di FRANCESCO RAO – Quello della scuola è uno tra i temi più importanti del momento, non soltanto per la Calabria ma per l’Italia tutta. Il tema è ampio e in questa sede ne affronterò una minima parte, avanzando qualche proposta, rimandando a futuri interventi ulteriori spunti riflessivi. A dire il vero, visti gli esiti forniti dall’OCSE e dall’INVALSI annualmente, il Parlamento, al netto delle rispettive espressioni politiche, avrebbe potuto valutare tale tema interpretando i segnali dettati dai segmenti produttivi, maggiormente esposti alla penuria di risorse umane e al contempo chiamate a soddisfare le crescenti esigenze di una società sempre più complessa, proiettata ad uno stile di vita che interesserà i prossimi 50 anni.
Per quanto riguarda la nostra Calabria, anche quest’anno i dati INVALSI segnano l’ennesimo segnale di allarme. Con un pizzico di positività rispetto al passato, visti i tempi, vorrei poter sperare nell’avvio di una discontinuità nella quale da una parte possa esserci l’avvio della crescita e dall’altro relegare quel vuoto culturale a mero ricordo storico destinato ad essere un motivo in più per fare meglio senza perdere tempo.
La nostra regione, i nostri giovani, le loro famiglie e tutto il mondo dell’istruzione e della formazione, nei prossimi anni, saranno chiamati a compiere una sfida senza precedenti per recuperare in tempi ridotti la notevole percentuale di quel divario culturale che da sempre divide il Nord dal Sud impedendo di fatto maggiori opportunità occupazionali, incremento del P.I.L. e contenendo i fenomeni migratori soprattutto dei nostri giovani.
Detto ciò, non è assolutamente mia intenzione bocciare il nostro sistema scolastico. È necessaria però una corposa rivisitazione di competenze da praticare mediante percorsi di formazione e aggiornamento continuo. Tale affermazione ripone moltissima fiducia in un comparto strategico per la nazione e popolato da persone spesse volte demotivate, costrette per mancanza di mezzi e strumenti a ricorrere all’improvvisazione, mettendo da parte la programmazione ministeriale e l’esercizio di quella quota di autonomia utile a stringere collaborazione e partecipazione con gli stakeholder esterni alla scuola ma parte integrante della comunità educante.
A ciò si aggiungano gli effetti delle varie spending review, praticate nel tempo nel comparto scuola, senza minimamente immaginare quali potevano essere gli effetti futuri. Ed allora, il ricorso all’accorpamento di scuole distanti anche 50 kilometri una dall’altra, con l’intento di limitare il numero di Dirigenti scolastici e per lasciare decine di docenti sotto una guida praticata mezzo etere oppure con limitata presenza è stata una soluzione? Quali benefici culturali ha prodotto? Per quanto mi riguarda, l’esempio dettato dall’art. 5 della Costituzione, come vale per le Stazioni dei Carabinieri, presenti in tutti i Comuni d’Italia, dovrebbe valere per tutte le scuole ossia un Dirigente scolastico per ogni sede scolastica presente sul territorio. Mentre qualcuno potrà dire che non possiamo permetterci questi costi, vorrei sottolineare che la cultura non è un costo ma un investimento nazionale. Intanto, per gli studenti calabresi, figli di un Dio minore, tutti gli indicatori afferenti ai sistemi di valutazione pubblici e privati incrociano le rispettive analisi in una comune conclusione: con un 18% di dispersione scolastica implicita il futuro appare segnato.
Il nostro punto debole, come più volte segnalato dalla Fondazione Agnelli, continua ad essere la scuola secondaria di primo grado e gli effetti da tale causa saranno poi interamente riversati nel segmento scolastico successivo. Ci sarà stato tempo e modo per riscontrare tutte le possibili criticità, considerando anche l’incidenza della fase dello sviluppo degli adolescenti. Alla luce dei recenti dati, è lecito chiedere quali correttivi sono stati apportati al sistema e quali miglioramenti siano stati registrati? L’approccio allo studio della matematica, della geometria, delle scienze, delle lingue straniere, seppur avviato sin dalla scuola primaria, si pratica proprio nei tre anni di quella che per noi, nati durante lo scorso Secolo, era la scuola media. Sono state considerate le difficoltà del personale docente impegnato in questo specifico settore? Sono state mai valutate eventuali proposte metodologiche, tese a costruire patti educativi condivisi nei quali coinvolgere di più le famiglie anche con l’intento di responsabilizzare e detonare quella carica che alimenta sempre di più ricorsi e denunce a seguito di voti non particolarmente alti, richiami e/o provvedimenti disciplinari?
Sempre per questa fase, vista la crescente povertà educativa e la propensione alla dispersione scolastica, fenomeni maggiormente evidenti nelle aree interne, ricorrendo a personale docente non di ruolo, perché non si attivano i rientri pomeridiani per consentire a tutti gli studenti di poter chiudere entro le ore 18:00 la giornata scolastica facendo svolgere loro oltre ai compiti anche altre attività quali sport, musica, disegno, teatro ecc. ecc.?
Potrò apparire un visionario, ma la mia convinzione continua a vedere la scuola come il cuore pulsante di ogni Comunità, grande o piccola che sia. Ed in tal senso gli Istituti scolastici non dovrebbero rimanere aperti soltanto dalle 7:00 alle 14:00, ma dovrebbero essere aperti sino alle ore 22:00, immaginando la fase post-curriculare come fase di autogestione nella quale insegnanti non di ruolo, volontari, animatori e quanti siano disposti a rispondere all’appello proveniente dal Ministero della Pubblica Istruzione o dall’assessorato all’Istruzione, possano mettersi in gioco, previo sottoscrizione di contratto e riconoscimento di appositi gettoni di presenza, per innalzare il livello culturale in modo esponenziale dei nostri giovani. In tali sedi, vedrei anche un maggiore coinvolgimento delle Associazioni. Penserei alla pratica del baratto consistente nella verniciatura dei muri, alla sistemazione di porte e finestre oppure alla pavimentazione delle rispettive aule utilizzate quale ricompensa per la fruibilità annuale dei locali e dei servizi messi a disposizione delle varie realtà associative, anch’esse messe nella condizione di stimolare la crescita culturale territoriale. Gli insegnanti curriculari vanno sostenuti. Loro svolgono quotidianamente un lavoro ineccepibile ma occorre vincolare allo studio i nostri ragazzi, limitando loro una quantità di libertà pomeridiana che nel medio e lungo periodo finirà per alimenterà quella percentuale di dispersione scolastica destinata a incidere sul livello culturale del Paese, nella politiche di Welfare, nei fenomeni di micro e macro criminalità e nell’abbandono di tutte quelle identità locali, potenziali fonti di risorse, lasciate all’abbandono per mancanza di “cervelli”, capaci di far rinascere la storia locale rendendola risorsa futura. (fra)
(Francesco Rao, Giornalista e Presidente Dipartimento Calabria ANS Sociologi)