di BRUNO TUCCI – Si farà mai il ponte del “mai”, quello per intenderci che dovrebbe unire la Calabria alla Sicilia? “Sarà un’opera grandiosa, forse unica al mondo”, sostengono i fautori del sì. “Ci sono problemi ben più urgenti”, rispondono coloro che sono assolutamente contrari alla costruzione. Sono come due tifoserie delle curve di uno stadio di calcio. Polemiche roventi, discussioni a non finire, interventi di tecnici, ingegneri o architetti e la solita politica che non può mancare.
Da Villa San Giovanni alla Sicilia si dovrebbe arrivare in una manciata di minuti evitando così la noia di una traversata, il pericolo del mare agitato, le lunghe file d’estate nel periodo delle vacanze. Già, ma allora chi è che dice sì o no e si oppone con determinazione a questo ponte di cui si parla da oltre cinquant’anni?
Ripetono i contrari: «Vi siete mai chiesti quali sono le infrastrutture in queste due regioni?». Quando sente ripetere un simile ritornello Matteo Salvini esce dai gangheri e replica a tono senza peli sulla lingua. Per lui, il padrino dell’opera, lo strenuo difensore della costruzione non ci sono dubbi: «Aiuteremo la disoccupazione, il commercio aumenterà, nel mondo si parlerà spesso del nostro paese per aver proposto e finito quest’opera».
Intanto, però, è stato stabilito un nuovo rinvio dei lavori. Braccio di ferro sul territorio che dovrebbe essere espropriato, incertezze su alcuni interventi collaterali che non possono essere rimandati. Allora, quanto si dovrà aspettare ancora? Chi lo sa? Probabilmente all’infinito per alcuni. Per altri, più ottimisti, prima di Natale.
Ma le parole volano via con il vento, sono i fatti ad essere determinanti. Per ora, dunque i dubbi e le perplessità rimangono e non si possono nascondere. La sinistra strepita, ritiene che è assurdo pensare ad un’opera che non è prioritaria ed elencano le necessità di cui il Mezzogiorno soffre da Napoli in giù. Alcuni esponenti politici calabresi e siciliani si accodano alla protesta della gente che ricorda ciò che manca con urgenza alla Calabria ed alla Sicilia. Per raggiungere l’isola in treno non c’è una strada ferrata che si rispetti. L’alta velocità è un sogno di là da venire nonostante le promesse. La statale jonica, famosa per essere fonte di disastri continui, spesso mortali, è ancora in alcuni tratti quella degli anni sessanta. Per arrivare da Taranto a Reggio ci vogliono otto o nove ore quando ti va bene. Meglio non parlarne se hai in mente di prendere un treno.
In Sicilia, la situazione peggiora. L’autostrada principale porta da Palermo a Catania, ma è un miracolo se non trovi lunghi tratti di lavori in corso. Per il resto è buio fitto, come lo è se vuoi servirti della strada ferrata. «Perché con i soldi che dovremmo spendere per il ponte, non si viene incontro a queste impellenti esigenze della popolazione?», ritengono i sostenitori del no. «Si vuole rimanere indietro di anni», rispondono coloro che sono a favore del ponte.
«Venga giù Matteo Salvini a toccare con mano se abbiamo ragione a torto», dicono chi non vuole più sentir parlare dell’opera “Mai”, ripetono con un asfissiante ritornello. La situazione si aggrava e diventa ossessiva se si apre una discussione sulla salute. Mancanza di ospedali, di medici, di infermieri, strutture vecchie ed obsolete, tanto è vero che i viaggi della speranza per andarsi a curare al Nord aumentano a vista d’occhio come la fuga dei giovani cha hanno pochissime possibilità di trovare un lavoro.
Ecco perché il ponte sullo stretto divide ancora una volta l’Italia. Non c’è un accordo su nulla. È impossibile per il momento trovare un’intesa. Così si rinvia l’inizio dei lavori, un ritornello che si ripete da mesi. In tal modo i milioni di euro rimangono nel cassetto con la buona pace dei sì e dei no. Ne discuteranno ancora i nostri figli e i nostri nipoti? Probabilmente. (bt)