Sanità in Calabria: sì al riparto dei fondi ma non siano pochi euro in più per la regione

 di GIACINTO NANCI – Il dott. Ernesto Esposito, secondo commissario alla sanità calabrese in applicazione del Piano di Rientro Sanitario della Calabria, ci ha informati che il governatore-commissario alla sanità, Roberto Occhiuto, ha avuto “particolare attenzione” per la Asp di Vibo Valentia nei criteri di riparto dei fondi sanitari alle Asp calabresi perché «il riparto tra le Asp è stato definito… non più sulla spesa storica. Si è scelto, invece, di considerare la popolazione pesata e l’indice di deprivazione che è uno strumento statistico che misura il livello di svantaggio socio economico di una popolazione combinando diversi indicatori relativi a condizioni di vita e di istruzione».

Ebbene, in base a questa “particolare attenzione” che il commissario Occhiuto (e anche il secondo commissario Ernesto Esposito) hanno avuto per Vibo, il riparto sanitario pro capite per ogni vibonese è stato di 1.551 euro ben (??????) 60 euro in più della provincia di Cosenza, che ha avuto 1.491 euro (la provincia che ha avuto di meno) e 25 euro in meno della provincia di Reggio Calabria (la provincia che ha avuto di più) 1576 euro pro capite. Non sappiamo cosa ci possano fare i vibonesi per curarsi meglio con 60 euro pro capite in più dei cosentini, ci sembra più una presa in giro, visto che queste dichiarazioni sono state fatte, in presenza del Prefetto, ai delegati della manifestazione sul degrado della sanità vibonese. Intanto, i criteri di riparto dei fondi, citati dal secondo commissario Esposito, non sono una rivoluzione ma è ciò che da sempre applica la Conferenza Stato-Regioni per stabilire il riparto dei fondi sanitari alle regioni. Infatti, il 98,5% dei fondi la conferenza li fa sulla «popolazione residente e della frequenza dei consumi sanitari per classi di età, lo 0,75% sul tasso di mortalità della popolazione inferiore ai 75 anni e lo 0,75% sull’incidenza della povertà relativa individuale, l’incidenza della bassa scolarizzazione nella popolazione di età maggiore dei 15 anni e infine il tasso di disoccupazione». In pratica Occhiuto ha avuto nei confronti dei vibonesi la stessa “sensibilità” che ha da sempre la Conferenza Stato-Regione nei confronti della Calabria, perché sono proprio questi criteri di riparto che hanno sottofinanziato la sanità calabrese da più di 20 anni a questa parte. Per rendere l’idea del grave sottofinanziamento della sanità calabrese, basta citare i dati della “spesa primaria netta in sanità per regioni (media 2000-2018 euro pro capite) elaborata dai Centri Pubblici Territoriali del Sistan (sistema statistico nazionale) nei quali si vede che la Calabria ha speso 1.614 euro pro capite a fronte della Lombardia che, invece, ha speso 2.217 euro pro capite, cioè ben 603 euro in più della Calabria. Se noi avessimo avuto i finanziamenti della Lombardia avremmo potuto spendere ogni anno dal 2000 al 2018 ben (603×1.949.000) 1 miliardo centosettantacinque milioni in più. Per quanto riguarda il concetto della “deprivazione” (quella vera) nel 2016 l’allora presidente della Conferenza Stato-Regioni, on. Bonaccini, ne decise una sua “parzialissima” applicazione del criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni per quell’anno.

Ebbene, nel 2017 in base a questa “parzialissima” applicazione alla Calabria sono arrivati 29 milioni di euro in più del 2016 e in tutto il Sud ben 408 milioni di euro in più. Il concetto della deprivazione non è stato né ampliato né riproposto negli anni successivi. Ma il grave sotto finanziamento della sanità calabrese dipende ancora di più dal fatto che nei circa 2 milioni di calabresi ci sono ben trecentomila malati cronici in più che non in altri due milioni di altri italiani. Quindi, dove ci sono stati e ci sono molti più malati cronici sono arrivati e arrivano meno fondi per poterli curare e, di questo, tutti ne sono a conoscenza perché, oltre che da tutti gli istituti di statistica sanitaria, è stato certificato anche da uno dei colleghi del commissario Occhiuto già nel lontano 2015 quando il commissario al piano di rientro sanitario ing. Scura ha firmato il Dca n. 103 del 30/09/2015. Arrivano meno fondi sanitari (Calabria) proprio dove ci sono molti più malati cronici (sempre Calabria) nonostante ci sia una legge (mai applicata) n. 662 del lontano 1996 che, al punto cinque del comma 34 dell’art. 1, dice proprio che uno dei criteri del riparto dei fondi sanitari deve essere fatto in base alla epidemiologia cioè più fondi dove ci sono più malati cronici e non il contrario per come è avvenuto per più di un ventennio, cosa che il secondo commissario Esposito dovrebbe sapere perché ha gestito anche la sanità della Campania che è stata trattata in modo ingiusto forse più della Calabria. Quindi, se il commissario Occhiuto e il secondo commissario Esposito vogliono davvero fare qualcosa per i malati vibonesi e calabresi tutti, dovrebbero andare alla Conferenza Stato-Regioni e pretendere con determinazione che venga applicato il criterio di riparto dei fondi basato sulla numerosità dei malati cronici per come recita la legge 662, altrimenti le dichiarazioni del secondo commissario Esposito suonano come la beffa in aggiunta al danno.

(Medico di Famiglia in pensione ed ex medico ricercatore Health Search)    

SANITÀ, DA 20 ANNI NEL RIPARTO DEI FONDI
ALLA CALABRIA TOCCANO SEMPRE DI MENO

di GIACINTO NANCII politici calabresi si stanno accapigliando perché ognuno vuole nella propria provincia la facoltà di medicina e chirurgia perdendo ancora una volta di vista i veri problemi della sanità calabrese che continua ad andare al macello.

Dopo 13 anni di piano di rientro infatti i conti della sanità calabrese continuano ad essere bocciati dalla Corte dei Conti, e siamo ultimi in Italia per applicazione dei Lea, ma la cosa più grave è che a parità di patologia, specialmente tumorale, in Calabria si muore prima che non nelle altre regioni.

Invece di accapigliarsi per avere ognuno la facoltà di medicina nella propria provincia che al massimo sforna laureati che poi emigrano, i politici calabresi dovrebbero battersi per modificare i criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni perché la Calabria è la regione che riceve pro capite, da più di 20 anni a questa parte, meno fondi per la sua sanità pur avendo tra i suoi circa due milioni di abitanti ben 287000 mila malati cronici in più che non in altri due milioni di altri italiani per come certificato anche dall’ormai lontano Dca N. 103 dell’ex commissario al piano di rientro sanitario calabrese Scura del 30/09/2015. Dca vidimato sia dal ministero dell’Economia che da quello della Salute, quindi tutti sanno.

A favorire questa necessaria battaglia dei politici calabresi per una migliore sanità è avvenuto che il governatore della regione Campania l’estate scorsa ha fatto un ricorso al TAR per contestare proprio i criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni che a suo dire penalizzano la Campania. Il ricorso ha una totale validità, tanto che prima che il Tar si sia pronunciato, la Conferenza Stato Regioni e il Governo hanno promesso e programmato per il prossimo anno la modifica dei criteri di riparto dei fondi sanitari alle regioni, comprendendo che il ricorso verrà sicuramente accolto. I politici calabresi avrebbero dovuto già da molto tempo fare loro il ricorso al Tar prima della regione Campania proprio perché la Calabria è molto più penalizzata non solo rispetto alla regione Campania ma rispetto a tutte le altre regioni.

Per rendere l’idea di quanto la Calabria e le regioni del sud sono penalizzate dall’attuale criterio di riparto dei fondi sanitari alle regioni basti dire che nel 2017 è stata fatta una modifica “parziale” (per come specificato dall’allora presidente delle Conferenza Stato-Regioni on. Bonaccini) dei criteri di riparto basati sulla “deprivazione” e non su quelli “demografici” correnti. Ebbene in base a questa parziale modifica (non riproposta ne tantomeno ampliata negli anni successivi e da qui il ricorso al Tar) alle regioni meridionali sono stati assegnati in più nel 2017 rispetto al 2016 ben 408 milioni di euro e se si considera che la modifica era solo parziale si potrebbe moltiplicare la cifra almeno per 4 e se questo riparto fosse stato fatto da 20 anni a questa parte in cui il riparto è stato fatto invece  con il criterio “demografico” la sanità del sud e quella calabrese, che è quella più penalizzata da questo criterio di riparto, avrebbero avuto molte più opportunità.

La sanità calabrese oltre a questo handicap del criterio di riparto è penalizzata anche dal piano di rientro stesso cui è sottoposta da oltre 13 anni perché esso fa ulteriori tagli alla sua spesa sanitaria, già insufficiente, proprio per ripianare il presunto deficit, e impone una maggiorazione delle tasse (Irap, Irpef, Accise etc..) ai calabresi, peggiorando oltre alla salute anche l’economia calabrese. Che fare allora?

Invece di litigare per la facoltà di medicina la Calabria si deve mettere alla testa delle regioni meridionali (così si ha più forza) perché il criterio di riparto dei fondi sanitari venga realmente e giustamente fatto non solo in base ai criteri della “deprivazione”, come vuole fare il governo e che ci darebbe certamente più fondi, ma  anche in base alla numerosità delle malattie presenti nella varie regioni in quanto essendo la regione con più  malattie croniche ci assegnerebbe i fondi giusti per poterle curare.

Con i fondi in più potremmo, invece di fare campanilismo per la facoltà di medicina nella propria provincia, pensare di creare dei centri di eccellenza per le varie patologie perché uno dei fenomeni che peggiorano i conti della sanità calabrese sono proprio le spese per le nostre cure fuori regione nei centri di eccellenza del nord, che nel 2021 sono giunte alla stratosferica cifra di 329 milioni di euro. Un esempio per capire.

La Calabria con una prevalenza di diabete mellito del 12% non ha un centro per la cura del piede diabetico, la regione Lombardia con una prevalenza di diabete del solo 4% ha più centri per la cura del piede diabetico, per cui i calabresi poi devono andare in questi centri al nord solo per l’amputazione del piede e non per la sua cura. Lo stesso vale per altre patologie.

E se si considera che la creazione di un centro di eccellenza costa pochissime decine di milioni di euro, con i fondi in più che dovremmo ricevere con la modifica dei criteri riparto, potremmo permetterci, oltre ai centri di eccellenza per le malattie croniche, perfino un centro di eccellenza “sullo studio della neurofisiopatolgia del canto del grillo”. Se vogliono fare un favore ai calabresi i nostri politici devono da subito iniziare la battaglia per la modifica del riparto dei fondi sanitari e oggi c’è l’opportunità di farlo visto sia il ricorso al Tar della regione Campania e sia gli ultimi gravi rilievi fatti dal Tavolo Adduce (organo ministeriale che ogni anno monitora le regioni in piano di rientro) al commissariamento della sanità calabrese, al commissario Occhiuto e al piano di rientro calabrese.

Altrimenti come i polli di Renzo, i nostri politici, faranno continuare a finire al macello i malati calabresi (che continueranno a morire prima degli altri italiani a parità di patologia). (gn)