CATANZARO – Successo di presenze per il convegno internazionale organizzato dal prof. Mastroroberto sulle patologie aortiche

I maggiori esperti nel trattamento delle patologie aortiche si sono dati appuntamento a Catanzaro per l’8° Simposio internazionale Magna Græcia aortic interventional project (Maori) – Complex diseases of thoracic and thoraco-abdominal aorta organizzato da Pasquale Mastroroberto, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiochirurgia della A.O.U. “Dulbecco”, svoltosi all’Auditorium del Campus Universitario “S.Venuta”.

«Sono molto soddisfatto – ha affermato il professore Mastroroberto – Anche per questa edizione abbiamo avuto personaggi di grande rilievo per un Congresso che è cresciuto sempre più negli anni, sino a divenire un appuntamento importante, non solo dal punto di vista nazionale ma anche internazionale, per il trattamento delle patologie aortiche. Il sogno è quello di continuare questo percorso e questa evoluzione, affinché la nostra Università diventi più esportabile e conosciuta grazie ad eventi come questo».

Ad aprire la prima giornata sono intervenuti: il presidente del Consiglio Regionale, Filippo Mancuso; il Commissario Straordinario della A.O.U. “Dulbecco”, Vincenzo La Regina; il rettore dell’Università Magna Graecia, Giovambattista De Sarro; il prorettore vicario Umg, coordinatore Nucleo Valutazione Umg, Francesco Saverio Costanzo; il presidente della Scuola Medicina e Chirurgia UMG, Agostino Gnasso; il direttore del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Giuseppe Viglietto: tutti concordi nel riconoscere lo straordinario lavoro realizzato da Mastroroberto e dalla sua équipe che ha portato la Cardiochirurgia della Dulbecco tra le prime 10 in Italia per qualità di prestazioni.

Chirurgia della valvola aortica e dell’aorta ascendente in elezione e in emergenza, nuovi concetti di chirurgia cardiaca mini-invasiva o trans-catetere, chirurgia complessa dell’arco aortico e dell’aorta toraco-addominale sono stati alcuni degli argomenti trattati.

Grande interesse per la sessione “pediatrica”, novità di quest’anno, con la partecipazione di Lorenzo Galletti e Gianfranco Butera, rispettivamente direttore della Cardiochirurgia Pediatrica e responsabile della Cardiologia Interventistica dell’Ospedale “Bambino Gesù” di Roma; Carlo Pace Napoleone, direttore della Cardiochirurgia Pediatrica dell’Ospedale Pediatrico “Regina Margherita” di Torino e Thierry Carrel dell’Ospedale Universitario di Zurigo.

«Il mondo della cardiochirurgia dell’adulto e quella del bambino – ha dichiarato Galletti – hanno vissuto per troppo tempo su binari paralleli. È fondamentale trovare vasi comunicanti e portare tutti i progressi che abbiamo raggiunto per la fascia d’età più grande anche in quella pediatrica».

Sul trattamento delle patologie a carico dell’aorta e della valvola aortica hanno relazionato i maggiori esperti nazionali ed internazionali: Alberto Pochettinodella Mayo Clinic di Rochester; Emmanuel Lansac dell’Ospedale “Pitié Salpétrière” di Parigi; Paul Stelzer del “Mount Sinai Medical Center” di New York; Robert Klautz del Centro Medico Universitario di Leiden; Gino Gerosa (Padova) e Roberto Di Bartolomeo (Bologna), già Presidenti della Società Italiana di Cardiochirurgia; Davide Pacini dell’Università di Bologna; Massimo Chello dell’Università “Campus BioMedico” di Roma; Ruggero De Paulis dell’European Hospital di Roma; Roberto Chiesa dell’Università “Vita Salute San Raffaele” di Milano; Gabriele Jannelli e Luigi Di Tommaso dell’Università “Federico II” di Napoli; Mario Fabbrocini del Centro Cuore “Città di Alessandria”. A questi si sono aggiunti docenti dell’Università Magna Graecia di Catanzaro, cardiochirurghi della A.O.U. “R.Dulbecco” e direttori delle Unità Operative Complesse di Cardiologia e Chirurgia Vascolare della Calabria.

«Sono entusiasta dei tanti giovani presenti a questo Congresso – ha evidenziato Gino Gerosa, professore ordinario di cardiochirurgia all’Università di Padova e direttore del centro di Cardiochirurgia della A.O.U. di Padova – Nella mia relazione mi sono concentrato sull’interesse che il cardiochirurgo deve avere nell’evoluzione tecnologica per migliorare le nostre tecniche e rispondere alle esigenze del paziente».

Prima volta al meeting internazionale per Alberto Pochettino della Mayo Clinic di Rochester, piacevolmente colpito dal livello delle relazioni e dalla forte presenza delle nuove generazioni, rappresentanti del futuro della medicina. La segreteria organizzativa è stata gestita dall’agenzia Present & Future. (rcz)

Parentela (M5S) al Rettore De Sarro: dia gli spazi disponibili per i posti letto

Il deputato del Movimento 5 StellePaolo Parentela, lancia un appello ai ministri Roberto SperanzaRoberto Gualtieri, affinché «caccino gli attuali commissari alla sanità regionale e assieme richiamino alla responsabilità il Rettore dell’Università di Catanzaro  Giovambattista De Sarro, perché conceda il padiglione C del policlinico dell’ateneo al fine di attrezzare nuovi posti letto».

«È assurda la mancanza di collaborazione del rettore, che evidentemente – ha attaccato il deputato M5S – non ha compreso la gravità della situazione né il bisogno dei calabresi davanti all’aumento continuo dei casi Covid. L’ospedale catanzarese Pugliese-Ciaccio sta lavorando intensamente. Nella guerra sanitaria al virus, che vede impegnati e intasati tutti gli hub della Calabria, chi del policlinico universitario vuole ancora restare in giacca e cravatta e non sporcarsi le mani? Almeno in questa fase tanto drammatica, il rettore non pensa che il policlinico debba sdebitarsi con la Calabria, che alla struttura, priva di Pronto soccorso e per prassi politica esentata dall’emergenza-urgenza, ogni anno continua a corrispondere decine di milioni oltre quanto consentito dalle norme?».

«Condivido – ha concluso Parentela – e sostengo la risolutezza del commissario straordinario del policlinico universitario, Giuseppe Zuccatelli, che giustamente ha alzato i toni nei confronti del rettore Giovambattista De Sarro, chiedendogli la disponibilità del padiglione C per aumentare i posti riservati ai pazienti Covid. Non è più tempo per mantenere rendite di potere. Se la Calabria è zona rossa, anche il rettore dovrebbe porgere qualche scusa ai cittadini». (rp)

LE TANTE LACRIME DI REGGIO, 50 ANNI FA.
QUANDO LA CITTÀ PRECIPITÓ NEL BUIO

di SANTO STRATI – Non c’è niente da celebrare, in questo 50.mo anniversario della Rivolta di Reggio. Non sono d’accordo sul nome dato al Comitato (del quale peraltro con molta cortesia il sindaco Falcomatà mi ha chiamato a far parte) e ritengo opportuno dedicare solo un commosso e sincero ricordo ai caduti, dell’una e dall’altra parte. Questi 50 anni sono trascorsi senza lenire le lacrime e le ferite di una città abbandonata, sola e ferita, “ricompensata” con la sede del Consiglio regionale e con tante promesse mai più mantenute.

Come e perché successe saranno gli storici a dircelo, ma le ricostruzioni di parte che hanno ripreso a circolare non fanno che spargere sale su ferite mai rimarginate. Il punto principale, a ben vedere, è che è stata una lotta tra “poveri” e, peggio, tra calabresi, dove antiche rivalità tra la Città dello Stretto e Catanzaro sono emerse per responsabilità di politici distratti e assenti, forse troppo occupati a coltivare il proprio serbatoio elettorale, piuttosto che ragionare in termini positivi per il bene comune, per il benessere dei calabresi e della loro terra.

Non è stata, come qualcuno superficialmente, insiste a dire una guerra per un pennacchio, ma sono esplose le umiliazioni di anni, il senso dell’abbandono, la sensazione del tradimento e della cattiveria, come se ci fosse una punizione divina da eseguire, in termini politici. Certo, la classe politica reggina era di poco spessore rispetto ai “giganti” che potevano vantare Cosenza (Mancini e Misasi) e Catanzaro (Pucci) e questo ha contribuito rendere inutili e superflue le lamentazioni e le difese delle ragioni del popolo reggino. Ma, quello che è ancora più infelice da rilevare è che la nascita delle Regioni che doveva consolidare i territori e dare nuova spinta all’autonomia prevista dalla Carta costituzionale, in realtà si trasformò in una epocale rissa tra città e campanili, impedendo quella comunità d’intenti che avrebbe portato a uno sviluppo armonico e più consono a tutta la regione. La conflittualità latente tra Reggio e Catanzaro scoprì il suo nervo debole: addirittura nell’attuale capoluogo ci fu chi tentò di aizzare e organizzare le masse contro le “pretese” dei reggini.

Facile, con l’occhio del poi, argomentare che non ci sarebbe voluto molto per ipotizzare un piano di sviluppo che coinvolgesse tutte le tre città calabresi (poi sarebbero nate le altre due province Crotone e Vibo Valentia) per un obiettivo comune: la lotta al sottosviluppo e un corale impegno per la crescita.

Lavoro, occupazione, benessere non erano, né sono, appannaggio di cosentini, reggini o catanzaresi: erano (e sono) un obiettivo da raggiungere per dare un futuro alle nuove generazioni di calabresi, di qualunque luogo.

Purtroppo, del pacchetto Colombo rimangono le ciminiere abbandonate della Liquichimica a Saline, gli agrumeti della Piana distrutti per un centro siderurgico che non ha mai visto la luce (con quale criterio di pianificazione industriale si poté mai pensare al ferro?), e il palazzo del Consiglio regionale. Un po’ poco per una Città che, per colmo di stravaganza, è diventata poi “metropolitana” cancellando la “provincia” senza riuscire a creare quel collante necessario per dare unità ai suoi 96 comuni.

Il capoluogo a Catanzaro ha offerto migliaia di posti di lavoro per burocrati e affini e la parvenza di un potere che non conta nulla: alla fine, probabilmente, non valeva le rivendicazioni – a volte ridicole, a volte banali – della Città dei due Mari. A testimonianza di un’inutile quanto esagerata manifestazione di potere c’è oggi il Palazzo di Germaneto, una Cittadella che vale molto, ma molto di meno dell’adiacente Policlinico universitario, che – quello sì – è vero orgoglio catanzarese. La facoltà di Medicina del Capoluogo ha espresso eccellenze di altissimo livello, la ricerca scientifica ha raggiunto risultati importantissimi e di grande rilevanza.Come l’Università di Cosenza, l’Unical, partita come unico ateneo della regione, e diventata poi un centro di eccellenza, soprattutto nel campo dell’innovazione e delle nuove tecnologie. Come è salita agli onori accademici, l’Università Mediterranea di Reggio. I tre atenei lavorano insieme e sono gli unici ad avere raggiunto l’unità d’intenti che la Calabria ha sempre sognato, con un obiettivo nobile: creare formazione, specializzazione e occupazione per i nostri giovani ai quali, qualcuno fino a pochi anni fa, ha sistematicamente rubato il futuro. La fuga dei cervelli calabresi non è una finzione, ma un’amara realtà, che va bloccata. Qualcuno sta tornando, moltissimi non vorrebbero andare via: lavoro a casa propria significa crescita e sviluppo per la propria terra e per i figli che verranno.

Ecco questo triste anniversario può essere l’occasione per una reale e definitiva “pacificazione” (consentiteci il termine) tra le Calabrie e i calabresi. Gli errori, gli orrori, i morti, le stragi, i feriti, i mutilati, gli arrestati, meritano ampia riflessione e soprattutto cordoglio, con l’augurio e la debole speranza che possa servire come esempio negativo di come non si governa con la violenza o con l’indifferenza. Il ricordo di quei giorni è praticamente vivo in chi ha superato i 60 anni: i giovani non sanno nulla, ma hanno diritto di conoscere, sapere e capire il perché. I ragazzi che tiravano sassi e molotov oggi hanno quasi settant’anni e non li ha mai abbandonati l’idea che non avevano ragione, ma la loro rabbia, ricordiamocelo, era figlia di un torto mai riparato. (s)

I NUMERI DI SEDICI MESI DI STATO D’ASSEDIO

Ancora oggi è difficile mettere nero su bianco i numeri definitivi della Rivolta di Reggio: iniziò il 14 luglio con uno sciopero generale e le prime barricate improvvisate, si quietò il 9 novembre 1971, con il ripristino delle libertà costituzionali per la città, che con il decreto il ministro dell’Interno Restivo aveva sospeso il 6 febbraio dello stesso anno. I morti all’interno dei fatti di Reggio sono cinque: Bruno Labate, Angelo Campanella, Carmine Jaconis e i due poliziotti Vincenzo Curigliano e Antonio Bellotti. Il primo stroncato da un infarto durante un attacco dei dimostranti alla Questura di Reggio, il secondo colpito da una assurda sassaiola contro il treno che portava a casa il suo reparto, il II celere di Padova. Dobbiamo aggiungere a queste morti “della rivolta” le sei vittime del Treno del Sole del 22 luglio, il cui attentato non aveva niente a che vedere con i disordini reggini? E non si devono calcolare le cinque giovani vite di soldati stroncate accidentalmente durante i 16 mesi della rivolta? E non si dovrebbe aggiungere la misteriosa fine di cinque ragazzi anarchici che forse avevano scoperto carte “pericolose” sui disordini di Reggio e il probabile coinvolgimento di servizi deviati? Il bilancio è quasi 500 feriti tra le forze dell’ordine, oltre mille tra la popolazione civile, almeno dieci mutilati o invalidi permanenti. 1231 persone denunciate, di cui 446 in stato di arresto. I danni economici per la città di Reggio sono stati di svariate decine di miliardi di lire, impossibile calcolare quanto costò allo Stato questa rivolta frutto della “follia” di cittadini disperati e di politici indifferenti e volutamente distratti.