Allo scrittore calabrese Vinicio Leonetti il Premio Luzi per il romanzo “Eroine”

Il giornalista e scrittore calabrese Vinicio Leonetti ha vinto il Premio Internazionale Mario Luzi per la narrativa col suo romanzo Eroine edito da Città del Sole. Apprezzato giornalista della carta stampata in Calabria, Leonetti è al suo primo romanzo. Una storia di riscatto che vede protagonista una donna del nostro tempo in lotta contro le ingiustizie del presente e i fantasmi del passato.

Il giornalista e scrittore Vinicio Leonetti

 

Per gentile consessione dell’Associaione culturale Glicine, pubblichiamo l’intervista a Leonetti, apparsa sul sito dell’associazione.

Vinicio Leonetti, cosa ha provato una volta ricevuta la notizia che il suo primo romanzo Eroine, edito da Città del Sole Edizioni, era stato premiato come miglior libro di narrativa in un premio così importante come il Mario Luzi?

«Stupore. L’ho provato davvero, non lo dico per modestia. Ero pure stupido, a mezzanotte è facile esserlo. Dopo aver letto il messaggio di una sconosciuta su Facebook sono andato subito a verificare se avevo vinto davvero il Premio Luzi. Era proprio vero».

 E poi?

«Ho ringraziato Roberta Fabbri, la splendida scrittrice toscana che ha vinto il premio insieme a me, e ho cominciato a saltare sul divano con la tv accesa su “Porta a porta”. A casa dormivano tutti e cercavo di gridare con la mano sulla bocca. Avevo inviato il mio libro a Roma solo per provare, il messaggio in una bottiglia nell’oceano. La scorsa estate gli inviti a partecipare a premi letterari fioccavano».

 Perché ha scelto proprio il Luzi?

«Al liceo classico di Palermo il professore parlava continuamente di questo poeta toscano, che nel ’79 era vivente. Ma chi lo conosceva? Era uno dei fondatori del Gruppo 63, praticamente pochi anni prima della mia maturità. Nelle librerie non trovavo suoi libri e ho dovuto chiederli in prestito più volte in biblioteca. Inutile dire che internet non c’era».

 Eroine è stato pubblicato ormai un anno fa. In questo tempo difficile, adesso coronato con questa vittoria, ha ricevuto pareri e recensioni che potevano farle presagire un riconoscimento per l’opera?

«Era marzo 2020, a lockdown in corso. L’editore Città del Sole mi dice: “Sei sicuro di volerlo fare uscire adesso?”. Io non vedevo l’ora di prendere il libro in mano e sentirne l’odore d’inchiostro fresco. Da quand’ero ventenne frequentavo le tipografie di giornali e giornalini. Piccoli riconoscimenti sono arrivati dagli amici, e nelle poche conversazioni pubbliche e online che ho potuto fare per le arcinote ristrettezze. Ma credo sia molto per un esordiente di provincia, un vecchio cronista che prova a scimmiottare gli scrittori. Niente di più».

 Parliamo del libro, un noir sensuale in cui le protagoniste sono delle donne: quanto è difficile per un autore uomo scrivere una storia con voce femminile?

«Ho sempre scritto le cronache da neutro. Scrivere indossando i tacchi d’una donna è stata una scelta motivata da due cose: prima il sentimento, cioè comunicare con molta intensità gli umori, le sensazioni, le pulsioni intime della coraggiosa e cazzuta protagonista Concetta (poi diventata Marisa); poi la tecnica del racconto, cioè realizzare lo sdoppiamento di personalità che è sempre complicato ma proprio per questo attrae molto chi ama scrivere. Come gli equilibristi del circo».

 La sua lunga esperienza nel giornalismo ha influito sulla narrazione di Eroine che, chiaramente per chi avrà l’occasione di leggere il romanzo, si ispira alla cronaca del nostro tempo?

«La storia vera in Eroine è al 40%. L’idraulico con una quarantina d’anni d’esperienza sa bene dove mettere le mani quando c’è una perdita d’acqua. Ne ha viste e scritte tante. Anche cazzate, a volte. È vero che non si smette mai d’imparare, ma a un certo punto ho detto basta con la cronaca quotidiana, i rattoppi di vecchi tubi che perdono, mi costruisco una baita tutta mia e ci scrivo dentro quello che provo. Quello che ho imparato nella carriera di giornalista serve molto, ma non è vincolante».

 Vuol dire che ha letto altro?

«Mi hanno salvato dalle cronache spicciole della massaia che cade dal balcone o del mafioso che uccide per vendetta, gli scrittori veri come Hemingway, Montale, Pirandello, Kavafis, tutti i miti della Beat Generation americana, e Bukowski».

La vittoria di questo premio le ha dato lo stimolo per scrivere qualcosa di nuovo o l’idea di un secondo romanzo era già in cantiere?

«Non mi fermo ora, ci ho preso gusto. Sto lavorando a un secondo libro completamente diverso, questa volta si tratta di una storia vera al cento per cento. La gestazione sarà più lenta (Eroine è nato in poche settimane) ma forse con un risultato ancora più avvincente per chi legge. Perché certe realtà superano davvero ogni illuminata fantasia». (rrm)