 110 se la dirigenza dell’Ateneo credesse di più nel suo progetto iniziale.

Con il coinvolgimento delle Istituzioni regionali e locali, ma soprattutto con il supporto della Confindustria facendo una politica in sinergia e collaborazione nell’imporre alle autorità governative del Paese il rispetto della legge istitutiva dell’Unical, nel realizzare il suo campus universitario e le strutture dipartimentali, come impostati nei due progetti Gregotti e Martensson, su indicazioni date dai padri fondatori.

Come in passato sono stati cercati fondi strutturali non utilizzati dagli enti locali per opere non realizzate per costruire parte delle strutture didattiche e scientifiche (cubi) dell’U niCal, lo stesso potrebbe accadere oggi con i fondi del Pnrr, che continuano a non essere utilizzati per come evidenziano gli organi d’informazione.

Si è detto in precedenza che bisogna chiedere e pretendere il rispetto della legge istitutiva soprattutto per la realizzazione del suo Centro Residenziale, che prevedeva l’obbligo della residenzialità per almeno il 70% degli studenti iscritti, oltre che per il nucleo di docenti e non docenti.

Oggi il Centro Residenziale ha una disponibilità di 2.300 posti letto, ma ne avrebbe dovuto avere almeno ottomila, con una minima presenza di non docenti e docenti. Portare a compimento il progetto residenziale e dipartimentale, come scientifico per avere con i relativi servizi una cittadella universitaria ben disegnata dai due progetti vincitori del concorso internazionale: Gregotti e Martensson.

Progetti che oltre al complesso residenziale e dipartimentale ci hanno lasciato elaborati relativi al villaggio dello sport per attività sportive e relativi campionati a carattere locale, regionale, nazionale ed internazionale, come le universiadi; le strutture fieristiche; il parco tecnologico  ed altro ancora. Un complesso strutturale che se realizzato nel Rapporto Censis avrebbe potuto maturare per l’Unical il suo terzo 110. Non da trascurare poi il fatto che in questi due ultimi anni l’UniCal ha istituito il corso di laurea in Medicina e Chirurgia TD, nonché Scienze  Infermieristiche  per cui bisogna  predisporre  la costruzione  di strutture  adeguate  ed idonei  alla formazione  degli studenti frequentanti tali indirizzi di studio.

Circa i 94 punti ottenuti per la voce “Comunicazione e servizi digitali”, migliorato rispetto allo scorso anno, può  essere  certamente  incrementato se si riattivasse l’ufficio  stampa  costituito nel 1980, quale strumento di garanzia per la trasparenza dell’Ateneo, chiuso  nel 2014, quando l’ufficio in questione era sorto anche come forma applicativa dell’art.10 dello Statuto che parlava del diritto  dell’informazione per la comunità  universitaria e non solo. Comunicazione ed informazione istituzionale all’Unical ha fatto scuola e rappresentato in campo nazionale un buon esempio da imitare.

Un discorso approfondito meritano i 78 punti ottenuti per l’internazionalizzazione, frutto del lavoro svolto dall’apposito ufficio internazionale, diretto dal dott. Giampiero Barbuto, in collaborazione con i vari delegati del rettore all’internazionalizzazione divisi per area geografica dei Paesi, coordinati dal prof. Giancarlo Fortino, senza trascurare la fruizione dei programmi europei sulla mobilità studentesca. Un lavoro cresciuto molto negli ultimi anni che hanno portato alla stesura di vari accordi con diverse università sparse nel mondo. Se poi si aggiunge la crescente domanda di iscrizione ai dieci corsi di laurea in lingua inglese si può capire quanto sia importante perseguire questa strada. Negli ultimi tre anni si è registrata una presentazione di oltre settemila domande d’interesse per la immatricolazione a fronte di appena 250 posti, per effetto della disponibilità di residenze. Attualmente ci sono nel campus universitario di Arcavacata 1.300 studenti stranieri provenienti da 97 paesi del mondo. Basterebbe ampliare la disponibilità dei posti letto nel Centro Residenziale per avere delle condizioni più ampie di accettazione delle domande di iscrizione.

Questo contribuirebbe ad accrescere il punteggio finora dato, che potrebbe raggiungere e superare i cento punti. Una voce, questa dell’internazionalizzazione, utile in funzione del punteggio che viene assegnato alla voce “strutture”.

Infine, abbiamo la voce “occupabilità” dei laureati che ha ottenuto il punteggio più basso di 75 punti. Per l’UniCal c’è stata fin dalla nascita una particolare sensibilità verso lo stato occupazionale dei propri laureati. Con il  primo  statuto  del 1971 venivano creati  5 settori e tra di questi vi era il Settore orientamento laureati e il loro inserimento nel mondo del lavoro, il cui primo delegato fu il prof. Francesco del Monte, che durante il suo mandato fece stampare  4 numeri di un “Notiziario” UniCal, nel quale venivano inseriti gli elenchi dei laureati di tutti i corsi di laurea, con relativi dati di riferimento, ed inoltrato a livello nazionale ad Istituzioni, enti, aziende di lavoro imprenditoriale per favorire il loro inserimento nel mondo del lavoro.

In questo mi piace ricordare la figura del primo rettore, prof. Beniamino Andreatta, che in un suo intervento pubblico fatto nella sede della Provincia di Cosenza ebbe a dire: «Vedo una università estesa sulle colline di Arcavacata con a valle numerose aziende, che in un crescente rapporto di collaborazione avrebbero accolto tanti giovani laureati per garantire loro uno stato occupazionale stabile».

Purtroppo per varie ragioni il progetto è rimasto tronco con tante “ferite”. Il mio sogno resta quello di Andreatta che auspicava il sorgere, insieme all’università nella sua interezza, una nuova città nella media Valle del Crati, oggi al centro di un ordine del giorno di un disegno di legge predisposto dal Consiglio regionale in forma molto riduttiva e penalizzante ai fini della realizzazione del progetto dell’UniCal.

Se il totale della media dei punti nel rapporto Censis in oggetto è di 92,2  collocando l’Unical al primo posto tra le “grandi Università”, la nuova sommatoria che si verrebbe a costituire porterebbe la nostra Università a collocarsi vicino ai 110 punti per effetto della maggiore presenza di studenti provenienti da altri Paesi del mondo.

Avrebbe una sua caratteristica ben precida di carattere ed impronta internazionale divenendo la vera “Città del Sole”, aprendo nuove prospettive non solo per l’UniCal ma per tutto il territorio dell’area e della Calabria. L’augurio è che la comunità  dell’UniCal sappia fare una buona scelta in autonomia e libertà  nella scelta del nuovo rettore che dovrà  rimanere in carica per il mandato di sei anni 2025/2031, più  che sufficienti a creare le migliori condizioni per arrivare a questa  importante meta. In ultimo va precisato che nella valutazione Censis entra in gioco la “buona accoglienza” e la storia stessa ad ogni livello della città sede della Università. E gli amministratori ne dovrebbero tenere conto a partire dalla realizzazione della “Grande Cosenza”. (fb)

Rapporto Censis, l’Università della Calabria è il quarto ‘grande’ Ateneo statale migliore d’Italia

L’Università della Calabria è il quarto ‘grande’ Ateneo statale migliore d’Italia. È quanto è emerso dal Rapporto Censis dedicato alle Università italiane, che posiziona l’Unical al quarto posto, e vede migliorare il proprio punteggio complessivo che passa dall’89,5 del 2020 a 90,2. Perugia, che guida la classifica, ha una media di 93,3.

L’Università della Calabria conferma, però, il primato assoluto tra tutti gli atenei statali per i servizi per gli studenti: l’indicatore, che fa riferimento ai pasti garantiti, alle residenze e ai contributi alloggi, assegna all’Unical anche quest’anno il punteggio massimo di 110.

La performance dell’Unical, inoltre, migliora per le voci borse di studio (si passa da 97 a 98, terzo miglior punteggio assoluto della classifica) e strutture, indicatore che fa riferimento ai posti in aula, biblioteca, laboratori (si sale da 80 a 81). La crescita più significativa si registra per il parametro occupabilità, che rappresenta un indicatore ostico per l’ateneo, visto il contesto territoriale e la modalità di rilevazione (si prende in considerazione il tasso di occupazione dei laureati magistrali a un solo anno dal conseguimento del titolo). L’Unical quest’anno cresce di ben 4 punti, passando dal 76 del 2020 a 80.

In totale gli indicatori presi in considerazione dal Censis sono sei: servizi, borse, strutture, comunicazione e servizi digitali, internazionalizzazione, occupabilità. I punteggi fanno riferimento all’anno accademico 2019/2020, con l’eccezione delle categorie comunicazione e servizi digitali (2021) e occupabilità (rilevazione Almalaurea 2021 sui dati 2020). (rcs)

La fotografia del Censis su un’Italia di “vecchi”
Servirebbe un Rapporto dedicato alla Calabria

di ANTONIETTA MARIA STRATI – È la fotografia di un Paese sempre più “vecchio”, con pochi giovani e un inarrestabile calo delle nascite: il 53° Rapporto Censis, presentato a Cosenza, restituisce – ha affermato il presidente della locale Camera di commercio Klaus Algieri – l’immagine di un territorio che negli ultimi anni sta perdendo risorse umane, soprattutto di giovani, verso l’estero e le regioni del Nord. Un impoverimento demografico e un progressivo invecchiamento della popolazione che occorre contrastare creando occasioni di sviluppo, puntando, per esempio, sulla cultura e sul turismo». E lo stesso Algieri lancia un’idea che dovrebbe venire condivisa a livello di Regione: perché non produrre un Rapporto Censis sulla Calabria? Un rapporto accurato, com’è nella tradizione e nello stile del Censis, sulla situazione sociale della Calabria per «fornire ai decisori istituzionali – ha detto Algieri – ulteriori strumenti di conoscenza del territorio in grado di supportare scelte di programmazione più consapevoli. Un documento per «provare a raccontare la Calabria, per dare a tutti gli attori politici, istituzionali e della società civile gli strumenti per comprendere la società e per orientare le scelte future, a cui ciascuno potrà dare il suo contributo».

A presentare la situazione sociale dell’Italia, vista attraverso gli occhi del rigoroso Rapporto, è stato lo stesso segretario generale del Censis Giorgio De Rita, il quale ha offerto numerosi spunti per un’analisi disincantata della nostra società. Dalle attese per il futuro al rapporto con la politica, dall’impoverimento demografico del Sud al calvario quotidiano di cittadini e imprese nelle relazioni con lo Stato e le sue emanazioni, per concludere con i “grumi” positivi di nuovo sviluppo: l’impatto delle innovazioni 4.0 su impresa e lavoro; il recupero di aspettative nei confronti dell’Europa, ma anche le nuove aggregazioni per stili di vita e l’attenzione al clima e alla sostenibilità.

È stata la prima volta di una presentazione del Rapporto nel Mezzogiorno e la scelta di Cosenza si è rivelata indovinata proprio per l’accentuato interesse che la Calabria, ma anche tutto il Mezzogiorno, andranno a stimolare all’alba del nuovo Piano per il Sud che vedrà i centri di innovazione – e Cosenza è uno di questi – protagonisti di un processo di rinnovamento e nuovi investimenti. da qui l’esigenza di avere tra le mani uno strumento di analisi sociale molto accurato che rifletta la reale situazione sociale della regione più povera del Paese, ma insieme quella con maggiori opportunità di crescita e di sviluppo.

«Il Rapporto – ha spiegato De Rita – registra una società incerta e spaventata rispetto al futuro ma in cui si intravedono segnali di una ritrovata speranza, nelle imprese, innanzitutto, ma anche nei cittadini. Una maggiore consapevolezza nel fatto che non può esservi benessere individuale senza assumersi la responsabilità di agire per il benessere collettivo. In questo senso, nella ricerca dei punti di ripartenza non si potrà aggirare il problema di disporre di una “classe dirigente” in grado di tenere insieme una collettività individuando gli sforzi comuni da compiere e la direzione verso cui muoversi».

Presentazione del Rapporto Censis a Cosenza

Nel paragrafo dedicato all’esodo dal Sud, il Censis fa notare che «se l’emigrazione verso l’estero dei cittadini italiani dal 2007 è aumentata del 215,6%, quella dei giovani è cresciuta a un ritmo ancora più sostenuto: +226,8%. In un decennio, oltre 400mila 18-39enni sono emigrati, a cui si sommano gli oltre 138.000 giovani con meno di 18 anni». Il Censis ha rilevato che il movimento dal Sud verso il Centro-Nord registra anche motivazioni di studio, con tanti giovani originari del Mezzogiorno che decidono di andare a studiare nelle regioni centrali e settentrionali. «Nell’ultimo anno accademico (2018-2019) le immatricolazioni di studenti originari del Sud in atenei del Centro-Nord sono state 25.107 (l’86,9% del totale delle immatricolazioni di studenti in un’altra area geografica, con 2.880 immatricolati in più rispetto a cinque anni prima), mentre 3.775 studenti (il 13,1%, ovvero 1.042 in più) hanno fatto il percorso inverso. Nell’anno accademico 2017-2018 (ultimo dato disponibile) le iscrizioni di studenti meridionali in atenei del Centro-Nord sono state 179.376 (il 90,1% delle iscrizioni in altra area geografica, 15.229 in più dall’anno accademico 2013-2014), mentre 19.729 (il 9,9%, 2.492 in più) sono state quelle di studenti del Nord e del Centro in università del Sud».

Per questa ragione, secondo la Camera di Commercio di Cosenza, «il Rapporto Censis dovrà diventare una sorta di dizionario che potrà aiutarci a definire ed interpretare i comportamenti della società del presente per guidare le azioni da intraprendere nell’immediato futuro. La fotografia che emerge dal Rapporto è quella di italiani sfiduciati. Oltre la metà della popolazione ritiene che nel futuro i propri figli e nipoti vivranno in una condizione peggiore nonostante gli sforzi attuali, si ha la percezione che l’ascensore sociale abbia smesso di funzionare».

Non è tutto negativo, però: emergono dalla lettura del Rapporto «alcuni timidi segnali di ritrovata speranza. Il futuro – afferma il presidente Algieri – si sta finalmente staccando dal presente permettendoci di guardare di nuovo lontano. La ripresa non passa più attraverso la responsabilità politica, la società ha compreso che il benessere individuale, passa per il benessere collettivo». (ams)