BOVA MARINA (RC) – Sabato si ricorda Umberto Zanotti Bianco

Sabato 4 novembre, a Bova Marina, alle 18, al Teatro “Pietro Timpano”, è in programma l’incontro Umberto Zanotti Bianco in Aspromonte. Zanotti e Timpano, in memoria di Umberto Zanotti Bianco, organizzato dall’Amministrazione comunale in sinergia con il Rotary Club Reggio Calabria Ets Distretto 2102 in occasione dei 60 anni dalla sua scomparsa.

Intervengono il sindaco Saverio ZavettieriCosimo Sframeli, presidente del Rotary Club, e il professore ordinario di Microbiologia e coordinatore del centro di documentazione di storia della medicina Università “Magna Graecia” di Catanzaro nonché autore del libro Umberto Zanotti Bianco in Aspromonte, Santo Stefano in Aspromonte,  Mannoli,  Africo, Ferruzzano, Perlupo Alfredo Focà.

Un appuntamento importante per il territorio del comune jonico che, oltre a tracciare la vita e l’operato di Zanotti in Calabria con particolare riferimento ai luoghi che hanno ricambiato l’impegno del grande Mentore, consentirà di ricordare anche Pietro Timpano che, insieme ad Umberto ed  altri, fecero parte del comitato che si adoperò per la costruzione dell’Asilo infantile di Bova Marina in un periodo di grande difficoltà dopo le devastazioni del terremoto del 1908.

«Negli anni ’40, la scuola elementare fondata da Zanotti Bianco all’interno di una campagna, era frequentata da tanti ragazzi, figli di contadini, pastori e coltivatori che, pur di dar loro un futuro migliore, si privavano della presenza dei propri figli nei campi – ha ricordato il sindaco Zavettieri –. Insieme all’autore del libro, il professore Focà, ricorderemo il suo poliedrico ed infaticabile impegno di meridionalista, archeologo, saggista, politico, difensore del patrimonio artistico e naturale del Mezzogiorno ma anche, la passione, professionalità nella sua attività, contribuendo a favorire la conoscenza e la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico della Calabria».

«Inoltre, faremo un omaggio al medico Pietro Timpano, filantropo, socialista, che ha pure donato una sede a Bova Marina – ha concluso – per il Partito Socialista trasformata in Circolo, centro di socialità, di ritrovo culturale e ricreativo, aperto a tutti, giovani, pensionati, donne e uomini di ogni tendenza». (rrc)

Sulle tracce di Umberto Zanotti Bianchi

di GIUSY STAROPOLI CALAFATI – Se come Cristo la Calabria ha avuto anche un solo apostolo, a parte la corona di spine che tutt’ora ha posata sopra il capo, allora vuol dire che è Maestra. Che lo è stata, lo è e lo sarà per sempre.

Forse ogni terra insegna ai propri uomini, almeno le basi strategiche della sopravvivenza in mezzo ai luoghi che la contemplano, siano essi impervi o anche semplicemente piani, ma in essa, come avesse uno statuto speciale, nella sua pubblica audacia, quale terra del Sud e Sud della terra, se ne riconosce, a vista, la matrice. La sua storia è una grande storia, ed è nei fatti che tramanda, incluse le gesta dei suoi uomini, che la  Calabria si è sempre fortificata, e quotidianamente ancora si rafforza. Non si è piegata quando ha amaramente pianto, partecipando a lutti che spesso ha anche officiato; quando, obbligata, ha versato tutto il sangue che aveva, né quando priva delle sue cose più care, ha sofferto come una bestia solinga. E non si spezza a tutt’oggi, afflitta dalle evoluzioni indotte, per le quali viene ancora una volta crocifissa finanche nella modernità, appesa come giacca vecchia alle zappe abbandonate ai piedi degli ulivi, mandata al confino sullo Ionio. È la sua matrice umana che la salva, che le rimpolpa l’anima, rendendola potente e ostinata. Donna e terra madre, Madre Patria. 

I maestri, si sa, insegnano, tal volte abili come sono, creano modelli. Invertono rotte, e correggono possibili deviazioni. Non salvano l’umanità, ma molti uomini sì. E allora alla Calabria tocca salvare sé stessa e dalla fragilità dei suoi uomini e delle sue donne.

Nella storia di cui è protagonista da millenni, sono custodite le indicazioni preziose per raggiungere la sua salvezza. Ma serve saperle cercare, trovarle, metterle in pratica, garantendole un proseguo degno della sua grande bellezza. Eppure la società civile appare tragicamente rassegnata, forse anche e soprattutto terribilmente assuefatta; quella politica invece, falsifica gli intenti e millantando le proprie prodezze. E nessuno si accorge più di quanto stanca sia la città del sole!

In cammino per la Calabria e verso la Calabria, non ci si mette mai per caso, per ragioni di vana gloria, o semplicemente per trovarvi in essa allettanti occasioni. Si rischierebbe di perdere quelle che indubbiamente si sarebbero potute trovare altrove. E sprecare energie in ciò che non si crede è davvero un peccato, preclude opportunità sincere, e favorisce ulteriori fallimenti.

Essere in cammino per la Calabria e verso la Calabria, con precise date di scadenza (3/4 ottobre 2021, elezioni regionali), non è che un ennesimo colpo di coda a questa terra, in cui in molti camminiamo ogni giorno della nostra vita. Con sacrificio, lealtà, ostinazione e senso altissimo dell’onore.

Quello verso la Calabria, lungi dalle villeggiature estive, è  un viaggio decisamente forte che chi sceglie di fare è necessario adoperi coraggio e coscienza. 

La Calabria non è una cittadella di bella veduta e neppure una cattedrale nel deserto africano. Essa, e Iddio la benedica, è una terra preziosa e robusta, con le sue casettine e i tetti aguzzi. Un forno per il pane. E ha un’anima, non solo giorni di cronaca. 

Molti si sono avvicendati, nel tempo, in questo pellegrinaggio, che nella sua epocale definizione, ha sempre condotto alla ricerca di miti e di leggende, con stesure di racconti carichi di anni e di generazioni. Tanti sono arrivati forestieri e sono andati via amici, lasciando incisi, nelle giunture sacre di questa terra, i loro nomi, i passi che ne ricordano il passaggio. E non sono stati solo dominatori privi della mite pietas, ma valorosi viaggiatori che nel volto della gente incontrata hanno scoperto e ritrovato il senso dei luoghi, quelli che, nonostante la perduta gente, hanno conservato immutati il sogno e il tempo della Magna Grecia. Da qui, diceva Saverio Strati, prima o poi qualcosa di buono dovrà pure uscire, e aveva ragione. Ma è necessaria la redenzione della razza, e senza altro tempo da perdere. O la politica che se ne occupa, si sincera totalmente al suo popolo, o il futuro della terra di Calabria, sarà sempre e solo di spolpo e di spopolo. E il pianto non racconterà d’altro se non di un pentimento illusorio, mai sentimentale. 

Cari calabresi che il prossimo 3 e 4 ottobre, vi recherete alle urne, perché lo farete, e lo farete per onorare la vostra terra e dare un senso alla vostra vita, se proprio a lezione da Corrado Alvaro vi rifiutate di venire, perché  ritenete nullo e inutile, quanto mai superfluo il suo pensiero, e alla scuola di Saverio Strati non siete disposti a frequentare corsi di identità e appartenenza, se vi va, come ultima e nuova occasione, vorrei condurvi con me a lezione dai forestieri. Non dagli sciamani certo, ma da quei militanti calabri che hanno riconosciuto in questa nostra terra natia, la Patria terra.

Perché è accaduto davvero, altri l’hanno amata e l’ameranno più di noi stessi, la Calabria. Mentre noi ce ne stavamo a chiacchierarle le figlie e poi anche le madri, e via via le terre, altri sono rimasti ad ascoltarla parlare. Il calabrese va parlato, ricordava con insistenza Corrado Alvaro, ma forse, e lo ricordo io a noi tutti, oggi i calabresi dovrebbero cominciare a parlarsi tra di loro. Nelle piazze, nelle vie, sui posti di lavoro, in mezzo ai banchi della frutta, e anche in quelli delle chiese. Dirsi le cose come stanno,  quelle che vanno e quelle che no, proporsi le soluzioni, presentarsi i nuovi modelli e le idee.

A parlarci vennero in tanti, ma non con tutti ci scoprimmo in grado di ascoltare, anche se alcune voci sembravano essere mandate da Dio. Come gli apostoli di Cristo infatti, furono mandati in missione per il mondo, altri vennero in missione in Calabria.

Umberto Zanotti Bianco fu l’apostolo laico del Sud!

Si potrebbe pensare di dedicargli le prossime regionali, qualora i candidati avessero dentro il proprio animo, il senso della Calabria quale non luogo ma stato d’animo. 

Più che un atto dovuto, si tratterebbe di un segno di riconoscenza e non al “signurinu”, “all’angelo senza ali”, o semplicemente “al piemontese”, ma a quella Calabria di sui si è umanamente occupato e fatto carico. E non come politico venuto in terra straniera a fare razzie di roba e contenuti, cercando poltrone nei palazzi della Bassitalia, ma come collaboratore e continuatore di un’opera chiamata “Meridione d’Italia” .

All’ età di vent’anni, venendo a conoscenza della realtà “tragica” del Sud del paese, decide di dedicare la sua vita ai derelitti del Mezzogiorno d’Italia. 

In Calabria, Africo e Casalinuovo, cuore pulsante dell’Aspromonte, li raggiungeva a dorso di mulo o a piedi. Lassù la gente sembrava tutta perduta, abbandonata al proprio destino. Non v’era speranza, anzi vigeva l’abitudine al tragico andamento delle cose. Che non mortificava nemmeno più. 

Dalla vita, gli aspromontani, non avevano avuto nulla se non il dono della montagna, della sua gigantesca ombra che, impervia e alta com’era, li rendeva sconosciuti al resto del mondo. 

Zanotti Bianco, era rimasto affascinato dalla Terrarossa di Saverio Strati. Dalla devozione che quegli uomini e quelle donne avevano per la propria terra, pur non ricevendo da essa nulla in cambio, se non carestia e fame. 

Lassù gli uomini, le donne e i bambini vivevano unitamente ai maiali, e mancava la farina, mancava la luce che, se non fosse per le tede che i pini fornivano gratuitamente, i volti di notte, non se li sarebbero mai potuti vedere. 

Era la povertà dei luoghi accoppiata alla forza e alla bontà dell’animo della gente che aveva colpito e fortemente attratto, u signurinu. 

Zanotti Bianco fu tra i più grandi testimoni della miseria in cui la gente di Calabria e del resto del Sud, viveva. Non era nato in Calabria, ma in Grecia, da padre piemontese e madre inglese. Del Sud non aveva sentito mai gli odori e neppure le puzze, prima del suo grande viaggio. Gli era bastato immaginarle però, tanto da voler risolvere il confino a cui veniva mandata la dignità umana dei calabresi. 

Zanotti Bianco potrebbe liberamente essere il grande ispiratore del riscatto post moderno di una regione che dalla povertà di allora non è mai completamente uscita. Egli vide ciò che ancora il calabrese non riesce a concepire, e pere questo arretra.  Di passi avanti uno, e indietro mille. 

Le strade che non esistevano allora, mancano ancora oggi, e le intelligenze si formano altrove allora e qui non restano e non tornano neppure oggi. 

La cultura salverà il mondo, recita qualche voce lontana, la letteratura salverà la Calabria, insisto io. 

Pensieri che Zanotti Bianco avrebbe condiviso entrambi. 

Egli vide nell’ istruzione e nella cultura, i supremi codici di riscatto della vita umana. 

Non v’è altro per la rinascita dei popoli e delle comunità, se non la conoscenza. Essa porta idee, e le idee prospettano progetti, e i progetti se attuati, indicano sviluppo e progresso. Rinascimento.

Per il recupero della memoria storica, e una riacquisizione di consapevolezza e dignità del popolo del Sud, Zanotti Bianco, fondò “L’archivio storico per la Calabria e la Lucania”, avviò una “Collezione di Studi Meridionali”, nonché la società “ Magna Grecia”, volta al finanziamento di scavi archeologici. A Sibari, nel 1932, operò insieme al grande Paolo Orsi.

Egli non era certo figlio della rassegnazione, anzi usava la sua vita a favore di quella degli altri. A conferma che v’è più piacere nel dare che nel ricevere. 

Firmò il Manifesto degli intellettuali antifascisti promosso da Benedetto Croce nel 1924, ma poi il regime lo avversò, proibendogli di continuare a risiedere in Calabria. E confinato fu poi arrestato. 

Il suo nobile impegno per il paese però non cessò mai, anzi continuò fino alla morte. 

Nel 1952, il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, lo nominò senatore a vita.

Zanotti Bianco aveva un codice etico che in pochi uomini si è poi ritrovato o rivisto. Ma dal quale è sempre possibile ricavare novella vita. La storia insegna, si tramanda, e da essa si attinge come da una fonte d’acqua. La Calabria ha sempre offerto modelli eccellenti di uomini, ma è la capacità di trarre profitto dalle loro forze che le manca. E poi l’unità, è questa la virtù che le manca davvero. L’essere una e una cosa sola. Una società assoluta in tutte le sue parti. 

Siete davvero certi, mi domando e vi domando, che il vostro progetto politico, cari signori della corte, siate voi uomini di mare o di scoglio, sia la giusta occasione di crescita sociale e culturale a cui i calabresi del popolo si debbano affidare, per una nuova Calabria possibile?

Non date a me un’attendibile risposta ora, ma riferite prima alla vostra coscienza. In essa mi auguro che il pensiero, l’idea, il progetto e soprattutto l’opera di Zanotti Bianco si insinui come un tarlo. Egli, i fuochi dell’Aspromonte di questa estate appena trascorsa, li avrebbe fermati anche con le mani, con noialtri a guardare non ci sarebbe stato.

Dunque gioco d’azzardo, e penso che se nel 1959, Zanotti Bianco, pubblicò Tra la perduta gente, pensando ad Africo e all’Aspromonte, oggi avrebbe semplicemente scritto e pubblicato “Tra la coscienza perduta”, pensando al resto della Calabria.

Un paese va vissuto sempre. Non soltanto in certi periodi come quello elettorale, in cui volti ignoti circolano per le vie cittadine puntando esclusivamente la preda, fingendosi innamorati dei luoghi , per una becera caccia al voto, quasi con lo stesso piglio di Ulisse (seppure quella è un’altra storia seria)ma ogni giorno della propria vita, nella quotidianità. Sempre. Se è estate, e se è inverno. Nei vichi, nelle piazze, nelle retrovie, sulla strada del mare, e in aperta campagna. Ovunque, in ogni angolo sacro di paese. Per esigenza, senso di responsabilità. Con coerenza, ma soprattutto con la bellezza della spontaneità. E ispirarsi all’apostolato di Zanotti Bianco, vuol dire dare ai calabresi una nuova spontanea occasione in questa terra. Ora.

Gioacchino Criaco: Calabria, il sotterramento dell’amore, la lezione della resa

di GIOACCHINO CRIACO – È scocciante parlare di Augias, è vero. Ma al di là dei giudizi su di lui, del suo valore intellettuale, resta il fatto che parli dalla tv pubblica, che scriva su giornali di ampia diffusione. Quello che dice non ha nulla di straordinario o nuovo. “Terra perduta”, “irredimibile”, “immutabile”, sono sentenze che si sentono da sempre in Calabria, che pure moltissimi calabresi pronunciano. Mettete me, che sono di Africo: “riottosi, ribelli e irredimibili”, diceva di noi Stajano in Africo, Einaudi; “bestie che dormono e mangiano con le bestie”, Strati, la Teda; “di quali delitti si è macchiata questa gente per vivere in condizioni così miserabili?”, Zanotti Bianco, Fra la Perduta Gente; “pane di ghiande e vieccia mangiano gli africoti”, Giorgio Amendola, il pane nero di Africo; e Besozzi insieme a Tino Petrelli hanno immortalato la disperazione degli africoti con i ragazzi del 48. Ho cominciato a preparare la valigia dopo aver letto la sentenza di Stajano: avrei voluto essere riottoso e ribelle, ma irredimibile puzzava di zolfo, un preannuncio d’inferno. Dopo ci ho messo 35 anni a realizzare che non avrei mai voluto partire, che le capre, il sogno più bello le avevo già. Invece tutti mi hanno insegnato la bruttezza dei caprai.

Nessuno mi ha spiegato la loro sfida, il coraggio, l’amore incondizionato per la natura: che capre, lupi e pastori erano i contraenti di una società antica, nobile. Della Calabria si provvede da qualche secolo a insegnare il brutto, il di meno, a inculcare un disamore rovinoso, matricida. Le parole di Augias, inconsapevolmente o meno, proseguono in quella lezione tragica che è l’insegnamento della resa, il sotterramento dell’amore. Non va sottovalutata in quanto provenga da lui, va confutata in quanto proveniente da scoraggiatori di professione, spesso assoldati a loro insaputa da chi ha l’interesse che questa visione, geneticamente, si infigga nella genetica calabrese.

Sono risorte Regioni e popoli molto più afflitti dai drammi calabresi, si sono capovolte situazioni ben più tragiche. La Calabria è sul pizzo del burrone, lo sappiamo tutti noi calabresi; molto probabilmente salteremo nell’abisso. Ma sarà perché non abbiamo lottato, non perché al momento sia impossibile lottare. Stiamo facendo quello che un gruppo di potere vuole: abbandonare il campo e lasciare tutto al nemico. È una lotta che si combatte da più di un secolo: un popolo che ha resistito a terremoti portentosi, maremoti, alluvioni, malattie, dominazioni. Capitola sotto le unghie smaltate di un potere locale che si prende tutto, con complice uno Stato centrale ignavo. Le parole di Augias, non lui, sono pericolose perché continuano a costruire la resa. E a noi serve la guerra, che è vero, è difficilissima da fare: i migliori dei nostri sono già morti in battaglia, noi non saremo combattenti irresistibili, ma neppure il nemico è granché. (gc)

[Gioacchino Criaco è uno dei più apprezzati scrittori italiani. Calabrese di Africo ha firmato diversi best-seller tra cui Anime nere, Il Saltozoppo, La Maligredi, L’ultimo drago d’Aspromonte]

La grande lezione del meridionalista Zanotti Bianco nel racconto di Pasquale Amato

Stasera, all’Audititorium “Umberto Zanotti Bianco” di Reggio Calabria, alle 18.00, si chiude il ciclo di incontri dedicati a Umberto Zanotti Bianco a cura del prof. Pasquale Amato.

Gli incontri, organizzati dall’Accademia del Tempo Libero, e destinata ai soci e a tutti i reggini e agli studenti, si sono «incentrati sui valori ispiratori e sul percorso operativa».

Nell’ultimo appuntamento, dedicato alla vita densa di valori, idee e opere del grande meridionalista Umberto Zanotti Bianco, il prof. Amato tenterà di delineare i cardini di questo straordinario percorso di vita, traendo da alcuni luminosi esempi concreti l’ispirazione per evidenziare la capacità zanottiana di realizzare una mirabile fusione tra idee e azioni.

Il luogo delle Lezioni ha avuto il significato di un ritorno virtuale nell’intensa vita che questo personaggio venuto da lontano, con una formazione familiare e culturale diverse, del meridionalista: la sua casa-ufficio di Reggio, il famoso Cipresseto ora Auditorium Umberto Zanotti Bianco.

Il prof. Amato ha espresso un desiderio: «Umberto Zanotti Bianco non era reggino. E ha dato tanto lavorando al nostro fianco senza pretendere niente. Abbiamo la necessità assoluta di fare innamorare i giovani della nostra terra, di offrire esempi di chi vi ha operato concretamente e positivamente. E l’esempio di Zanotti, che è venuto ed è rimasto, si presta pienamente a questo recupero».

Sono invitati a partecipare gli studenti delle classi quarte delle scuole medie superiori di secondo grado. Gli studenti partecipanti potranno presentare entro un mese del termine del ciclo delle conferenze, un lavoro individuale o di gruppo relativo alle conferenze stesse. Il lavoro presentato può essere di qualunque genere (letterario, artistico, musicale, multimediale, etc).

Una commissione interna all’Accademia del Tempo Libero presieduta dal prof. Amato giudicherà i lavori pervenuti e stabilirà insindacabilmente qual’è quello che tratteggia meglio la figura di Umberto Zanotti Bianco. Il premio per il migliore lavoro consisterà in un buono libro del valore di 200 euro. (rrc)

 

Umberto Zanotti Bianco: a Reggio tre lezioni del prof. Pasquale Amato sul grande meridionalista

I valori ispiratori e il percorso operativo di Umberto Zanotti Bianco, il grande meridionalista, sono due dei temi delle tre lezioni che il prof. Pasquale Amato, apprezzato storico reggino, terrà al Cipresseto, ovvero quella che era la casa di Zanotti Bianco a Reggio oggi diventato un auditorium che porta il suo nome. La terza lezione è tutta centrata sull’esempio e l’eredità che Zanotti Bianco ha lasciato: un tema che vedrà il racconto palpitante di una storia personale ammirevole e straordinaria, ancora viva. L’intento è quello di far conoscere agli studenti delle scuole superiori di Reggio (ma sarebbe utile e lodevole estendere a tutta la regione l’iniziativa) questa figura di eccellente archeologo, studioso del Meridione promotore della rinascita del Mezzogiorno, che della Calabria è un figlio adottivo. La sua passione e il suo amore per il Mezzogiorno hanno fatto sì che non solo risvegliasse la coscienza critica dell’Italia verso una regione disastrata e abbandonata, ma ponesse un obbligo sulla questione della Calabria e di tutto il Meridione da parte dei governanti. Nato a Creta, appena ventenne corse a prestare aiuto ai soccorsi dopo il disastroso terremoto di Reggio e Messina del 1908. Fu in quella circostanza che si innamorò della Calabria e con la fondazione, nel 1910, dell’Animi, l’Associazione per gli interessi del Mezzogiorno che ancora è attiva, diventò il rappresentante più significativo del meridionalismo militante, tanto da diventare un punto di riferimento per altri meriodionalisti di grande spessore come Manlio Rossi Doria ed Ernesto Rossi. Stimato amico di Gaetano Salvemini e Giustino Fortunato, tra le tante cose, fu anche presidente della Croce Rossa e fondatore e primo presidente di Italia Nostra, divenendo nel 1952 senatore a vita nominato da Luigi Einaudi per “altissimi meriti” di una vita dedicata “alle esigenze dell’elevazione umana e sociale”.

Di lui il presidente della Repubblica Sandro Pertini nel 1981, in occasione delle manifestazioni promosse dal Centro Studi Gianni Bosio, ricordò «la tempra di estremo rigore morale, generoso ed altruista, inflessibile nei suoi principi, il cui esempio resta per le nuove generazioni come grande ammaestramento di vita e di virtù. Celebriamone quindi la memoria raccogliendone, ma soprattutto continuandone l’eredità nel lungo e difficile cammino da compiere verso il progresso civile e sociale del nostro Paese».

È una bella opportunità per i nostri ragazzi che sanno poco o niente di questo straordinario protagonista del risveglio del Mezzogiorno: le tre giornate di studio, promosse dall’Accademia del Tempo Libero di Reggio, si svolgeranno rispettivamente giovedì 10 ottobre (I valori ispiratori), giovedì 14 novembre (Il percorso operativo) e giovedì 12 dicembre (L’esempio e l’eredità). Per l’occasione sono stati invitati a partecipare gli studenti delle classi quarte delle scuole medie superiori di secondo grado, che potranno presentare entro un mese del termine del ciclo delle conferenze, un lavoro individuale o di gruppo relativo alle conferenze stesse. Il lavoro presentato può essere di qualunque genere (letterario, artistico, musicale, multimediale etc.). Una commissione interna all’Accademia del Tempo Libero presieduta dal prof. Amato giudicherà i lavori pervenuti e stabilirà insindacabilmente quello che tratteggia meglio la figura di Umberto Zanotti Bianco. Il migliore lavoro sarà premiato con un buono libro del valore di 200 euro. (rrc)

BOVA: IL PROF AMATO RICORDA UMBERTO ZANOTTI BIANCO

3 settembre – Oggi pomeriggio a Bova, alle 17.30, presso la Sala Conferenze “Porta Parco Nazionale d’Aspromonte, il prof. Pasquale Amato presiede il convegno “Umberto Zanotti Bianco e il suo proficuo rapporto con l’Area Greca di Reggio Metropolitana”.
L’evento è stato organizzato dal Circolo Culturale “Apodiafazzi”.
Si parte con i saluti istituzionali di Santo Casile, sindaco di Bova, a cui seguirà la relazione del prof. Pasquale Amato. Interviene Carmelo Giuseppe Nucera, presidente del Circolo Culturale “Apodiafazzi”. Prevista la partecipazione del cantastorie Fulvio Cama.
«Avrò il piacere – ha commentato lo storico Pasquale Amato – di tratteggiare il pensiero e l’azione del grande meridionalista greco-anglo-italiano Umberto Zanotti Bianco in una delle aree in cui ha più lasciato il segno indelebile del suo passaggio: quell’Area Grecanica in cui trovò situazioni drammatiche sul piano economico e sociale ma anche profondi valori di umanità e interlocutori di fine intelligenza e di alto spessore culturale e umano che assieme a lui scrissero pagine di valore eccelso di un meridionalismo positivo e costruttivo».
«Un meridionalismo non parolaio – ha concluso Pasquale Amato – ma capace di affrontare problematiche complesse dando vita a esperienze ricche di progettualità e di militanza attiva. Un meridionalismo oggi disperso di cui sarebbe urgente recuperare la grande valenza umana e culturale, ricca di contenuti e densa di fatti e atti concreti e disinteressati». (rrc)