Che distanza siderale tra la Calabria reale
e quella narrata e quella immaginata

di DOMENICO MAZZAPer quanto inaspettata e, certamente, non programmata, la campagna elettorale appena decorsa, avrebbe dovuto essere il palcoscenico del riscatto di una terra a lungo dimenticata.

In verità, da un’analisi attenta e dalle tematiche sviscerate dagli attori in campo, la partita si è ridotta al solito teatrino di burattini e burattinai. Uno spettacolo scadente, ormai, a cui l’elettorato attivo di questa Regione è avvezzo da tempo. Le argomentazioni trattate, il più delle volte, sono state esplicate in modo confuso e, soprattutto, elencate a mò di lista della spesa.

Nessun filo conduttore. Nessuna visione di sintesi. Sparita dai radar una prospettiva realistica di crescita e sviluppo sostenibile. A proposte da missione impossibile sono stati contrapposti impegni improbabili. Ciò che, tuttavia, lascia basiti sono gli atteggiamenti che hanno caratterizzato buona parte degli interpreti del dibattito. Tra alternanza di gaffe grossolane e atteggiamenti irrispettosi della dignità umana, ancor prima che della dialettica politica, chi esce malconcio da questo teatro dell’assurdo non sono gli attori di scena, ma è la Calabria. 

Al confronto di piazza, quello vero e sentito, quello non filtrato, sono stati preferiti preconfezionati contenuti social. La comunicazione delle tematiche ha ceduto il passo agli slogan, artatamente costruiti da videomaker professionisti. Tuttavia, tali strumenti, non hanno fatto altro che palesare un vuoto di contenuti e una visione raffazzonata della realtà. E, mentre aspiranti consiglieri animavano i salotti televisivi (talvolta rendendoli simili a pollai), la Calabria continuava a scivolare in una spirale involutiva. Dubito, in tutta franchezza, che le ricette politiche messe in campo, tra la fine dell’estate e questi primi scampoli d’autunno, possano risollevare questa terra dal baratro in cui è sprofondata. Ma tant’è. 

Aspiranti consiglieri alla ricerca di un’identità: i novelli personaggi pirandelliani 

Per status, i consiglieri regionali sono chiamati a legiferare e programmare in materie stabilite dalla Costituzione e dalle normative di Stato. È sui richiamati campi che gli aspiranti agli scranni dell’Assise regionale devono misurarsi. Non sul terreno di roboanti dichiarazioni, ma sul piano concreto delle politiche attuabili. Un consigliere regionale non è un Ministro, né un Parlamentare. Invero, non deve svolgere neppure mansioni d’Amministratore. È un legislatore regionale e, come tale, deve proporre leggi, piani, strategie su quelle competenze che il diritto gli attribuisce. Chi si candida a rappresentare una Regione non dovrebbe essere alla ricerca di un applauso facile. Dovrebbe, altresì, aspirare al confronto con i cittadini su tematiche dirimenti: ambiente, cultura, welfare, trasporti, sanità, energia e, soprattutto, lavoro. È sulle elencate argomentazioni che si gioca la credibilità di coloro che aspirano a rappresentare i territori in seno all’Assise regionale. In Calabria, invece, molti di loro, si sono dilettati nella stesura di vuote note stampa mirate a colpire l’avversario piuttosto che a fornire soluzioni atte a nutrire di nuova linfa un elettorato ormai disincantato. D’altronde, quando si arranca vistosamente sui temi da trattare o si brancola nel buio, attaccare gli altri diventa l’unico modo per mettersi in luce. Per certi versi, la campagna elettorale ha ricordato molto gli interpreti del teatro pirandelliano.

I “Sei personaggi” del drammaturgo siciliano sono stati fedelmente sostituiti da concorrenti Consiglieri in cerca d’autore (e di idee). I trenta giorni appena trascorsi avrebbero dovuto servire a fare chiarezza su come intervenire per invertire la rotta della Calabria. Dettagliare linee guida credibili e mettere sul tavolo i problemi reali della Regione, avrebbero dovuto essere l’imperativo categorico. Vieppiù, fornendo idee utili per la risoluzione delle questioni in chiave interdisciplinare. Si è preferito, invece, narrare una terra fatta da suggestioni: piena di promesse, ma infarcita d’illusioni. 

La moralizzazione pubblica: una reclame elettorale 

Non sono mancate, in campagna elettorale, le figure dei moralizzatori politici a orologeria. Personaggi che promettono di spazzare via nequizia e corruzione riportando l’etica dove ha regnato, a loro dire, solo il malaffare. Salvo poi, una volta eletti, scivolare nelle stesse dinamiche che avevano denunciato. È un gioco delle parti. È un sistema che non cambia. E se le persone che aspirano a rappresentare un Popolo non studiano e non si aggiornano sui cambiamenti della società e sulle mutazioni dei territori, non saranno mai in grado di offrire una prospettiva diversa. Alla fine, giocoforza, cadranno negli stessi errori di cui, dai palchi, accusavano i loro predecessori. La moralità, quella vera, non si grida per le piazze: si dimostra con i fatti e con la coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. Il popolo calabrese ha bisogno di risposte, visione e progetti per costruire un orizzonte di crescita reale e credibile. Non ha alcuna necessità di altre parole vuote e decontestualizzate dalla realtà effettuale. La Calabria merita un futuro concreto, mappato con intelligenza e realizzato con determinazione e per obiettivi. Non servono artate scale di merito per dimostrare un’effimera superiorità degli attori del presente rispetto a quelli del passato. Necessita un’ottica credibile e declinata in maniera chiara su quelle che dovranno essere le progettualità da mettere in campo per uscire dal baratro. Altrimenti, resterà ben poco che possa delineare questa terra come una della 20 Regioni che compongono il mosaico istituzionale del Paese.

Sanità, mobilità, agricoltura, ambiente, turismo, industria: quali pianificazioni? 

Si è parlato di sanità, ma lo si è fatto con lo stesso approccio degli ultimi decenni. Non si costruisce una sanità migliore recriminando sulle chiusure dei Presidi o accusando i Commissari precedenti. Si potrà disegnare una sanità credibile, se la medicina territoriale sarà scorporata da quella ospedaliera; se verrà avviata, tanto nelle Asp (Aziende sanitarie provinciali) quanto nelle AO (Aziende ospedaliere), una riforma sistemica tendente a revisionare la geografia dei perimetri sanitari, omogeneizzando ambiti affini.

Non ci sarà alcuna miglioria alle difficoltà di mobilità dei calabresi se non si affronterà, con cognizione di causa, il tema della intermodalità. Limitarci a chiacchierare di mancata attuazione delle trasversali, senza indagare sul perché i progetti delle stesse siano stati snaturati, non cambierà le difficoltà di raggiungimento dei Centri diroccati. Quanto detto vale sia per l’arrampicamento dalle linee di costa che dalle aree vallive. Se il comparto agroalimentare continuerà a essere a gestione familiare, i nostri prodotti d’eccellenza non avranno mai il riconoscimento che meritano. Continueranno, invero, a essere surclassati, sui mercati internazionali, dai prodotti di altri Paesi. 

La forestazione dovrà essere, certamente, un settore su cui avviare massicci investimenti. Non bastano smart working o finanziamenti a fondo perduto per ristrutturare immobili a invogliare i giovani a ripopolare le Aree Interne. Tuttavia, pensare che la Calabria di oggi sia quella degli anni ‘70 sarebbe un grave errore. Al tempo, le esigenze erano diverse. Oggi i giovani hanno necessità di servizi. Servizi, talvolta, neppure garantiti nelle aree urbane e totalmente assenti nei contesti decentrati.

Serve una visione turistica che ricostruisca destinazioni d’ambito per gli avventori. È necessario un processo di marketing territoriale da avviare nelle principali aree metropolitane europee e negli aeroporti internazionali. Vanno realizzate filiere turistiche che escano fuori dai confini regionali e abbraccino aree delle Regioni contermini e a interesse comune. Non possiamo continuare a definire turismo le vacanze di ritorno dei calabresi che occupano, prevalentemente, seconde case sui litorali. 

Andranno avviate politiche di rilancio industriale. Non è pensabile che questa Regione, fatto salvo i 50 anni di industria a Crotone, abbia totalmente abbandonato il settore. Certamente, i processi industriali sui quali bisognerà investire dovranno essere a basso impatto e collegati agli altri settori produttivi. Tuttavia, smettiamola di illuderci che si possa vivere soltanto di turismo e agricoltura. Regioni come la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna sono riuscite a far coesistere e implementare tutti i settori produttivi. Dobbiamo farlo anche noi.

Soprattutto, non possiamo più permetterci di ragionare per compartimenti stagni. I richiamati settori, combinando le esperienze, potranno concorrere efficacemente a generare nuovi posti di lavoro. Al bando soluzioni isolate: dobbiamo coniugare le nostre eccellenze per creare valore aggiunto. Solo così la Calabria potrà risalire. E la politica dovrà avere le competenze per impostare un piano strategico affinché questa Regione sia l’appendice euro-mediterranea e non già un’enclave europea del Corno d’Africa. (dma)

(Comitato Magna Graecia)

INFRASTRUTTURE, VISIONI E COMPETENZE
PER CAMBIARE IL FUTURO DEL MERIDIONE

di MARIA RITA GALATI – Infrastrutture, giovani, futuro. Sono le parole chiave che hanno scandito l’XI Convegno del Mezzogiorno dei Giovani Imprenditori Edili Ance, dal titolo evocativo “Amò il Sud”, svoltosi nella Sala delle Culture della Provincia di Catanzaro.

Un appuntamento ormai centrale nel panorama economico e infrastrutturale del Sud Italia, che ha visto protagonisti decine di giovani imprenditori edili provenienti da Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, pronti a confrontarsi sulle sfide dello sviluppo del Mezzogiorno.

L’evento, moderato dal giornalista Rai Marco Innocente Furina, ha visto l’apertura affidata a Carlo Barberio, presidente Ance Giovani Calabria, Giuseppe Catizone, presidente Ance Giovani Catanzaro e Roberto Rugna, presidente Ance Calabria.

Proprio Rugna ha voluto sottolineare come la Calabria resti una terra che deve ancora esprimere appieno il proprio potenziale: «Eventi come questo rappresentano non solo un riconoscimento per il nostro lavoro – ha affermato – ma soprattutto un punto di partenza per costruire nuove prospettive di sviluppo».

«Le infrastrutture restano la chiave – ha evidenziato – per collegare la nostra regione al resto del Paese e permetterle di diventare davvero competitiva e attrattiva. C’è una Calabria che lavora, che investe, che guarda al futuro, e dobbiamo creare le condizioni affinché questa energia si trasformi in crescita stabile e duratura».

Un messaggio di fiducia, ma anche di responsabilità, rilanciato dal sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita, che ha parlato di un tema strategico che «va ben oltre gli interessi del comparto edilizio» e che rappresenta la base per costruire un futuro solido per tutto il Mezzogiorno.

Dello stesso avviso il prefetto Castrese De Rosa, che ha ricordato come lo Stato sia presente sul territorio e al fianco delle imprese, ma ha invitato tutti a fare sistema: «L’Europa rappresenta per noi una sfida, ma anche una grande opportunità. Possiamo fare molto, soprattutto per i giovani».

Il presidente di Unindustria Calabria Aldo Ferrara ha posto l’accento sulla dinamicità dell’industria calabrese: «La Calabria è una regione in movimento. I numeri sull’export, sugli investimenti e sull’occupazione lo confermano. Ma sappiamo bene che la qualità dello sviluppo dipende dalla qualità delle infrastrutture. Solo infrastrutture moderne, integrate e sostenibili possono consolidare la crescita e trattenere i nostri giovani».

Dal palco, l’assessore regionale allo Sviluppo economico Rosario Varì ha ribadito il ruolo centrale che la Regione assegna al potenziamento infrastrutturale e al sostegno alle imprese: dalla Statale 106 agli aeroporti, dal porto di Gioia Tauro ai nuovi collegamenti ferroviari.

«Ma accanto a questi elementi materiali – ha aggiunto – dobbiamo continuare a creare un contesto favorevole alla crescita, capace di attrarre nuovi investimenti e generare occupazione di qualità».

Il dibattito ha visto poi il contributo di Marco Oloferne Curti, coordinatore nazionale macro area Sud di Ance Giovani, che ha ricordato come le infrastrutture debbano essere vissute e progettate come moltiplicatori di valori e non solo come opere materiali: «Dietro ogni cantiere ci sono persone, processi e comunità che cambiano. E come tali dobbiamo affrontarle».

Cuore del convegno è stata la tavola rotonda “Infrastrutture e sviluppo: il Mezzogiorno che verrà”, con interventi della professoressa Francesca Moraci, dell’architetto Massimo Crusi, del presidente dell’Autorità portuale Andrea Agostinelli, del giornalista Tommaso Labate e di Giovan Battista Perciaccante, vicepresidente Ance per il Mezzogiorno.

Agostinelli ha illustrato il nuovo documento strategico che definisce il piano regolatore di tutti i porti calabresi, sottolineando che «il vero nodo resta l’intermodalità: porti, strade, ferrovie e aeroporti devono dialogare tra loro per rendere competitivo l’intero sistema logistico regionale».

Labate ha lanciato un messaggio chiaro: «Il dilemma non è più fare o non fare, ma fare bene o fare male. Servono competenze, visione e responsabilità».

Perciaccante ha ribadito i progressi compiuti, dagli aeroporti di Crotone e Reggio Calabria all’alta velocità e alla SS 106, ma ha anche ammonito: «Non basta aprire cantieri, bisogna completarli. E bisogna farlo velocemente, abbattendo la burocrazia che rischia di bloccare opere già finanziate».

Dal fronte dei giovani imprenditori, forte il richiamo a rendere le infrastrutture strumento di sviluppo reale e contrasto al disagio giovanile, come sottolineato da Vincenzo Scarano (Ance Puglia), mentre Marco Colombrita (Ance Sicilia) ha ribadito il ruolo chiave del Ponte sullo Stretto e dell’alta velocità per connettere Calabria e Sicilia all’Europa.

Le conclusioni sono state affidate alla presidente nazionale di Ance Giovani Angelica Krystle Donati, che ha lanciato un messaggio al sistema Paese:
«Non possiamo più permetterci di agire solo in emergenza. Serve pianificazione di lungo termine, visione strategica e nuove competenze, sia nelle imprese che nella pubblica amministrazione».

«Il Pnrr ha dimostrato che il nostro settore è pronto – ha evidenziato – a fare la sua parte, ma tra un anno finirà e serve una strategia chiara per non disperdere i risultati. Dobbiamo continuare a spingere per un piano industriale di settore e di Paese che metta al centro le costruzioni e le infrastrutture, perché senza di esse non c’è sviluppo economico, sociale e territoriale possibile». (mg)