di PIETRO MASSIMO BUSETTA – L’autonomia differenziata, con grande determinazione voluta dalla Lega Nord, con il disegno di legge approvato in Consiglio dei Ministri il recente 3 febbraio, si basa su un presupposto fondamentalmente errato.
E cioè che in un Paese unitario ognuno possa tenersi le imposizioni fiscali che si riferiscono al proprio territorio, il cosiddetto residuo fiscale. Anche se in parte in Italia per quanto attiene alle imposte locali tale approccio è stato attuato.
Il concetto per cui ognuno si può tenere quello che deriva dall’imposizione fiscale del proprio territorio è perfetto se viene applicato ad uno Stato, non lo è affatto se parliamo di singole regioni all’interno di uno Stato. Le motivazioni di tale affermazione sono in parte tecniche altre sono economiche.
Le tecniche riguardano il fatto che bisogna fare differenza tra il soggetto che raccoglie le imposte e quello che realmente le paga. Se un avvocato ha la sua residenza fiscale a Milano ma il suo cliente abita a Reggio Calabria l’imposta sul suo emolumento sarà incassata da lui e riversata all’agenzia delle entrate di Milano quando in realtà chi l’ha pagata effettivamente è il cittadino calabrese. Tutto questo avviene nell’Iva per esempio, ma anche in molti altri tributi.
Da un punto di vista economico vi sono altri elementi che vanno considerati. Per esempio che gli investimenti infrastrutturali nel Nord sono stati fatti con imposte che colpivano soggetti residenti in tutte le parti d’Italia. Così come con il lavoro di molte persone provenienti da realtà regionali diverse. Come molti grandi eventi che riescono a produrre sviluppo economico sono stati finanziati con i soldi di tutti, così come il Paese utilizza le produzioni dell’Ilva di Taranto, che lascia sul territorio problemi sanitari non indifferenti, considerato il tasso elevato di tumori nella popolazione, o le raffinerie posizionate sulle coste meridionali che in realtà raffinano per conto delle aziende nazionali, o i gasdotti che arrivano sulle coste siciliane e che portano gas in tutto il Paese.
E per tale carico dovrebbe essere previsto un ristoro. Infine che il Mezzogiorno é stato un grande mercato del Nord. Senza dimenticare inoltre che ogni anno 20 miliardi di euro vengono trasferiti da una parte all’altra del Paese, considerato che la formazione delle 100.000 persone che ogni anno emigrano al Nord e che verranno utilizzate in quei territori, viene fatta con le risorse delle regioni del Sud.
Tutto questo dura dal 1950, e deve essere calcolato quando qualcuno ha idee balzane. In realtà una piccola minoranza ormai, considerato che Bonaccini, Fassino, ma in verità tutto il Pd hanno fatto marcia indietro dopo il danno fatto con l’approvazione del titolo V. Così come hanno preso posizione molto netta contro anche il Movimento 5 Stelle ed il Terzo polo.
All’interno della maggioranza, al di là della posizione della Lega Nord, che sembra voler acquisire uno scalpo da dare in pasto ai propri elettori, le posizioni di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, al di là dell’approvazione unanime in Consiglio dei Ministri della bozza con applauso, che somigliava molto all’uscita in balcone dei 5 stelle che avevano abolito la povertà, sembrano molto tiepide ed il cammino di quello che è stato definito un disegno di legge “barocco” non sembra debba arrivare lontano.
D’altra parte sarebbe veramente incredibile che una forza che rappresenta l’8% dell’elettorato possa pensare di modificare l’assetto istituzionale del Paese, inserendo un cambiamento epocale che, considerati i risultati potrebbe portare ad un aggravio enorme dei costi oltre che a una spaccatura di un Paese, mai realmente unito.
In Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia la Lega ha raccolto nel 2022 poco più di un milione di voti, il peggior risultato di sempre dal 1992 a oggi (solo nel 2013 era sceso sotto il milione e centomila), molto meno della metà di quanto ottenuto nel 2018, risultato migliore della storia elettorale del Carroccio.
Peraltro anche la rappresentanza della Lega in Parlamento in realtà è sovradimensionata grazie ad una legge, non a caso chiamata Porcellum, dello stesso Calderoli, che tenta adesso di percorrere la stessa strada, anche se la reazione del Sud è stata molto sottovalutata e registra una novità rispetto alle forme di reazione che si erano avute in altri tentativi del genere. Sovradimensionata perché i 100 rappresentanti del Parlamento nazionale della Lega Nord sono stati eletti con i voti di Fratelli d’Italia grazie a un meccanismo perverso. E sottovalutata perché la reazione di Sindaci, Presidenti di Regioni, della stessa Confindustria, dei Sindacati, dell’intellighenzia, di molti quotidiani é stata molto determinata.
Quindi assodato che la distribuzione delle risorse del Paese non può avvenire in funzione del prelievo fiscale che viene fatto in una parte, che la Lega vorrebbe tenersi, l’altro elemento che viene fuori riguarda le competenze che vengono trasferite dallo Stato alle Regioni con i relativi finanziamenti e che si afferma dovrebbero avvenire a parità di risorse impiegate dallo Stato per esse.
Ma se cosi dovesse avvenire in realtà si congelerebbe la spesa storica che fa sì che ogni anno il Mezzogiorno perda, rispetto ad una spesa pro capite analoga, circa 60 miliardi. E le regioni del Nord, sempre secondo il disegno di legge leghista, vorrebbero mantenere questo privilegio che ha portato a una situazione che che ha come risultato una differente infrastrutturazione, che non ha pari, tra le due parti, una scuola che viene finanziata in modo diverso, prevedendo che in una parte vi siano gli asili nido, il tempo pieno, una vera lotta alla dispersione scolastica, magari il pulmino per prendere ed accompagnare i bambini a scuola ed in altre parti, al Sud, no.
Peraltro questo disegno di legge sembra uno scherzo di cattivo gusto. Che senso ha individuare i livelli essenziali delle prestazioni se poi non si mettono le risorse per poterle attuare? Evidentemente siccome ci si rende conto che l’attuazione a parità di crescita è impossibile sì supera l’ostacolo parlando solo di individuazione. Evidentemente si pensa che al di sotto di Roma la gente abbia ancora l’anello al naso.
Un approccio serio come quello che si addice al Governo di una Nazione che è la settima industrializzata del mondo, per riforme così fondamentali, aldilà delle maggioranze, dovrebbe essere quello di cambiamenti condivisi che facciano avanzare tutto il Paese. Mi pare invece che la Lega sia ritornata a quella bossiana che strappava le bandiere italiane e aveva a disposizione già le baionette per attuare la secessione. Forse è tempo di essere un po’ più seri. (pmb)
[Courtesy Il Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia]